Come dunque potrei io fare questo grande male e peccare contro Dio?». Genesi 39:9 CTC 275.1
Quando venne la prova, quando la donna esercitò i suoi inganni per trascinarlo nel peccato, Giuseppe preservò la sua integrità. Tuttavia, la fede e l’onestà di Giuseppe dovevano essere sottoposte a una dura prova. La moglie del suo padrone cercò di indurre il giovane a trasgredire la legge di Dio. Le parole lusinghiere della donna caddero nel vuoto, e Giuseppe, pensando a Dio e rispose: “...Come dunque potrei io fare questo gran male e peccare contro Dio?” Genesi 39:9 La donna non riuscì a trascinare Giuseppe nel peccato. Satana fu sconfitto. Giuseppe si rese conto che le labbra che potevano lodarlo potevano mentire. La moglie di Potifar si vendicò accusandolo. Non volendo peccare contro chi si era fidato di lui, fu privato dell'onore che si era meritatamente guadagnato per grazia di Dio e che lo aveva portato a relazionarsi con i grandi uomini d'Egitto. Questa improvvisa umiliazione dalla posizione di servo fidato e onorato a quella di criminale condannato lo avrebbe sopraffatto se la mano del Signore non l'avesse sostenuto. Ma la sua fiducia in Dio era incrollabile. L'amore di Dio mantenne la sua anima in perfetta pace. Il cielo era molto vicino alla fertile valle d'Egitto, perché lì c'era un giovane che custodiva le vie del Signore. La presenza di Gesù era con lui in prigione, lo istruiva, lo fortificava e sosteneva la sua mente e la sua anima, affinché la luce del cielo risplendesse. Giuseppe fu messo alla prova per l'affetto e la preferenza di suo padre; per l'inimicizia, l'invidia e l'odio dei fratelli; per la stima e la fiducia del suo padrone e per la sua grande responsabilità. Fu provato dalla seduzione e dal fascino della donna, dall'adulazione delle sue labbra e dal suo amore illecito. Ma la purezza di Giuseppe non gli permisero di ascoltare la voce del tentatore. La legge del Signore era la sua gioia, e non si sarebbe allontanato dai suoi precetti ... E mentre era in prigione, le fu concessa una certa libertà ed ebbe l'opportunità di condividere la luce con i suoi compagni di prigionia. La prigione fu per lui un’alta scuola di educazione ... In ogni fase della sua amministrazione vide la superiorità della legge di Dio, e con la sua esperienza e la sua osservazione imparò ad essere giusto e misericordioso, rappresentando così il carattere di Dio. Dio, doveva essere rivelato attraverso Giuseppe come governatore dei cieli e della terra, ma lui doveva imparare nelle avversità, perché nel piano di Dio, sia Giuseppe che tutti noi siamo chiamati ad imparare alla stessa scuola. YI, Mar. 11, 1897 CTC 275.2