Siccome si avvicinava la fine del suo ministero, Gesù cambiò metodo di lavoro. Nel passato aveva cercato di evitare le manifestazioni di entusiasmo da parte della folla e, quando non gli era possibile contenerle, se ne andava in un altro luogo. Più volte aveva raccomandato di non far sapere che era Cristo. In occasione della festa delle Capanne era salito a Gerusalemme in segreto. Quando i suoi fratelli insistettero perché si manifestasse pubblicamente come Messia, rispose: “Il mio tempo non è ancora venuto”. Giovanni 7:6. Per questa ragione fece il viaggio fino a Gerusalemme senza farsi notare, ed entrò nella città senza preavviso e senza ricevere onori dalla folla. Ma non fu così in occasione del suo ultimo viaggio. Aveva lasciato Gerusalemme per un periodo di tempo, a causa dell'odio dei sacerdoti e dei rabbini. Ma ora viaggiava senza nascondersi, passando dai centri principali e facendosi preannunciare, cosa che non aveva mai fatto in passato. Si dirigeva verso la scena del suo grande sacrificio, a cui tutto il popolo doveva volgere la propria attenzione. “E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato”. Giovanni 3:14. GDN 367.1
Come gli occhi di tutti gli israeliti si erano volti verso il serpente innalzato nel deserto, simbolo della loro guarigione, così tutti gli occhi dovevano volgersi verso Cristo, la vittima che con il suo sacrificio assicura la salvezza al mondo. I suoi fratelli, poiché avevano una concezione sbagliata dell'opera del Messia e non credevano nella divinità di Gesù, avevano insistito perché egli si presentasse pubblicamente al popolo durante la festa delle Capanne. Con uno spirito simile i discepoli, ricordando le sue parole intorno a ciò che gli sarebbe accaduto e conoscendo l'ostilità irriducibile dei capi religiosi, volevano dissuadere il loro Maestro ad andarvi. Era penoso per Gesù andare avanti nonostante i timori, le delusioni e l'incredulità dei suoi discepoli. Era duro condurli verso l'angoscia e la disperazione che li attendevano a Gerusalemme. Satana era anche vicino per rivolgere la sua tentazione contro il Figlio dell'uomo. Perché andare a Gerusalemme incontro a una morte certa? Ovunque vi erano persone desiderose del pane della vita. Ovunque i sofferenti attendevano le sue parole di guarigione. L'opera di diffusione del Vangelo della grazia era appena iniziata ed egli era ancora nel pieno vigore delle sue forze. Perché non portare le sue parole di grazia e la sua potenza di guarigione nei vasti paesi del mondo? Perché non assaporare la gioia di offrire la luce e la felicità a quei milioni di esseri che vivevano nelle tenebre e nel dolore? Perché lasciare la cura del raccolto solo ai discepoli, così deboli nella fede, così duri a comprendere, così lenti ad agire? Perché andare incontro alla morte e abbandonare l'opera appena iniziata? Il nemico che aveva affrontato Cristo nel deserto riproponeva in quel momento le sue forti e sottili tentazioni. Se Gesù avesse ceduto solo per un attimo, se per salvarsi avesse modificato il suo atteggiamento, gli emissari di Satana avrebbero trionfato e il mondo sarebbe stato perduto. GDN 367.2
Ma “Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme”. Luca 9:51. La sola legge della sua vita era la volontà del Padre. Nella visita che fece al tempio quand'era bambino, disse a Maria: “Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” Luca 2:49. A Cana, quando Maria desiderava che egli manifestasse la sua straordinaria potenza, rispose: “L'ora mia non è ancora venuta”. Giovanni 2:4. Con le stesse parole rispose ai fratelli che insistevano perché andasse alla festa. Nel grande piano di Dio era stata fissata un'ora in cui Gesù avrebbe offerto se stesso per i peccati degli uomini, e quell'ora sarebbe presto suonata. Allora, non si sarebbe tirato indietro e non avrebbe vacillato. I suoi passi si dirigevano verso Gerusalemme dove i suoi nemici avevano a lungo complottato contro la sua vita; là l'avrebbe sacrificata. Si diresse con coraggio verso la persecuzione, il rinnegamento, il rigetto, la condanna, la morte. GDN 368.1
“Mandò davanti a sé de' messaggeri, i quali, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani per preparargli un alloggio”. Luca 9:52. Ma gli abitanti si rifiutarono di riceverlo perché era diretto verso Gerusalemme. Si rifiutarono perché Gesù manifestava preferenza per i giudei, verso cui essi nutrivano un odio profondo. Se Gesù fosse venuto per restaurare il loro tempio e adorare sul monte Garizim, lo avrebbero accolto volentieri; ma siccome andava a Gerusalemme, non vollero ospitarlo. Non si rendevano conto che respingevano dalla loro città il più eccelso dono del cielo. Gesù chiedeva agli uomini ospitalità, domandava loro un favore per essere più vicino a loro e per riversare su loro le sue ricche benedizioni. Per ogni favore ricevuto, egli contraccambiava con una preziosissima grazia. Ma i samaritani, per i loro pregiudizi e il loro fanatismo, persero tutte quelle benedizioni. GDN 368.2
