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Il gran conflitto

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    Capitolo 7: Lutero si separa da Roma

    Fra coloro che furono chiamati a liberare la chiesa dal predominio papale e guidarla verso una fede più pura, Martin Lutero può essere considerato il personaggio più importante. Zelante, pieno di fervore, devoto, privo di ogni timore che non fosse il timore di Dio, riconoscendo le Sacre Scritture come unico fondamento religioso, egli era l’uomo adatto per quel tempo. Grazie a lui Dio realizzò la grande opera della riforma della chiesa, il cui messaggio si diffuse in tutto il mondo.GC 100.1

    Come i primi messaggeri del Vangelo, anche Lutero era di umili origini. Trascorse la sua infanzia in una modesta casa di campagna. Suo padre, un minatore, lo aiutò con le sue scarse possibilità a farsi una cultura. Desiderava che diventasse un avvocato ma il Signore aveva altri progetti: lo destinava a partecipare alla costruzione di quel grandioso tempio che si innalzava lentamente nel corso dei secoli. Vita dura, privazioni, disciplina severa: ecco la scuola alla quale la Saggezza infinita preparò Lutero per l’importante missione della sua vita.GC 100.2

    Il padre di Lutero era un uomo dalla mente equilibrata e attiva. Dotato di un carattere forte, era onesto, energico e retto. Era convinto dell’importanza di adempiere il proprio dovere, indipendentemente dalle conseguenze che ne sarebbero potute derivare. Un innato buon senso lo induceva a considerare con disapprovazione la vita monastica. Comprensibile, quindi, la sua delusione quando il figlio, senza il suo consenso, entrò in convento. Trascorsero ben due anni prima che egli acconsentisse a riconciliarsi con lui, pur non avendo cambiato opinione.GC 100.3

    I genitori di Lutero si impegnarono molto per assicurare una buona educazione ai propri figli. Cercarono di trasmettere loro la conoscenza di Dio e guidarli nella pratica delle virtù cristiane. Spesso il padre pregava ad alta voce affinché il figlio udisse e potesse ricordare il nome del Signore per poi, un giorno, collaborare alla proclamazione della verità. Essi cercavano di approfittare di ogni possibilità di sviluppo morale e intellettuale che la loro vita, fatta di incessante lavoro, poteva offrire. Cogliendo tutte le occasioni si sforzavano di preparare i figli a una vita devota e utile. La loro fermezza e forza di carattere, li indusse spesso a lasciarsi andare a eccessi di severità. Però lo stesso riformatore, pur riconoscendo che talvolta esageravano, considerava la loro disciplina più da approvare che da condannare.GC 100.4

    A scuola, che frequentò fin dalla prima infanzia, Lutero fu trattato con durezza e perfino con violenza. La povertà della sua famiglia era tale che egli, per recarsi a scuola, situata in una città vicina, fu costretto a guadagnarsi il pane cantando di porta in porta. Non di rado conobbe la fame. Era oppresso dalle idee religiose di quell’epoca, caratterizzate dalla superstizione. Talvolta si coricava profondamente rattristato pensando con preoccupazione all’avvenire oscuro e minaccioso e si sentiva terrorizzato all’idea di un Dio che immaginava come un essere severo, un giudice inflessibile e un crudele tiranno e non come un affettuoso Padre celeste.GC 101.1

    Eppure, nonostante lo scoraggiamento, Lutero proseguiva verso un elevato ideale, morale e intellettuale, verso cui si sentiva attratto. La sete di conoscenza e il suo carattere pratico e aperto lo orientavano verso tutto ciò che era concreto e utile, rispetto a ciò che si presentava vano e superficiale.GC 101.2

    Quando, all’età di diciotto anni, egli entrò all’università di Erfurt, la sua situazione era migliorata e le sue prospettive apparivano più rassicuranti di prima. I suoi genitori, grazie alla loro attività e alla frugalità della loro vita quotidiana, potevano ora assicurargli un’assistenza migliore. D’altra parte, l’influsso di buoni amici aveva attenuato la tendenza al pessimismo provocata dall’educazione ricevuta precedentemente. Lutero si applicò allo studio dei migliori autori, facendo tesoro dei loro importanti insegnamenti e assimilando il frutto della loro saggezza. Anche prima, sotto la dura disciplina dei suoi insegnanti, aveva dimostrato capacità non comuni. Ora, per le migliorate condizioni ambientali, la sua mente poteva svilupparsi rapidamente. La memoria ricettiva, la fertile immaginazione, le buone capacità di ragionamento e l’applicazione costante gli permisero di distinguersi fra i suoi compagni. La disciplina intellettuale maturò la sua capacità di giudizio e risvegliò in lui un’intelligenza e un’acutezza di percezione che dovevano prepararlo per le future lotte della vita.GC 101.3

    Il rispetto per Dio, che riempiva il suo cuore, lo rendeva perseverante nei suoi propositi e umile davanti all’Altissimo. Egli aveva la chiara percezione della propria dipendenza dall’aiuto divino e iniziava ogni giornata con la preghiera. Il suo cuore cercava incessantemente guida e sostegno. “Pregare bene” diceva spesso “vale metà dello studio”.1J.H. Merle d’Aubigné, History of The Reformation of the Sixteenth Century, vol. 2, cap. 2.GC 101.4

    Un giorno, esaminando i libri della biblioteca universitaria, Lutero scoprì la Bibbia latina. Non l’aveva mai vista prima di allora, ne ignorava addirittura l’esistenza. Aveva letto, sì, delle porzioni dei Vangeli e delle Epistole che venivano esposte al popolo nel culto pubblico, ma pensava che esse rappresentassero tutta la Sacra Scrittura. Ora, per la prima volta, aveva davanti a sé l’intera Parola di Dio. Con un misto di timore e di stupore, sfogliò quelle sacre pagine e febbrilmente, con il cuore palpitante, lesse le parole di vita soffermandosi qua e là per esclamare: “Oh, se Dio mi permettesse di possedere questo libro!”2Ibidem Gli angeli del cielo erano al suo fianco e raggi di luce provenienti dal trono di Dio rivelavano alla sua mente i tesori della verità. Egli aveva sempre temuto di offendere Dio, ma ora la profonda convinzione del proprio stato di peccato si faceva ancora più viva in lui.GC 101.5

