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Gli uomini che vinsero un impero

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    Capitolo 44: Alla corte di Cesare

    Il Vangelo ha sempre raggiunto il suo maggiore successo tra le classi più umili. “Non... molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili... Dio ha scelto”. 1 Corinzi 1:26 (Luzzi). Non era possibile che Paolo, un povero e solitario prigioniero riuscisse ad attirare l’attenzione dei ricchi e nobili cittadini di Roma. Il vizio presentava loro tutte le sue attraenti lusinghe e dominava completamente la loro volontà. Invece tra gli operai e le misere vittime dell’oppressione, anche tra gli schiavi, molti ascoltarono le parole di Paolo e trovarono nella fede in Cristo una speranza e una pace che li aiutò a superare le difficoltà della loro vita.UVI 289.1

    Sebbene gli sforzi di Paolo iniziarono con gli umili e i poveri, il suo influsso si estese fino a raggiungere addirittura il palazzo dell’imperatore.UVI 289.2

    Roma in questo periodo era la capitale del mondo. I superbi cesari governavano quasi ogni nazione della terra. La corte di Nerone era divisa tra chi non conosceva l’umile Nazareno e chi lo faceva segno del proprio disprezzo.UVI 289.3

    Tuttavia, in meno di due anni, il Vangelo dalla casa del povero prigioniero raggiunse i cortili del palazzo imperiale. Paolo era in catene come un malfattore ma la Parola di Dio non era incatenata. 2 Timoteo 2:9.UVI 289.4

    Durante gli anni precedenti, l’apostolo aveva pubblicamente proclamato la fede di Cristo con convincente potenza e attraverso segni e miracoli aveva dato una inconfondibile prova del divino carattere del Vangelo. Egli aveva affrontato con nobile fermezza i saggi della Grecia e con la sua conoscenza ed eloquenza aveva demolito gli argomenti della loro superba filosofia. Con indomabile coraggio, aveva affrontato re e governatori e ragionato della salvezza, della temperanza e del giudizio a venire sino a farli tremare come se stessero già contemplando con terrore il giorno di Dio.UVI 289.5

    L’apostolo ora, confinato come era nel suo alloggio, non poteva più usufruire di queste opportunità; la sua testimonianza della verità era limitata a quelli che lo visitavano. Egli non ricevette, come Mosè e Aronne, il divino comando di recarsi da quel re dissoluto e di rimproverarlo della sua crudeltà e del suo dispotismo nel nome del grande” Io Sono”. Tuttavia, proprio in questo periodo, nel quale il maggior difensore del Vangelo si trovava apparentemente escluso dall’attività pubblica, si ebbe una grande vittoria poiché dei membri della casa dell’imperatore si unirono alla chiesa.UVI 289.6

    In nessun luogo poteva esistere un’atmosfera meno propizia al cristianesimo di quella della corte romana. Nerone sembrava avere obliterato dalla sua anima l’ultima traccia dell’immagine divina, e anche dell’umana, e sembrava impersonificare Satana. I suoi collaboratori e cortigiani, in generale, erano del suo stesso carattere: violenti, perversi e corrotti. In apparenza, sembrava impossibile che il cristianesimo potesse penetrare all’interno del palazzo di Nerone.UVI 290.1

    Tuttavia in questo caso, come in molti altri, si è dimostrata vera la dichiarazione di Paolo: “Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a distruggere le fortezze”. 2 Corinzi 10:4 (Luzzi). Anche nella stessa casa di Nerone furono conquistati dei trofei che onorarono la croce. Tra i corrotti assistenti di un re depravato vi furono dei convertiti che divennero figli di Dio. Questi non furono cristiani in segreto, ma apertamente, i quali non si vergognarono della loro fede.UVI 290.2

    Con quali mezzi il cristianesimo entrò e prese piede dove perfino la sua ammissione sembrava impossibile? Nella sua epistola ai Filippesi, Paolo attribuisce al suo imprigionamento il successo delle conversioni alla fede ottenuta nella casa di Nerone. Temendo che si pensasse che le sue afflizioni impedissero il progresso del Vangelo, egli li assicurò con queste parole: “Or, fratelli, io voglio che sappiate che le cose mie son riuscite piuttosto al progresso del Vangelo”. Filippesi 1:12 (Luzzi).UVI 290.3