Giacomo e Giovanni, che Gesù aveva inviato come suoi messaggeri, si indignarono moltissimo per l'affronto rivolto al loro Signore. Non potevano ammettere che Cristo venisse trattato così duramente da quei samaritani che aveva onorato con la sua presenza. Quei discepoli erano stati poco prima con lui sul monte della trasfigurazione; lo avevano visto mentre la gloria di Dio scendeva su lui e riceveva gli onori di Mosè ed Elia. Pensarono che si doveva punire severamente quel disprezzo così apertamente manifestato. Riferirono a Gesù che quei samaritani si erano rifiutati di ospitarlo anche per una sola notte. Ritenevano che gli fosse stato fatto un grave torto e, scorgendo in distanza il monte Carmelo dove Elia aveva sgozzato i falsi profeti, chiesero: “Vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?” Luca 9:54. Si stupirono vedendo il dolore di Gesù per quelle parole e più ancora per il suo rimprovero: “Voi non sapete di quale spirito voi siete. Conciossiaché il Figliuol dell'uomo non sia venuto per perder le anime degli uomini, anzi per salvarle. E andarono in un altro castello”. Versetti 55, 56 (Diodati). Gesù non costringe mai gli uomini ad accettarlo. GDN 369.1
Solo Satana e gli uomini guidati dal suo spirito opprimono le coscienze. Con il pretesto dello zelo per la giustizia, fanno soffrire altri uomini per convertirli alle loro idee religiose, mentre Cristo dimostra sempre misericordia e cerca di conquistare gli uomini con la manifestazione del suo amore. Gesù non tollera nessun rivale nella sua opera in favore degli uomini; inoltre non accetta un servizio parziale, ma desidera un servizio volontario, la spontanea consacrazione del cuore motivato dell'amore. La tendenza a danneggiare e a distruggere coloro che non apprezzano la nostra opera o agiscono contro le nostre idee, è la prova più evidente che possediamo lo spirito di Satana. GDN 369.2
Ognuno, nella totalità del suo essere, anima e spirito, è proprietà di Dio. Cristo è morto per redimere tutti. Niente addolora di più Dio del vedere uomini che per fanatismo religioso fanno soffrire coloro che sono stati riscattati con il grande sacrificio del Salvatore. “Poi, partì di là e se ne andò nei territori della Giudea e oltre il Giordano. Di nuovo si radunarono presso di lui delle folle; e di nuovo egli insegnava loro come era solito fare”. Marco 10:1. GDN 369.3
Gesù trascorse la maggior parte degli ultimi mesi del suo ministero in Perea, una provincia che si trovava, rispetto alla Giudea, “oltre il Giordano”. Si riunivano intorno a lui folle come all'inizio del suo ministero in Galilea; e Gesù ripeteva gran parte dei suoi primi insegnamenti. GDN 369.4
Come aveva inviato i dodici, “il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove egli stesso stava per andare”. Luca 10:1. Quei discepoli erano stati per un po' di tempo con lui e così si erano preparati per il ministero. Quando i dodici vennero inviati per la prima missione, altri discepoli accompagnarono Gesù nel suo viaggio attraverso la Galilea, così ebbero il privilegio di trovarsi intimamente associati con lui e ascoltare i suoi insegnamenti. Quel gruppo più numeroso doveva andare a svolgere un'altra missione. GDN 370.1
Le indicazioni date ai settanta erano simili a quelle già rivolte ai dodici, con la differenza che non venne loro vietato di entrare in alcuna città dei pagani o dei samaritani. Sebbene Gesù fosse stato appena respinto dai samaritani, il suo amore per loro restava immutato. Quando i settanta partirono nel suo nome, si recarono innanzi tutto a visitare le città della Samaria. GDN 370.2
I discepoli ricordavano, come eventi molto importanti, la visita di Gesù in Samaria, l'elogio del buon samaritano e la gioia riconoscente di quel lebbroso che, il solo dei dieci guariti, tornò per ringraziare Cristo. Quella lezione era penetrata profondamente nei loro cuori. Nel mandato che dette loro prima dell'ascensione, Gesù citò la Samaria con Gerusalemme e la Giudea come i luoghi dove innanzi tutto doveva essere predicato il messaggio del Vangelo. Il suo insegnamento li aveva preparati ad adempiere quel mandato. E quando si recarono in Samaria in nome del Maestro, trovarono che il popolo era pronto a riceverli. GDN 370.3