    Un grande desiderio di essere liberato dal peccato e di trovare pace in Dio lo indusse a consacrarsi alla vita monastica. Entrò in un convento e qui gli furono assegnati i lavori più umili, oltre al compito di mendicare di casa in casa. Aveva raggiunto l’età in cui si desiderano maggiormente il rispetto e l’apprezzamento e quei compiti così umili mortificavano i suoi sentimenti naturali. Ma sopportava pazientemente, credendo che ciò fosse reso necessario per espiare i suoi peccati.GC 102.1

    Ogni momento che poteva sottrarre ai suoi incarichi quotidiani era dedicato allo studio. Per questo si privava del riposo e rimpiangeva perfino il tempo utilizzato a consumare pasti frugali. Lo studio della Parola di Dio gli procurava la massima soddisfazione. Aveva trovato una Bibbia, incatenata al muro del convento e la utilizzava spesso. A mano a mano che cresceva in lui la convinzione del proprio peccato, Lutero si sforzava di ottenere il perdono e la pace mediante le proprie opere. Conduceva una vita molto austera, sforzandosi con digiuni, veglie e maltrattamenti inflitti al proprio corpo, di soggiogare la debolezza della sua natura. Egli non indietreggiava davanti a nessun sacrificio che potesse permettergli di ricevere l’approvazione di Dio. “Io fui un monaco pio” disse più tardi “e mi attenni alle regole del mio ordine nel modo più stretto. Se mai un monaco poteva raggiungere il cielo per le sue opere monastiche, certo io ne avrei avuto tutti i diritti... Se avessi continuato, credo che avrei spinto le mie mortificazioni fino alla morte”.3J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 2, cap. 3. In seguito a questa dura disciplina, egli si indebolì e diventò soggetto a svenimenti accompagnati da spasmi. Gli effetti di questo suo stato fisico lo accompagnarono per tutta la vita. Eppure, nonostante tutti gli sforzi fatti, la sua anima oppressa non riusciva a trovare sollievo. Finì per giungere sull’orlo della disperazione.GC 102.2

    Quando ormai sembrava tutto perduto, Dio gli fece incontrare un amico che gli fu di grande aiuto. Il pio Staupitz lo aiutò a esaminare la Parola di Dio e lo indusse a non guardare a se stesso, alle terribili punizioni derivanti dalla violazione della legge di Dio, ma a Gesù, il Salvatore che perdona. “Invece di torturarti a motivo dei tuoi peccati” gli diceva “gettati nelle braccia del Redentore. Abbi fiducia in lui, abbi fiducia nella giustizia della sua vita, nell’espiazione assicurata dalla sua morte... Ascolta il Figlio di Dio. Egli si fece uomo per darti la certezza del favore divino. Ama chi per primo ti amò”.4J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 2, cap. 4.GC 102.3

    Le sue parole produssero una profonda impressione sulla mente di Lutero che, dopo tante lotte, poté finalmente comprendere la verità e trovare la pace dell’anima.GC 103.1

    Lutero fu ordinato sacerdote e chiamato all’insegnamento nell’università di Wittenberg. Qui egli approfondì lo studio delle Sacre Scritture nelle loro lingue originali; cominciò a tenere conferenze sulla Bibbia e da quel momento il libro dei Salmi, i Vangeli e le Epistole furono spiegati a folle di ascoltatori entusiasti. Staupitz, suo amico e superiore, lo spinse a salire sul pulpito e a predicare la Parola di Dio. Lutero esitava, non ritenendosi degno di parlare alla gente nel nome di Gesù e fu solo dopo una lunga lotta che cedette alle sollecitazioni dei suoi amici. Era un esperto delle Scritture e Dio era con lui. La sua eloquenza conquistava gli uditori e la chiarezza e la potenza con le quali egli presentava la verità convincevano le menti, mentre il suo fervore toccava i cuori.GC 103.2

    Lutero era ancora un sincero figlio della chiesa papale e mai avrebbe immaginato di collocarsi diversamente. Secondo i piani di Dio fu chiamato a recarsi a Roma. Fece il viaggio a piedi, soffermandosi nei monasteri che trovava lungo la via. In un convento italiano rimase stupito della ricchezza, della magnificenza e del lusso che vi regnavano. Godendo di rendite principesche, i frati vivevano in splendidi alloggi, indossavano abiti costosi e sedevano davanti a una mensa sontuosa. Con vivo dolore, Lutero notò il contrasto fra quella realtà e quella rappresentata dalla rinuncia e dall’austerità della propria vita. Cominciava a essere perplesso.GC 103.3

    Finalmente egli scorse in lontananza la città dei sette colli. Con profonda emozione si prostrò per terra ed esclamò: “Santa Roma, ti saluto!”5J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 2, cap. 6. Entrò nella città, visitò le chiese, ascoltò i favolosi racconti ripetuti da preti e da monaci ed eseguì tutti i riti prescritti. Ovunque, egli contemplava scene che lo riempivano di sorpresa e di orrore. Vide che il male si annidava in ogni classe del clero; udì storielle immorali raccontate da prelati e fu profondamente scosso quando si accorse che perfino nella messa non veniva risparmiata la profanazione. Entrando in contatto con i monaci e con la gente del popolo, notò che la dissolutezza e la corruzione regnavano ovunque. Egli notava la profanazione, anche là dove avrebbe dovuto regnare la santità. “Nessuno può immaginare” egli scrisse “quali peccati e quali azioni infamanti si commettono a Roma. Bisogna vedere e udire per credere. Si sente dire: “Se c’è un inferno Roma vi è edificata sopra”. Roma è un abisso dal quale scaturiscono ogni sorta di peccati”.6IbidemGC 103.4

