Capitolo 41: La crisi in Galilea
La speranza dell’uomo
- Contents- Prefazione
- Capitolo 1: “Dio con noi”
- Capitolo 2: Il popolo eletto
- Capitolo 3: “La pienezza dei tempi”
- Capitolo 4: “V’è nato un Salvatore”
- Capitolo 5: La consacrazione
- Capitolo 6: “Abbiamo veduto la sua stella”
- Capitolo 7: L’infanzia di Gesù
- Capitolo 8: La visita di pasqua
- Capitolo 9: Tempi difficili
- Capitolo 10: La voce nel deserto
- Capitolo 11: Il battesimo
- Capitolo 12: La tentazione
- Capitolo 13: La vittoria
- Capitolo 14: “Abbiamo trovato il Messia”
- Capitolo 15: Le nozze di Cana
- Capitolo 16: Nel suo tempio
- Capitolo 17: Nicodemo
- Capitolo 18: “Bisogna che egli cresca”
- Capitolo 19: Al pozzo di Giacobbe
- Capitolo 20: “Se non vedete segni e miracoli”
- Capitolo 21: Betesda e il sinedrio
- Capitolo 22: Prigionia e morte di Giovanni battista
- Capitolo 23: “Il regno di Dio è vicino”
- Capitolo 24: “Non è costui il figliuol di Giuseppe?”
- Capitolo 25: La chiamata dei discepoli
- Capitolo 26: A Capernaum
- Capitolo 27: “Tu puoi mondarmi”
- Capitolo 28: Levi Matteo
- Capitolo 29: Il sabato
- Capitolo 30: La scelta dei dodici
- Capitolo 31: Il sermone sul monte
- Capitolo 32: Il centurione
- Capitolo 33: “Chi sono i miei fratelli?”
- Capitolo 34: L’invito
- Capitolo 35: La tempesta sedata
- Capitolo 36: Il tocco della fede
- Capitolo 37: I primi evangelisti
- Capitolo 38: “Venite... e riposatevi un po’”
- Capitolo 39: “Date loro da mangiare”
- Capitolo 40: Una notte sul lago
- Capitolo 41: La crisi in Galilea
- Capitolo 42: La tradizione
- Capitolo 43: Barriere infrante
- Capitolo 44: Il vero segno
- Capitolo 45: L’ombra della croce
- Capitolo 46: La trasfigurazione
- Capitolo 47: Una missione da compiere
- Capitolo 48: Chi è il più grande?
- Capitolo 49: Alla festa delle capanne
- Capitolo 50: Insidie e difficoltà
- Capitolo 51: “La luce della vita”
- Capitolo 52: Il buon pastore
- Capitolo 53: La partenza definitiva dalla Galilea
- Capitolo 54: Il buon samaritano
- Capitolo 55: Come verrà il regno di Dio
- Capitolo 56: Gesù benedice i bambini
- Capitolo 57: “Una cosa ti manca”
- Capitolo 58: “Lazzaro vieni fuori!”
- Capitolo 59: Complotti dei sacerdoti
- Capitolo 60: La legge del nuovo regno
- Capitolo 61: Zaccheo
- Capitolo 62: Il convito in casa di Simone
- Capitolo 63: “Il tuo re viene”
- Capitolo 64: La condanna di un popolo
- Capitolo 65: La seconda purificazione del tempio
- Capitolo 66: Contrasti
- Capitolo 67: Gesù censura gli scribi e i farisei
- Capitolo 68: Nel cortile esterno del tempio
- Capitolo 69: Sul monte degli Ulivi
- Capitolo 70: “Uno di questi miei minimi fratelli”
- Capitolo 71: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli
- Capitolo 72: “Fate questo in memoria di me”
- Capitolo 73: “Il vostro cuore non sia turbato”
- Capitolo 74: Gesù nel Getsemani
- Capitolo 75: Davanti ad Anna e Caiafa
- Capitolo 76: Giuda
- Capitolo 77: Davanti a Pilato
- Capitolo 78: Calvario
- Capitolo 79: “È compiuto!”
- Capitolo 80: Nella tomba di Giuseppe
- Capitolo 81: “Il Signore è risorto”
- Capitolo 82: “Perché piangi?”
- Capitolo 83: Sulla via di Emmaus
- Capitolo 84: “Pace a voi!”
