Era l'ultimo giorno in cui Gesù insegnava nel tempio. L'attenzione della grande folla raccolta a Gerusalemme si era volta verso di lui. Il popolo aveva affollato i cortili e seguiva le discussioni che vi si svolgevano ogni giorno, senza lasciarsi sfuggire una parola. Non era mai successo qualcosa di simile. C'era quel giovane galileo, privo di onori terreni e insegne regali. Intorno a lui c'erano i sacerdoti con i loro sontuosi paramenti, i capi del popolo con gli abiti e le insegne della loro elevata posizione, gli scribi con in mano i rotoli che spesso consultavano. Gesù stava di fronte a loro, calmo, con la dignità di un re. Rivestito di un'autorità divina, guardava sereno i suoi avversari che avevano rifiutato e disprezzato i suoi insegnamenti e che volevano la sua vita. Lo avevano ripetutamente attaccato, ma tutti i tentativi di coglierlo in fallo e accusarlo erano falliti. Egli aveva affrontato una prova dopo l'altra e aveva presentato la verità pura e splendente in contrasto con le tenebre e gli errori dei sacerdoti e dei farisei. Aveva indicato a quei capi la loro condizione e il sicuro castigo che avrebbero ricevuto persistendo nella loro malvagità. L'avvertimento era stato dato fedelmente, ma c'era un'altra opera che Gesù doveva ancora compiere. GDN 461.2
L'interesse del popolo per Gesù e per la sua missione era cresciuto. Le persone erano conquistate dai suoi insegnamenti, ma avevano ancora molte perplessità. Avevano sempre rispettato i sacerdoti e i rabbini per la loro cultura e per le loro manifestazioni di religiosità e si erano sempre sottomessi, senza riserve, alla loro autorità in campo teologico. Ma ora vedevano che essi denigravano Gesù, un maestro la cui dottrina e le cui virtù risaltavano sempre più dopo ogni attacco. Vedevano che i sacerdoti e gli anziani erano umiliati, ormai prossimi alla sconfitta e alla confusione. Si meravigliavano perché i capi non credevano in Gesù, ai suoi insegnamenti così chiari e semplici, e non sapevano come comportarsi. Con trepidazione osservavano il comportamento di coloro di cui avevano sempre seguito i consigli. GDN 461.3
Con le parabole, Gesù avvertiva i capi e istruiva il popolo. Ma era necessario che egli parlasse con maggiore chiarezza. Il popolo era schiavo del rispetto della tradizione e della cieca fiducia in un sacerdozio corrotto. Era necessario che Gesù spezzasse le loro catene e svelasse chiaramente il carattere dei sacerdoti, dei capi e dei farisei. GDN 461.4
Disse: “Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere; perché dicono e non fanno”. Matteo 23:2, 3. Gli scribi e i farisei pretendevano di avere un'autorità simile a quella di Mosè. Prendevano il posto di questo legislatore in qualità di dottori della legge e giudici del popolo, ed esigevano la massima deferenza e ubbidienza. Gesù disse ai suoi uditori di fare ciò che quei maestri insegnavano in accordo con la legge, ma di non seguirne l'esempio, perché essi non mettevano in pratica ciò che dicevano. GDN 463.1
Oltre a questo, insegnavano anche molte cose contrarie alle Scritture. Gesù disse: “Infatti, legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito”. Versetto 4. I farisei avevano stabilito una serie infinita di regole fondate soltanto sulla tradizione, che limitavano irragionevolmente la libertà. Spiegavano certe parti della legge in modo da imporre al popolo delle prescrizioni che essi stessi segretamente ignoravano e dalle quali, se ciò tornava loro utile, chiedevano l'esenzione. GDN 463.2
Facevano sempre sfoggio della loro religiosità e non trascuravano nulla per raggiungere questo obiettivo. Il Signore aveva detto a Mosè a proposito dei suoi comandamenti: “Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città”. Deuteronomio 6:8, 9. Queste parole avevano un significato profondo. L'uomo intero si nobilita quando la Parola di Dio viene meditata e messa in pratica. Le mani occupate in atti di giustizia e misericordia rivelano, come un sigillo, i princìpi della legge di Dio. Esse saranno preservate dalle tentazioni, da tutto ciò che è occasione di corruzione e inganno, e saranno attive nelle opere d'amore e di misericordia. Gli occhi rivolti verso un nobile scopo saranno limpidi e sinceri. L'espressione del volto e lo sguardo manifesteranno il carattere innocente di colui che ama e onora la Parola di Dio. GDN 463.3
