Loading...
Larger font
Smaller font
Copy
Print
Contents

Gli uomini che vinsero un impero

 - Contents
  • Results
  • Related
  • Featured
No results found for: "".
  • Weighted Relevancy
  • Content Sequence
  • Relevancy
  • Earliest First
  • Latest First
    Larger font
    Smaller font
    Copy
    Print
    Contents

    Capitolo 38: Paolo prigioniero

    “Quando fummo giunti a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero lietamente. E il giorno seguente, Paolo si recò con noi da Giacomo: e vi si trovarono tutti gli anziani”. Atti 21:17, 18 (Luzzi).UVI 250.1

    In questa occasione, Paolo e i suoi compagni consegnarono ai dirigenti dell’opera in Gerusalemme le offerte mandate dalle chiese dei Gentili per assistere i poveri esistenti fra i loro fratelli giudei. La raccolta di queste offerte era costata all’apostolo e ai suoi compagni molto tempo, preoccupazione e fatica. La somma, che superava di molto le aspettative degli anziani di Gerusalemme, aveva comportato molti sacrifici e anche severe privazioni da parte dei credenti Gentili.UVI 250.2

    Queste offerte volontarie erano il simbolo della lealtà dei Gentili convertiti all’opera di Dio organizzata in tutto il mondo, e sarebbero dovute essere accettate da tutti con riconoscenza. Tuttavia, Paolo e i suoi compagni compresero che, persino fra quelli che ora stavano dinanzi a loro, c’erano alcuni incapaci di apprezzare lo spirito di amore fraterno che aveva motivato quei doni.UVI 250.3

    Nei primi anni della diffusione del Vangelo fra i Gentili, alcuni dirigenti di Gerusalemme, rimasti attaccati ai vecchi pregiudizi e alla vecchia mentalità, non avevano cooperato sinceramente con Paolo e i suoi compagni. Nell’ansia di preservare alcune cerimonie e formalità prive d’importanza, essi avevano perduto di vista la benedizione di cui avrebbero beneficiato loro stessi e la causa che amavano. Sebbene fossero desiderosi di salvaguardare gli interessi della chiesa cristiana, non avevano compreso quale fosse il piano di Dio per il suo sviluppo. Nella loro umana saggezza essi vollero imporre agli operai molte superflue restrizioni. Così sorsero degli uomini che, sebbene ignorassero le varie circostanze e i particolari bisogni incontrati dagli operai in terre lontane, insistevano di avere l’autorità di dirigere i fratelli che lavoravano in questi campi a seguire certi specifici metodi di lavoro. Costoro pensavano che l’opera della predicazione del Vangelo dovesse essere condotta in armonia con le loro opinioni.UVI 250.4

    Alcuni anni erano trascorsi da quando i fratelli in Gerusalemme, insieme ai rappresentanti delle altre principali chiese, avevano considerato con attenzione le dubbie questioni sorte sui metodi seguiti da quelli che lavoravano in favore dei Gentili. Come risultato di questo concilio, i fratelli di comune accordo inviarono delle raccomandazioni alle chiese circa alcuni riti e costumi, inclusa la circoncisione. Fu a questo concilio generale che i fratelli unanimi raccomandarono alle chiese cristiane Paolo e Barnaba come operai degni della completa fiducia di ogni credente.UVI 250.5

    Fra quelli presenti a quest’incontro c’erano alcuni che avevano severamente criticato i metodi di lavoro seguiti dagli apostoli sui quali pesava la maggiore responsabilità di portare il Vangelo al mondo pagano. Ma durante il concilio, le loro vedute del piano di Dio si erano allargate, ed essi erano stati consenzienti con i loro fratelli nel prendere delle sagge decisioni che rendevano possibile l’unificazione dell’intero corpo dei credenti.UVI 251.1

    In seguito, quando si vide che i convertiti fra i Gentili stavano aumentando rapidamente, alcuni dirigenti di Gerusalemme iniziarono a nutrire di nuovo i vecchi pregiudizi contro i metodi di Paolo e dei suoi colleghi. Con il passare del tempo questi pregiudizi si rafforzarono, fino a che i dirigenti decisero che l’opera della predicazione del Vangelo doveva essere condotta da allora in poi in accordo con le loro idee. Se Paolo avesse conformato i suoi metodi ai princìpi che essi difendevano, loro avrebbero riconosciuto e sostenuto la sua opera; altrimenti non lo avrebbero considerato più con favore né avrebbero garantito il loro appoggio.UVI 251.2