    Con un recente decreto, il pontefice aveva promesso un’indulgenza a tutti coloro che fossero saliti in ginocchio sulla “scala di Pilato”, scala dalla quale si diceva fosse disceso Gesù uscendo dalla sala del giudizio del procuratore romano e che era stata miracolosamente trasportata da Gerusalemme a Roma. Un giorno Lutero saliva con devozione quei gradini quando improvvisamente gli parve di udire una voce che, simile a tuono, diceva: “...Ma il giusto vivrà per fede!” Romani 1:17. Egli balzò in piedi e se ne andò, pieno di vergogna e di orrore. Quel testo biblico lasciò una traccia indelebile nella sua anima. Da allora egli scorse ancora più chiaramente di prima tutta l’inutilità delle opere umane per ottenere la salvezza e capì l’assoluta necessità di una costante fede nei meriti del Cristo. I suoi occhi si erano aperti e non si sarebbero più chiusi davanti agli inganni del papato. Distaccandosi da Roma, la cancellò anche dal proprio cuore e da quel giorno la frattura si fece sempre più evidente per poi sfociare nella rottura totale di ogni rapporto con la chiesa di Roma.GC 104.1

    Dopo il ritorno da Roma, Lutero conseguì, all’università di Wittenberg, il dottorato in teologia. Ora egli poteva consacrarsi completamente allo studio delle Sacre Scritture che tanto amava. Aveva fatto voto di studiare accuratamente e di predicare fedelmente la Parola di Dio tutti i giorni della sua vita, piuttosto che i dogmi e le dottrine di Roma. Ora non era più semplicemente un monaco o un professore, ma il messaggero autorizzato della Bibbia: si sentiva chiamato a essere pastore del gregge di Dio e a pascerlo. Quel gregge aveva fame e sete di verità. Lutero dichiarò con fermezza che i cristiani non dovevano accettare altra dottrina se non quella che si fonda sull’autorità delle Sacre Scritture. Tale affermazione minava alla base la pretesa supremazia papale e conteneva il principio vitale della Riforma.GC 104.2

    Lutero scorgeva il pericolo che si annidava nell’abitudine di esaltare le teorie umane al di sopra della Parola di Dio e, con coraggio, attaccò l’incredulità speculativa degli ecclesiastici e lottò sia contro la filosofia sia contro la teologia, colpevoli entrambe di avere esercitato tanto a lungo il loro influsso sul popolo. Egli denunciò questi studi inutili e nocivi e cercò di distogliere la mente dei suoi ascoltatori dai sofismi dei filosofi, per rivolgerla alle verità eterne esposte dai profeti e dagli apostoli.GC 104.3

    Il messaggio rivolto alle folle, che pendevano ansiose dalle sue labbra, risultò prezioso. Mai prima di allora simili insegnamenti erano giunti alle loro orecchie. La lieta notizia dell’amore del Cristo Salvatore, la certezza del perdono e della pace mediante il sangue sparso per la remissione dei peccati, rallegravano i cuori e infondevano in loro una speranza immortale. A Wittenberg si accese una luce i cui raggi si sarebbero estesi fino alle estremità della terra, luce che, con il passare del tempo, si sarebbe fatta sempre più risplendente.GC 105.1

    Luce e tenebre, però, non possono coesistere: fra verità ed errore esiste un irriducibile conflitto. Sostenere e difendere la prima significa attaccare e abbattere il secondo. Il nostro Salvatore stesso lo ha dichiarato: “...non son venuto a metter pace, ma spada”. Matteo 10:34. Alcuni anni dopo l’inizio della Riforma, Lutero disse: “Dio non mi guida: mi spinge avanti, anzi mi trascina addirittura! Io non sono padrone di me stesso. Vorrei vivere tranquillo e invece mi sento sospinto verso i tumulti e le rivoluzioni”.7J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 5, cap. 2. Ora egli stava per essere gettato proprio nel vivo della lotta.GC 105.2

    La chiesa di Roma vendeva la grazia di Dio. Le tavole dei cambiavalute (cfr. Matteo 21:12) erano state installate accanto agli altari e l’aria risuonava delle grida dei venditori e dei compratori. Con il pretesto di raccogliere il denaro occorrente alla costruzione della basilica di San Pietro a Roma, vennero messe pubblicamente in vendita le indulgenze per il peccato, con l’autorizzazione del pontefice. Al prezzo del crimine e sulla pietra angolare della corruzione si voleva erigere un tempio per l’adorazione di Dio. Lo stesso espediente, di cui Roma si era servita per accrescere la sua potenza, assestò un colpo mortale alla sua grandezza. Fu così che si affermò il più deciso e vittorioso oppositore del papato ed ebbe origine la lotta che avrebbe scosso il trono pontificio e messo in pericolo la triplice corona che cingeva la fronte del papa.GC 105.3

    Jan Tetzel, incaricato della vendita delle indulgenze in Germania, si era macchiato dei peggiori delitti contro la società e contro la legge. Riuscendo a sottrarsi al castigo, che i suoi crimini meritavano, era stato invitato a diffondere i progetti mercenari e privi di scrupoli di Roma. Con grande sfrontatezza, Tetzel ripeteva le più audaci menzogne e narrava storie meravigliose per ingannare la gente ignorante, ingenua e superstiziosa. Se avessero avuto a disposizione la Parola di Dio, non si sarebbero lasciati ingannare. Purtroppo, però, la Bibbia era stata tolta al popolo per tenerlo sotto il dominio papale e accrescere, allo stesso tempo, la potenza e la ricchezza degli ambiziosi dignitari ecclesiastici.8Cfr. J.C.L. Gieseler, A Compendium of Ecclesiastical History, sez. 1, par. 5.GC 105.4