Ma gli ebrei del tempo di Gesù non si comportavano in questo modo. L'ordine dato a Mosè fu interpretato come se i precetti delle Scritture dovessero essere portati addosso in senso letterale. Venivano scritti su strisce di pergamena e avvolti in maniera vistosa intorno alla testa e ai polsi. Ma questo non significava che la legge di Dio fosse presente nella mente e nel cuore. Quelle pergamene servivano unicamente come ornamenti per attrarre l'attenzione. Miravano a conferire un aspetto devoto per accattivare il rispetto della gente. Gesù attaccò quell'inutile pretesa. GDN 463.4
“Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; infatti allargano le loro filatterie e allungano le frange dei mantelli; amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: Maestro! Ma voi non vi fate chiamare Maestro; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo”. Matteo 23:5-10. Con queste parole così chiare il Salvatore smascherò l'ambizione egoistica che è sempre alla ricerca di posti privilegiati e potere, e che si nasconde dietro una falsa umiltà mentre il cuore trabocca di avarizia e invidia. Nei banchetti gli ospiti si sedevano secondo il rango e coloro a cui erano accordati i primi posti godevano di maggiore attenzione e favori speciali. I farisei cercavano sempre di procurarsi questi onori, ma Gesù condannò questo comportamento. GDN 464.1
Gesù condannò anche l'ambiziosa ricerca del titolo di maestro. Disse che questo titolo non spettava agli uomini, ma a Cristo. Sacerdoti, scribi, capi, dottori e amministratori della legge erano tutti fratelli, figli dello stesso Padre. Gesù ripeté che non si doveva dare a nessuno titoli onorifici che conferissero un diritto sulla coscienza e sulla fede degli altri. GDN 464.2
Gesù ripete oggi lo stesso avvertimento a coloro che si fanno chiamare con titoli che esprimono un atteggiamento di riverenza. “Ma voi non vi fate chiamar Maestro; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli”. Le Scritture affermano di Dio: “Santo e tremendo è il suo nome”. Salmi 111:9. A quale essere umano può spettare un titolo simile? Esso implica una saggezza e una giustizia che si manifestano raramente fra gli uomini. Molti di coloro che accettano questo titolo tradiscono con la loro vita il nome e il carattere di Dio. Spesso ambizioni mondane, spirito dispotico e condotta sconveniente sono stati nascosti dietro i bellissimi paramenti di alte funzioni sacre. GDN 464.3
Il Salvatore continuò dicendo: “Ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. Chiunque si innalzerà sarà abbassato e chiunque si abbasserà sarà innalzato”. Matteo 23:11, 12. Gesù ha continuamente insegnato che la vera grandezza consiste nella dignità morale. Agli occhi di Dio la grandezza del carattere consiste in una vita spesa per il benessere del prossimo in opere d'amore e di misericordia. Cristo, il Re di gloria è stato il servitore degli uomini decaduti. GDN 464.4
“Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente, poiché né vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”. Matteo 23:14. I sacerdoti e i dottori della legge, torcendo le Scritture, offuscavano le menti di coloro che volevano conoscere e ricevere il regno di Cristo, e falsavano la natura di quella divina vita interiore che è essenziale alla santità. GDN 465.1
“Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! perciocché voi divorate le case delle vedove; e ciò, sotto specie di far lunghe orazioni; perciò, voi riceverete maggior condannazione”. Versetto 14 (Diodati). I farisei godevano di grande ascendente sul popolo e se ne servivano per i propri interessi. Si conquistavano la fiducia delle vedove e le convincevano a offrire le loro proprietà per scopi religiosi. Una volta avuto il controllo di quel denaro, da astuti intriganti, lo usavano a loro vantaggio. Per mascherare la loro disonestà, facevano in pubblico lunghe preghiere, con grande sfoggio di pietà. Gesù disse che con quell'ipocrisia si sarebbero attirati addosso una condanna ancora maggiore. Lo stesso rimprovero vale oggi per tanti uomini che fanno professione di fede, ma la cui vita è caratterizzata dall'egoismo e dall'avarizia. Essi cercano di dissimulare i loro sentimenti sotto un manto di purezza e per un po' di tempo riescono a ingannare il prossimo, ma non riusciranno mai a ingannare Dio. Egli conosce ogni movente del cuore e giudicherà ogni uomo secondo le sue opere. GDN 465.2