    Questi uomini avevano perso di vista il fatto che è Dio la guida del suo popolo e che ogni operaio nella sua opera deve conoscere per esperienza quale sia la volontà del divino Maestro. Egli non deve guardare all’uomo per essere guidato. Gli operai di Dio devono essere formati e modellati secondo ciò che è più consono alla natura e al carattere di Dio. Non si deve limitare la loro formazione a un ideale umano.UVI 251.3

    Nel suo ministero, l’apostolo Paolo aveva insegnato alla gente non con “discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza”. Le verità che lui proclamava gli erano state rivelate dallo Spirito Santo. “Lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio. Infatti, chi, fra gli uomini, conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? E così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio... e noi ne parliamo — dichiarò Paolo — non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali”. 1 Corinzi 2:4, 10-13 (Luzzi).UVI 251.4

    Paolo, nel suo ministero, si era rivolto a Dio per ottenere una guida diretta. Allo stesso tempo, egli era stato attento a lavorare in armonia con le decisioni del concilio generale di Gerusalemme. Come risultato: “Le chiese... erano confermate nella fede, e crescevano in numero di giorno in giorno”. Atti 16:5 (Luzzi). E ora, nonostante alcuni dimostrassero una mancanza di simpatia nei suoi confronti, lui trovò conforto nella consapevolezza di aver compiuto il suo dovere incoraggiando i convertiti a nutrire uno spirito di lealtà, generosità e amore fraterno, come fu rivelato in questa occasione per mezzo delle generose contribuzioni che gli fu possibile consegnare agli anziani giudei.UVI 251.5

    Dopo la presentazione dei doni, “Paolo si mise a raccontare ad una ad una le cose che Dio avea fatte fra i Gentili, per mezzo del suo ministerio”. Queste testimonianze portarono nei cuori di tutti, anche di quelli che avevano avuto dei dubbi, la convinzione che la benedizione celeste aveva accompagnato i suoi sforzi. “Ed essi, uditele, glorificavano Iddio”. Atti 21:19, 20 (Luzzi). Gli ascoltatori compresero che i metodi di lavoro seguiti dall’apostolo portavano il sigillo divino. Le generose offerte poste dinanzi a loro, aggiungevano valore alla testimonianza di Paolo circa la fedeltà delle nuove chiese fondate fra i Gentili. Quegli uomini che facevano parte del corpo dirigenziale della chiesa di Gerusalemme e che avevano imposto delle misure arbitrarie di controllo, videro il ministero dell’apostolo sotto una nuova luce. Essi furono convinti che la loro condotta era stata erronea e che erano stati limitati nel loro giudizio da un eccessivo attaccamento alla tradizione e alle usanze ebraiche. Compresero che l’opera del Vangelo era stata grandemente ostacolata dalla loro incapacità di riconoscere che il muro di divisione tra giudei e Gentili era stato distrutto dalla morte di Cristo.UVI 252.1

    Per tutti i fratelli dirigenti, questa era un’occasione d’oro per confessare apertamente che Dio aveva operato per mezzo di Paolo e che essi a volte avevano sbagliato nel permettere che i rapporti riferiti dai suoi nemici suscitassero la loro gelosia e rafforzassero il loro pregiudizio. Invece di unirsi nel tentativo di rendere giustizia a colui che era stato danneggiato, gli diedero un consiglio che dimostrava che ancora credevano Paolo largamente responsabile dell’esistente pregiudizio. E non si schierarono distintamente in sua difesa. Per cercare di mostrare agli ostili che erano nell’errore, giunsero a un compromesso e gli dissero di compiere un’azione che, a parere loro, avrebbe rimosso ogni motivo di incomprensione.UVI 252.2

    “Fratello, tu vedi — essi dissero, in risposta alla sua testimonianza — quante migliaia di Giudei ci sono che hanno creduto; e tutti sono zelanti per la legge. Or sono stati informati di te, che tu insegni a tutti i Giudei che sono fra i Gentili, ad abbandonare Mosè, dicendo loro di non circoncidere i figliuoli, e di non conformarsi ai riti. Che devesi dunque fare? è inevitabile che una moltitudine di loro si raduni, perché udranno che tu se’ venuto. Fa’ dunque questo che ti diciamo: Noi abbiamo quattro uomini che hanno fatto un voto; prendili teco, e purificati con loro, e paga le spese per loro, onde possano radersi il capo; così tutti conosceranno che non c’è nulla di vero nelle informazioni che hanno ricevuto di te; ma che tu pure ti comporti da osservatore della legge. Quanto ai Gentili che hanno creduto, noi abbiamo loro scritto, avendo deciso che debbano astenersi dalle cose sacrificate agl’idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione”. Atti 21:20-25 (Luzzi).UVI 252.3