- Capitolo 85: Di nuovo sulle rive del lago
- Capitolo 86: “Ammaestrate tutti i popoli”
- Capitolo 87: “Al Padre mio e Padre vostro”
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Capitolo 41: La crisi in Galilea
Quando il Cristo impedì alla folla di proclamarlo re, si rese conto di essere giunto a una svolta della sua vita. La folla che voleva innalzarlo al trono, domani si sarebbe allontanata da lui; delusa nelle proprie ambizioni egoistiche, avrebbe trasformato l’amore in odio e la lode in maledizione. Pur essendo consapevole di tutto questo, Gesù non fece nulla per allontanare la crisi. Sin dal principio non aveva offerto ai discepoli alcuna speranza di ricompensa terrena. A qualcuno che voleva diventare suo discepolo aveva detto: “Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figliuol dell’uomo non ha dove posare il capo”. Matteo 8:20. Se fosse possibile ottenere insieme al Cristo anche i vantaggi terreni, grandi folle accetterebbero di seguirlo, ma Egli non vuole un discepolato con queste motivazioni. Fra coloro che lo seguivano molti erano stati attratti dalla speranza di un regno terreno. Non dovevano farsi illusioni; essi non avevano compreso bene il profondo insegnamento spirituale del miracolo dei pani. La rivelazione del suo significato sarebbe stata una prova più rigorosa di discepolato.SU 283.1
La notizia del miracolo dei pani si sparse ovunque. Il mattino dopo, molto presto, una folla si raccolse a Betsaida per vedere Gesù. Vennero in tanti, per terra e per mare. Coloro che si erano allontanati la sera precedente tornarono sperando di trovarlo ancora lì, perché non vi erano barche con cui sarebbe potuto passare all’altra sponda. Ma la loro ricerca fu infruttuosa e molti si recarono a Capernaum per cercarlo.SU 283.2
Nel frattempo Gesù era giunto a Gennezaret, dopo un’assenza di un giorno. Appena sbarcato, venne riconosciuto; “subito la gente, riconosciutolo, corse per tutto il paese e cominciarono a portare qua e là i malati sui loro lettucci, dovunque sentivano dire ch’egli si trovasse”. Marco 6:54, 55.SU 283.3
Poi si recò nella sinagoga, dove lo trovarono quelli che erano venuti da Betsaida. Essi seppero dai discepoli in che modo aveva attraversato il lago. La folla stupita ascoltò il racconto della tempesta, delle ore in cui avevano remato inutilmente contro i venti contrari, dell’apparizione di Gesù che camminava sulle acque, delle angosce, delle sue parole di consolazione, dell’avventura di Pietro, della tempesta placata e della barca giunta a riva. Tuttavia molti, non contenti di queste spiegazioni, si raccolsero intorno a Gesù e gli chiesero: “Maestro, quando se’ giunto qua?” Giovanni 6:25. Essi speravano di ascoltare dalle sue labbra un ulteriore racconto del suo miracolo.SU 283.4
Ma Gesù non aveva intenzione di soddisfare la loro curiosità. Rispose tristemente: “In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete veduto dei miracoli, ma perché avete mangiato de’ pani e siete stati saziati”. Giovanni 6:26. Essi non lo cercavano per un obiettivo spirituale, ma perché avevano mangiato del pane e speravano, seguendolo, di ricevere ancora dei benefici materiali. Il Salvatore disse loro: “Adopratevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna”. Giovanni 6:27. Non cercate soltanto beni materiali. Il vostro impegno maggiore non si limiti alla vita presente, ma si orienti verso il cibo spirituale, verso quella saggezza che può procurare la vita eterna. Tutto questo lo può dare soltanto il Figlio di Dio? “Poiché su lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio suggello”. Giovanni 6:27.SU 284.1
Queste parole risvegliarono l’interesse degli uditori che chiesero: “Che dobbiam fare per operare le opere di Dio?” Giovanni 6:28. Essi si erano sottoposti a molte opere faticose per ottenere il favore di Dio ed erano pronti a compierne altre, anche più gravose, per potersi assicurare un merito maggiore. La loro domanda significa: Che cosa possiamo fare per meritare il cielo? Quale prezzo dobbiamo pagare per ricevere la vita eterna?SU 284.2
