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La speranza dell’uomo

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    Capitolo 51: “La luce della vita”

    “Or Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: Io son la luce del mondo; chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Giovanni 8:12.SU 350.1

    Quando Gesù pronunciò queste parole, si trovava nel cortile del tempio, che era stato preparato per la festa delle Capanne. Al centro di questo cortile si innalzavano due alti piedistalli, che sostenevano grandi lampade. Dopo il sacrificio della sera, tutte le lampade venivano accese e diffondevano la loro luce su Gerusalemme. Questa illuminazione ricordava la colonna di fuoco che guidò Israele nel deserto ed era anche considerata come un annuncio della venuta del Messia. Di sera, quando le lampade venivano accese, si diffondeva nel cortile un’atmosfera festosa. I sacerdoti del tempio e i capi del popolo, uomini già con i capelli grigi, partecipavano alle danze al suono degli strumenti musicali che accompagnavano il canto dei leviti.SU 350.2

    Con questa illuminazione della città di Gerusalemme, il popolo esprimeva la speranza nella venuta del Messia che avrebbe accordato la sua luce su Israele. Ma per Gesù quella scena aveva un significato ancora più ampio. Come quelle splendide lampade del tempio diffondevano la loro luce intorno, così il Cristo, fonte di luce spirituale, illumina le tenebre del mondo. Tuttavia quel simbolo non era perfetto. La grande luce che aveva posto in cielo rappresentava meglio la gloria della sua missione.SU 350.3

    Era mattino; il sole, appena sorto sul monte degli Ulivi, rifletteva i suoi raggi sottolineando lo splendore abbagliante del marmo dei palazzi e illuminava l’oro delle mura del tempio. Gesù, indicando quella luminosità intensa, disse: “Io son la luce del mondo”.SU 350.4

    Questa stessa dichiarazione di Gesù riecheggiò molto tempo dopo nella bellissima testimonianza di qualcuno che in quel momento era presente. “In lei era la vita; e la vita era la luce degli uomini; e la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno ricevuta... La vera luce che illumina ogni uomo, era per venire nel mondo”. Giovanni 1:4, 5, 9. Molto tempo dopo l’ascesa al cielo, anche Pietro, per ispirazione dello Spirito Santo, ricordò il simbolo usato dal Cristo: “Abbiamo pure la parola profetica, più ferma, alla quale fate bene di prestare attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga ne’ vostri cuori”. 2 Pietro 1:19.SU 350.5

    Nella rivelazione di Dio, la luce è sempre stata considerata come un simbolo della sua presenza. Alla creazione la parola fece scaturire la luce dalle tenebre. La luce era nella nuvola di giorno e nella colonna di fuoco di notte. Così il Signore guidava il popolo d’Israele. La luce brillò con terribile intensità intorno al Signore sul monte Sinai. La luce circondava il trono della misericordia nel tabernacolo. La luce riempì il tempio di Salomone in occasione della cerimonia di consacrazione. La luce risplendeva sulle colline di Betlemme quando gli angeli annunciarono il messaggio della salvezza ai pastori che vegliavano.SU 351.1

    Dio è luce, e con le parole: “Io son la luce del mondo”, il Cristo ha proclamato la sua unità con Dio e la sua relazione con tutta la famiglia umana. Fu lui che al principio disse: “Splenda la luce fra le tenebre”. 2 Corinzi 4:6. Egli è la luce del sole, della luna e delle stelle. Egli era la luce spirituale che brillò su Israele nei simboli e nei tipi della profezia. Ma la luce non fu data soltanto alla nazione ebraica. Come i raggi del sole giungono fin nei più remoti angoli della terra, così la luce del Sole di giustizia brilla su ogni uomo.SU 351.2