Gesù ha condannato gli abusi, ma è stato attento a non sminuire i doveri. Ha condannato l'egoismo che estorceva doni alle vedove per vantaggi personali, ma nello stesso tempo ha lodato la vedova che portava le sue offerte per il tesoro di Dio. Gli abusi degli uomini non potevano ostacolare le benedizioni che Dio avrebbe riversato sul donatore. GDN 465.3
Gesù si trovava nel cortile dove c'era la cassa del tesoro e osservava quelli che portavano le loro offerte. Molti ricchi venivano con grandi somme, date con ostentazione. Gesù li guardava con tristezza, senza commentare in nessun modo i loro gesti di generosità. Il suo volto si illuminò quando vide una povera vedova che si avvicinava esitante, come se temesse di essere notata. Mentre i donatori ricchi e orgogliosi avanzavano con sussiego, quella povera donna si teneva in disparte come se temesse di mettersi in mostra. Ma desiderava fare qualcosa, per quanto poco, in favore della causa che amava. Guardò il dono che aveva fra le mani. Era ben poca cosa in confronto alle offerte prestigiose degli altri, ma era tutto ciò che aveva. Allora rapidamente si accostò alla cassa, vi gettò due spiccioli e si allontanò furtiva. Ma i suoi occhi si incontrarono con quelli di Gesù, che la stava osservando con attenzione. GDN 465.4
Il Salvatore chiamò i discepoli e disse loro di notare la povertà di quella vedova. Le sue parole di lode giunsero sino alle orecchie della donatrice. “In verità vi dico che questa povera vedova ha messo più di tutti”. Luca 21:3. Quando sentì che la sua offerta era stata apprezzata, lacrime di gioia scesero dai suoi occhi. Molti le avrebbero consigliato di tenersi i suoi spiccioli poiché, offerti a quei sacerdoti ben nutriti, si sarebbero persi tra i ricchi doni portati nel tesoro. Ma Gesù comprese il movente della sua azione. Ella credeva nell'istituzione divina del servizio del tempio e voleva fare tutto il possibile per sostenerlo. Diede tutto ciò che poteva e il suo dono diventò un monumento alla sua memoria, per tutti i tempi e per la sua gioia nell'eternità. Quel dono esprimeva tutto il suo cuore, e il suo valore fu stimato non sulla base del valore del denaro ma dell'amore per il Signore e dell'interesse per la sua opera. GDN 466.1
Gesù disse della povera vedova: “Ma lei vi ha messo del suo necessario, tutto quello che aveva per vivere”. Versetto 4. I ricchi avevano donato una parte del superfluo, e molti di loro lo avevano fatto per essere guardati e onorati dagli uomini. I loro doni costosi non li avevano privati di nessuna comodità e neppure del lusso; non avevano fatto alcun sacrificio e il loro dono non poteva essere paragonato in valore a quello degli spiccioli della vedova. GDN 466.2
Sono i moventi che danno valore alle azioni. Dio non considera più preziose le cose che ogni occhio vede e ogni lingua loda. Ai suoi occhi hanno spesso grandissimo valore i piccoli doveri adempiuti con diligenza, i piccoli doni offerti con discrezione e che agli occhi umani possono apparire insignificanti. Un cuore ricco di fede e amore è per il Signore più prezioso di un dono costosissimo. Quella povera vedova, per offrire il poco che aveva donato, rinunciò al proprio sostentamento. Si privò del cibo per offrire due spiccioli per la causa che amava. Lo fece con fede, credendo che il Padre si sarebbe preso cura di lei. Quello spirito di fede disinteressata e spontanea fu lodato dal Salvatore. GDN 466.3
Molti poveri desiderano manifestare la loro riconoscenza a Dio per la sua grazia e per la sua verità e vogliono collaborare al sostentamento della sua opera. Non si devono scoraggiare quelle anime, ma si deve lasciare che portino i loro spiccioli nella banca del cielo. Quelle inezie apparenti, se offerte da un cuore pieno di amore per il Signore, diventano doni consacrati, offerte inestimabili per le quali Dio sorride e benedice. GDN 466.4