    I fratelli speravano che Paolo, compiendo l’azione suggeritagli, potesse dimostrare l’infondatezza dei rapporti riguardanti la sua persona. Essi lo assicurarono che la decisione del precedente concilio circa i Gentili convertiti e la legge cerimoniale era ancora valida. Ma il suggerimento ora dato era inconsistente con quella decisione. Questo suggerimento non fu ispirato dallo Spirito di Dio, ma da uno spirito di viltà. I dirigenti della chiesa di Gerusalemme sapevano che se i cristiani non si fossero conformati alla legge cerimoniale, avrebbero attirato su di loro l’odio dei giudei e si sarebbero esposti alla persecuzione. Il Sinedrio stava facendo di tutto per ostacolare il progresso del Vangelo. Erano stati scelti degli uomini per sorvegliare gli apostoli, specialmente Paolo, e per contrastare la loro opera in qualsiasi modo. Se i credenti in Cristo fossero stati condannati davanti al Sinedrio come dei trsgressori della legge avrebbero subìto una rapida e severa punizione, come apostati dalla fede giudaica.UVI 253.1

    Molti dei giudei che avevano accettato il Vangelo avevano ancora rispetto per la legge cerimoniale ed erano fin troppo condiscendenti a fare avventate concessioni, nella speranza di guadagnare la fiducia dei loro connazionali e rimuovere il loro pregiudizio, inducendoli a credere in Cristo come il Redentore del mondo. Paolo si rese conto che fino a quando molti dei dirigenti della chiesa di Gerusalemme avessero continuato a sospettare di lui, egli non sarebbe riuscito a influenzare i suoi connazionali. Se con qualche ragionevole concessione fosse riuscito a condurli alla verità, avrebbe rimosso un grande ostacolo al successo del Vangelo in altri luoghi. Ma Dio non gli aveva dato l’autorizzazione di concedere tanto quanto essi richiedevano.UVI 253.2

    Quando noi pensiamo a Paolo, al suo grande desiderio di essere in armonia con i fratelli, alla sua tenerezza verso i deboli nella fede, alla stima che nutriva per gli apostoli che erano stati con Cristo, e per Giacomo, il fratello del Signore, e al suo proposito di “farsi ogni cosa a tutti” (1 Corinzi 9:22) nella misura in cui poteva farlo senza sacrificare nessuno dei princìpi nei quali credeva; quando noi pensiamo a tutto questo, riusciamo a comprendere meglio i motivi che lo spinsero a comportarsi in un modo diverso dal solito. Invece di raggiungere lo scopo desiderato, i suoi sforzi per la riconciliazione precipitarono solo la crisi, affrettando le sue predette sofferenze, separandolo dai suoi fratelli, privando la chiesa di una delle sue più solide colonne e recando dispiacere ai cristiani di ogni luogo.UVI 253.3

    Il giorno seguente Paolo iniziò ad adempiere il consiglio degli anziani. I quattro uomini che avevano fatto voto di nazireato (Numeri 6, Luzzi), il cui termine stava per scadere, furono condotti nel tempio, dove Paolo annunciò “di voler compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell’offerta per ciascun di loro”. Atti 21:26 (Luzzi). Alcuni costosi sacrifici dovevano essere ancora offerti per la cerimonia della purificazione.UVI 254.1

    Coloro che suggerirono a Paolo di fare questo non avevano completamente considerato il grande pericolo al quale egli si sarebbe esposto. In questo periodo Gerusalemme era affollata da adoratori provenienti da ogni luogo. Quando, nell’adempimento della missione datagli da Dio, Paolo aveva portato il Vangelo ai Gentili, aveva visitato molte delle più grandi città del mondo, ed era ben conosciuto da migliaia di quelli che erano arrivati da terre straniere a Gerusalemme per celebrare la festa. Fra questi c’erano degli uomini i cui cuori erano colmi di odio per Paolo; e la sua entrata nel tempio in un’occasione pubblica lo esponeva a un grave rischio. Per alcuni giorni egli passò fra gli adoratori apparentemente inosservato. Ma prima del termine della festa, mentre Paolo stava parlando con un sacerdote circa i sacrifici da offrire, fu riconosciuto da alcuni giudei dell’Asia.UVI 254.2

