Scendeva la sera quando Gesù condusse tre suoi discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, prima attraverso i campi, poi per un sentiero scosceso, sul fianco solitario di una collina. Avevano insegnato e viaggiato tutto il giorno, e quella salita accrebbe la loro stanchezza. Gesù aveva alleviato il corpo e lo spirito di molte persone e aveva trasmesso la vita ai loro corpi indeboliti. Ma, essendo uomo, condivideva con i discepoli la fatica dell'ascesa. GDN 316.1
La luce del sole indugiava ancora sulla sommità del monte e rischiarava il sentiero con i suoi ultimi raggi. Ben presto esso sparì all'orizzonte, e i viaggiatori solitari si trovarono avvolti nelle tenebre della notte. Il cupo spettacolo si accordava con la tristezza della loro vita, sulla quale oscure nubi si stavano addensando. GDN 316.2
I discepoli non osavano chiedere a Gesù dove volesse andare e cosa volesse fare. Spesso egli aveva trascorso notti intere in preghiera sui monti. Colui che aveva creato le montagne e le valli si sentiva a suo agio in mezzo alla natura e godeva della sua quiete. I discepoli seguivano Gesù, ma si chiedevano come mai egli li facesse salire per quell'aspra china, quando sia loro sia il Maestro erano stanchi e avevano bisogno di riposo. GDN 316.3
Infine Gesù disse loro di fermarsi. Si allontanò un po'e pregò Dio supplicandolo con grida e lacrime. Chiese al Padre la forza di sopportare la prova in favore degli uomini. Per affrontare il futuro sentiva il bisogno dell'aiuto dell'Onnipotente. Pregò anche per i discepoli, affinché nell'ora della potenza delle tenebre la loro fede non si affievolisse. La rugiada scendeva copiosa sul suo corpo prostrato, ma egli non vi badava. Le ombre della notte lo avvolgevano, ma egli non se ne curava. Le ore scorrevano lente. I discepoli dapprima pregarono insieme con il loro Maestro, ma poi furono sopraffatti dalla stanchezza e, nonostante i loro tentativi, si addormentarono. GDN 316.4
Gesù aveva parlato loro delle sue sofferenze e li aveva condotti con sé perché si unissero alle sue preghiere, e in quel momento pregava per loro. Aveva visto la tristezza dei suoi discepoli e desiderava alleviarne il dolore infondendo in loro la certezza che la loro fede non era stata vana. Non tutti i dodici avrebbero potuto comprendere la rivelazione che egli desiderava comunicare loro; per questo ne aveva scelti solo tre perché lo accompagnassero sul monte; gli stessi che sarebbero poi stati testimoni delle sue angosce nel Getsemani. Gesù chiedeva che venisse loro concessa una manifestazione della gloria che egli aveva presso il Padre prima della creazione del mondo. Chiedeva che il suo regno fosse rivelato loro e che i discepoli ricevessero forza da una tale visione. Chiedeva che assistessero alla manifestazione della sua divinità affinché nell'ora dell'angoscia avessero la certezza che egli era il Figlio di Dio e che la sua morte infamante faceva parte del piano della redenzione. GDN 316.5
La sua preghiera venne esaudita. Mentre era inginocchiato sul suolo pietroso, i cieli si aprirono, le porte d'oro della città di Dio si spalancarono e un santo splendore circondò il monte e illuminò il Salvatore. La sua divinità rifulse attraverso l'umanità e si congiunse con la gloria che scendeva dall'alto. Cristo si sollevò alla maestà divina. L'agonia della sua anima era cessata, il suo viso risplendeva come il sole e le sue vesti erano bianche di luce. GDN 317.1
I discepoli si svegliarono e contemplarono il torrente di gloria che inondava il monte. Pieni di stupore e paura, ammirarono la figura luminosa del loro Maestro. Quando i loro occhi si furono abituati a quella luce soprannaturale, si accorsero che Gesù non era solo. Accanto a lui c'erano due esseri celesti, in intimo colloquio con lui: Mosè che già aveva parlato con Dio sul Sinai ed Elia che aveva ricevuto il grande privilegio, accordato solo a un altro dei figli di Adamo, di non passare attraverso la morte. GDN 317.2
Quindici secoli prima, sul monte Pisga, Mosè aveva contemplato la terra promessa. Ma per il peccato commesso a Meriba, non vi era potuto entrare. Non ebbe il privilegio di condurre il popolo nell'eredità dei padri. La sua angosciosa preghiera: “Ti prego, lascia che io passi e veda il bel paese che è oltre il Giordano, la bella regione montuosa e il Libano!” (Deuteronomio 3:25), non fu esaudita. Cadde così la speranza che per quarant'anni aveva illuminato le tenebre del suo pellegrinaggio nel deserto. Una tomba nel deserto concluse quegli anni di sofferenze e preoccupazioni. Ma “colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di quello che domandiamo o pensiamo” (Efesini 3:20) aveva risposto, in un certo modo, alle sue preghiere. Mosè subì la morte, ma non restò nella tomba. Cristo stesso lo richiamò alla vita, Satana aveva chiesto il corpo di Mosè a causa del suo peccato, ma Cristo, il Salvatore, lo fece uscire dal sepolcro. Cfr. Giuda 9. GDN 317.3