    All’inizio, quando le chiese cristiane seppero che Paolo stava per visitare Roma, sperarono in un trionfo del Vangelo in quella metropoli. Paolo aveva portato la verità in molte terre e l’aveva proclamata in grandi città. Non avrebbe potuto, questo campione della fede, avere successo nel conquistare anime a Cristo anche nella capitale del mondo? Ma le loro speranze furono annullate dalla notizia che Paolo era giunto a Roma come prigioniero. Essi avevano sperato con fiducia di vedere il Vangelo, una volta stabilito in quel grande centro, diffondersi rapidamente in tutte le nazioni, e divenire una potenza predominante sulla terra. Quanto grande fu la loro delusione! Le aspettative umane erano state deluse. Restava però il fatto che quella circostanza non aveva compromesso il piano di Dio.UVI 290.4

    Non i sermoni di Paolo ma le sue catene avrebbero attratto l’attenzione della corte imperiale sul cristianesimo. Fu come prigioniero che egli ruppe le catene della schiavitù del peccato che imprigionavano molte persone. E questo non fu tutto. L’apostolo dichiarò: “La maggior parte de’ fratelli nel Signore, incoraggiati dai miei legami, hanno preso vie maggiore ardire nell’annunziare senza paura la Parola di Dio”. Filippesi 1:14 (Luzzi).UVI 291.1

    La pazienza di Paolo e la sua allegrezza durante il lungo e ingiusto imprigionamento, il suo coraggio e la sua fede li esortavano a seguirne l’esempio. Il suo spirito così differente dallo spirito del mondo dimostrò che era animato da una potenza superiore a quella terrena. Con il suo esempio, i cristiani furono spronati a difendere pubblicamente e con più energia la causa, ora che Paolo non poteva farlo. Le catene dell’apostolo esercitarono un influsso; così che quando sembrò che non fosse più utile, Paolo riuscì a portare molte persone ai piedi della croce, in luoghi che a lui erano parsi irraggiungibili.UVI 291.2

    Prima del termine di quei due anni di prigione, Paolo poté dire: “A tutta la guardia pretoriana e a tutti gli altri è divenuto notorio che io sono in catene per Cristo”; e tra coloro che inviavano saluti ai filippesi egli menziona “specialmente quelli della casa di Cesare”. Filippesi 1:13; 4:22 (Luzzi).UVI 291.3

    La pazienza come il coraggio ha le sue vittorie. L’umiltà nelle prove quanto il coraggio nell’impresa può conquistare anime a Cristo. Il cristiano che manifesta pazienza e allegrezza nell’oppressione e nella sofferenza, che affronta anche la morte con pace e serenità di una fede incrollabile, può compiere per il Vangelo più di quanto una vita di fedele lavoro possa produrre. Spesso quando un servitore di Dio è allontanato dal servizio attivo, la misteriosa provvidenza divina che la nostra vista corta non vede, è all’opera per compiere un lavoro che non si sarebbe potuto fare altrimenti.UVI 291.4

    Nessun seguace di Cristo pensi, quando non può più lavorare apertamente e attivamente per Dio e per la verità, che egli non abbia più alcun servizio da rendere, alcuna ricompensa da assicurarsi. I veri testimoni di Cristo non sono mai messi in disparte. Possono essere malati o star bene, vivi o morti: Dio si serve sempre di loro. Quando per l’astuzia di Satana, i servitori di Cristo sono stati perseguitati, impediti nei loro sforzi, gettati in prigione, trascinati al patibolo o al rogo, questo è avvenuto affinché la verità potesse ottenere un più grande trionfo. Mentre questi fedeli suggellavano la loro testimonianza con il proprio sangue, anime fino allora dubbiose e incerte sono state convinte della fede in Cristo e hanno preso coraggiosamente la decisione di seguirlo. La cenere dei martiri ha prodotto un’abbondante raccolta per Dio.UVI 291.5

