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La speranza dell’uomo

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    Capitolo 28: Levi Matteo

    In Palestina i pubblicani erano le persone più odiate fra tutti gli ufficiali romani. Il fatto che un potere straniero imponesse le tasse irritava continuamente gli ebrei e ricordava loro la perdita dell’indipendenza. Coloro che raccoglievano le tasse non erano soltanto strumenti dell’oppressione romana, ma estorcevano anche del denaro per il loro proprio interesse e si arricchivano a spese del popolo. Un ebreo che accettava questo compito dai romani era considerato come un traditore della sua nazione. Era disprezzato come un apostata e considerato tra le persone più spregevoli della società.SU 195.1

    A questa classe apparteneva Levi Matteo, che fu chiamato al servizio del Cristo subito dopo i quattro discepoli di Capernaum. I farisei giudicavano Matteo in base al suo lavoro, mentre Gesù vide in quell’uomo un cuore aperto alla verità. Matteo aveva ascoltato gli insegnamenti del Salvatore e, quando tramite lo Spirito di Dio prese coscienza delle sue colpe, cercò l’aiuto del Cristo. Era abituato all’esclusivismo dei rabbini e non sperava che quel grande Maestro si sarebbe occupato di lui.SU 195.2

    Un giorno, mentre era seduto al banco della gabella, questo pubblicano vide Gesù che si avvicinava. Provò un grande stupore quando udì questa parola: “Seguimi”. Matteo “lasciata ogni cosa, si levò e si mise a seguirlo”. Luca 5:28. Non vi furono né incertezza né dubbio, né il pensiero della posizione redditizia che stava scambiando con la povertà e la difficoltà. Per lui era sufficiente essere con Gesù, udire le sue parole e collaborare con la sua opera.SU 195.3

    Così era accaduto ai discepoli che erano stati chiamati precedentemente. Quando Gesù disse a Pietro e ai suoi compagni di seguirlo, essi lasciarono subito barche e reti. Alcuni di quei discepoli avevano degli operai alle loro dipendenze; ma appena ricevettero l’invito del Salvatore non esitarono e non si chiesero come avrebbero fatto a vivere e a mantenere la loro famiglia. Quando Gesù disse loro: “Quando vi mandai senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari, vi mancò mai niente?” Essi poterono rispondere: “Niente”. Luca 22:35.SU 195.4

    A Matteo nella sua agiatezza, ad Andrea e a Pietro nella loro povertà fu fatta la stessa richiesta e ognuno manifestò la medesima consacrazione. Nel momento del successo, quando le reti erano piene di pesci e i legami con la vecchia vita più forti, Gesù, lungo il mare, chiese ai discepoli di lasciare tutto per l’opera del Vangelo. Ogni persona viene messa alla prova per vedere se è più forte il desiderio dei beni terreni oppure quello di seguire il Cristo.SU 195.5

    La legge di Dio è sempre esigente. Nessun uomo può avere successo nel servizio di Dio se non pone nell’opera tutto il suo cuore e non considera tutte le altre cose come un impedimento per ottenere la conoscenza del Cristo. Nessun uomo, senza una consacrazione totale, può essere discepolo del Cristo e tanto meno suo collaboratore. Nella vita di chi apprezza la salvezza si noterà lo spirito di sacrificio che ha caratterizzato la vita di Gesù, ed egli sarà lieto di andare ovunque il Cristo vorrà condurlo.SU 196.1

    La chiamata rivolta a Matteo, perché diventasse discepolo del Cristo, fece sorgere una grande indignazione. Il fatto che un maestro religioso scegliesse come suo collaboratore un pubblicano, era considerata una grave offesa contro i costumi religiosi, sociali e nazionali. Facendo leva sui pregiudizi del popolo, i farisei speravano di volgere contro Gesù i sentimenti popolari.SU 196.2

    Invece fra i pubblicani sorse un grande interesse. I loro cuori si volsero verso il divino Maestro. Nella gioia del suo nuovo discepolato, Matteo desiderava portare a Gesù i suoi ex colleghi. Perciò organizzò un banchetto nella sua casa e chiamò parenti e amici. Si trattava non solo di pubblicani ma anche di altre persone di dubbia reputazione, tenuti alla larga dai loro vicini più scrupolosi.SU 196.3