Quando Gesù disse alla vedova: “In verità vi dico che questa po vera vedova ha gettato più di tutti”, le sue parole erano vere non solo per il movente, ma anche per il risultato del dono. I “due spiccioli che fanno un quarto di soldo” (Marco 12:42) hanno portato nel tesoro di Dio una quantità di denaro molto più grande di altre offerte sostanziose. L'influsso di quel semplice dono era simile a un ruscello, piccolo all'inizio, ma poi sempre più largo e profondo con il passare degli anni. Esso ha contribuito in mille modi a soccorrere i poveri e a diffondere il messaggio del Vangelo. Quell'esempio di abnegazione ha toccato e agito su migliaia di cuori in ogni paese e in ogni età. Ha rivolto appelli ai ricchi e ai poveri, le cui offerte hanno contribuito ad accrescere quel dono. La benedizione di Dio sugli spiccioli della vedova ha prodotto grandi risultati. Lo stesso accade per ogni dono e per ogni atto compiuti con il sincero desiderio di contribuire alla gloria di Dio. Questo fa parte dei piani dell'Onnipotente e i suoi risultati non possono essere calcolati secondo parametri umani. GDN 466.5
Il Salvatore continuò a censurare gli scribi e i farisei. “Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non importa; ma se giura per l'oro del tempio, resta obbligato. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro? E se uno, voi dite, giura per l'altare, non importa; ma se giura per l'offerta che c'è sopra, resta obbligato. Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta?” Matteo 23:16-19. I sacerdoti interpretavano la volontà di Dio secondo la loro concezione falsa e gretta. Pretendevano di fare sottili distinzioni tra i vari peccati, passando sopra ad alcuni come se fossero leggeri, e stimando altri, forse di minore gravità, come imperdonabili. Per denaro esentavano le persone dai voti e per forti somme passavano addirittura sopra a gravi crimini. Nello stesso tempo, quei sacerdoti e quei capi erano pronti, in certi casi, a pronunciare severi giudizi su colpe insignificanti. GDN 467.1
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre”. Versetto 23. Queste parole di Gesù condannano l'abuso dei doveri sacri. Egli non disapprovava l'adempimento di certi compiti. Il sistema della decima era stato ordinato da Dio ed era stato seguito sin dai tempi più antichi. Abramo, padre dei credenti, restituì la decima di tutto quello che possedeva. GDN 467.2
I dottori della legge riconoscevano l'obbligo della decima, e in ciò facevano bene, ma non lasciavano che il popolo seguisse le proprie convinzioni nell'adempimento dei loro doveri. Essi avevano stabilito delle regole arbitrarie per ogni situazione. Queste regole erano diventate così complesse da rendere impossibile la loro osservanza. Nessuno sapeva esattamente se sarebbe riuscito a metterle in pratica tutte. Dio aveva espresso in maniera corretta e ragionevole la sua volontà, ma i sacerdoti e i rabbini ne avevano fatto un peso insopportabile. GDN 467.3
Tutto quello che Dio ordina è importante. Gesù ha riconosciuto che il pagamento della decima è un dovere, ma ha anche insegnato che ciò non può dispensare dal compiere altri doveri. I farisei erano molto precisi nel decimare le erbe dell'orto, come la menta, l'aneto e il comino. Costava poco e assicurava loro fama di scrupolosità e di santità. Ma le loro inutili restrizioni opprimevano il popolo e distruggevano il rispetto per quel sacro principio stabilito da Dio. Riempivano la mente degli uomini di sottigliezze insignificanti e distoglievano la loro attenzione dalle verità essenziali. Venivano trascurati i punti più importanti della legge: la giustizia, la misericordia e la verità. Gesù infatti aveva aggiunto: “Queste son le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre”. GDN 468.1