    Lo zelo e la fedeltà di Paolo e dei suoi collaboratori, come la fede e l’ubbidienza di questi convertiti al cristianesimo, sotto circostanze così difficili, rimproverano l’indolenza e la mancanza di fede di taluni ministri di Cristo. L’apostolo e i suoi collaboratori avrebbero potuto obiettare che era vano chiamare al pentimento e alla fede in Cristo i servitori di Nerone, esposti com’erano a violente tentazioni, a formidabili ostacoli e alla crudele opposizione. Anche se essi fossero stati convinti della verità, come avrebbero potuto ubbidire? Ma Paolo non ragionò in questo modo. In fede egli presentò il Vangelo a queste persone, e tra quelli che lo ascoltarono ci furono alcuni che decisero di ubbidire a ogni costo. Essi avrebbero accettato la luce, nonostante i pericoli e gli ostacoli, e avrebbero confidato nell’assistenza divina per illuminare altri con la loro luce.UVI 292.1

    Alcuni membri della casa di Cesare non solo furono convertiti alla verità, ma dopo la conversione rimasero in quell’ambiente. Essi non si sentirono di abbandonare il loro posto di lavoro perché quell’ambiente non era più favorevole. Quindi rimasero nello stesso luogo in cui avevano conosciuto la verità, a testimoniare con la loro vita e il loro carattere convertito della potenza trasformatrice della nuova fede.UVI 292.2

    C’è qualcuno che giustifica con le circostanze della sua esistenza il fatto che non fa nulla per testimoniare di Cristo? Considerino questi la situazione dei discepoli che si trovavano alla corte di Cesare, la sua depravazione e la sua immoralità. Noi possiamo difficilmente immaginare situazioni più sfavorevoli a una vita religiosa, situazioni di più grande opposizione e sacrificio. Tuttavia, in mezzo alle difficoltà e ai pericoli, essi si mantennero fedeli. Il cristiano può cercare di scusarsi per non ubbidire alla verità che è in Cristo, a causa di ostacoli che sembrano insormontabili; ma egli non può offrire alcuna scusa che reggerà al giudizio. Se egli potesse fare questo dimostrerebbe che Dio è ingiusto, perché ha dato ai suoi figli condizioni di salvezza impossibili da adempiere.UVI 292.3

    Colui che ha nel cuore la determinazione di servire Dio, troverà opportunità per testimoniare di lui. Le difficoltà saranno incapaci di fermare colui che è deciso a cercare prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia. Con la forza tratta dalla preghiera e dallo studio della Parola, egli cercherà di abbandonare il vizio e di acquisire virtù. Fissando gli occhi su Gesù, l’autore e il compitore della fede, che sopportò l’opposizione dei peccatori, il credente volontariamente sfiderà ogni tipo di persecuzione. Aiuto e grazia sufficienti per ogni circostanza sono promessi da Colui la cui parola è verità. Le sue braccia eterne circondano l’anima che si rivolge a lui per ricevere aiuto. Noi possiamo fidare sicuramente nella sua cura, dicendo: “Nel giorno in cui temerò, io confiderò in te”. Salmi 56:3 (Luzzi). Dio adempirà la sua promessa per tutti coloro che confidano in lui.UVI 292.4

    Il Salvatore con il proprio esempio ha mostrato che i suoi seguaci possono essere nel mondo e tuttavia non essere del mondo. Egli non venne per partecipare ai suoi lusinghieri piaceri, né per essere trascinato dai suoi costumi per praticare le sue usanze, ma per fare la volontà del suo Padre celeste e per cercare ciò che era perduto. Fissato questo obiettivo, il cristiano può rimanere incontaminato in qualsiasi ambiente si trovi. Qualsiasi sia la sua situazione o le sue circostanze, sia egli nobile o povero, manifesterà la potenza della vera religione nel fedele adempimento del suo dovere.UVI 293.1

    Il carattere cristiano si sviluppa solo se è esposto alla prova. Se non ci sono prove da superare non c’è neanche sviluppo. L’esposizione al rigetto e all’opposizione spinge il seguace di Cristo a una maggiore vigilanza e a una più fervente preghiera verso l’Onnipotente. La dura prova sopportata per mezzo della grazia divina sviluppa pazienza, vigilanza, forza e una profonda e costante fiducia in Dio. è il trionfo della fede cristiana che rende il suo seguace capace di soffrire e di essere forte; di subire e così di conquistare, di essere mortificato tutto il giorno e tuttavia di vivere, di portare la croce e così vincere la corona di gloria.UVI 293.2

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