    Quando Tetzel entrava in una città, era preceduto da un messaggero che annunciava: “La grazia di Dio e del “Santo Padre” è alle vostre porte”.9J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 3, cap. 1. La gente accoglieva il bestemmiatore presuntuoso come se fosse stato Dio stesso sceso dal cielo. L’infame mercato si insediò in chiesa e Tetzel salito sul pulpito, presentò le indulgenze come il più prezioso dono di Dio. Egli dichiarava che in virtù dei certificati di perdono, tutti i peccati che l’acquirente avrebbe avuto l’intenzione di commettere gli sarebbero stati perdonati e che “non era necessario alcun pentimento”.10Ibidem Oltre a ciò, egli assicurava gli uditori che le indulgenze avevano il potere di salvare non solo i vivi, ma anche i morti. Aggiungeva che non appena la moneta toccava il fondo della cassa, l’anima, per la quale l’indulgenza era stata comperata, lasciava il purgatorio per salire in paradiso.11Cfr. K.R. Hagenbach, History of the Reformation, 1:96.GC 105.5

    Quando Simon Mago volle acquistare il potere di fare dei miracoli, Pietro gli rispose: “Vada il tuo danaro teco in perdizione, poiché hai stimato che il dono di Dio si acquisti con danaro”. Atti 8:20. Ma l’offerta di Tetzel venne accolta con entusiasmo da migliaia di persone e così oro e argento affluirono nelle casse della chiesa. Una salvezza che si poteva comperare con il denaro per molti era preferibile a quella che esigeva pentimento, fede e impegno costante per resistere al peccato e vincerlo.GC 106.1

    Nella chiesa di Roma, la dottrina delle indulgenze era stata combattuta da uomini dotti e pii e molti erano coloro che non credevano a una pretesa così contraria alla ragione e alla rivelazione. Nessun prelato aveva il coraggio di denunciare questo traffico, ma gli uomini erano turbati e si sentivano a disagio. Molti si chiedevano, ansiosi, se Dio si sarebbe servito di qualcuno per purificare la sua chiesa.GC 106.2

    Lutero, pur essendo ancora un fervente sostenitore del papa, provava orrore per la sfrontatezza blasfema dei mercanti di indulgenze. Molti della sua congregazione, che avevano comperato il certificato di perdono, andarono da lui confessando vari peccati e chiedendo l’assoluzione sulla base dell’indulgenza. Lutero rifiutò di assolverli e li avvertì che, se non si fossero pentiti e non avessero riformato la loro vita, sarebbero morti nei loro peccati. Perplessi, essi ritornarono da Tetzel lamentandosi perché il loro confessore aveva respinto il certificato di indulgenza e alcuni, addirittura, chiesero il rimborso del denaro pagato. Il frate, furibondo, si lasciò sfuggire le più terribili maledizioni, dichiarando di avere ricevuto dal papa “l’ordine di bruciare tutti gli eretici che avessero osato opporsi alle sue santissime indulgenze”.12J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 3, cap. 4.GC 106.3

    Lutero allora si presentò come difensore della verità. La sua voce risuonò dall’alto del pulpito pronunciando solenni avvertimenti. Egli illustrò al popolo il carattere odioso del peccato e affermò che era impossibile all’uomo riuscire, con le sue opere, a eliminare la propria colpa o a sottrarsi al castigo. Solo il pentimento e la fede in Gesù Cristo avrebbero potuto salvare il peccatore. Egli suggeriva ai fedeli di astenersi dall’acquisto delle indulgenze e li esortava a guardare con fede al Salvatore crocifisso. Narrò la sua dolorosa esperienza personale, la sua inutile ricerca della salvezza tramite l’umiliazione e la penitenza; assicurò gli uditori di avere trovato la pace e la gioia solo rivolgendosi a Gesù e confidando in lui.GC 106.4

    Poiché Tetzel continuava il suo traffico e insisteva con le sue malvagie pretese, Lutero decise di ricorrere a una protesta più efficace contro simili abusi. Poco tempo dopo gli si presentò un’occasione opportuna. La chiesa del castello di Wittenberg possedeva molte reliquie, che in determinati giorni di festa venivano esposte al pubblico. A tutti coloro che visitavano la chiesa, e si confessavano, era accordata la totale remissione dei peccati. In quelle ricorrenze la gente affluiva numerosa. Il giorno precedente la festa di Ognissanti (31 ottobre 1517, ndt), Lutero affisse sulla porta della chiesa un foglio contenente 95 tesi contro la dottrina delle indulgenze e si dichiarò pronto a difenderle l’indomani, all’università, contro chiunque avesse voluto attaccarle.GC 107.1

    Le tesi attrassero l’attenzione di tutti. Furono lette e rilette, ripetute in ogni direzione. In città e all’università si creò un’atmosfera di grande eccitazione. Con le tesi si dimostrava che la facoltà di accordare il perdono dei peccati e la remissione della pena non era mai stata data né al papa, né a qualsiasi altro uomo. L’intero sistema delle indulgenze non era che una farsa, un artificio inteso a estorcere denaro, facendo leva sulla superstizione della gente; un’astuzia di Satana per distruggere coloro che confidavano in quelle pretese bugiarde. Era anche dimostrato chiaramente che il Vangelo di Gesù è il più ricco tesoro della chiesa e che la grazia di Dio, in esso rivelata, viene gratuitamente accordata a chiunque la cerchi tramite il pentimento e la fede.GC 107.2

    Le tesi di Lutero invitavano alla riflessione, ma nessuno raccolse la sfida. Le domande che egli proponeva si diffusero, nel giro di pochi giorni, in tutta la Germania e in poche settimane in tutto il mondo cristiano. Molti devoti cattolici, che avevano visto prevalere il male nella chiesa e ne erano rimasti dispiaciuti, pur non sapendo che cosa fare per frenarne il progresso, lessero le tesi con gioia, riconoscendo in esse la voce di Dio. Si rendevano conto che il Signore era intervenuto per arrestare l’ondata di corruzione che minacciava di travolgere la chiesa. Prìncipi e magistrati si rallegravano segretamente che fosse stato posto un freno all’arrogante potere che negava il diritto di appello alle sue decisioni.GC 107.3