    Con una furia demoniaca si avventarono su di lui, gridando: “Uomini Israeliti, venite al soccorso; questo è l’uomo che va predicando a tutti e da per tutto contro il popolo, contro la legge, e contro questo luogo”. E mentre la gente accorreva alla chiamata di aiuto, un’altra accusa fu aggiunta: “E oltre a ciò, ha menato anche de’ Greci nel tempio, e ha profanato questo santo luogo”. Atti 21:28 (Luzzi).UVI 254.3

    Secondo la legge giudaica, una persona incirconcisa che entrava nelle stanze sacre del tempio commetteva un crimine punibile con la morte. Paolo era stato visto nella città in compagnia di Trofimo, un efesino; tale fatto aveva indotto i presenti a pensare che fosse entrato con lui nel tempio. Lui non aveva fatto questo, ed essendo egli stesso un giudeo, non aveva violato alcuna legge entrando nel tempio. Ma sebbene l’accusa fosse totalmente falsa, servì per provocare il pregiudizio popolare. Mentre il grido si diffondeva nei cortili del tempio, la gente accorse in preda a una furia selvaggia. La notizia si sparse rapidamente in tutta Gerusalemme. “Allora in tutta la città ci fu una grande agitazione e il popolo accorse da ogni parte”. Atti 21:30.UVI 254.4

    Il fatto che un Gentile si permettesse di profanare il tempio nel medesimo tempo in cui migliaia erano giunti da ogni parte del mondo per adorare, aveva provocato le più crudeli passioni della gente. Essi “preso Paolo, lo trassero fuori del tempio; e subito le porte furon serrate”. Atti 21:30 (Luzzi).UVI 255.1

    “Or com’essi cercavan d’ucciderlo, arrivò su al tribuno della corte la voce che tutta Gerusalemme era sossopra”. Claudio Lisia conosceva bene gli elementi turbolenti con i quali doveva trattare, “Ed egli immediatamente prese con sé de’ soldati e de’ centurioni, e corse giù ai Giudei, i quali, veduto il tribuno e i soldati, cessarono di batter Paolo”. Ignaro della causa del tumulto e veduto che la rabbia della moltitudine, era diretta contro Paolo, il magistrato romano concluse che doveva trattarsi di un certo ribelle egiziano di cui aveva sentito parlare e che fino ad allora non erano riusciti a catturare. “Allora il tribuno, accostatosi, lo prese, e comandò che fosse legato con due catene; poi domandò chi egli fosse, e che cosa avesse fatto”. All’improvviso molte voci urlarono parole d’accusa: “Gli uni gridavano una cosa, e gli altri un’altra; onde, non potendo saper nulla di certo a cagion del tumulto, comandò ch’egli fosse menato nella fortezza. Quando Paolo arrivò alla gradinata dovette, per la violenza della folla, esser portato dai soldati, perchè il popolo in gran folla lo seguiva, gridando: Toglilo di mezzo!” Atti 21:31-36 (Luzzi).UVI 255.2

    In mezzo al tumulto l’apostolo fu calmo e padrone di sé. La sua mente contemplava Dio ed egli sapeva che gli angeli del cielo lo circondavano. Non voleva lasciare il tempio senza tentare di presentare la verità ai suoi connazionali. Mentre stava per essere condotto nella fortezza, Paolo disse al comandante dei soldati: “Mi è egli lecito dirti qualcosa?” E Lisia rispose: “Sai tu il greco? Non sei tu dunque quell’Egiziano che tempo fa sollevò e menò nel deserto que’ quattromila briganti? Ma Paolo disse: Io sono un Giudeo, di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; e ti prego che tu mi permetta di parlare al popolo”. Atti 21:37-39 (Luzzi).UVI 255.3