    Il banchetto fu fatto in onore di Gesù il quale non esitò ad accettare quell’invito pur sapendo che il suo atto avrebbe offeso il partito dei farisei e lo avrebbe messo in cattiva luce agli occhi del popolo. Ma non permise che nessuna considerazione di carattere diplomatico influisse sulla sua condotta. Per lui non avevano alcun peso le distinzioni esteriori. Chi si rivolgeva a lui era un’anima assetata dell’acqua della vita.SU 196.4

    Gesù si sedette come ospite onorato alla tavola dei pubblicani. Mostrò con la simpatia e la gentilezza il suo rispetto per la dignità della persona umana. Gli uomini desideravano diventare degni della sua fiducia. Nei loro cuori assetati le sue parole si trasformarono in benedizioni capaci di apportare una potenza di vita. Si risvegliarono nuove energie, e la possibilità di una nuova vita si schiuse anche a quegli uomini che erano ai margini della società.SU 196.5

    Molte persone, intervenute a quel banchetto, rimasero impressionate dagli insegnamenti del Salvatore, anche se lo riconobbero solo dopo la sua ascensione. Quando lo Spirito Santo fu sparso e tremila persone si convertirono in un giorno, molte avevano udito per la prima volta la verità alla tavola dei pubblicani e alcune divennero messaggere del Vangelo. Per Matteo stesso, l’esempio di Gesù al banchetto fu una lezione costante. Il pubblicano disprezzato divenne uno dei collaboratori più devoti e nel suo ministero seguì da vicino i passi del Maestro.SU 196.6

    Quando i rabbini vennero a sapere della presenza di Gesù alla festa di Matteo, colsero quell’occasione per accusarlo, e lo fecero tramite i discepoli. Facendo leva sui loro pregiudizi, speravano di allontanarli dal Maestro. La loro politica consisteva nell’accusare il Cristo davanti ai discepoli e i discepoli davanti al Cristo. Puntavano le loro frecce dove speravano di colpire più facilmente. In questo modo ha operato Satana fin da quando si è allontanato dal cielo e così hanno agito anche tutti coloro che cercano di provocare discordie e divisioni.SU 197.1

    “Perché il vostro maestro mangia coi pubblicani e coi peccatori?” Matteo 9:11. Era questa la domanda dei rabbini invidiosi.SU 197.2

    Gesù non attese che i suoi discepoli rispondessero all’accusa, ma disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Or andate e imparate che cosa significhi: Voglio misericordia, e non sacrifizio; poiché io non son venuto a chiamar de’ giusti, ma dei peccatori”. Matteo 9:12, 13. I farisei pretendevano di essere spiritualmente sani e quindi di non aver bisogno del medico, mentre consideravano i pubblicani e i Gentili come persone che soffrivano per malattie spirituali. Non era quindi il suo lavoro, come medico, rivolgersi a coloro che avevano bisogno del suo aiuto?SU 197.3

    Nonostante i farisei avessero una così alta opinione di se stessi, in realtà si trovavano in una condizione peggiore di quella dei pubblicani e dei Gentili. I pubblicani erano meno fanatici e orgogliosi, più aperti all’azione della verità. Gesù disse ai rabbini: “Or andate e imparate che cosa significhi: Voglio misericordia, e non sacrifizio”. Mostrava così che essi, mentre pretendevano di spiegare la Parola di Dio, in realtà non ne avevano affatto compreso lo spirito.SU 197.4

    I farisei tacquero per il momento, ma diventarono più decisi nella loro ostilità. Cercarono i discepoli di Giovanni Battista e tentarono di istigarli contro il Salvatore. Questi farisei non avevano accettato la missione del Battista; si erano beffati della sua vita frugale, delle sue abitudini semplici, dei suoi abiti ruvidi e lo avevano considerato un fanatico. Siccome aveva condannato la loro ipocrisia, si erano opposti alle sue parole e gli avevano sollevato contro il popolo. Lo Spirito del Signore aveva agito sui cuori di questi schernitori convincendoli di peccato; ma essi avevano respinto il consiglio di Dio e avevano affermato che Giovanni era posseduto da un demone.SU 197.5

    Quando poi Gesù si unì alla gente comune mangiando e bevendo alle loro tavole, allora lo accusarono di essere un goloso e un ubriacone. Proprio loro che lo accusavano commettevano quelle colpe. Come il carattere di Dio è travisato e rivestito da Satana dei suoi stessi attributi, così i messaggeri del Signore venivano fraintesi da quegli uomini malvagi.SU 198.1

