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Una classe autocompiacente SC 33

Mi è stata presentata una categoria di persone consapevoli di possedere generosi impulsi, sentimenti di devozione e una predisposizione a fare il bene; ma allo stato attuale, non stanno facendo niente. Sono pervasi da un senso di autocompiacimento e si lusingano dicendo che se capitasse loro l'opportunità, o se le circostanze fossero più favorevoli, potrebbero e vorrebbero realizzare un gran lavoro; ma sono in attesa dell'occasione. Disprezzano la mente ottusa del povero avaro che lesina un'elemosina al bisognoso; lo giudicano una persona che vive solo per se stessa, che non avrà mai l'impulso a fare del bene agli altri. Costoro potrebbero beneficiare dei talenti e dell'efficacia di altri mezzi che gli sono stati affidati per usarli senza abusarne o lasciandoli arrugginire o seppellire sotto terra. Quelli che cedono al proprio egoismo e all'avarizia saranno chiamati a rispondere delle loro azioni e dei talenti di cui abusano. Ma ancor più responsabili sono quelli che hanno impulsi generosi e che sanno discernere prontamente le cose spirituali, ma restano inattivi in attesa di un'opportunità che ritengono non essere ancora giunta; eppure si dimostrano solerti nel giudicare la disponibilità dell'avaro e si convincono che la loro condizione sia più favorevole rispetto a quella dei loro meschini vicini. In questo modo ingannano se stessi. Il semplice possesso di doti che non vengono espresse non fa altro che incrementare le loro responsabilità; se fanno un uso non corretto o accumulano i talenti del loro Maestro, la loro condizione non sarà migliore di quella dei loro vicini verso i quali provano un simile disprezzo. A loro verrà detto, “Conoscevate la volontà del vostro Maestro, eppure non l'avete fatta”. — Testimonies for the Church 2:250, 251 (1885). SC 33.2