    “La vera luce che illumina ogni uomo, era per venire nel mondo”. Giovanni 1:9. Il mondo ha avuto i suoi grandi maestri, uomini di grande intelligenza e straordinaria cultura, uomini la cui dottrina ha dato un impulso al pensiero e ha aperto vasti orizzonti di conoscenza. Questi uomini sono stati onorati come guide e benefattori dell’umanità. Ma vi è qualcuno che è più in alto di loro. “A tutti quelli che l’hanno ricevuto Egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio... Nessuno ha mai veduto Iddio; l’unigenito Figliuolo, che è nel seno del Padre, è quel che l’ha fatto conoscere”. Giovanni 1:12, 18. Noi possiamo risalire a tutti i grandi maestri che hanno lasciato una traccia nella storia; ma la Luce era prima di loro. Come la luna e i pianeti del sistema solare splendono riflettendo la luce del sole, così, nella misura in cui il loro insegnamento è vero, i grandi pensatori del mondo riflettono la luce del Sole della giustizia. Ogni pensiero eccelso, ogni lampo dell’intelletto scaturiscono dalla Luce del mondo. Oggi si parla molto di educazione superiore. Ma la vera educazione superiore è quella che viene impartita da colui “nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti”. Colossesi 2:3. “In lei era la vita; e la vita era la luce degli uomini”. Giovanni 1:4.SU 351.3

    “Chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Giovanni 8:12. Con le parole “Io son la luce del mondo”, Gesù si è proclamato Messia. Il vecchio Simeone, nel tempio in cui Gesù stava insegnando, aveva parlato di lui come di colui che il Signore aveva inviato “per esser luce da illuminar le genti, e gloria del tuo popolo Israele”. Luca 2:32. Con quelle parole egli riferiva a Gesù una profezia molto nota in Israele. Tramite il profeta Isaia lo Spirito Santo aveva detto: “È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d’Israele; voglio far di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra”. Isaia 49:6. Questa profezia fu sempre riferita al Messia e quando Gesù disse: “Io son la luce del mondo”, il popolo non poteva non comprendere che Egli si presentava come colui che era stato promesso.SU 351.4

    Ai farisei e ai capi quest’affermazione parve arrogante presunzione. Non potevano accettare che un uomo come loro avanzasse una simile pretesa. Facendo finta di ignorare le sue parole, essi chiesero: “Chi sei tu?” Volevano costringerlo a dichiarare che era il Cristo. Il suo aspetto e le sue opere erano in pieno disaccordo con le aspettative del popolo, tanto che — come essi astutamente pensavano — se Egli si fosse annunciato come Messia, sarebbe stato rigettato come un impostore.SU 352.1

    Ma alla loro domanda: “Chi sei tu?”, Gesù rispose: “Sono per l’appunto quel che vo dicendovi”. Giovanni 8:25. Ciò che era stato rivelato dalle sue parole era stato rivelato anche dal suo carattere. Egli era l’incarnazione delle verità che insegnava. Continuò: “Non fo nulla da me, ma dico queste cose secondo che il Padre m’ha insegnato. E Colui che mi ha mandato è meco; Egli non mi ha lasciato solo, perché fo del continuo le cose che gli piacciono”. Giovanni 8:28, 29. Gesù non cercò di dimostrare la sua affermazione messianica, ma dichiarò la sua unione con Dio. Se le loro menti fossero state aperte all’amore di Dio, avrebbero accettato Gesù.SU 352.2

    Fra i suoi uditori, molti ebbero fede in lui, ed Egli, rivolgendosi a loro, disse: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”. Giovanni 8:31, 32.SU 352.3

    Queste parole offesero i farisei che si erano dimenticati del lungo periodo di schiavitù della loro nazione a un governo straniero ed esclamarono indignati: “Noi siamo progenie d’Abramo, e non siamo mai stati schiavi di alcuno; come puoi tu dire: Voi diverrete liberi?” Giovanni 8:33. Gesù guardò quegli uomini vittime della malizia, i cui pensieri erano rivolti alla vendetta, e rispose con tristezza: “In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato”. Giovanni 8:34. Essi erano soggetti alla peggiore schiavitù: erano dominati dal male.SU 352.4