“Gesù rispose e disse loro: Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che Egli ha mandato”. Giovanni 6:29. Gesù è il prezzo del cielo. La via per il cielo attraverso la fede si trova nell’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”. Giovanni 1:29.SU 284.3
Ma il popolo non volle accogliere la verità divina. Gesù aveva compiuto esattamente l’opera preannunciata dai profeti per il Messia, ma esso non aveva trovato quell’opera in sintonia con le proprie aspettative. Il Cristo aveva sfamato una volta la folla con pani di orzo, ma ai tempi di Mosè il popolo d’Israele era stato nutrito con la manna per quarant’anni; perciò si aspettavano dal Messia benefici molto più grandi. Quei cuori insoddisfatti si chiedevano perché quel Gesù che aveva compiuto tante opere stupende non concedesse al suo popolo salute, forza, ricchezza, liberazione dagli oppressori e la gloria della potenza e dell’onore. Era un mistero impenetrabile che Egli pretendesse di essere l’inviato di Dio e nello stesso tempo si rifiutasse di diventare re d’Israele. Il suo rifiuto fu frainteso.SU 284.4
Molti ritennero che non osasse esporsi perché dubitava del carattere divino della sua missione. Così aprirono il cuore al dubbio, e il seme sparso da Satana portò frutti di malcontento e indifferenza.SU 284.5
Un rabbino chiese con ironia: “Qual segno fai tu dunque perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri mangiaron la manna nel deserto, com’è scritto: Egli diè loro da mangiare del pane venuto dal cielo”. Giovanni 6:30, 31.SU 285.1
Dimenticando che Mosè non era stato che un semplice strumento e perdendo di vista il vero autore del miracolo, gli ebrei attribuivano a lui il merito di aver dato la manna. I loro padri avevano mormorato contro Mosè e dubitato della sua missione divina. Ora, con lo stesso spirito, i figli respingevano colui che portava loro il messaggio di Dio. “E Gesù disse loro: In verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che vien dal cielo”. Giovanni 6:32. Colui che aveva dato la manna era in mezzo a loro. Il Cristo stesso aveva guidato gli israeliti attraverso il deserto e li aveva nutriti quotidianamente con il pane divino. Quel cibo era un tipo del vero pane che viene dal cielo. La vera manna è lo Spirito che impartisce la vita, che sgorga dall’infinita pienezza di Dio. Gesù disse: “Poiché il pan di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo”. Giovanni 6:33.SU 285.2
Alcuni ascoltatori, pensando sempre che Gesù parlasse del cibo materiale, gli chiesero: “Signore, dacci sempre di codesto pane”. Gesù disse allora chiaramente: “Io sono il pan della vita”. Giovanni 6:34, 35.SU 285.3
Le immagini di cui Gesù si era servito erano familiari agli israeliti. Mosè, ispirato dallo Spirito Santo, aveva detto: “L’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di tutto quello che la bocca dell’Eterno avrà ordinato”. Deuteronomio 8:3. E il profeta Geremia aveva scritto: “Tosto che ho trovato le tue parole, io le ho divorate; e le tue parole sono state la mia gioia, l’allegrezza del mio cuore”. Geremia 15:16. I rabbini stessi dicevano che mangiare il pane, nel senso spirituale, significava studiare la legge e praticare le buone opere. E spesso si affermava che alla venuta del Messia tutto Israele sarebbe stato nutrito. L’insegnamento dei profeti faceva chiaramente comprendere la profonda lezione spirituale contenuta nel miracolo della moltiplicazione dei pani. Gesù cercò di fare capire questa lezione ai suoi ascoltatori nella sinagoga. Se essi avessero compreso le Scritture, avrebbero compreso anche le sue parole quando disse: “Io sono il pan della vita”. Il giorno precedente quella grande folla, debole e stanca, era stata nutrita con il pane che Egli aveva dato loro. Come da quel pane avevano ricevuto ristoro e forza, così il Cristo poteva dare loro vigore spirituale in vista della vita eterna: “Chi viene a me non avrà fame, e chi crede in me non avrà mai sete”. Quindi aggiunse: “Voi m’avete veduto, eppur non credete!” Giovanni 6:35, 36.SU 285.4