I samaritani avevano udito le parole di lode di Gesù e avevano visto le sue opere di misericordia in favore di uomini del loro popolo; si erano accorti che, nonostante la durezza con cui lo avevano trattato, egli nutriva nei loro confronti sentimenti di amore, e così i loro cuori furono conquistati. Dopo l'ascensione di Gesù accolsero con gioia i suoi messaggeri e i discepoli poterono raccogliere una messe abbondante fra coloro che una volta erano stati loro nemici accaniti. “Non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante; manifesterà la giustizia secondo verità” (Isaia 42:3); “E nel nome di lui le genti spereranno”. Matteo 12:21. GDN 370.4
Quando Gesù inviò i settanta, ordinò loro, come aveva fatto ai dodici, di non restare dove la loro presenza non era gradita. “Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite: Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi”. Luca 10:10, 11. Non dovevano agire così per ché mossi da risentimenti o da dignità offesa, ma solo per mostrare la gravità del rifiuto dei messaggi del Signore e dei suoi messaggeri. Respingere i messaggeri del Signore è come respingere Cristo stesso. GDN 370.5
Gesù aggiunse: “Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città”. Luca 10:12. Poi pensò alle città della Galilea dove aveva trascorso molto tempo del suo ministero, e con parole di profondo dolore esclamò: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida; perché se in Tiro e in Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da tempo si sarebbero ravvedute, prendendo il cilicio e sedendo nella cenere. Perciò, nel giorno del giudizio, la sorte di Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra. E tu, o Capernaum, sarai forse innalzata fino al cielo? No, tu scenderai fino GDN 371.1
all'Ades!” Versetti 13-15. GDN 371.2
Le più ricche benedizioni del cielo erano state generosamente offerte a quelle operose città che sorgevano intorno al mar di Galilea. Giorno dopo giorno il Principe della vita si era trattenuto in mezzo a loro. La gloria di Dio che profeti e re avevano desiderato vedere, aveva brillato sulle folle che si raccoglievano intorno al Salvatore. Ma esse avevano rigettato il dono del cielo. GDN 371.3
Con molta prudenza i rabbini avevano avvertito il popolo contro le dottrine insegnate da quel nuovo maestro che, essi dicevano, erano contrarie alle tradizioni trasmesse dai padri. Il popolo aveva fiducia in quello che insegnavano i sacerdoti e i farisei e trascurava lo studio diretto della Parola di Dio. Anteponevano il rispetto dei sacerdoti e dei capi a quello di Dio e, pur di conservare le proprie tradizioni, respingevano la verità. Molti avevano ricevuto un'impressione favorevole delle nuove dottrine ma, sebbene quasi convinti, non agirono di conseguenza e non si schierarono per Gesù. Satana inoltre offuscò la loro comprensione tanto che non riuscivano a riconoscere la luce. Così molti respinsero la verità che avrebbe assicurato loro salvezza. GDN 371.4
Il Testimone fedele dice: “Ecco, io sto alla porta e picchio”. Apocalisse 3:20. Ogni esortazione e ogni rimprovero rivolti dalla Parola di Dio o dai suoi messaggeri sono simboleggiati dal gesto del bussare alla porta del cuore. È la voce di Gesù che chiede di entrare. Ogni rifiuto rende sempre più scarse le possibilità di aprire. Se la voce dello Spirito non viene ascoltata, sarà sempre meno avvertita. Il cuore perderà la sua sensibilità e sarà inconsapevole della brevità della vita e dell'eternità futura. Se saremo condannati nel giorno del giudizio, lo saremo non per la nostra ignoranza, ma per la trascuratezza delle occasioni offerte dal cielo per conoscere la verità. I settanta, come gli apostoli, avevano ricevuto una potenza divina come segno della loro missione. Alla fine del loro lavoro, tornarono con gioia dicendo: “Signore, anche i demòni ci sono sottoposti nel tuo nome”. Ed egli disse loro: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore”. Luca 10:18. GDN 371.5