    Ogni uomo che si rifiuta di accettare il Cristo vive sotto il dominio di un altro potere e non è pienamente libero. Può parlare di libertà, ma è soggetto alla peggiore forma di schiavitù. Non può percepire la bellezza della verità perché la sua mente è sotto il controllo di Satana. Si illude di esercitare il proprio giudizio, mentre in realtà ubbidisce alla volontà del principe delle tenebre. Il Cristo è venuto per liberare l’anima dalle catene della schiavitù del peccato. “Se dunque il Figliuolo vi farà liberi, sarete veramente liberi”. Giovanni 8:36. “Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte”. Romani 8:2.SU 352.5

    Nell’opera della salvezza non vi sono imposizioni. Non si usa nessuna coercizione. Sotto l’influsso dello Spirito di Dio l’uomo è libero di scegliere chi vuole servire. Quando l’anima si consacra al Cristo, lo fa con la più ampia libertà. Il rifiuto del peccato è un atto spontaneo. Naturalmente, da soli non abbiamo la capacità di emanciparci dal dominio di Satana; ma quando desideriamo liberarci dal peccato e nei momenti difficili imploriamo l’aiuto di una forza superiore, allora le facoltà dello spirito sono investite dalla potenza divina dello Spirito Santo e attuano le decisioni della nostra volontà che è in sintonia con il volere di Dio.SU 353.1

    La libertà dell’uomo è possibile a una sola condizione: quella di unirsi al Cristo. “E la verità vi farà liberi”. Il Cristo è la verità. Il peccato può trionfare soltanto indebolendo la mente e distruggendo la libertà dell’uomo. Sottomettersi al Cristo significa ristabilire in sé la vera gloria della dignità dell’uomo. La legge divina a cui dobbiamo ubbidire è la “legge di libertà”. Giacomo 2:12.SU 353.2

    I farisei avevano detto di essere figli di Abramo. Gesù rispose che ciò sarebbe stato vero soltanto se essi avessero compiuto le opere di Abramo. Il vero figlio di Abramo vivrà, come lui, una vita di ubbidienza a Dio. Essi non avrebbero dovuto cercare di uccidere colui che annunciava loro la verità che aveva ricevuto da Dio. Complottando contro il Cristo, i rabbini non compivano le opere di Abramo. Una semplice discendenza genealogica da Abramo non aveva alcun valore; essi non potevano considerarsi suoi figli senza una comunione spirituale con lui, comunione che si manifestava avendo il suo stesso spirito e compiendo le sue stesse opere.SU 353.3

    Questo principio si può applicare con uguale validità a un problema che per molto tempo ha interessato il mondo cristiano: quello della successione apostolica. La discendenza da Abramo non consisteva nell’appartenenza alla sua stirpe, ma nella somiglianza al suo carattere. Così la successione apostolica non consiste nella trasmissione dell’autorità ecclesiastica, ma in una precisa relazione spirituale. La prova della successione apostolica si evidenzia in una vita vissuta secondo lo spirito degli apostoli, nell’accettazione e nella predicazione della verità che essi hanno insegnato. Tutto questo rende gli uomini successori dei primi predicatori del Vangelo.SU 353.4

    Gesù negò che gli ebrei fossero figli di Abramo. Disse: “Voi fate le opere del padre vostro”. Con tono di scherno essi risposero: “Noi non siam nati di fornicazione; abbiamo un solo Padre: Iddio”. Giovanni 8:41. Queste parole contenevano un’allusione alle circostanze della sua nascita, ed erano state dette per denigrare il Cristo davanti a coloro che credevano in lui. Gesù non prese in considerazione quella vile insinuazione, ma disse: “Se Dio fosse vostro Padre, amereste me, perché io son proceduto e vengo da Dio”. Giovanni 8:42.SU 354.1

    Le loro opere testimoniavano della loro parentela con colui che è stato bugiardo e assassino fin dal principio. “Voi siete progenie del diavolo” disse Gesù “ch’è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui... E a me, perché dico la verità, voi non credete”. Giovanni 8:44, 45. Ma la vera ragione per cui i capi non lo accolsero era dovuta al fatto che diceva la verità e la diceva con autorità. La verità offendeva quegli uomini orgogliosi, smascherava l’inganno dell’errore, condannava i loro insegnamenti e il loro comportamento, e per queste ragioni non era bene accetta. Essi preferivano chiudere i loro occhi alla verità piuttosto che umiliarsi e confessare di avere sbagliato. Non amavano la verità, non la desideravano, sebbene fosse la verità.SU 354.2

