Durante l’ultimo processo di Paolo, Nerone era stato colpito dalla convinzione con la quale l’apostolo aveva parlato; per questo motivo aveva rimandato la decisione del caso, senza assolvere né condannare il servitore di Dio che doveva giudicare. Questa incertezza però durò poco, il male prese ben presto il sopravvento nell’animo dell’imperatore. Egli era esasperato dal successo e dal consenso che il cristianesimo andava vieppiù acquistando anche nella sua stessa casa, per questo decise che era necessaria l’eliminazione dell’apostolo appena se ne fosse presentata l’occasione propizia. Poco tempo dopo Nerone ruppe gli indugi e ordinò l’esecuzione di Paolo. L’apostolo era cittadino romano: questo particolare lo salvò dalla tortura anche se non impedì che fosse decapitato. UVI 319.1
Poche persone assistettero al trasferimento di Paolo al luogo prescelto per l’esecuzione. I suoi persecutori limitarono il numero degli spettatori, i quali temevano che, a motivo della fama acquisita dall’apostolo, le scene della sua morte avrebbero potuto conquistare nuovi proseliti e rafforzare la causa del cristianesimo. In ogni modo anche gli insensibili soldati che lo scortavano, furono sorpresi dal fatto che l’apostolo era contento, dal suo viso non traspariva il pur minimo segno di preoccupazione a motivo del supplizio che l’attendeva. Egli aveva già perdonato i suoi carnefici, lo sorreggeva un’incrollabile fiducia in Cristo. Questo comportamento spinse certuni tra quelli che assistettero al martirio ad accettare il cristianesimo. Molte di quelle persone, che avevano accettato il Salvatore predicato da Paolo, suggellarono coraggiosamente la loro fede con il sacrificio della propria vita. UVI 319.2
Fino alla sua ultima ora di vita, Paolo testimoniò delle parole di verità che aveva rivolto ai Corinzi: “L’Iddio che disse: Splenda la luce fra le tenebre, è quel che risplendé ne’ nostri cuori affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo. Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché l’eccellenza di questa potenza sia di Dio e non da noi. Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati: perseguitati, ma non abbandonati: atterrati, ma non uccisi; portiam sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo”. 2 Corinzi 4:6-10 (Luzzi). L’efficacia della sua predicazione non derivava da qualche virtù personale, ma dall’azione e dalla presenza dello Spirito Santo che colmava la sua anima e che assoggettava ogni suo pensiero alla volontà di Cristo. Il profeta dichiara: “A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida”. Isaia 26:3 (Luzzi). La pace celeste espressa dal volto di Paolo conquistò molte anime al Vangelo. UVI 319.3
Paolo comunicò al prossimo l’atmosfera del cielo. Tutti quelli che ebbero un qualche contatto con lui sentirono l’influsso della sua unione con Cristo. Il fatto che la sua stessa vita rispecchiasse la verità garantiva l’efficacia della sua predicazione. Tale corrispondenza è sempre un segno della potenza della verità. L’influsso spontaneo e involontario di una vita santa è il più convincente sermone che possa essere fatto in favore del cristianesimo. Gli argomenti, anche quando sono indiscutibili, possono provocare opposizione; ma un buon esempio ha in sé una potenza alla quale è impossibile resistere. UVI 320.1
Egli era preoccupato per la sorte di quei credenti che avrebbero dovuto affrontare da soli il pregiudizio, l’odio e l’opposizione dei nemici. Tale preoccupazione gli aveva fatto perdere di vista l’approssimarsi della fine. Egli cercò di incoraggiare quei pochi cristiani che lo accompagnavano al luogo dell’esecuzione ripetendo le promesse dirette a coloro che sono perseguitati per amore della giustizia. Li assicurò che tutto ciò che il Signore aveva detto circa i suoi fedeli servitori si sarebbe avverato. Per un breve tempo essi sarebbero stati aggravati da molteplici tentazioni, e privati delle comodità terrene; in ogni caso erano certi del fatto che Dio li avrebbe aiutati quando affermavano: “Io so in chi ho creduto e sono persuaso ch’egli è potente da custodire il mio deposito”. 2 Timoteo 1:12 (Luzzi). Presto la notte della prova e della sofferenza sarebbe terminata e sarebbe sorta la gioiosa aurora e la pace di un giorno perfetto. UVI 320.2