Essi avevano visto il Cristo mediante la testimonianza dello Spirito Santo e la rivelazione di Dio. La prova evidente della sua potenza era stata davanti a loro giorno dopo giorno, e tuttavia avevano chiesto ancora un segno. Anche se questo fosse stato dato sarebbero rimasti increduli come prima. Se non si erano convinti con ciò che avevano visto e udito, era inutile mostrare loro altre opere meravigliose. L’incredulità trova sempre scuse per dubitare e respingere le prove più sicure.SU 285.5
Di nuovo il Cristo rivolse un appello a quei cuori induriti: “E colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”. Giovanni 6:37. Chiunque lo riceverà con fede avrà la vita eterna. Nessuno di loro si perderà. Non c’è bisogno che i farisei e i sadducei discutano sulla vita futura. Non c’è più bisogno che gli uomini piangano i loro morti con un dolore senza speranza. “E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: ch’io non perda nulla di tutto quel ch’Egli m’ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”. Giovanni 6:39.SU 286.1
I capi del popolo si scandalizzarono. “E dicevano: Non è costui Gesù, il figliuol di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come mai dice egli ora: Io son disceso dal cielo?” Giovanni 6:42. Cercarono di suscitare pregiudizi contro di lui, ricordando con disprezzo le sue umili origini. Allusero sdegnosamente alla sua vita di operaio in Galilea e alla sua famiglia povera e umile. Le pretese di un carpentiere ignorante, dicevano, non meritavano la loro attenzione. A proposito della sua nascita misteriosa insinuarono un dubbio sui suoi genitori, come se quelle circostanze gettassero discredito sulla sua vita.SU 286.2
Gesù non volle spiegare il mistero della sua nascita. Non rispose alla domanda sulla sua discesa dal cielo, come non aveva risposto alla domanda su come aveva attraversato il lago. Non volle attirare l’attenzione sui miracoli che caratterizzavano la sua vita. Aveva rinunciato spontaneamente a difendere la sua reputazione e aveva assunto l’aspetto di un uomo qualsiasi. Ma le sue parole e le sue azioni rivelavano il suo carattere. Tutti i cuori che si aprivano alla luce divina avrebbero riconosciuto in lui “l’Unigenito venuto da presso al Padre”. Giovanni 1:14.SU 286.3
I pregiudizi dei farisei avevano radici ben più profonde di quanto non apparisse dalle loro domande; si radicavano nella perversità dei loro cuori. Ogni parola e ogni atto di Gesù suscitava in loro l’antagonismo; non vi era nulla in comune tra lui e lo spirito che animava i farisei.SU 286.4
“Niuno può venire a me se non che il Padre, il quale mi ha mandato, lo attiri; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. È scritto nei profeti: E saranno tutti ammaestrati da Dio. Ogni uomo che ha udito il Padre ed ha imparato da lui, viene a me”. Giovanni 6:44, 45. Nessuno andrà al Cristo eccetto coloro che risponderanno all’appello d’amore del Padre. Ma Dio chiama a sé tutti i cuori e solo coloro che resistono a quell’appello si rifiuteranno di andare al Cristo.SU 286.5
Con le parole: “E saranno tutti ammaestrati da Dio”, Gesù si riferisce al profeta Isaia: “Tutti i tuoi figliuoli saran discepoli dell’Eterno, e grande sarà la pace dei tuoi figliuoli”. Isaia 54:13. Gli ebrei riferivano a se stessi questa profezia. Pretendevano che Dio fosse il loro maestro. Ma Gesù disse loro quanto fosse inutile questa pretesa. Egli affermò: “Ogni uomo che ha udito il Padre ed ha imparato da lui, viene a me”. Essi potevano avere una conoscenza del Padre solo tramite il Cristo. Gli uomini non possono sopportare la visione diretta della sua gloria. Quelli che conoscono Dio, lo conoscono mediante suo Figlio, e in Gesù di Nazaret riconoscono colui che attraverso la natura e la rivelazione manifesta il Padre.SU 287.1
“In verità, in verità io vi dico: Chi crede ha vita eterna”. Giovanni 6:47. Tramite Giovanni che ascoltò queste parole lo Spirito Santo ha detto alle chiese: “E la testimonianza è questa: Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita”. 1 Giovanni 5:11, 12. Gesù aggiunse: “E io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Giovanni 6:54. Il Cristo è diventato una stessa carne con noi, affinché noi potessimo diventare uno stesso spirito con lui. In virtù di questa unione possiamo risuscitare. Tutto questo non solo come manifestazione della potenza del Cristo, ma per il fatto che mediante la fede la sua vita è diventata la nostra. Coloro che vedono il Cristo nella sua vera dimensione e lo ricevono nel cuore hanno la vita eterna. Attraverso lo Spirito, il Cristo vive in noi. E lo Spirito di Dio, ricevuto nel cuore grazie alla fede, è il principio della vita eterna.SU 287.2