    “Chi di voi mi convince di peccato? Se vi dico la verità, perché non mi credete?” Giovanni 8:46. Giorno dopo giorno, per tre anni, i suoi nemici avevano seguito il Cristo, lo avevano spiato per trovare qualche difetto nel suo carattere. Satana e i suoi seguaci avevano cercato di vincerlo, ma non trovarono in lui niente di cui accusarlo. Perfino i demoni erano stati costretti a confessare che Egli era il Santo di Dio. Cfr. Marco 1:24. Il Cristo visse secondo la legge davanti al cielo, ai mondi non caduti nel peccato e agli uomini peccatori. Davanti agli angeli, agli uomini e ai demoni pronunciò con naturalezza parole che su qualsiasi altra bocca avrebbero avuto un sapore di bestemmia: “Fo del continuo le cose che gli piacciono”. Giovanni 8:29. Il fatto che gli ebrei, nonostante non trovassero nessuna colpa in Cristo, non lo accettassero, dimostrava che non erano in comunione con Dio. Non riconoscevano la sua voce nel messaggio del Figlio. Pensarono addirittura di sottoporre a giudizio il Cristo ma, rigettandolo, pronunciarono una condanna su loro stessi. “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate; perché non siete da Dio”. Giovanni 8:47.SU 354.3

    Questa lezione è valida in tutti i tempi. Molti che amano cavillare e criticare, cercando nella Parola di Dio spunti di polemica, pensano di dimostrare indipendenza di pensiero e acutezza mentale. Presumono di valutare la Bibbia, mentre in realtà giudicano se stessi. Dimostrano di essere incapaci di apprezzare le verità divine relative all’eternità. Davanti alla grandezza della giustizia di Dio non provano alcun rispetto. Si affannano per ricercare ciò che non ha valore, manifestano una mentalità ristretta, una natura terrena e un cuore che non hanno la capacità di apprezzare Dio. Chi ha risposto all’appello divino, ricercherà ciò che permette di sviluppare la conoscenza di Dio, elevare e affinare il carattere. Come un fiore si volge verso il sole affinché i suoi raggi lo illuminino accordandogli bellissime sfumature, così lo spirito si volge al Sole di giustizia affinché la sua luce migliori il carattere con la grazia del Cristo.SU 355.1

    Gesù continuò, tracciando un netto contrasto tra la posizione degli ebrei e quella di Abramo: “Abramo, vostro padre, ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno; e l’ha veduto, e se n’è rallegrato”. Giovanni 8:56.SU 355.2

    Abramo aveva tanto desiderato vedere il Salvatore promesso, aveva chiesto ardentemente di poter contemplare il Messia prima della sua morte e la sua preghiera venne esaudita. Gli fu concessa una visione in cui poté contemplare il carattere divino del Cristo. Vide il tempo della sua venuta e se ne rallegrò; poté scorgere il sacrificio divino per il peccato ed ebbe un esempio di questo sacrificio tramite la sua stessa esperienza. Gli era stato dato quest’ordine: “Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo unico, colui che ami... e offrilo quivi in olocausto”. Genesi 22:2. Pose sull’altare del sacrificio il figlio della promessa, il figlio nel quale si concentravano tutte le sue speranze. E mentre davanti all’altare alzava il coltello per ubbidire a Dio, udì una voce dal cielo che diceva: “Non metter la mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio, giacché non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo”. Genesi 22:12. Abramo affrontò questa prova terribile e comprese la venuta del Cristo e il grande amore di Dio per il mondo, un amore così grande che per salvarlo permise che suo Figlio affrontasse una morte terribile.SU 355.3