L’apostolo guarda al grande aldilà, non con incertezza e paura ma con un animo fiducioso, desideroso di conoscere ciò che l’attende. Mentre si trova sul luogo del martirio, egli non vede la spada dell’esecutore né la terra che presto riceverà il suo sangue, ma contempla, attraverso il cielo terso di quel giorno, il trono dell’Eterno. UVI 320.3
Questo uomo vede la scala della visione di Giacobbe, in essa vi scorge il legame che unisce la terra al cielo, l’umanità limitata al Dio infinito. La sua fede è fortificata dall’esempio dei patriarchi e dei profeti che hanno confidato nello stesso Dio che lo sostiene e lo consola, e per il quale sta dando la vita. Da questi santi uomini che attraverso i secoli hanno dato testimonianza della loro fede, egli ode delle parole che lo assicurano della fedeltà di Dio. Gli apostoli, suoi compagni, hanno predicato il Vangelo di Cristo, affrontando il bigottismo religioso e le superstizioni pagane, nella persecuzione e nell’avversità, rinunciando alla loro vita per potere innalzare la luce della croce sulle oscure tenebre dell’infedeltà. Egli ode da loro delle parole che attestano la divinità di Gesù, il Salvatore del mondo. Dalla ruota delle torture, dal rogo, dalle prigioni, dai sotterranei e dalle fosse della terra sale alle sue orecchie il trionfante grido dei martiri. Egli ode la testimonianza dei credenti, che sebbene abbandonati, afflitti e tormentati, danno ardita e solenne testimonianza della loro fede, dichiarando: “Io so in chi ho creduto”. Questi credenti, sacrificando la loro vita per la fede, proclamano al mondo che Colui nel quale essi confidano è capace di salvare anche il più incallito peccatore. UVI 320.4
Riscattato dal sacrificio di Cristo, lavato dal peccato nel suo sangue, rivestito della sua giustizia, Paolo ha la certezza che la sua anima è preziosa agli occhi del suo Redentore. La sua vita è nascosta con Cristo in Dio, ed egli è persuaso che Colui che ha conquistato la morte è capace di custodire tutto quello che è stato affidato alla sua cura. La sua mente afferra la promessa del Salvatore: “Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Giovanni 6:40 (Luzzi). I suoi pensieri e le sue speranze sono concentrate sulla seconda venuta del suo Signore. E mentre la spada dell’esecutore si abbatte su di lui e le ombre della morte lo circondano, lo accompagna questo suo ultimo pensiero, un pensiero che rivivrà il giorno del grande risveglio, quando incontrerà il Creatore della vita, che lo farà partecipe della gioia dei beati. UVI 321.1
Molti secoli sono trascorsi da quando l’anziano Paolo versò il suo sangue in testimonianza della Parola di Dio e in testimonianza di Gesù Cristo. Nessuna mano fedele ha scritto per le future generazioni le ultime scene della vita di questo uomo santo; malgrado ciò Dio ha preservato per noi il suo testamento in punto di morte. Come uno squillo di tromba, la sua voce ha risuonato attraverso i tempi, rinvigorendo con il suo coraggio le migliaia di persone che hanno testimoniato la loro fede in Cristo, e risvegliando in migliaia di cuori afflitti l’eco della sua trionfante gioia: “Io sto per esser offerto a mo’ di libazione, e il tempo della mia dipartenza è giunto. Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbata la fede; del rimanente mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione”. 2 Timoteo 4:6-8 (Luzzi). UVI 321.2