    Moltissimi, comunque, amando il peccato ed essendo vittime della superstizione, rimasero sgomenti quando furono messi in discussione i sofismi che avevano placato i loro timori. Astuti prelati, ostacolati nella loro opera che mirava a sanzionare il crimine, vedendo che i loro guadagni erano in pericolo, si irritarono e si sforzarono di difendere le loro pretese. Così il riformatore fu costretto ad affrontare oppositori accaniti. Alcuni lo accusavano di agire precipitosamente, mosso dall’impulso, altri di presunzione, affermando che egli non era guidato da Dio, ma dall’orgoglio e dalla sete di supremazia. “Tutti sapete” egli replicava “che un uomo raramente può sostenere una nuova idea, senza essere accusato di orgoglio e di voler suscitare delle polemiche. Perché Cristo e i martiri furono uccisi? Erano stati considerati presuntuosi, perché sostenevano idee nuove, contrarie alle conoscenze del loro tempo, senza essersi consigliati con gli esponenti della religione ufficiale”.13J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 3, cap. 6.GC 108.1

    Aggiungeva: “Qualunque cosa io faccia, la farò non secondo la prudenza degli uomini, ma secondo i consigli di Dio. Se l’opera è di Dio, chi potrà ostacolarla? Se non lo è, chi potrà farla progredire? Non la mia, non la loro, non la nostra, ma la tua volontà, Padre santo che sei nei cieli”.14IbidemGC 108.2

    Sebbene Lutero fosse stato ispirato dallo Spirito di Dio a iniziare la sua opera, avrebbe dovuto proseguirla affrontando dure lotte. L’opposizione dei nemici, le loro calunnie sul suo operato e sugli elementi che lo motivavano, si abbatterono su di lui come un diluvio e non mancarono di provocare degli effetti. Lutero pensava che i capi del popolo, nella chiesa e nelle scuole, si sarebbero uniti a lui nei suoi tentativi di riforma. Parole di incoraggiamento, da parte di quanti occupavano posizioni importanti, gli avevano dato gioia e speranza. Egli aveva previsto per la chiesa l’alba di un giorno più luminoso. Purtroppo, l’incoraggiamento mutò in rimprovero e in condanna. Molti dignitari della chiesa e dello stato erano convinti della correttezza delle sue tesi, ma non tardarono a rendersi conto che accettarle significava, virtualmente, una perdita di autorità da parte di Roma e quindi l’inaridimento di quelle fonti che alimentavano il suo tesoro. Ne sarebbe così derivata una sensibile diminuzione di quei vantaggi che permettevano ai capi della chiesa di sfoggiare stravaganza e lusso. Inoltre concedere al popolo la libertà di pensare e di agire come esseri responsabili, contando solo sul Cristo per la salvezza, significava rovesciare il trono papale e forse distruggere anche la loro autorità. Per questi motivi essi respinsero la conoscenza che veniva loro offerta da Dio e si schierarono contro il Cristo e contro la verità, opponendosi all’uomo a cui aveva affidato il suo messaggio.GC 108.3

    Lutero, pensando alla sua posizione tremava: un uomo che si opponeva alle potenze della terra! Talvolta lo assaliva il dubbio: era stato davvero inviato da Dio per opporsi all’autorità della chiesa? “Chi ero io” scriveva “per oppormi alla maestà del papa, davanti al quale... i re della terra e il mondo intero tremavano?... Nessuno può sapere quanto il mio cuore soffrì in quei primi due anni e in quale desolazione, oserei quasi dire disperazione, ero piombato”.15Ibidem Lutero, però, non si perse d’animo perché, quando venne a mancare l’appoggio umano, si rivolse a Dio con la certezza di potersi affidare fiducioso al suo braccio onnipotente.GC 109.1

    Lutero scrisse a un amico della Riforma: “Non possiamo pervenire alla comprensione della Scrittura con il semplice studio o con la sola intelligenza. Il tuo primo dovere è cominciare a pregare. Chiedi a Dio di accordarti, nella sua grande misericordia, la facoltà di capire la sua Parola. Non c’è altro interprete all’infuori del suo Autore. Egli stesso lo ha dichiarato: “Essi saranno tutti ammaestrati da Dio”. Non aspettarti nulla dai tuoi sforzi, dal tuo raziocinio, ma affidati completamente e unicamente a Dio e all’azione del suo Spirito. Credi alla parola di un uomo che ne ha fatta l’esperienza”.16J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 3, cap. 7. Ecco una lezione di vitale importanza per chi si sente chiamato a presentare agli altri le solenni verità relative al nostro tempo. Queste verità provocheranno l’ostilità di Satana e degli uomini che preferiscono le sue menzogne. Nella lotta contro le potenze del male non sono sufficienti l’intelligenza e la sapienza umana.GC 109.2

    Quando i nemici facevano appello alle consuetudini, alla tradizione, oppure alle affermazioni e all’autorità del papa, Lutero li affrontava con la Bibbia. In essa vi erano argomentazioni alle quali non potevano replicare. Gli schiavi del formalismo e delle superstizioni chiesero la sua morte, come i giudei avevano chiesto il sangue del Cristo. “È un eretico!” gridavano gli zeloti romani. “È alto tradimento nei confronti della chiesa lasciare che un simile eretico viva un’ora di più. Che si innalzi subito il patibolo!”17J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 3, cap. 9. Lutero, però, non fu vittima del loro furore: Dio aveva previsto che egli realizzasse un’opera importante e gli angeli del cielo furono inviati a proteggerlo. Molti, però, che avevano accettato il suo prezioso messaggio furono oggetto dell’ira di Satana e per amore della verità affrontarono coraggiosamente la tortura e la morte.GC 109.3

    Gli insegnamenti di Lutero richiamarono in tutta la Germania l’attenzione di uomini sensibili e intelligenti. Dai suoi sermoni e dai suoi scritti scaturivano messaggi che risvegliavano e illuminavano migliaia di persone. Una fede vivente sostituiva l’arido formalismo in cui la chiesa era stata tenuta per così tanto tempo. La gente ogni giorno perdeva fiducia nelle superstizioni del papa e crollavano, a una a una, le barriere del pregiudizio. La Parola di Dio, con la quale Lutero affrontava ogni dottrina e ogni pretesa della chiesa, era simile a una spada a due tagli che penetrava nel cuore del popolo. Ovunque si notavano il risveglio e il desiderio di progresso spirituale e si manifestavano fame e sete di giustizia, fenomeni che non si erano più verificati da secoli. La gente, che per tanto tempo si era rivolta a riti umani e a mediatori terreni, ora si volgeva con fede e pentimento al Cristo.GC 109.4