Gesù contemplò con la sua mente gli eventi del passato e quelli del futuro. Rivide Lucifero quando per la prima volta fu scacciato dal cielo. Contemplò le scene future della sua stessa agonia, quando il carattere di quell'impostore si sarebbe manifestato davanti a tutto l'universo. Sentì il grido: “È compiuto!” (Giovanni 19:30), testimonianza che la redenzione dell'umanità perduta era ormai assicurata e che il cielo era per sempre al sicuro contro le accuse, gli inganni e le pretese di Satana. Oltre alla croce del Calvario, con il suo obbrobrio e la sua sofferenza, Gesù contemplò il grande giorno del giudizio finale quando il principe della potenza delle tenebre sarebbe stato distrutto sulla terra, a lungo contaminata dalla sua ribellione. Gesù vide la fine del male e il trionfo della pace di Dio sulla terra e nel cielo. Da quel momento i discepoli di Cristo dovevano considerare Satana come un nemico vinto. Sulla croce Gesù avrebbe riportato per loro la vittoria, quella vittoria che essi dovevano accettare come propria. Disse loro: “Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male”. Luca 10:19. L'onnipotenza dello Spirito Santo è la salvaguardia di ogni uomo pentito. Gesù non permetterà che chi si pente e con fede implora la sua protezione, cada in potere del nemico. Il Salvatore è accanto a coloro che si trovano nella tentazione e nella prova. Con la sua presenza non c'è da temere né insuccesso né perdita né difficoltà né sconfitta. Tutto può essere fatto con la sua potenza che fortifica. Quando la tentazione e le prove sopraggiungono, non cercate di fare tutto da soli, ma rivolgetevi a Gesù, il liberatore. GDN 372.1
Vi sono dei cristiani che si preoccupano e parlano troppo della potenza di Satana. Pensano al loro avversario, lo citano nelle preghiere, parlano di lui, e la sua figura si ingrandisce nella loro immaginazione. È vero che Satana è potente ma, grazie a Dio, noi abbiamo un Salvatore ancora più potente che ha scacciato il male dal cielo. Satana è lieto quando noi esaltiamo la sua potenza, ma perché non parliamo piuttosto di Gesù? Perché non esaltiamo la sua potenza e il suo amore? GDN 372.2
L'arcobaleno della promessa che circonda il trono divino è una testimonianza eterna del fatto che “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Giovanni 3:16. Esso è una testimonianza per l'universo intero del fatto che Dio non dimentica mai il suo popolo nella lotta contro il male. Esso ci assicura forza e protezione per tutto il tempo in cui durerà il trono stesso di Dio. Gesù aggiunse: “Tuttavia, non vi rallegrate perché gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Luca 10:20. Non rallegratevi per la potenza che possedete, che potrebbe farvi correre il rischio di dimenticarvi della vostra dipendenza da Dio. Vegliate affinché non sorga in voi un sentimento di autosufficienza e non lavoriate confidando nelle vostre forze piuttosto che nello Spirito e nella forza del vostro Maestro. Il proprio io è sempre pronto ad attribuirsi il merito del successo e in tal caso si affievolisce il concetto dell'onnipotenza di Dio. L'apostolo Paolo afferma: “Quando sono debole, allora sono forte”. 2 Corinzi 12:10. GDN 372.3
Quando ci rendiamo conto della nostra debolezza, impariamo a confidare in un potere che non risiede in noi. Niente può maggiormente agire sul nostro cuore del senso costante della nostra responsabilità di fronte a Dio. Niente influisce di più sul nostro comportamento della certezza del perdono offerto dall'amore di Cristo. Noi dobbiamo entrare in comunione con Dio per essere riempiti del suo Santo Spirito e diventare capaci di amare il nostro prossimo. GDN 373.1
Rallegratevi perché attraverso Cristo avete comunione con Dio e diventate membri della famiglia divina. Se guardate in alto, acquistate una maggiore consapevolezza della debolezza umana; pensate meno al vostro io e maggiormente all'eccellenza del vostro Salvatore. Più vi accosterete alla Fonte della luce e della potenza, più grande sarà la luce e la potenza che riceverete per compiere l'opera di Dio. Rallegratevi di essere uno con Dio, con Cristo e con l'intera famiglia del cielo. Mentre i settanta ascoltavano le parole di Gesù, lo Spirito Santo inculcava nelle loro menti le realtà viventi e scriveva nei loro cuori le verità di Dio. Benché fossero circondati dalla folla, si sentivano in comunione intima con Dio. Avendo visto che avevano compreso lo spirito del suo insegnamento, “Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Padre, perché così ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre; né chi è il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo”. Luca 10:21, 22. GDN 373.2