    Abramo imparò da Dio la più grande lezione mai appresa da un mortale. La sua preghiera di poter vedere il Cristo prima della sua morte venne esaudita. Egli vide il Cristo, vide tutto quello che un mortale può vedere e sopravvivere. Grazie all’ubbidienza incondizionata riuscì a comprendere la visione dell’esperienza del Cristo a cui aveva assistito. Gli fu mostrato che offrendo il suo unico Figlio per la salvezza dei peccatori, Dio compiva il più grande sacrificio che mai un uomo avrebbe potuto fare.SU 355.4

    L’esperienza di Abramo era una risposta alla domanda: “Con che verrò io davanti all’Eterno e m’inchinerò davanti all’Iddio eccelso? Verrò io davanti a lui con degli olocausti, con de’ vitelli d’un anno? L’Eterno gradirà Egli le migliaia de’ montoni, le miriadi dei rivi d’olio? Darò il mio primogenito per la mia trasgressione? Il frutto delle mie viscere per il peccato dell’anima mia?” Michea 6:6, 7. Nelle parole di Abramo: “Figliuol mio, Iddio se lo provvederà l’agnello per l’olocausto” (Genesi 22:8), e nel sacrificio sostitutivo, al posto di Isacco, si proclamava che nessun uomo può redimere se stesso. Dio non accettava il sistema pagano dei sacrifici. Nessun padre doveva offrire il proprio figlio o la propria figlia come sacrificio per il peccato. Il Figlio di Dio soltanto poteva espiare le colpe del mondo.SU 356.1

    Attraverso il suo sacrificio, Abramo poté contemplare la missione e il sacrificio del Salvatore. Ma gli israeliti non capivano ciò che il loro cuore orgoglioso non gradiva. Le parole del Cristo relative ad Abramo non avevano nessun profondo significato per i suoi ascoltatori. I farisei trovarono in esse soltanto una nuova occasione per cavillare. Risposero con un sogghigno, come per mostrare che Gesù era fuori di sé: “Tu non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo?” Con solennità Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse nato, io sono”. Giovanni 8:57, 58.SU 356.2

    Ci fu un profondo silenzio. Il maestro di Galilea si era appropriato del nome di Dio, rivelato a Mosè per esprimere l’idea di una presenza eterna. Egli aveva dichiarato di essere colui che esiste per sé, colui che era stato promesso a Israele, “le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”. Michea 5:1.SU 356.3

    Di nuovo i sacerdoti e i rabbini accusarono Gesù di essere un bestemmiatore. La sua pretesa di essere una stessa cosa con Dio li aveva già spinti nel passato ad attentare alla sua vita, mentre alcuni mesi dopo essi diranno chiaramente: “Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. Giovanni 10:33. Siccome era il Figlio di Dio, e dichiarava di esserlo, lo volevano uccidere. In quel momento molti, che parteggiavano per i sacerdoti e per i rabbini, raccolsero delle pietre per lapidarlo. “Ma Gesù si nascose ed uscì dal tempio”. Giovanni 8:59. “La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno ricevuta”. Giovanni 1:5.SU 356.4

    “E passando vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Gesù rispose: Né lui peccò, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui... Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco, e gli disse: Va’, lavati nella vasca di Siloe (che significa: mandato). Egli dunque andò e si lavò, e tornò che ci vedeva”. Giovanni 9:1-7.SU 356.5

    Gli ebrei generalmente credevano che il peccato fosse punito in questa vita. Ogni sofferenza era considerata come la punizione di qualche errore compiuto o da colui che soffriva o dai suoi genitori. È vero che ogni sofferenza è la conseguenza della trasgressione della legge di Dio, ma questa verità era stata alterata. Satana, l’autore del peccato e delle sue conseguenze, ha indotto gli uomini a pensare che la malattia e la morte siano state volute da Dio come una punizione arbitraria del peccato. Così chi soffriva molto, colpito da qualche grave sventura, doveva portare anche il peso di essere considerato un grande peccatore.SU 357.1

    Questa concezione predisponeva gli ebrei a rifiutare Gesù. Colui che portava i nostri dolori e le nostre malattie, era spregiato, “pari a colui dinanzi al quale ciascuno si nasconde la faccia”. Isaia 53:3.SU 357.2