    La richiesta fu concessa, “Paolo stando in piè sulla gradinata, fece cenno con la mano al popolo. E fattosi gran silenzio, parlò in lingua ebraica dicendo: Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa. E quand’ebbero udito ch’egli parlava loro in lingua ebraica, tanto più fecero silenzio”. Interrompendo quel silenzio, l’apostolo continuò il suo discorso con queste parole: “Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città, ai piedi di Gamaliele, educato nella rigida osservanza della legge dei padri, e fui zelante nella causa di Dio, come voi tutti siete oggi”. Nessuno poteva negare le affermazioni di Paolo, perché i fatti che riferiva erano ben noti a molti di quelli che ancora vivevano in Gerusalemme. Egli parlò poi del suo passato zelo nel perseguitare i discepoli di Cristo, fino a ucciderli; e raccontò le circostanze della sua conversione, dicendo ai suoi ascoltatori come il suo cuore orgoglioso era stato condotto a sottomettersi al Nazareno crocifisso. Se l’apostolo avesse tentato di discutere con i suoi oppositori, essi avrebbero testardamente rifiutato di ascoltare le sue parole. Ma la relazione della sua esperienza fu data con una così convincente potenza che in quel momento i loro cuori sembravano essere placati e convinti”.UVI 255.4

    Egli cercò in seguito di spiegare che la sua opera fra i Gentili non era stata motivata da una libera scelta. Lui avrebbe desiderato lavorare per la sua nazione; ma in quello stesso tempio la voce di Dio gli aveva parlato in una santa visione dirigendo il suo cammino lontano fra i Gentili. Atti 22:21.UVI 256.1

    Fino a quel momento la gente lo aveva ascoltato con molta attenzione, ma quando Paolo raccontò che Gesù Cristo lo aveva chiamato a essere suo ambasciatore ai Gentili, la furia del popolo si scatenò di nuovo. Abituati a considerare se stessi come il solo popolo favorito da Dio, essi non desideravano permettere che i disprezzati Gentili condividessero i privilegi che fino allora reputavano esclusivamente propri. Alzando la voce al di sopra di quella dell’apostolo, gridarono: “Togli via un tal uomo dal mondo; perché non è degno di vivere”. Atti 22:22 (Luzzi).UVI 256.2

    “Com’essi gridavano e gettavan via le loro vesti e lanciavano la polvere in aria, il tribuno comandò ch’egli fosse menato dentro la fortezza e inquisito mediante i flagelli, affin di sapere per qual cagione gridassero così contro a lui.UVI 256.3

    “E come l’ebbero disteso e legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: V’è egli lecito flagellare un uomo che è cittadino romano, e non è stato condannato? E il centurione, udito questo, venne a riferirlo al tribuno, dicendo: Che stai per fare? Perché quest’uomo è Romano. Il tribuno venne a Paolo, e gli chiese: Dimmi, sei tu Romano? Ed egli rispose: Sì! E il tribuno replicò: Io ho acquistato questa cittadinanza per gran somma di denaro. E Paolo disse: Io, invece, l’ho di nascita. Allora quelli che stavan per inquisirlo, si ritrassero subito da lui; e anche il tribuno ebbe paura, quand’ebbe saputo che egli era Romano; perché l’avea fatto legare.UVI 256.4

    “E il giorno seguente, volendo saper con certezza di che cosa egli fosse accusato dai Giudei, lo sciolse, e comandò ai capi sacerdoti e a tutto il Sinedrio di radunarsi: e menato giù Paolo, lo fe’ comparire dinanzi a loro”. Atti 22:23-30 (Luzzi).UVI 256.5

    Ora l’apostolo doveva essere processato dallo stesso tribunale di cui era stato membro, prima della sua conversione. Mentre stava dinanzi ai capi giudei, il suo volto era calmo, e la sua condotta rivelava la pace di Cristo. Fissando il concilio, egli disse: “Fratelli, fino a questo giorno, mi son condotto dinanzi a Dio in tutta buona coscienza”. Avendo udito queste parole il loro odio si accese di nuovo: “E il sommo sacerdote Anania comandò a coloro ch’erano presso a lui di percuoterlo sulla bocca”. A questo disumano ordine, Paolo esclamò: “Iddio percoterà te, parete scialbata; tu siedi per giudicarmi secondo la legge, e violando la legge comandi che io sia percosso? E coloro ch’eran quivi presenti, dissero: Ingiurii tu il sommo sacerdote di Dio?” Paolo rispose con la sua abituale cortesia: “Fratelli, io non sapevo che fosse sommo sacerdote: perché sta scritto: “Non dirai male del principe del tuo popolo”.UVI 257.1