I rabbini avevano falsato altre leggi nello stesso modo. Nelle istruzioni date a Mosè era proibito mangiare gli animali immondi. Si vietava di mangiare la carne del maiale e di altri animali per evitare la formazione di impurità nel sangue che avrebbero accorciato la vita. Ma i farisei non si limitarono alle restrizioni date da Dio e giunsero a estremi impensati. Fra le altre cose, si prescriveva al popolo di filtrare tutta l'acqua per evitare che contenesse il più piccolo insetto che avrebbe potuto essere classificato tra gli animali immondi. Gesù, mettendo in risalto il contrasto tra quelle sottigliezze e la grandezza dei loro peccati, disse ai farisei: “Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaion belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia”. Matteo 23:24, 27. Come i sepolcri bianchi e adornati nascondevano cadaveri in decomposizione, così l'esteriore santità dei sacerdoti nascondeva la loro corruzione. GDN 468.2
Gesù continuò: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché costruite i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite: Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue dei profeti! In tal modo voi testimoniate contro voi stessi, che siete figli di coloro che uccisero i profeti”. Versetti 29-31. Gli ebrei, per dimostrare il loro rispetto per i profeti morti, si prodigavano nell'erigere loro delle belle tombe, ma non traevano nessun vantaggio dai loro insegnamenti e non prendevano in considerazione i loro avvertimenti. GDN 468.3
Ai tempi di Gesù c'era una cura quasi superstiziosa per le tombe, e si spendeva molto denaro per decorarle. Agli occhi di Dio tutto ciò era idolatria. Curandosi così dei morti, dimostravano di non amare Dio al di sopra di ogni cosa e il loro prossimo come se stessi. Anche oggi si pratica la stessa idolatria. Molti trascurano le vedove e gli orfani, i malati e i poveri per costruire sepolcri sontuosi. Si spendono tempo, denaro e lavoro, mentre si trascurano i propri doveri verso i vivi, doveri che Cristo ha chiaramente indicato. GDN 469.1
I farisei avevano costruito delle tombe ai profeti, avevano ornato i loro sepolcri; inoltre dicevano che se fossero vissuti ai tempi dei loro padri non si sarebbero uniti a loro nel versare il sangue dei messaggeri di Dio. E mentre parlavano così, tramavano per togliere la vita al suo Figlio. Queste parole sono utili anche per noi. Dovrebbero farci aprire gli occhi sulla potenza di Satana nell'ingannare le menti e nell'allontanarle dalla luce della verità. Molti seguono l'esempio dei farisei, onorano coloro che sono morti per la loro fede e si meravigliano per la cecità degli ebrei che hanno rigettato il Messia. Affermano che se fossero vissuti al suo tempo ne avrebbero accettato con gioia gli insegnamenti, senza partecipare ai piani malvagi di coloro che rigettarono il Salvatore. Ma quando l'ubbidienza a Dio richiede consacrazione e spirito di sacrificio, queste persone dimenticano le loro convinzioni e si rifiutano di ubbidire. Così rivelano lo stesso spirito dei farisei che condannarono Cristo. GDN 469.2
Gli ebrei si resero conto solo in parte della terribile responsabilità che si assumevano rigettando Cristo. Dall'epoca in cui venne versato il primo sangue innocente, per colpa di Caino, la stessa storia si è ripetuta con una responsabilità crescente. In ogni tempo i profeti hanno fatto sentire la loro voce che condannava i peccati dei re, dei capi e del popolo, e hanno annunciato il messaggio di Dio, a rischio della propria vita. Di generazione in generazione si è accumulato un terribile castigo su coloro che hanno rifiutato la luce della verità. I nemici di Cristo stavano attirando quel castigo su di loro. Il peccato dei sacerdoti e dei capi di allora era maggiore di quello delle generazioni precedenti. Rigettando il Salvatore, si rendevano responsabili del sangue di tutti i giusti uccisi, da Abele sino a Cristo. Stavano per far traboccare la coppa della malvagità, che ben presto si sarebbe riversata su di loro come punizione. Di questo Gesù li avvertì. GDN 469.3
“Affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Bara-chia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare. Io vi dico in verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione”. Matteo 23:35, 36. GDN 469.4