Il popolo aveva ricordato la manna che i loro padri avevano mangiato nel deserto, come se il fornire quel cibo fosse stato un miracolo più grande di quello di Gesù; ma il Cristo mostrò quanto piccolo fosse quel dono rispetto alle benedizioni che Egli era venuto ad accordare. La manna poteva nutrire solo per questa esistenza terrena, non preservava dalla morte, non assicurava l’immortalità, mentre il vero pane del cielo avrebbe nutrito l’uomo per la vita eterna. Il Salvatore disse: “Io sono il pan della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Giovanni 6:48-51. A questa immagine Gesù ne aggiunse un’altra. Egli poteva impartire la vita agli uomini solo con la morte, e nelle parole che seguono indica la sua morte come il mezzo della salvezza: “E il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo”. Giovanni 6:51.SU 287.3
Gli israeliti stavano celebrando la Pasqua in Gerusalemme per commemorare la notte della liberazione d’Israele, quando l’angelo distruttore colpì i primogeniti d’Egitto. Dio voleva che nell’agnello pasquale scorgessero l’Agnello di Dio e, attraverso quel simbolo, accettassero colui che avrebbe dato se stesso per la vita del mondo. Ma gli israeliti attribuirono tutta l’importanza al simbolo trascurando la realtà. Non scorgevano il corpo del Signore. Le parole del Cristo insegnavano la stessa verità simboleggiata dal servizio pasquale. Ma ancora una volta non se ne resero conto.SU 288.1
I rabbini chiesero allora con ira: “Come mai può costui darci a mangiare la sua carne?” Giovanni 6:52. Essi finsero di intendere alla lettera le sue parole, come aveva fatto Nicodemo quando chiese: “Come può un uomo nascere quand’è vecchio?” Giovanni 3:4. Compresero in parte il significato di quelle parole, ma non vollero riconoscerlo. Fraintendendo quello che Gesù aveva detto speravano di suscitare nel popolo l’ostilità nei suoi confronti.SU 288.2
Ma il Cristo non rinunciò al simbolismo, anzi ripeté la stessa verità con un linguaggio ancora più forte. “In verità, in verità io vi dico che se non mangiate la carne del Figliuol dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in lui”. Giovanni 6:53-56.SU 288.3
Mangiare la carne del Cristo e berne il sangue significa riceverlo come Salvatore, credere che perdona i peccati e che siamo resi completi in lui. Contemplando il suo amore, vivendo in lui, attingendo da lui diventiamo partecipi della sua natura. Il Cristo è per lo spirito ciò che il cibo è per il corpo. Come il cibo non ci può arrecare benefici se non lo mangiamo e non lo assimiliamo, così il Cristo non ha alcun valore per noi se non lo consideriamo come un Salvatore personale. Una conoscenza teorica è inutile. Dobbiamo nutrirci di lui, riceverlo nel cuore in modo che la sua vita diventi la nostra e il suo amore e la sua grazia siano accolti in noi.SU 288.4
Ma anche queste immagini sono insufficienti per rappresentare il privilegio della relazione del credente con il Cristo. Gesù ha detto: “Come il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a cagion di me”. Giovanni 6:57. Come il Figlio di Dio visse per la sua fede nel Padre, così noi viviamo per la nostra fede in Cristo. Gesù era così pienamente sottomesso alla volontà di Dio, che solo il Padre appariva nella sua vita. Benché tentato in ogni cosa come lo siamo noi, rimase saldo nei suoi principi senza essere travolto dal male che lo circondava. Anche noi possiamo vincere come il Cristo ha vinto.SU 288.5
Volete seguire il suo esempio? Allora tutto ciò che è scritto sulla vita spirituale è scritto per voi e potete ottenerlo se vi unite a Gesù. Il vostro zelo langue? Il vostro primo amore si è intiepidito? Accogliete ancora l’amore che il Cristo vi offre. Mangiate la sua carne, bevete il suo sangue, e diverrete una stessa cosa con il Padre e con il Figlio.SU 289.1