    “Or Paolo, sapendo che una parte eran Sadducei e l’altra Farisei, esclamò nel Sinedrio: Fratelli, io son Fariseo, figliuol di Farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti, che son chiamato in giudizio.UVI 257.2

    “E com’ebbe detto questo, nacque contesa tra i Farisei e i Sadducei, e l’assemblea fu divisa. Poiché i Sadducei dicono che non v’è risurrezione, né angelo, né spirito; mentre i Farisei affermano l’una e l’altra cosa”. I due gruppi iniziarono a discutere tra di loro, e così la forza della loro opposizione fu demolita. “E alcuni degli scribi del partito de’ Farisei, levatisi, cominciarono a disputare, dicendo: Noi non troviamo male alcuno in quest’uomo; e se gli avesse parlato uno spirito o un angelo?” Atti 23:1-9 (Luzzi).UVI 257.3

    Nella confusione che ne seguì, i sadducei lottavano ferocemente per catturare l’apostolo e per ucciderlo; mentre i farisei lottavano per proteggerlo. “Il tribuno, temendo che Paolo non fosse da loro fatto a pezzi, comandò ai soldati di scendere giù, e di portarlo via dal mezzo di loro, e di menarlo nella fortezza”. Atti 23:10 (Luzzi).UVI 257.4

    Più tardi, Paolo, quando poté riflettere sulle tristi esperienze del giorno, iniziò a temere che Dio non avesse approvato il suo comportamento. Aveva commesso un errore, dopo tutto, nel visitare Gerusalemme? Era stato il suo grande desiderio di riunirsi ai suoi fratelli a produrre risultati così disastrosi?UVI 257.5

    La posizione che gli ebrei occupavano come popolo di Dio di fronte al mondo pagano, generò nell’apostolo una intensa angoscia. Come li avrebbero reputati quegli ufficiali pagani? Loro pretendevano di essere adoratori di Jahvè, di svolgere delle funzioni sacre e tuttavia si abbandonavano al controllo di una rabbia cieca e irrazionale. Addirittura, cercavano di distruggere i propri fratelli solo perché differivano in questioni riguardanti la loro fede religiosa; e trasformavano le riunioni decisionali più solenni del Sinedrio in una scena di contesa e di selvaggia confusione. Paolo comprese che il nome del suo Dio era stato diffamato agli occhi dei pagani.UVI 257.6

    E ora si trovava in prigione e sapeva che i suoi nemici, nella loro disperata malvagità, avrebbero escogitato qualsiasi mezzo per ucciderlo. Era possibile che la sua opera per le chiese fosse terminata e che ora delle volpi rapaci stessero per entrarvi? La causa di Cristo stava molto a cuore a Paolo. Egli pensava con profonda ansietà ai pericoli che incombevano sulle chiese disperse, esposte come erano, alla persecuzione di quegli stessi uomini che aveva incontrato nel concilio del Sinedrio. Tormentato e scoraggiato, Paolo pianse e pregò.UVI 258.1

    In questa ora oscura il Signore non dimenticò il suo servitore. Nei cortili del tempio lo aveva protetto dalla folla omicida. Gli era stato accanto davanti al Sinedrio e nella fortezza. Egli allora si rivelò in risposta alle ferventi preghiere che il suo fedele testimone gli aveva indirizzato. “La notte seguente il Signore si presentò a Paolo, e gli disse: Sta’ di buon cuore: perché come hai reso testimonianza di me a Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma”. Atti 23:11 (Luzzi).UVI 258.2

    Per lungo tempo l’apostolo aveva sperato di visitare Roma. Egli desiderava grandemente testimoniare per Cristo in quella città, ma aveva sentito che i suoi piani erano impediti dall’ostilità dei giudei. Ora si rendeva conto che ci sarebbe andato come prigioniero.UVI 258.3

    Mentre il Signore incoraggiava il suo servitore, i nemici di Paolo stavano arditamente complottando la sua distruzione. “E quando fu giorno, i Giudei s’adunarono, e con imprecazioni contro se stessi fecer voto di non mangiare né bere finché non avessero ucciso Paolo. Or coloro che avean fatta questa congiura eran più di quaranta”. Atti 23:12, 13 (Luzzi). Il Signore, mediante Isaia, aveva condannato questo tipo di digiuno perché era un digiuno fatto “per litigare, per questionare, e percuotere empiamente col pugno”. Isaia 58:4 (Luzzi).UVI 258.4