    I farisei non volevano ammettere che Gesù mangiava con i pubblicani e con i peccatori per trasmettere la luce del cielo a coloro che vivevano nelle tenebre. Non volevano rendersi conto del fatto che ogni parola pronunciata dal divino Maestro era un seme che avrebbe potuto portare frutto alla gloria di Dio. Erano decisi a non accettare il messaggio del Cristo e, sebbene si fossero opposti alla missione di Giovanni Battista, ora volevano conquistare l’amicizia dei suoi discepoli per avere la loro collaborazione contro Gesù. Si resero conto che Gesù stava distruggendo le antiche tradizioni, perciò confrontarono l’austera pietà del Battista con il modo di fare di Gesù che partecipava alle feste con i pubblicani e con i peccatori.SU 198.2

    I discepoli di Giovanni attraversavano un periodo difficile. Non avevano ancora trasmesso a Gesù il messaggio di Giovanni. Il loro amato maestro si trovava in prigione e ne erano addolorati. Gesù non faceva nulla per liberare Giovanni, anzi sembrava che addirittura gettasse discredito sui suoi insegnamenti. Se Giovanni era stato inviato da Dio, perché Gesù e i suoi discepoli si comportavano in modo così diverso?SU 198.3

    I discepoli di Giovanni non avevano una chiara conoscenza dell’opera del Cristo, perciò pensarono che le accuse dei farisei avessero un fondamento. Essi osservavano molte delle regole prescritte dai rabbini e speravano persino di essere giustificati con le opere della legge. Gli ebrei praticavano il digiuno come un atto meritorio e i più rigidi fra loro digiunavano due giorni alla settimana. I farisei e i discepoli di Giovanni stavano digiunando, quando questi ultimi vennero da Gesù e gli chiesero: “Perché noi ed i Farisei digiuniamo, e i tuoi discepoli non digiunano?” Matteo 9:14.SU 198.4

    Gesù rispose loro con molta dolcezza. Non volle correggere la loro concezione del digiuno ma spiegare solo la sua missione. Lo fece usando la stessa immagine che il Battista aveva utilizzato nella sua testimonianza di Gesù. Giovanni aveva detto: “Colui che ha la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, si rallegra grandemente alla voce dello sposo; questa allegrezza che è la mia è perciò completa”. Giovanni 3:29. I discepoli di Giovanni ricordarono queste parole del loro maestro quando Gesù, riprendendo quell’immagine, disse: “Gli amici dello sposo possono essi far cordoglio, finché lo sposo è con loro?” Matteo 9:15.SU 198.5

    Il Principe del cielo era in mezzo al suo popolo. Dio aveva offerto al mondo il dono più grande. Il Cristo era venuto per offrire ai poveri la gioia dell’eredità del suo regno. Era venuto per insegnare ai ricchi come acquistare la gioia delle ricchezze eterne, per offrire agli ignoranti la gioia della saggezza che porta alla salvezza e ai colti la conoscenza dei più profondi misteri mai sondati prima. Le verità nascoste sin dalla fondazione del mondo sarebbero state rivelate agli uomini dalla missione del Salvatore.SU 199.1

    Giovanni Battista si era rallegrato nel contemplare il Salvatore. Ma i discepoli che potevano camminare e parlare con la Maestà del cielo, provavano una gioia ancora maggiore. Non era quello il tempo del lutto e del digiuno. Essi dovevano aprire i loro cuori per ricevere la luce della sua gloria affinché risplendesse su coloro che vivevano nelle tenebre dell’ombra della morte.SU 199.2

    Le parole del Cristo delineavano una situazione radiosa ma lasciavano intravedere un’ombra oscura che soltanto i suoi occhi potevano distinguere. “Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno”. Matteo 9:15. Quando il loro Signore sarebbe stato oltraggiato e crocifisso, allora i discepoli avrebbero pianto e digiunato. Nel suo ultimo discorso nella camera alta, disse: “Vi domandate voi l’un l’altro che significhi quel mio dire: Fra poco non mi vedrete più, e fra un altro poco mi vedrete?. In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà. Voi sarete contristati, ma la vostra tristezza sarà mutata in letizia”. Giovanni 16:19, 20.SU 199.3