Gli israeliti increduli si rifiutarono di scorgere qualcosa al di là del senso immediatamente letterale delle parole del Salvatore. Le leggi cerimoniali proibivano di mangiare il sangue, così essi dettero alle parole di Gesù un significato sacrilego e polemizzarono fra loro. Perfino molti discepoli dissero: “Questo parlare è duro; chi lo può ascoltare?” Giovanni 6:60.SU 289.2
Il Salvatore rispose loro: “Questo vi scandalizza? E che sarebbe se vedeste il Figliuol dell’uomo ascendere dov’era prima? È lo spirito quel che vivifica; la carne non giova nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita”. Giovanni 6:61-63.SU 289.3
La vita del Cristo che dà vita al mondo si trova nella sua parola. Con la sua parola Gesù guarì gli ammalati e cacciò i demoni; con la sua parola placò il mare e risuscitò i morti. E il popolo testimoniava della potenza di quella parola. Annunciava la Parola di Dio come l’aveva annunciata mediante i profeti e i maestri dell’Antico Testamento. Tutte le Scritture sono una manifestazione del Cristo, e il Salvatore voleva che i suoi discepoli manifestassero fiducia in esse. Quando non sarebbe stato più in mezzo a loro, la Parola sarebbe rimasta la fonte della loro potenza. Come il Maestro, anch’essi dovevano vivere “d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio”. Matteo 4:4.SU 289.4
Come la nostra vita fisica è sostenuta dal cibo, così la nostra vita spirituale è nutrita dalla Parola di Dio. Ogni uomo riceve personalmente la vita dalla Parola di Dio. Come mangiamo per nutrire il nostro corpo, così riceviamo la Parola per il nostro spirito. Non possiamo riceverla attraverso l’intermediario di un’altra mente. Dobbiamo studiare con attenzione la Bibbia, chiedere a Dio l’aiuto dello Spirito Santo per poter comprendere la sua Parola. Dovremmo soffermarci su un testo e cercare di scorgere il messaggio che Dio ha rivelato per noi. Dovremmo meditare su di esso finché non diventi nostro da poter dire: Così dice il Signore.SU 289.5
Gesù con le sue promesse ed esortazioni si rivolge a ognuno di noi. Dio ha così tanto amato il mondo che ha dato il suo unico Figlio, affinché “io” credendo in lui non muoia, ma abbia vita eterna. Le esperienze contenute nella Parola di Dio devono diventare le mie esperienze; le preghiere, i precetti e le esortazioni devono diventare miei. “Sono stato crocifisso con Cristo, e non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e la vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figliuol di Dio il quale m’ha amato, e ha dato se stesso per me”. Galati 2:20. Quando la fede riceve in questo modo i princìpi della verità e se ne appropria, allora essi diventano una parte dell’essere e la nota dominante della vita. La Parola di Dio plasma i pensieri e ha un ruolo determinante nella formazione del carattere. Rivolgendoci costantemente a Gesù con fede, saremo rafforzati. Dio farà le rivelazioni più preziose ai suoi fedeli affamati e assetati che considereranno il Cristo come loro Salvatore personale. Nutrendosi della sua Parola, essi vi troveranno spirito e vita. La Parola cambia l’essere naturale e terreno e infonde una nuova vita in Cristo Gesù.SU 289.6
Lo Spirito Santo scende nell’animo come un consolatore. Attraverso questo agente della grazia si riproduce l’immagine di Dio nel discepolo che diventa una nuova creatura. L’amore sostituisce l’odio e l’uomo rinasce a immagine divina. Questo significa vivere “d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio” e mangiare il pane che discende dal cielo.SU 290.1
Gesù aveva enunciato una verità sacra ed eterna sulla relazione con i suoi discepoli. Conosceva il carattere di coloro che pretendevano di esserlo, e le sue parole misero alla prova la loro fede. Disse che dovevano credere e agire sulla base dei suoi insegnamenti. Tutti coloro che lo accettavano avrebbero dovuto condividere la sua natura e conformarsi al suo carattere. Questo implicava la rinuncia alle loro più care ambizioni. Significava una consacrazione completa a Gesù; voleva dire avere un cuore ricolmo di abnegazione, mansuetudine e umiltà. Se volevano partecipare al dono della vita e alla gloria del cielo, dovevano percorrere lo stretto sentiero che avrebbe percorso l’Uomo del Calvario.SU 290.2
