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Principi di educazione cristiana

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    Parte 2: Illustrazioni

    Capitolo 5: L’educazione in Israele

    Il sistema educativo stabilito in Eden era fondato sulla famiglia. Adamo era figlio di Dio (cfr. Luca 3:38), ed è dal loro Padre che i figli dell’Altissimo ricevevano l’istruzione. La loro scuola era, nel senso più vero, una scuola di famiglia.PEC 22.1

    Nel piano divino dell’educazione, adattato alla condizione degli esseri umani dopo la caduta, Gesù è il rappresentante del Padre, l’anello di congiunzione fra Dio e l’umanità. Egli ha voluto che gli uomini e le donne fossero i suoi rappresentanti. La famiglia è la scuola e i genitori sono gli insegnanti.PEC 22.2

    Il sistema educativo avente il suo fulcro nella famiglia era quello più in uso all’epoca dei patriarchi. Quanti si trovarono sotto la guida di Dio si attennero sempre al piano di vita che egli aveva stabilito al principio. Coloro che invece se ne allontanarono, edificarono delle città e si raggnipparono in esse, gloriandosi dello splendore, del lusso e del vizio che sempre hanno fatto delle città moderne l’orgoglio e la maledizione del mondo. Le famiglie rimaste attaccate ai princpi divini continuarono ad abitare nei campi o sulle colline, coltivando il suolo e pascolando le greggi. In questa vita libera e indipendente che permetteva loro di lavorare, studiare e meditare, essi imparavano da Dio e insegnavano ai figli le sue opere e le sue vie.PEC 22.3

    Era questo il metodo educativo che Dio intendeva stabilire in Israele. Quando però il popolo fu tratto fuori dell’Egitto, pochi israeliti erano preparati per essere suoi collaboratori nell’educazione dei loro figli; i genitori stessi avevano bisogno di educazione e di disciplina. Vittime di una schiavitù durata in pratica tutta una vita, erano ignoranti, senza cultura e degradati. Avevano scarsa conoscenza di Dio e poca fede in lui; erano confusi da falsi insegnamenti e corrotti dal prolungato contatto con il paganesimo. Dio desiderava innalzarli a un livello morale più alto e per questo cercò di dar loro una migliore conoscenza di se stesso.PEC 22.4

    Nei rapporti con gli israeliti, erranti nel deserto, durante le marce, quando giungeva il momento della fame, della sete, della stanchezza, quando il pericolo incombeva a causa della presenza dei nemici pagani, come pure nella manifestazione della provvidenza soccorritrice, Dio interveniva cercando di fortificare la loro fede e mostrando la sua potenza che era sempre in azione per il loro bene. Dopo aver insegnato a confidare nel suo amore e nella sua forza, egli pose all’attenzione dei suoi figli, esemplificato nei precetti della legge, l’ideale di carattere che dovevano raggiungere per sua grazia.PEC 22.5

    Preziose furono le lezioni insegnate a Israele durante il suo soggiorno al Sinai. Fu quello un periodo di speciale preparazione e l’ambiente naturale favorì la realizzazione del programma di Dio. Sulla cima del monte Sinai, che adombrava la pianura dove il popolo aveva piantato le tende, c’era la colonna di nubi che aveva diretto la marcia d’Israele. Di notte una colonna di fuoco dava la certezza della protezione divina e mentre il popolo dormiva, il pane dal ciclo scendeva dolcemente sull’accampamento. Da ogni lato la solenne grandezza di quelle vette montane aspre e scoscese parlava dell’eternità e della maestà di Dio. Il popolo si rendeva conto della propria ignoranza e debolezza in presenza di colui che ha “pesato le montagne con la stadera e i colli con la bilancia”. Isaia 40:12. Manifestandosi in gloria, Dio cercava di far capire a Israele la santità del suo carattere e delle sue esigenze, come pure l’estrema gravità della trasgressione.PEC 23.1

    Il popolo però era lento a imparare. Abituato in Egitto a rappresentazioni materialistiche della deità, sotto forma di immagini degradanti, gli era difficile concepire l’esistenza e il carattere del Dio invisibile. Consapevole della debolezza di questo popolo, Dio volle dare un simbolo della sua presenza e disse: Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Esodo 25:8.PEC 23.2

    Per la costruzione del santuario come dimora di Dio, a Mosè fu indicato di fare tutte le cose sul modello di quelle celesti. Per questo motivo Dio lo chiamò sul monte e gli rivelò le cose del cielo. Il santuario fu costruito secondo questo progetto.PEC 23.3

    In questo modo Dio riverlò il glorioso ideale del suo carattere a Israele in mezzo al quale egli desiderava abitare. Il modello fu da lui mostrato sul monte Sinai, quando diede la legge e passò davanti a Mosè proclamando: Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà. Esodo 34:6.PEC 23.4

    Gli israeliti, da soli, non erano capaci di raggiungere questo ideale, e la grande rivelazione del Sinai poteva solo rendere chiare le loro necessità e la loro impotenza. Doveva essere insegnata un’altra lezione: il tabernacolo, con il suo servizio basato sul sacrificio, mostrava loro il perdono dei peccati e la capacità, nel Salvatore, di ubbidire e vivere.PEC 23.5

    Nel Cristo doveva trovare adempimento il proposito di cui il tabernacolo era il simbolo. Di quel glorioso edificio, le pareti coperte d’oro scintillante riflettevano i colori delle tende inghirlandate con disegni di cherubini; il profumo dell’incenso si diffondeva ovunque; i sacerdoti, vestiti di bianco candido, servivano il Signore; nel profondo mistero del luogo più interno, al di sopra del propiziatorio, fra gli angeli che chinavano la fronte in segno di adorazione, si trovava la gloria del Santissimo. Dio voleva che in ogni cosa il popolo leggesse qual era il suo piano per l’animo umano. Era lo stesso piano che, molti secoli dopo, l’apostolo Paolo avrebbe indicato, ispirato dallo Spirito Santo: Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi. 1 Corinzi 3:16, 17.PEC 23.6

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