    Quando il Cristo sarebbe uscito dalla tomba, la loro tristezza si sarebbe trasformata in gioia. Dopo l’ascensione Egli sarebbe stato assente di persona ma presente attraverso il Consolatore, ed essi non avrebbero dovuto piangere. Satana, invece, lo voleva. Voleva che dessero al mondo l’impressione di essere stati ingannati. Ma per fede i suoi discepoli dovevano contemplare il santuario del cielo dove il Cristo officiava per loro; dovevano aprire i loro cuori allo Spirito Santo e rallegrarsi alla luce della sua presenza. Giorni di prova e tentazione sarebbero sopraggiunti al momento del conflitto con i capi di questo mondo e con quelli del regno delle tenebre.SU 199.4

    Quando il Cristo non sarebbe stato più in mezzo a loro, ed essi non avrebbero scorto il Consolatore, allora sarebbe stato utile digiunare.SU 199.5

    I farisei si vantavano della loro rigorosa osservanza delle forme, mentre i loro cuori erano pieni di invidia e animosità. Le Scritture dicono: “Ecco, voi digiunate per litigare, per questionare, e percuotere empiamente col pugno; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È questo il digiuno di cui io mi compiaccio? Il giorno in cui l’uomo affligge l’anima sua? Curvar la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è egli questo che tu chiami un digiuno, un giorno accetto all’Eterno?” Isaia 58:4, 5.SU 199.6

    Il vero digiuno non consiste in un servizio formale. Le Scritture spiegano in che cosa consiste il digiuno che il Signore approva: “Il digiuno di cui mi compiaccio non è egli questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi, e che s’infranga ogni sorta di giogo?” Isaia 58:6. Qui è indicato il vero spirito e il vero carattere dell’opera del Cristo. Tutta la sua vita è stata un sacrificio per la salvezza del mondo. Quando digiunava nel deserto della tentazione e quando mangiava con i pubblicani al banchetto di Matteo, offriva la sua vita per la salvezza dei peccatori. Il vero spirito della pietà si manifesta non in un pianto sterile, non nell’umiliazione fisica, non nel susseguirsi dei sacrifici, ma nella consacrazione a un servizio efficace per il Signore e per gli uomini.SU 200.1

    Gesù continuò a rispondere ai discepoli di Giovanni servendosi di una similitudine. “Or niuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito, e lo strappo si fa peggiore”. Matteo 9:16. Non si dovevano mescolare al messaggio di Giovanni Battista tradizioni o superstizioni. Il tentativo di mescolare le pretese dei farisei con la pietà di Giovanni avrebbe soltanto messo in maggiore evidenza la loro frattura.SU 200.2

    I princìpi dell’insegnamento del Cristo non si potevano neppure unire con le forme dei farisei. Il Cristo non era venuto per riparare le brecce prodotte dall’insegnamento di Giovanni; Egli avrebbe addirittura reso più evidente la separazione fra il vecchio e il nuovo. Gesù illustrò ancora questa verità dicendo: “Neppur si mette del vin nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande e gli otri si perdono”. Matteo 9:17. Gli otri di pelle che venivano usati per il vino nuovo, dopo un po’ di tempo diventavano secchi e fragili e non si potevano più usare per lo stesso scopo. Con questa immagine Gesù illustrò la condizione dei capi del popolo. I sacerdoti, gli scribi e i capi si erano irrigiditi in una serie di cerimonie e tradizioni. I loro cuori si erano induriti come gli otri asciutti ai quali li aveva paragonati. Essendo soddisfatti di una religione formale, per loro era impossibile ricevere la verità del cielo. Erano soddisfatti della propria giustizia e non desideravano che nessun elemento nuovo penetrasse nella loro religione. Non consideravano come un dono la benevolenza di Dio ma piuttosto come una conquista delle loro buone opere. La fede che opera mediante l’amore e purifica lo spirito non poteva accordarsi con la religione dei farisei, fatta di cerimonie e ordinamenti umani. Il tentativo di conciliare gli insegnamenti di Gesù con la loro religione era inutile. La verità vitale di Dio, simile a un vino in fermentazione, avrebbe lacerato il vecchio, mandando in rovina gli otri della tradizione farisaica.SU 200.3