Mosè comparve sul monte della trasfigurazione come un testi mone della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Rappresentava coloro che usciranno dalla tomba al momento della risurrezione dei giusti. Elia, trasportato in cielo senza vedere la morte, simboleggiava quelli che saranno vivi al ritorno di Cristo e che saranno “trasformati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Quando poi questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito immortalità”. 1 Corinzi 15:51, 52, 54. Gesù era rivestito di luce come lo sarà al suo ritorno, quando “apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza”. Ebrei 9:28. Egli verrà “nella gloria del Padre suo con i santi angeli”. Marco 8:38. Si adempiva così la promessa che Gesù aveva fatta ai suoi discepoli. Il futuro regno di gloria apparve in miniatura sul monte: Cristo il Re, Mosè il rappresentante dei santi risuscitati, Elia quello dei santi trasformati. GDN 317.4
I discepoli non comprendevano quella scena. Erano felici di vedere che il loro Maestro tanto paziente, dolce e umile, che aveva vagato qua e là come uno straniero, veniva onorato dagli eletti del cielo. Pensavano che Elia fosse venuto per annunciare il regno del Messia e che il regno di Cristo si sarebbe stabilito sulla terra. Erano pronti a scacciare per sempre il ricordo del loro timore e della loro delusione e avrebbero desiderato restare là, dove si manifestava la gloria di Dio. Pietro esclamò: “Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia”. Luca 9:33. I discepoli immaginavano che Mosè ed Elia fossero stati inviati per proteggere il Maestro e per affermarne l'autorità. GDN 318.1
Ma la croce deve precedere la corona. L'argomento della loro conversazione non era l'incoronazione ma la sua prossima morte a Gerusalemme. Nella debolezza dell'umanità, con il peso del dolore e del peccato, Gesù era rimasto solo in mezzo agli uomini. Mentre le tenebre della prova si addensavano, sentiva una grande solitudine in un mondo che lo ignorava. Persino i suoi discepoli, assorbiti dai loro dubbi, dai loro dolori e dalle loro ambizioni, non avevano compreso il mistero della sua missione. Dopo essere vissuto nell'amore e nella comunione del cielo, si trovava solo, in un mondo che egli stesso aveva creato. Ora il cielo aveva inviato a Gesù i suoi messaggeri: non angeli, ma uomini che avevano affrontato la sofferenza e le afflizioni, capaci di simpatizzare con il Salvatore nella dura prova della sua vita terrena. GDN 318.2
Mosè ed Elia erano stati collaboratori di Cristo e avevano condiviso il suo desiderio di lavorare per la salvezza degli uomini. Mosè, intercedendo in favore d'Israele, aveva detto: “Nondimeno, perdona ora il loro peccato! Se no, ti prego, cancellami dal tuo libro che hai scritto!” Esodo 32:32. Elia aveva anche sperimentato la solitudine spirituale quando, durante tre anni e mezzo di carestia, aveva portato il peso dell'odio del suo popolo e ne aveva condiviso le calamità. Era stato il solo a essere dalla parte di Dio sul monte Carmelo. Era fuggito solo nel deserto, in preda all'angoscia e alla disperazione. Questi uomini, in tale circostanza più adatti degli angeli che circondano il trono di Dio, erano venuti per parlare con Gesù delle sue sofferenze, e lo confortavano assicurandogli la simpatia del cielo. L'argomento del loro colloquio era la speranza del mondo e la salvezza di ogni essere umano. GDN 318.3
I discepoli, vinti dal sonno, udirono solo una parte del colloquio tra Cristo e i messaggeri del cielo. Siccome avevano trascurato di vegliare e pregare, non poterono udire tutto quello che Dio desiderava far conoscere loro sulle sofferenze di Cristo e sulle glorie che sarebbero seguite. Persero così le benedizioni collegate con lo spirito di sacrificio. Quei discepoli erano lenti a credere e ad apprezzare il tesoro di cui il cielo voleva arricchirli. GDN 319.1
Nonostante ciò, ricevettero una grande rivelazione. Ebbero la certezza che il cielo conosceva il grande peccato che stava commettendo la nazione ebraica nel rifiutare Cristo, e compresero meglio l'opera del Redentore. Videro e udirono cose che superano la comprensione umana. Furono “testimoni oculari della sua maestà” (2 Pietro 1:16) e si convinsero che Gesù era veramente il Messia riconosciuto dall'universo intero, di cui avevano reso testimonianza i patriarchi e i profeti. GDN 319.2
Mentre erano ancora assorti nella contemplazione, una nuvola avvolse Mosè ed Elia, li coprì con la sua ombra, e una voce dalla nuvola disse: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto”. Matteo 3:17. Dopo aver contemplato la nube di gloria, più luminosa di quella che precedeva le tribù d'Israele nel deserto, dopo avere udito la voce di Dio che parlava con una solennità tale da far tremare la montagna, i discepoli caddero a terra. Restarono prostrati, con il viso nascosto, finché Gesù si avvicinò a loro e li toccò, dissipando i timori con la sua voce tanto familiare: “Alzatevi, e non temete”. Matteo 17:7. Essi allora osarono alzare gli occhi, e videro che la gloria si era dileguata. Mosè ed Elia erano scomparsi. Si ritrovarono sulla montagna, soli con Gesù. GDN 319.3