    I cospiratori andarono dai capi sacerdoti e dagli anziani e dissero: “Noi abbiam fatto voto con imprecazione contro noi stessi, di non mangiare cosa alcuna, finché non avessero ucciso Paolo. Or dunque voi col Sinedrio presentatevi al tribuno per chiedergli di menarlo giù da voi, come se voleste conoscer più esattamente il fatto suo; e noi, innanzi ch’ei giunga, siam pronti ad ucciderlo”. Atti 23:14, 15 (Luzzi).UVI 258.5

    I sacerdoti e i capi invece di rimproverarli per questo loro piano crudele acconsentirono ad attuarlo. Paolo aveva detto la verità quando aveva paragonato Anania a un muro imbiancato.UVI 258.6

    Ma Dio aveva deciso di salvare la vita del suo servitore. Un nipote di Paolo, venuto a sapere che gli assassini lo stavano aspettando, entrò nella fortezza e gli riferì la cosa. “E Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: Mena questo giovane al tribuno, perché ha qualcosa da riferirgli. Egli dunque, presolo, lo menò al tribuno, e disse: Paolo, il prigione, mi ha chiamato e m’ha pregato che ti meni questo giovane, il quale ha qualcosa da dirti”. Atti 23:17, 18 (Luzzi).UVI 259.1

    Claudio Lisia accolse il giovane con gentilezza, lo condusse in disparte e gli chiese: “Che cos’hai da riferirmi? Ed egli rispose: I Giudei si son messi d’accordo per pregarti che domani tu meni giù Paolo nel Sinedrio, come se volessero informarsi più appieno del fatto suo: ma tu non dar loro retta, perché più di quaranta uomini di loro gli tendono insidie e con imprecazioni contro se stessi han fatto voto di non mangiare né bere, finché non l’abbiano ucciso; ed ora son pronti, aspettando la tua promessa.UVI 259.2

    “Il tribuno dunque licenziò il giovane, ordinandogli di non palesare ad alcuno che gli avesse fatto saper queste cose”. Atti 23:19-22 (Luzzi).UVI 259.3

    Lisia immediatamente decise di trasferire Paolo dalla sua giurisdizione a quella del governatore Felice. I giudei, come popolo, erano in uno stato di agitazione e di irritazione, e i tumulti erano degli avvenimenti frequenti. La presenza di Paolo in Gerusalemme poteva recare pericolose conseguenze alla città, e anche allo stesso comandante. Egli perciò “chiamati due de’ centurioni, disse loro: Tenete pronti fino dalla terza ora della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per andar fino a Cesarea; e abbiate pronte delle cavalcature per farvi montar su Paolo e condurlo sano e salvo al governatore Felice”. Atti 23:23, 24 (Luzzi).UVI 259.4

    Non c’era tempo da perdere: Paolo doveva essere allontanato. “I soldati dunque, secondo ch’era loro stato ordinato, presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipatrìda”. Atti 23:31 (Luzzi). Lasciato quel luogo, i cavalieri si diressero con il prigioniero a Cesarea, mentre i quattrocento soldati ritornarono a Gerusalemme.UVI 259.5

    L’ufficiale responsabile del distaccamento militare presentò a Felice il prigioniero e gli consegnò la lettera che gli era stata affidata dal comandante in carica.UVI 259.6

    “Claudio Lisia, all’eccellentissimo governatore Felice, salute. Quest’uomo era stato preso dai Giudei, ed era sul punto d’esser da loro ucciso, quand’io son sopraggiunto coi soldati e l’ho sottratto dalle loro mani, avendo inteso che era Romano. E volendo sapere di che l’accusavano, l’ho menato nel loro Sinedrio. E ho trovato che era accusato intorno a questioni della loro legge, ma che non era incolpato di nulla che fosse degno di morte o di prigione. Essendomi però stato riferito che si tenderebbe un agguato contro quest’uomo, l’ho subito mandato a te, ordinando anche ai suoi accusatori di dir davanti a te quello che hanno contro di lui”. Atti 23:26-30 (Luzzi).UVI 259.7

    Dopo aver letto la comunicazione, Felice chiese a quale provincia appartenesse il prigioniero, ed essendo stato informato che era della Cilicia, disse: “Io ti udirò meglio quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori. E comandò che fosse custodito nel palazzo d’Erode”. Atti 23:35 (Luzzi).UVI 260.1