    Eppure Dio aveva offerto un esempio perché il popolo non cadesse in questo errore. L’esperienza di Giobbe aveva dimostrato che l’autore della sofferenza è Satana, e che Dio la trasforma nella sua misericordia. Ma Israele non comprese quella lezione. Gli ebrei, rigettando il Cristo, commisero lo stesso errore che Dio aveva rimproverato agli amici di Giobbe.SU 357.3

    I discepoli condividevano l’opinione degli ebrei sulla relazione esistente tra peccato e sofferenza. Nel correggere questa concezione sbagliata, Gesù non spiegò le cause della sofferenza, ma ne indicò il risultato: affinché le opere di Dio fossero manifestate. Egli disse: “Mentre sono nel mondo, io son la luce del mondo”. Giovanni 9:5. Poi, dopo aver spalmato gli occhi del cieco, lo mandò alla vasca di Siloe affinché si lavasse, e quell’uomo recuperò la vista. Così Gesù aveva risposto alla domanda dei discepoli in modo concreto, come spesso faceva per le domande che erano dettate esclusivamente dalla curiosità. I discepoli non dovevano discutere per sapere chi avesse peccato o chi non avesse peccato, ma semplicemente comprendere la potenza della misericordia di Dio che concedeva la vista ai ciechi. Era chiaro che il fango non possedeva nessuna virtù terapeutica, e neppure l’acqua con cui il cieco si era lavato. Questa virtù si trovava soltanto in Cristo.SU 357.4

    Quella guarigione fece restare perplessi i farisei; ma essi manifestarono ancora più il loro odio perché il miracolo era stato compiuto in giorno di sabato.SU 357.5

    I vicini del giovane e coloro che sapevano della sua cecità, dicevano: “Non è egli quello che stava seduto a chieder l’elemosina?” Giovanni 9:8. Lo guardavano increduli, perché adesso ci vedeva; il suo aspetto era cambiato così tanto che sembrava un altro uomo. Tutti si ponevano la stessa domanda. Alcuni dicevano: “È lui”. Altri invece: “No, ma gli somiglia”. Ma colui che aveva ricevuto la grande grazia risolse il dubbio affermando: “Son io”. Egli parlò allora di Gesù, della maniera in cui lo aveva guarito. “Ed essi gli dissero: Dov’è costui? Egli rispose: Non so”. Giovanni 9:9-12.SU 357.6

    Allora lo condussero dai farisei. Di nuovo gli fu chiesto come avesse recuperato la vista. “Ed egli disse loro: Egli mi ha messo del fango sugli occhi, mi son lavato, e ci veggo. Perciò alcuni dei Farisei dicevano: Quest’uomo non è da Dio perché non osserva il sabato”. Giovanni 9:15. I farisei volevano dimostrare che Gesù era un peccatore e che quindi non poteva essere il Messia. Non sapevano che colui che aveva guarito quel cieco aveva anche stabilito l’osservanza del sabato. Essi, pur così zelanti, non avevano nessuno scrupolo di macchinare un assassinio in quel giorno. Ma molti, venendo a conoscenza di quel miracolo, si commossero e si convinsero che colui che aveva aperto gli occhi del cieco non poteva essere un uomo comune. In risposta all’accusa secondo cui Gesù era un peccatore, perché non osservava il sabato, essi dissero: “Come può un uomo peccatore far tali miracoli?” Di nuovo i rabbini si rivolsero al cieco miracolato e gli chiesero: “E tu, che dici di lui, dell’averti aperto gli occhi? Egli rispose: È un profeta”. I farisei allora dubitarono che fosse nato cieco e che avesse recuperato la vista. Fecero chiamare i suoi genitori e domandarono loro: “È questo il vostro figliuolo che dite esser nato cieco?” Giovanni 9:16-19.SU 358.1

    Quell’uomo era davanti a loro, diceva di essere stato cieco e di aver recuperato la vista, ma i farisei preferivano negare l’evidenza piuttosto che ammettere di essersi sbagliati. Il pregiudizio può deformare la verità.SU 358.2