Gli scribi e i farisei sapevano che le parole di Gesù erano vere. Essi ricordavano come era stato ucciso il profeta Zaccaria. Mentre sulle sue labbra echeggiavano gli avvertimenti di Dio, il re apostata si infiammò di un furore diabolico e al suo ordine il profeta fu condannato a morte. Il suo sangue schizzò sulle pietre del cortile del tempio e vi rimase come testimonianza indelebile nei confronti dell'Israele apostata. Per tutta la durata del tempio, sarebbe rimasto il segno del sangue di quel giusto, che gridava vendetta a Dio. Quando Gesù si riferì a quei terribili peccati, un fremito di orrore corse attraverso GDN 470.1
la folla. GDN 470.2
Contemplando il futuro, Gesù disse che l'apostasia degli ebrei e la loro insofferenza per i messaggeri di Dio sarebbero rimaste invariate come lo erano state in passato. GDN 470.3
“Perciò, ecco, io vi mando dei profeti, dei saggi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città”. Versetto 34. Profeti e uomini saggi, pieni di fede e Spirito Santo — Stefano, Giacomo e molti altri — sarebbero stati condannati e uccisi. Alzando le mani verso il cielo, mentre una luce divina si sprigionava dalla sua persona, Cristo parlò come giudice a coloro che stavano davanti a lui. Quella voce che spesso era stata udita formulare intense preghiere, ora pronunciava rimproveri e condanna. Gli ascoltatori rabbrividirono. Mai dal loro animo si sarebbe cancellata l'impressione delle sue parole e del suo sguardo. GDN 470.4
Gesù era indignato per l'ipocrisia e per i gravi peccati attraverso i quali quegli uomini distruggevano il loro spirito, ingannavano il prossimo e disonoravano Dio. Egli scorgeva l'opera satanica nei ragionamenti sottili e insidiosi dei sacerdoti e dei capi. GDN 470.5
Sebbene denunciasse il peccato con forza e provasse una sacra collera contro il principe delle tenebre, non manifestò nessuna impazienza e non espresse sentimenti di vendetta. Nello stesso modo il cristiano che vive in comunione con Dio deve possedere i dolci attributi dell'amore e della misericordia, provare una giusta indignazione contro il peccato, ma non deve lasciarsi mai prendere dalla passione sino a maltrattare chi lo insulta. Anche se dovrà affrontare coloro che ispirati da uno spirito malefico perseverano nell'errore egli, con l'aiuto di Cristo, troverà la forza per restare calmo e avere l'autocontrollo. GDN 470.6
Il Figlio di Dio, mentre guardava il tempio e i suoi uditori, manifestava nel suo aspetto una pietà divina. Con voce rotta da profonda angoscia e lacrime amare, esclamò: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” Matteo 23:37. Questa è la lotta che precede la separazione. Nel lamento di Cristo si manifestano i profondi sentimenti di Dio. È il misterioso saluto espresso dal grande amore divino. GDN 470.7
I farisei e i sadducei rimasero silenziosi. Gesù chiamò i discepoli e si preparò a lasciare il tempio, non come uno sconfitto, ma come colui che aveva adempiuto il suo compito. Si ritirava dalla lotta come un vincitore. GDN 471.1
Le preziose verità che in quel giorno, denso di eventi, uscirono dalle labbra di Gesù, furono raccolte e conservate come un tesoro da molti cuori. Esse suscitarono nuovi pensieri di vita, risvegliarono nuove aspirazioni e dettero inizio a nuove esperienze. GDN 471.2
Dopo la crocifissione e la risurrezione, quelle persone si impegnarono per adempiere il mandato divino con una saggezza e uno zelo adeguati alla grandezza dell'opera. Diffusero il messaggio che si rivolge al cuore e distrugge le vecchie superstizioni che per tanto tempo avevano ostacolato la vita di molti. Di fronte a quella testimonianza, le teorie umane apparvero in tutta la loro vanità. Straordinari furono gli effetti di quelle parole sgorgate dalla bocca del Salvatore, pronunciate davanti alla folla stupita e impaurita, nel tempio di Gerusalemme. GDN 471.3
Ma Israele, come nazione, aveva ripudiato il suo Dio. I rami naturali dell'ulivo erano stati tagliati. Guardando per l'ultima volta l'interno del tempio, Gesù disse con tristezza: “Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” Versetti 38, 39. Sino a quel momento aveva chiamato il tempio la casa del Padre suo; ma ora, mentre il Figlio di Dio si allontanava dalle sue mura, la presenza di Dio si sarebbe ritirata per sempre da quel tempio che era stato costruito per la sua gloria. Ormai le cerimonie sarebbero state prive di significato e i servizi un inganno. GDN 471.4