    Il caso di Paolo non fu il primo. In altre occasioni i servitori di Dio avevano trovato fra i pagani un rifugio dalla malvagità del popolo di Jahvè. Nella loro rabbia contro Paolo, i giudei avevano aggiunto un altro crimine alla lista nera che macchiava la storia di quel popolo. I loro cuori si erano sempre più induriti contro la verità, rendendo così sempre più certa la loro condanna.UVI 260.2

    Pochi comprendono pienamente il significato delle parole che Cristo pronunciò nella sinagoga di Nazareth, quando annunciò di essere il Messia. Egli dichiarò che la sua missione era di confortare, bendire e salvare gli afflitti e i peccatori. Poi, vedendo che l’orgoglio e l’incredulità controllavano i cuori dei suoi ascoltatori, Egli ricordò loro che nel passato Dio si era allontanato dal popolo che aveva scelto a causa del loro scetticismo e della loro ribellione, e che si era manifestato in terre pagane a uomini che non avevano rigettato la luce celeste. La vedova di Sarepta e Naaman il Siro avevano vissuto seguendo tutta la luce che avevano ricevuto e per questo furono reputati più giusti del popolo eletto che si era allontanato da lui e che aveva sacrificato i princìpi per la convenienza e per l’onore mondani.UVI 260.3

    Cristo disse ai giudei di Nazareth una spaventosa verità quando dichiarò che in Israele non c’era sicurezza per il fedele messaggero di Dio. L’apostasia aveva prevalso sulla verità. Essi non avrebbero riconosciuto il suo valore né apprezzato i suoi sforzi. Sebbene i capi giudei professavano di avere un grande zelo per l’onore di Dio e per il bene di Israele, erano nemici di entrambi. Con l’esempio e con i precetti essi stavano conducendo il popolo sempre più lontano dall’ubbidienza a Dio. Egli non sarebbe più potuto essere il loro rifugio nel tempo della distretta.UVI 260.4

    Le parole di rimprovero pronunciate dal Salvatore agli uomini di Nazareth si applicavano, nel caso di Paolo, non solo ai giudei increduli, ma anche ai suoi stessi fratelli nella fede. Se i dirigenti della chiesa avessero completamente abbandonato i loro sentimenti di astio verso l’apostolo, e lo avessero accettato come un uomo chiamato da Dio per recare il Vangelo ai Gentili, il Signore lo avrebbe risparmiato. Non era nei piani di Dio che l’opera di Paolo terminasse così presto; ma Egli non operò un miracolo per impedire la catena di circostanze che i dirigenti della chiesa di Gerusalemme avevano creato con quel loro insensato consiglio.UVI 260.5

    Tale spirito produce ancora oggi gli stessi risultati. La mancanza di una sincera disponibilità a rendere proficui i doni della grazia divina, ha privato la chiesa di molte benedizioni. Molto spesso il Signore avrebbe prolungato l’opera di qualche fedele ministro, se i suoi tentativi fossero stati apprezzati. Ma se la chiesa permette che il nemico delle anime perverta la mente, travisando le parole e le azioni del servitore di Dio; se gli impedisce di eseguire i suoi piani e ostacola il suo lavoro, il Signore ritirerà la benedizione che le aveva offerto.UVI 261.1

    Satana è costantemente all’opera mediante i suoi agenti per scoraggiare e annientare quelle persone che Dio ha scelto per compiere una grande opera benefica. Essi possono essere pronti a sacrificare anche la loro stessa vita per l’avanzamento della causa di Dio, tuttavia il grande ingannatore insinuerà dei dubbi nella mente dei loro fratelli. Tali dubbi, se alimentati, farebbero diminuire la fiducia nell’integrità del loro carattere, impedendo così una completa utilizzazione dei loro talenti. Troppo spesso Satana ha successo nel portare su questi ministri, attraverso i loro stessi fratelli, una tale afflizione che Dio nella sua bontà interviene per dare riposo a questi suoi servitori oppressi dalla sfiducia e dall’incomprensione di chi li circonda. Quando le loro mani saranno incrociate sul petto senza respiro, quando la voce di avvertimento e d’incoraggiamento tacerà, allora gli ostinati forse capiranno il valore delle benedizioni che hanno allontanato. La loro morte potrà compiere quello che la loro vita non è riuscita a realizzare.UVI 261.2

    Larger font
    Smaller font
    Copy
    Print
    Contents