    Questo interesse dilagante contribuì ad accrescere i timori delle autorità papali. Lutero fu invitato a presentarsi a Roma per rispondere dell’accusa di eresia. L’ordine riempì di sgomento i suoi amici, i quali sapevano molto bene di quale pericolo fosse minacciato in quella città, già ebbra del sangue dei martiri di Gesù. Essi protestarono contro tale ordine e chiesero che Lutero venisse giudicato in Germania.GC 110.1

    L’accordo fu raggiunto e il papa nominò un suo legato perché si occupasse del caso. Nelle direttive impartite dal pontefice, il legato fu avvertito che Lutero era già stato dichiarato eretico e fu invitato a “procedere e costringere senza tardare”. Qualora Lutero fosse rimasto sulle sue posizioni, il legato, se non fosse riuscito a impadronirsi di lui, aveva ampia facoltà di “dichiararlo proscritto in ogni parte della Germania e di esiliare, maledicendo e scomunicando, chiunque si fosse unito a lui”.18J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 4, cap. 2. Oltre a ciò il papa suggerì al legato, nell’intento di estirpare l’eresia, di scomunicare tutti coloro che, indipendentemente dall’incarico rivestito, ed eccezion fatta per l’imperatore, si fossero rifiutati di arrestare Lutero e i suoi seguaci, per consegnarli alla vendetta di Roma.GC 110.2

    Ecco come si manifestò il vero spirito del papato. Nessuna traccia di princìpi cristiani o di comune giustizia si può trovare in tutto il documento. Lutero abitava molto lontano da Roma e non aveva nessuna possibilità di spiegare o di difendere la sua posizione; eppure, ancor prima che il suo caso fosse preso in considerazione, egli era stato dichiarato eretico e nello stesso giorno esortato, accusato, giudicato e condannato. Tutto questo per opera del “santo padre”, dell’unica autorità suprema e infallibile nella chiesa e nello stato!GC 110.3

    Fu allora, quando cioè Lutero sentiva un vivo bisogno di simpatia e di consigli, che Dio inviò Melantone a Wittenberg. Giovane, modesto, cauto, ma sicuro del suo giudizio, in possesso di una vasta cultura, ricco di un’eloquenza trascinatrice, il tutto unito alla purezza e alla rettitudine del carattere, Melantone seppe conquistarsi la stima e l’ammirazione generali. La ricchezza dei suoi talenti non era meno importante della bontà del suo animo. Egli divenne ben presto fervente discepolo del Vangelo, fedele amico di Lutero e suo sostenitore. La sua gentilezza, la sua prudenza e il suo tatto completavano adeguatamente il coraggio e l’energia di Lutero. La loro unione rafforzò l’opera della Riforma e per Lutero fu fonte di grande incoraggiamento.GC 110.4

    La città di Augusta era stata designata come sede dell’incontro. Il riformatore si mise in viaggio, a piedi, per raggiungere questa località. Seri timori venivano espressi per la sua incolumità. Infatti, era stato detto apertamente che sarebbe stato catturato e ucciso durante il viaggio. I suoi amici lo scongiurarono di non affrontare un’avventura così rischiosa e giunsero perfino a suggerirgli di abbandonare Wittenberg per un po’ di tempo e di rifugiarsi presso chi, con gioia, gli avrebbe offerto un asilo sicuro. Egli, però, non intendeva abbandonare il posto assegnatogli da Dio: sentiva di dover sostenere fedelmente la verità, nonostante le avversità che lo minacciavano. Diceva: “Io sono come Geremia: uomo di lotte e di discordie, ma più aumentano le minacce, più aumenta la mia gioia... Essi hanno distrutto il mio onore e la mia reputazione. Rimane solo questo mio povero corpo. Se lo prendano! Abbrevieranno la mia vita di poche ore. Però, quanto all’anima, essi non possono prenderla. Chi vuole proclamare al mondo la verità del Cristo deve aspettarsi la morte a ogni istante”.19J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 4, cap. 4.GC 111.1

    La notizia dell’arrivo di Lutero ad Augusta riempì di soddisfazione il legato pontificio. Il “turbolento eretico”, che attirava sempre più l’attenzione del mondo, ora sembrava in balia di Roma. Il legato decise di non lasciarselo sfuggire. Il riformatore non aveva un salvacondotto e i suoi amici lo avevano esortato a non presentarsi davanti al legato senza questo documento. Si erano anzi impegnati per procurargliene uno rilasciato dall’imperatore. Il legato intendeva costringere Lutero a ritrattare e, qualora non vi fosse riuscito, mandarlo a Roma dove avrebbe condiviso la sorte di Hus e di Gerolamo. Per questo, tramite i suoi agenti, cercava di indurre Lutero a presentarsi a lui senza salvacondotto, affidandosi alla sua misericordia. Il riformatore rifiutò energicamente di accettare tale richiesta e si presentò all’ambasciatore papale solo dopo aver ricevuto il documento che gli garantiva la protezione dell’imperatore.GC 111.2

    Con un abile mossa politica, i partigiani del papa avevano deciso di conquistare Lutero con un’apparente benevolenza. Il legato, nel colloquio che ebbe con lui, si dimostrò amabile, ma invitò Lutero a sottomettersi implicitamente all’autorità della chiesa e a rinunciare senza discutere, alle proprie idee. Egli non aveva valutato correttamente il carattere dell’uomo che aveva davanti. Lutero, rispondendo, espresse il proprio rispetto per la chiesa, il proprio desiderio di verità, la propria prontezza a replicare a tutte le obiezioni relative al suo insegnamento e si dichiarò pronto a sottoporre le proprie dottrine alla decisione delle università più importanti. Però, allo stesso tempo, protestò contro l’invito del cardinale che gli chiedeva di ritrattare, senza dimostrargli quale fosse il suo errore.GC 111.3