    I farisei potevano ricorrere ancora a un altro stratagemma: quello di intimidire i genitori di quell’uomo. Con apparente ingenuità chiesero: “Com’è dunque che ora ci vede?” Giovanni 9:15. I genitori temevano di compromettersi. Era stato detto che chiunque avesse riconosciuto Gesù come il Cristo sarebbe stato espulso dalla sinagoga, cioè sarebbe stato escluso dalla sinagoga per trenta giorni. In quel periodo la famiglia dell’escluso non poteva né far circoncidere i bambini né onorare i morti. Quell’esclusione veniva considerata come una disgrazia e, se non sopraggiungeva il pentimento, si prevedeva una pena ancora maggiore. Il grande miracolo compiuto nel loro figlio aveva convinto quei genitori che, però, risposero: “Sappiamo che questo è nostro figliuolo, e che è nato cieco; ma come ora ci veda, non sappiamo; né sappiamo chi gli abbia aperti gli occhi; domandatelo a lui; egli è d’età; parlerà lui di sé”. Giovanni 9:20, 21. Così essi scaricarono sul figlio tutta la responsabilità, perché non osavano riconoscere il Cristo.SU 358.3

    Davanti al dilemma in cui si dibattevano i farisei, di fronte al loro investigare, ai loro pregiudizi e alla loro incredulità, di fronte a questo evento molti, specialmente tra il popolo comune, cominciarono ad aprire gli occhi. Gesù aveva spesso compiuto dei miracoli in pubblico, e la sua opera mirava sempre ad alleviare la sofferenza. Molti si chiedevano come poteva essere corretta l’opinione dei farisei secondo cui Dio compiva opere potenti attraverso un impostore. La discussione diventava molto animata.SU 359.1

    I farisei si resero conto che in questo modo pubblicizzavano l’opera compiuta da Gesù. Non potevano negare il miracolo. Il cieco manifestava gioia e gratitudine. Ora egli poteva contemplare le meraviglie della natura e riempirsi gli occhi delle bellezze della terra e del cielo. Siccome raccontava a tutti liberamente la sua esperienza, essi cercarono nuovamente di farlo tacere, e gli dissero: “Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quell’uomo è un peccatore”. Ciò significava: non dire più che quell’uomo ti ha dato la vista; è stato Dio che lo ha fatto. Ma il cieco rispose: “S’egli sia un peccatore, non so, una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo. Essi allora gli dissero: Che ti fece egli? Come t’aprì gli occhi?” Giovanni 9:24-26. Con tutte queste parole cercavano di confonderlo perché si disorientasse. Satana e i suoi angeli erano dalla parte dei farisei e unirono le loro forze e la loro astuzia ai ragionamenti umani per annullare l’efficacia dell’opera del Cristo. Essi volevano indebolire le convinzioni che si stavano formando in molte menti. Ma anche gli angeli di Dio erano presenti per incoraggiare l’uomo che aveva recuperato la vista.SU 359.2

    I farisei pensavano di avere a che fare soltanto con quell’uomo ignorante che era nato cieco; non vedevano colui contro il quale lottavano. Una luce divina brillò nell’animo del miracolato. Mentre quegli ipocriti cercavano di indurlo all’incredulità, il Signore lo aiutò a mostrare con la forza e la prontezza delle sue risposte che non era stato ingannato. Egli disse: “Ve l’ho già detto e voi non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventar suoi discepoli? Essi l’ingiuriarono e dissero: Sei tu discepolo di costui; ma noi siam discepoli di Mosè. Noi sappiamo che a Mosè Dio ha parlato; ma quant’è a costui, non sappiam di dove sia”. Giovanni 9:27-29.SU 359.3