La prova era troppo ardua. L’entusiasmo di coloro che lo avevano cercato per costringerlo a farsi eleggere re si raffreddò. Quel discorso nella sinagoga, dicevano, aveva aperto i loro occhi, e ora vedevano chiaro. A loro giudizio le sue parole erano la chiara confessione che non era il Messia e che nessuna affermazione terrena sarebbe stata possibile con lui. Avevano ammirato con entusiasmo i suoi miracoli, desideravano essere liberati dalla malattia e dalla sofferenza, ma si rifiutavano di condividere la sua vita caratterizzata da spirito di abnegazione. Non si interessavano al misterioso regno spirituale di cui parlava. Le persone non sincere ed egoiste che lo avevano seguito non lo desideravano più. Se non avesse usato il suo potere e il suo ascendente per liberarli dai romani si sarebbero allontanati da lui.SU 290.3
Gesù disse loro chiaramente: “Ma fra voi ve ne sono alcuni che non credono”. Giovanni 6:64. E aggiunse: “Per questo v’ho detto che niuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre”. Giovanni 6:65. Egli voleva far loro capire che se non erano attratti dal suo messaggio dipendeva dal fatto che i loro cuori non erano aperti allo Spirito Santo. “Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente”. 1 Corinzi 2:14. L’uomo contempla, mediante la fede, la gloria di Gesù. Questa gloria è nascosta finché non si manifesta attraverso lo Spirito Santo.SU 290.4
Il rimprovero pubblico della loro incredulità fece allontanare ancora di più quei discepoli da Gesù. Molto amareggiati, sentivano il desiderio di criticare il Salvatore e lodare la malizia dei farisei; perciò tornarono indietro abbandonandolo con sdegno. Avevano fatto la loro scelta. Avevano preferito la forma priva dello spirito, il guscio privo del seme. Avendo abbandonato Gesù, non tornarono più sulla loro decisione.SU 291.1
“Egli ha il suo ventilabro in mano, e netterà interamente l’aia sua, e raccoglierà il suo grano nel granaio”. Matteo 3:12. Si era giunti a uno di questi momenti. Le parole della verità separavano la pula dal grano. Erano troppo vanitosi e superbi per ricevere un rimprovero; amavano troppo il mondo per accettare una vita umile, perciò molti si allontanarono da Gesù. Anche oggi molti ripetono la stessa esperienza. Questi uomini sono messi alla prova come lo furono i discepoli nella sinagoga di Carpernaum. Quando vengono in contatto con la verità, si rendono conto che la loro vita non è in armonia con la volontà di Dio. Allora sentono la necessità di un cambiamento radicale, ma non vogliono percorrere la strada del sacrificio. Perciò si adirano quando i loro peccati vengono sottolineati. Si allontanano offesi, come i discepoli che lasciarono Gesù, e dicono: “Questo parlare è duro; chi lo può ascoltare?”SU 291.2
A questi uomini farebbe più piacere udire parole di lode e adulazione. Non amano ascoltare la verità. Pronunciano parole di ammirazione quando le folle accorrono e sono nutrite, quando si odono grida di trionfo. Ma quando lo Spirito di Dio rivela i loro peccati, quando li esorta a ravvedersi, allora si allontanano dalla verità e non seguono più Gesù.SU 291.3
Quando questi discepoli si allontanarono dal Cristo, il loro spirito cambiò. Non provavano alcun interesse in colui che prima li aveva tanto entusiasmati. Si riavvicinarono ai suoi nemici perché simpatizzavano con il loro spirito e la loro opera. Non interpretarono correttamente le sue parole, falsificarono le sue dichiarazioni e ne fraintesero le intenzioni. Per giustificarsi raccolsero con cura tutte le argomentazioni che potevano essere usate contro di lui, e l’indignazione popolare fu fomentata a tal punto che la vita stessa del Cristo era ormai in pericolo.SU 291.4
Si diffuse rapidamente la notizia che Gesù di Nazaret, per sua stessa dichiarazione, non era il Messia. Così nella Galilea l’opinione popolare si volse contro di lui come era accaduto l’anno precedente nella Giudea. Fu una disgrazia per Israele! Rigettarono il loro Salvatore perché attendevano un conquistatore che assicurasse loro un potere terreno. Preferivano un cibo che si deteriora a quello che assicura la vita eterna.SU 292.1