    La risposta fu: “Ritratta! Ritratta!” Il riformatore dimostrò come la sua posizione fosse sostenuta dalle Scritture e dichiarò con fermezza che non avrebbe mai rinunciato alla verità. Il legato, incapace di controbattere alle argomentazioni di Lutero, lo investì con una valanga di rimproveri, di sarcasmi e di lusinghe, inserendo qua e là citazioni tratte dalla tradizione dei padri e senza dare mai la parola al riformatore. Lutero, visto che la conversazione era del tutto inutile, chiese e ottenne, sia pure con riluttanza, di poter rispondere per iscritto.GC 112.1

    “In questo modo” egli scrisse a un amico “chi è oppresso ha un duplice vantaggio: in primo luogo, quello che è scritto può essere sottoposto al giudizio altrui; inoltre, si ha una migliore possibilità di agire sui timori, se non sulla coscienza, di un despota arrogante e prolisso che, diversamente, finirebbe per avere il sopravvento con il suo tono minaccioso”.20C.W. Martyn, The Life and Times of Luther, 271, 272.GC 112.2

    In occasione del colloquio successivo, Lutero presentò un’esposizione chiara, concisa e convincente delle proprie idee, accompagnata da numerose e adeguate citazioni bibliche. Dopo averla letta ad alta voce, la consegnò al cardinale che, con un gesto di disprezzo, la mise da parte e disse che si trattava solo di una serie di parole oziose e di citazioni senza importanza. A questo punto, Lutero affrontò l’altezzoso prelato sul suo stesso terreno, tradizioni e insegnamenti della chiesa, confutando tutte le sue affermazioni.GC 112.3

    Quando il legato si rese conto che il ragionamento di Lutero non poteva essere confutato, perse il controllo e gridò furibondo: “Ritratta o ti manderò a Roma per comparire davanti ai giudici incaricati di esaminare il tuo caso! Io scomunicherò te, i tuoi sostenitori e tutti coloro che vorranno sostenerti e li caccerò dalla chiesa!” Poi, con tono altezzoso e collerico aggiunse: “Ritratta o non ripresentarti mai più davanti a me”.21J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 4, cap. 8.GC 112.4

    Il riformatore si ritirò, accompagnato dai suoi amici, facendo chiaramente comprendere che da lui non ci si doveva aspettare alcuna ritrattazione. Questo, però, non era quello che si era ripromesso il cardinale. Il legato si era illuso di riuscire, con la violenza, a indurre Lutero a sottomettersi. Rimasto solo con i suoi collaboratori, li guardò uno a uno, deluso e contrariato dall’inattesa conclusione.GC 112.5

    Gli sforzi fatti da Lutero in quell’occasione non rimasero senza risultato. I numerosi presenti avevano avuto modo di confrontare i due uomini e di giudicare personalmente lo spirito da essi manifestato, come anche di valutare la forza e la veracità delle rispettive posizioni. Quale contrasto! Il riformatore, semplice, umile, impavido, si presentava sostenuto dalla potenza di Dio, con la verità dalla sua parte. Il rappresentante del papa, orgoglioso, ambizioso, intrattabile e privo di qualsiasi argomentazione scritturale, gridava: “Ritratta! O sarai inviato a Roma per esservi giustiziato”.GC 113.1

    Nonostante Lutero fosse munito di un regolare salvacondotto, i partigiani del papa complottavano per arrestarlo e chiuderlo in carcere. Gli amici del riformatore insistevano che era inutile prolungare il soggiorno ed era meglio per lui rientrare a Wittenberg senza indugiare, dopo aver preso le necessarie precauzioni per nascondere i propri spostamenti. Egli, allora, lasciò Augusta prima dell’alba, a cavallo, accompagnato solo da una guida fornitagli dal magistrato. Con tristi presentimenti, percorse in silenzio, per non richiamare l’attenzione dei nemici che vigilanti e crudeli complottavano per la sua morte, le oscure e strette vie della città. Sarebbe riuscito a sottrarsi alle insidie che lo minacciavano? Quelli furono momenti di angoscia e preghiere ferventi. Finalmente giunse a una piccola porta che si apriva nel muro che cingeva la città. Essa venne aperta e una volta fuori i due si affrettarono ad allontanarsi, prima che il legato fosse messo al corrente dell’accaduto. Quando egli seppe della fuga, Lutero e la sua guida erano ormai fuori tiro. Satana e i suoi complici erano stati sconfitti: l’uomo che volevano far prigioniero era partito, sottraendosi come “un uccello, al laccio dell’uccellatore”. All’annuncio della scomparsa di Lutero, il legato rimase sorpreso e si abbandonò a un eccesso di collera. Egli sperava di ricevere grandi elogi per la saggezza e la fermezza dimostrate nel trattare con questo elemento “disturbatore” della chiesa. Purtroppo le sue speranze erano svanite. In una lettera a Federico, elettore di Sassonia, egli manifestò la propria contrarietà, denunciando con odio Lutero e invitando Federico a mandare il riformatore a Roma, oppure a bandirlo dalla Sassonia.GC 113.2

    A sua difesa, Lutero chiese che il legato, oppure il papa, dimostrasse con la Bibbia quali fossero i suoi errori e si impegnò solennemente a rinunciare alle proprie dottrine qualora esse fossero risultate in contrasto con la Parola di Dio. Inoltre, egli espresse la propria gratitudine al Signore che lo aveva considerato degno di soffrire per una causa così santa.GC 113.3