Gli uomini che il mondo onora, quelli considerati grandi e sapienti, non hanno potuto, nonostante la loro saggezza, comprendere il carattere di Cristo. Essi lo hanno giudicato dalla sua apparenza, dall'umiltà che lo caratterizzava come uomo. Ma ai pescatori e ai pubblicani era concesso il privilegio di scorgere l'Invisibile. Persino i discepoli non riuscivano a comprendere tutto quello che Gesù voleva rivelare loro; ma di tanto in tanto, quando beneficiavano della potenza dello Spirito Santo, le loro menti s'illuminavano. Comprendevano che il Dio onnipotente, rivestito di umanità, era in mezzo a loro. Gesù si rallegrava perché quella conoscenza non era stata rivelata ai savi e agli intelligenti, ma agli umili. Quando Gesù presentava le profezie dell'Antico Testamento e ne dimostrava l'adempimento nella sua persona e nella sua opera, si sentivano scossi dal suo Spirito e introdotti nell'atmosfera del cielo. Capivano le verità spirituali annunciate dai profeti addirittura meglio di come le avevano comprese i loro stessi autori. Così leggevano gli scritti dell'Antico Testamento non come le dottrine degli scribi e dei farisei, non come le dichiarazioni di antichi saggi, ma come una nuova rivelazione di Dio. Lo contemplavano come colui “che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in GDN 373.3
voi”. Giovanni 14:17. GDN 374.1
L'unico modo per giungere a una piena conoscenza della verità è di avere un cuore sensibile e sottomesso allo Spirito di Cristo. È necessario che lo spirito si purifichi dalla vanità e dall'orgoglio, che si liberi da tutto ciò che lo avvilisce, e che Cristo vi si stabilisca come Signore. La mente umana è troppo limitata per comprendere pienamente la natura del piano della salvezza che ha una portata troppo vasta per essere spiegato dalla filosofia. I ragionamenti più profondi non potranno comprenderlo pienamente. La scienza della salvezza non può essere spiegata, ma si può conoscerla tramite l'esperienza. Solo coloro che si rendono conto della propria colpevolezza possono apprezzare il Salvatore nel suo giusto valore. Gesù impartì ai discepoli lezioni utilissime mentre percorreva lentamente il cammino verso Gerusalemme. La folla ascoltava attentamente le sue parole. Gli abitanti della Perea e della Galilea erano meno oppressi, di quelli della Giudea, dal fanatismo ebraico e accolsero spontaneamente gli insegnamenti del Maestro. GDN 374.2
Durante quegli ultimi mesi del suo ministero, Gesù insegnò molte delle sue parabole. Siccome i sacerdoti e i rabbini lo perseguitavano con sempre maggiore asprezza, nascose i suoi avvertimenti tramite il simbolismo. Essi non potevano non afferrare il significato di quello che diceva, ma nello stesso tempo le sue parole non offrivano nessun appiglio alle loro accuse. Nella parabola del fariseo e del pubblicano, l'orgogliosa preghiera: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini” era in stridente contrasto con la supplica del peccatore pentito: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” Luca 18:11, 13. Così Gesù rimproverava l'ipocrisia degli ebrei. Con l'immagine del fico sterile e quella del gran convito, predisse il giudizio che si sarebbe abbattuto su quella nazione impenitente. Coloro che con disprezzo avevano respinto l'invito del Vangelo, avrebbero udito queste parole di condanna: “Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati, assaggerà la mia cena”. Luca 14:24. Gesù dette ai discepoli preziosi insegnamenti. Le parabole della vedova importuna e dell'amico che andò a chiedere del pane a mezzanotte illustravano con forza le sue parole: “Chiedete, e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate, e vi sarà aperto”. Luca 11:9. GDN 374.3
Spesso la loro fede incerta venne rafforzata da queste parole di Gesù: “Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? Io vi dico che renderà giustizia con prontezza”. Luca 18:7, 8. Gesù ripeté la bella parabola della pecora perduta ed estese questa lezione parlando della dramma smarrita e del figlio prodigo. I discepoli non potevano comprendere subito il significato di quelle lezioni; ma quando, dopo l'effusione dello Spirito Santo, videro la conversione dei gentili e la collera degli ebrei, allora compresero meglio la lezione della parabola del figlio prodigo e poterono partecipare alla gioia di Gesù espressa con queste parole: “Ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. Luca 15:32. GDN 375.1
Quando nel nome del Maestro affrontavano ingiurie, povertà e persecuzione, si incoraggiavano ripetendosi quello che Gesù aveva detto loro nel suo ultimo viaggio: “Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno. Vendete i vostri beni, e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel cielo, dove ladro non si avvicina e tignola non rode. Perché dov'è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore”. Luca 12:32-34. GDN 375.2