Con cuore afflitto Gesù vide che coloro che erano stati suoi discepoli si allontanavano da lui, luce e vita degli uomini. Al pensiero che la sua compassione non era apprezzata, il suo amore non ricambiato, la sua misericordia disprezzata, il suo cuore si riempì di profonda tristezza. Queste esperienze contribuirono a fare di lui un uomo che conosceva bene il dolore e la sofferenza.SU 292.2
Senza cercare di trattenere coloro che stavano per abbandonarlo, Gesù si rivolse ai dodici e disse: “Non ve ne volete andare anche voi? Simon Pietro gli rispose: Signore, a chi ce ne andremmo noi?” E aggiunse: “Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiam creduto ed abbiam conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Giovanni 6:67-69.SU 292.3
“A chi ce ne andremmo noi?” I maestri d’Israele erano schiavi del formalismo. I farisei e i sadducei erano continuamente in lotta fra loro. Abbandonare Gesù significava seguire i sostenitori dei riti e delle cerimonie, uomini ambiziosi che ricercavano la loro gloria. Nel seguire Gesù i discepoli avevano provato una pace e una gioia nuove. Come potevano ora unirsi a coloro che avevano beffato e perseguitato l’amico dei peccatori? Essi avevano atteso a lungo il Messia. Ora che era venuto, non potevano allontanarsi da lui e diventare seguaci di coloro che attentavano alla sua vita e lo perseguitavano.SU 292.4
“A chi ce ne andremmo noi?” Non si tratta di rinunciare all’insegnamento del Cristo, alle sue parole di amore e misericordia per le tenebre dell’incredulità e della malvagità del mondo. Mentre il Salvatore veniva abbandonato da molti che avevano visto le sue opere meravigliose, Pietro espresse la fede dei discepoli: “Tu sei il Santo di Dio”. Il solo pensiero di perdere quell’àncora di salvezza riempiva i loro cuori di paura e dolore. Essere privati del Salvatore significava trovarsi alla deriva su un mare buio e in tempesta.SU 292.5
Molte parole e azioni di Gesù appaiono incomprensibili alle menti limitate; ma ogni parola e ogni azione ha il suo scopo preciso nell’opera della salvezza: tutto viene compiuto in vista di un risultato preciso. Se fossimo capaci di comprendere i suoi obiettivi, tutto apparirebbe importante, perfetto e in piena armonia con la sua missione.SU 292.6
Se adesso non possiamo comprendere le vie del Signore, possiamo però scorgere il suo grande amore che ispira il suo comportamento nei confronti degli uomini. Chi vive vicino a Gesù comprenderà gran parte del mistero della bontà e saprà riconoscere la misericordia che dispensa i rimproveri, foggia i caratteri e svela i segreti del cuore.SU 293.1
Quando Gesù pronunciò quelle verità che avrebbero provocato l’allontanamento di molti suoi discepoli, sapeva quale sarebbe stato il risultato delle sue parole; ma doveva ugualmente compiere la sua opera. Sapeva che nell’ora della tentazione tutti i suoi discepoli sarebbero stati severamente messi alla prova. La sua agonia al Getsemani, il tradimento e la crocifissione sarebbero stati per loro una prova durissima. Se non vi fossero state difficoltà da superare molti, spinti esclusivamente da motivi egoistici, si sarebbero uniti a lui.SU 293.2
Quando il loro Signore fu condannato nel sinedrio, quando la folla che lo aveva invocato come re lo insultava, ingiuriava e scherniva gridando: “Sia crocifisso”, quando le loro speranze terrene erano deluse, quei seguaci egoisti, rinnegando Gesù, avrebbero suscitato nei discepoli un dolore amaro e profondo che si sarebbe sommato al tormento per la caduta delle loro più care speranze. In quell’ora difficile l’esempio di coloro che si allontanavano da lui avrebbe potuto influire negativamente su altri. Ma Gesù suscitò la prova nel momento in cui con la sua presenza poteva rafforzare la fede dei veri discepoli.SU 293.3
Il Redentore compassionevole, nella piena consapevolezza della sorte che lo aspettava, appianò teneramente la via ai discepoli, li preparò ad affrontare positivamente le difficoltà e li rafforzò per il trionfo finale.SU 293.4