    I farisei si consideravano troppo saggi per aver bisogno di consigli, troppo giusti per aver bisogno di salvezza, troppo onorati per aver bisogno dell’onore che viene dal Cristo. Il Salvatore si allontanò da loro per cercare altri che avrebbero ascoltato il messaggio del cielo. Nei pescatori ignoranti, nei pubblicani del mercato, nella donna di Samaria, nella gente comune pronta ad ascoltarlo, avrebbe trovato otri nuovi per il vino nuovo. Per l’opera del Vangelo ci si può servire solo di quegli uomini che ricevono volentieri la luce che Dio offre loro. Sono gli strumenti incaricati di diffondere al mondo la conoscenza della verità. Se acconsentono a trasformarsi, mediante la sua grazia, in otri nuovi, egli li riempirà di vino nuovo.SU 201.1

    L’insegnamento del Cristo, benché rappresentato dal vino nuovo, non era una nuova dottrina ma piuttosto la rivelazione di ciò che era stato insegnato fin dal principio. Ma per i farisei la verità di Dio aveva perso il suo significato e la sua bellezza originali. Per loro l’insegnamento del Cristo era nuovo in quasi tutti i suoi aspetti e non lo riconobbero e non lo confessarono.SU 201.2

    Gesù fece notare che gli insegnamenti sbagliati distruggono ogni desiderio di verità. “E nessuno che abbia bevuto del vin vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: Il vecchio è buono”. Luca 5:38. Tutta la verità che è stata data al mondo mediante i patriarchi e i profeti rifulge di una nuova bellezza nelle parole del Cristo. Ma gli scribi e i farisei non sentivano il desiderio di quel prezioso vino nuovo. Essendo pieni delle vecchie tradizioni e delle vecchie abitudini, non c’era posto nella loro mente e nel loro cuore per le parole di Gesù. Si aggrapparono alle forme morte e si allontanarono dalla verità vivente e dalla potenza di Dio.SU 201.3

    Questo provocò la rovina degli ebrei, e oggi può produrre la rovina di molti uomini e donne. Migliaia di persone oggi ripetono gli stessi errori dei farisei che condannarono il Cristo al banchetto di Matteo. Molti, piuttosto di rinunciare a idee a cui sono affezionati o abbandonare alcune opinioni idolatriche, rifiutano di accettare la verità che viene dal Padre della luce. Essi confidano in se stessi, nella loro saggezza e non si rendono conto della loro povertà spirituale. Insistono nel voler essere salvati compiendo alcune opere importanti. Quando si accorgono di non poter affermare il proprio io, allora rigettano la salvezza che viene offerta loro.SU 201.4

    Una religione legalistica non può mai condurre persone al Cristo; è una religione priva di amore. Il digiuno e la preghiera di chi è pieno di se stesso rappresentano un’abominazione agli occhi del Signore. L’assemblea solenne di adorazione, l’insieme delle cerimonie sacre, l’umiliazione esteriore e i sacrifici proclamano che colui che fa queste cose si considera giusto e adatto al cielo: ma è tutta un’illusione. Le nostre opere non possono acquistarci la salvezza.SU 202.1

    Come ai tempi del Cristo è così anche oggi. I farisei non conoscono la loro povertà spirituale. A loro si rivolge il seguente messaggio: “Poiché tu dici: Io son ricco, e mi sono arricchito, e non ho bisogno di nulla, e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo, io ti consiglio di comprare da me dell’oro affinato col fuoco, affinché tu arricchisca; e delle vesti bianche, affinché tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità”. Apocalisse 3:17, 18. La fede e l’amore sono come l’oro affinato nel fuoco. Ma per molti quell’oro è diventato oscuro e quel ricco tesoro è stato perso. La giustizia del Cristo è per loro una veste non indossata, una fonte a cui non attingono. Ad essi viene detto: “Ma ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore. Ricordati dunque donde sei caduto, e ravvediti, e fa’ le opere di prima; se no, verrò a te, e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti ravvedi”. Apocalisse 2:4, 5.SU 202.2

    “I sacrifizi di Dio sono lo spirito rotto; o Dio, tu non sprezzi il cuor rotto e contrito”. Salmi 51:17. Per poter diventare un credente in Gesù, l’uomo deve liberarsi del proprio io. Soltanto allora il Signore può farne una nuova creatura. Gli otri possono contenere del vino nuovo. L’amore del Cristo animerà il credente di una nuova vita. Il carattere del Cristo si manifesterà in chi assomiglia a colui che suscita e sostiene la nostra fede.SU 202.3

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