    Il Signor Gesù sapeva che quell’uomo stava affrontando una dura prova; perciò gli accordò la sua grazia e la capacità di esprimersi in modo da essere un suo testimone. Egli rispose ai farisei con parole che costituivano un duro rimprovero alle loro domande. Pretendevano di essere gli interpreti delle Scritture, le guide religiose della nazione, mentre davanti a loro c’era qualcuno che compiva miracoli ed essi non ne riconoscevano né la potenza per la quale li compiva né il suo carattere né le sue dichiarazioni. “Questo poi è strano” aggiunse quell’uomo “che voi non sappiate di dove sia; eppure, m’ha aperto gli occhi! Si sa che Dio non esaudisce i peccatori; ma se uno è pio verso Dio e fa la sua volontà, quello egli esaudisce. Da che mondo è mondo non s’è mai udito che uno abbia aperto gli occhi ad un cieco nato. Se quest’uomo non fosse da Dio, non potrebbe far nulla”. Giovanni 9:30-33.SU 359.4

    Quell’uomo aveva affrontato i suoi inquisitori sul loro stesso terreno. Il suo ragionamento era irrefutabile. I farisei rimasero attoniti e silenziosi di fronte alle sue parole tanto sensate. Per alcuni attimi regnò un profondo silenzio. Poi i sacerdoti e i rabbini infuriati, come se temessero una contaminazione dal suo contatto, si cinsero le vesti, si scossero la polvere dai calzari e gridarono contro di lui: “Tu sei tutto quanto nato nel peccato e insegni a noi? E lo cacciaron fuori”. Giovanni 9:34.SU 360.1

    Gesù venne a sapere ciò che era accaduto. Trovò subito quell’uomo e gli disse: “Credi tu nel Figliuol di Dio?” Giovanni 9:35.SU 360.2

    Per la prima volta quell’uomo, che era stato cieco, vide il volto di chi l’aveva guarito. Prima aveva visto i suoi genitori turbati e perplessi, poi le facce aggrottate dei rabbini, ora i suoi occhi scorgevano il volto affettuoso e sereno di Gesù. Aveva già riconosciuto, a suo rischio, che Egli deteneva una potenza divina; adesso gli veniva offerta una rivelazione più ampia.SU 360.3

    Alla domanda del Salvatore “Credi tu nel Figliuol di Dio?”, quell’uomo rispose con un’altra domanda: “E chi è egli, Signore, perché io creda in lui? Gesù gli disse: Tu l’hai già veduto; e quei che parla teco, è lui”. Giovanni 9:36, 37. E quell’uomo si gettò ai suoi piedi e l’adorò. Non solo aveva recuperato uno dei cinque sensi, ma anche la vista dello spirito. Aveva conosciuto il Cristo e lo aveva accettato come l’inviato di Dio.SU 360.4

    Un gruppo di farisei si era fermato nelle vicinanze. Nel vederli, Gesù pensò al diverso effetto delle sue parole e delle sue opere. Disse: “Io son venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi”. Giovanni 9:39. Il Cristo era venuto per aprire gli occhi ai ciechi, per offrire la luce a coloro che sono nelle tenebre. Egli aveva dichiarato di essere la luce del mondo e il miracolo appena compiuto era una testimonianza della sua missione. La folla che contemplava il Salvatore godeva della più completa manifestazione della presenza divina mai concessa prima al mondo. La conoscenza di Dio fu rivelata in modo perfetto. Ma questa rivelazione rappresentava un giudizio sugli uomini. Il loro carattere era messo alla prova e il loro destino fissato.SU 360.5

    La manifestazione della potenza divina che aveva concesso al cieco la vista naturale e quella spirituale, aveva lasciato i farisei nelle tenebre più profonde. Alcuni fra gli ascoltatori, sentendo che le parole del Cristo si riferivano a loro, chiesero: “Siamo ciechi anche noi? Gesù rispose loro: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato”. Se Dio vi avesse resi incapaci di vedere la verità, la vostra ignoranza non implicherebbe colpa. “Ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane”. Giovanni 9:40, 41. Pensate di essere in grado di vedere e respingete i soli mezzi attraverso i quali potete ricevere la vista; mentre a tutti quelli che si rendono conto del loro stato di peccatori, il Cristo offre il suo aiuto infinito. Ma i farisei non confessavano alcuna mancanza; si rifiutavano di rivolgersi al Cristo e quindi rimanevano nella cecità, una cecità della quale essi stessi erano responsabili. Gesù disse loro: “Il vostro peccato rimane”.SU 361.1

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