    L’elettore possedeva solo una parziale conoscenza delle dottrine del riformatore, ma era rimasto profondamente impressionato dal candore, dalla forza e dalla chiarezza delle parole di Lutero. Fintanto che il riformatore non fosse stato convinto dei suoi errori, Federico era deciso a proteggerlo. In risposta alla richiesta del legato, scrisse: “Poiché Martin Lutero si è presentato ad Augusta, lei dovrebbe esserne soddisfatto. Non ci aspettavamo che si sarebbe impegnato per indurlo a ritrattare, senza prima averlo convinto dei suoi errori. Nessuno dei dotti del nostro principato mi ha informato che la dottrina di Martin Lutero sia empia, anticristiana o eretica”. Così, il principe rifiutò di inviare Lutero a Roma o di espellerlo dai suoi stati.22J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 4, cap. 10.GC 114.1

    L’elettore aveva notato la generale rilassatezza esistente nel campo della moralità sociale e si era reso conto della necessità di un’opera di riforma. I complicati e dispendiosi provvedimenti presi per reprimere e per punire le azioni illegali sarebbero risultati inutili se gli uomini non si fossero decisi a riconoscere e a rispettare le esigenze divine e i dettami di una coscienza illuminata. Egli vide che Lutero voleva attuare tale obiettivo e, segretamente, si rallegrava che nella chiesa fosse penetrata e operasse una ventata di miglioramento.GC 114.2

    Si convinse, inoltre, che Lutero fosse un ottimo professore universitario. Era trascorso solo un anno da quando il riformatore aveva affisso le tesi sulla porta della chiesa del castello e già si notava una forte diminuzione del numero di pellegrini che per la festa di Ognissanti visitavano quella chiesa. Roma veniva privata di adoratori e di offerte, sostituita da un’altra categoria di persone: a Wittenberg non giungevano pellegrini che adoravano le reliquie, ma studenti che affollavano le aule universitarie. Gli scritti di Lutero avevano suscitato ovunque un nuovo interesse per le Sacre Scritture e così gli studenti affluivano a quell’università non solo dalla Germania, ma da altre nazioni. Dei giovani, arrivando per la prima volta in vista di Wittenberg, “alzavano le braccia al cielo e lodavano Dio che aveva fatto risplendere da quella città, come anticamente da Sion, la luce della verità, luce che doveva estendersi alle regioni più remote”.23Ibidem.GC 114.3

    Intanto Lutero si era solo parzialmente convertito dagli errori del papato. Comunque, confrontando le Scritture con i decreti e i dogmi papali, rimaneva stupito. “Io leggo” scriveva “i decreti dei pontefici e... non so se il papa è l’anticristo stesso o il suo apostolo, tanto in essi il Cristo viene travisato e crocifisso”.24J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 5, cap. 1. Lutero era sempre un sostenitore della chiesa di Roma e neppure lontanamente immaginava di doversene separare.GC 114.4

    Gli scritti del riformatore e le sue dottrine si diffondevano in ogni nazione del mondo cristiano. L’opera si propagava in Olanda e in Svizzera. Copie dei suoi scritti raggiunsero la Francia e la Spagna. In Inghilterra, i suoi insegnamenti furono accolti come parole di vita. Il messaggio si diffuse anche in Belgio e in Italia. Migliaia di persone si scuotevano dal loro torpore mortale e aprivano gli occhi alla gioia e alla speranza di una vita di fede.GC 115.1

    Roma si preoccupava sempre più degli attacchi di Lutero e alcuni fanatici avversari del riformatore, come anche professori di università cattoliche, affermarono che chi avesse ucciso il monaco ribelle non avrebbe commesso peccato. Un giorno uno sconosciuto, con una pistola nascosta sotto il mantello, si avvicinò a Lutero e gli chiese perché andasse in giro da solo. “Io sono nelle mani di Dio” fu la risposta. “Egli è la mia forza e il mio scudo. Che cosa può farmi l’uomo?”25J.H. Merle d’Aubigné, op. cit., vol. 6, cap. 2. A queste parole l’uomo impallidì e fuggì come se si fosse trovato in presenza degli angeli del cielo.GC 115.2

    Roma pensava a eliminare Lutero, ma Dio lo difendeva. Le sue dottrine echeggiavano ovunque “nelle case di campagna, nei conventi... nei castelli dei nobili, nelle università e perfino nei palazzi dei re. Ovunque, nobiluomini si schieravano come suoi difensori per sostenerlo nella sua opera”.26Ibidem.GC 115.3

    Fu in quell’epoca che Lutero, leggendo le opere di Hus, si rese conto che la grande verità della giustificazione per fede, che voleva sostenere e proclamare, era già nota al riformatore boemo. “Noi siamo tutti: Paolo, Agostino e io stesso, degli hussiti senza saperlo... Certo Dio ricorderà al mondo che tale verità è stata predicata un secolo fa ed è stata bruciata”.27J.A. Wylie, The History of Protestantism, vol. 6, cap. 1.GC 115.4

    In un appello rivolto all’imperatore e alla nobiltà tedesca, in favore della Riforma del cristianesimo, Lutero scrisse nei confronti del papa: “È triste vedere l’uomo che si definisce vicario del Cristo fare sfoggio di un fasto che nessun imperatore può uguagliare. Egli è simile al povero Gesù e all’umile Pietro? Dicono che egli sia il signore del mondo!GC 115.5

    Ma il Cristo, del quale egli si vanta di essere il vicario ha detto: “Il mio regno non è di questo mondo!” Possono i domini di un vicario oltrepassare quelli del suo superiore?”28J.A. Wylie, op. cit., vol. 6, cap. 3.GC 115.6

    A proposito delle università egli scrisse: “Io temo che se le università non si impegnano a spiegare le Sacre Scritture e a imprimerle nel cuore dei giovani, finiranno per diventare le porte dell’inferno. Sconsiglio di iscrivere i figli in scuole nelle quali lo studio della Scrittura non ha il primo posto. Ogni istituzione dove non si consulta sempre la Parola di Dio, si corrompe”.29Ibidem.GC 115.7

    Questo appello si diffuse rapidamente in tutta la Germania e colpì l’opinione pubblica. Tutta la nazione fu scossa e molti si schierarono in favore della Riforma.GC 116.1

    I nemici di Lutero, assetati di vendetta, insistettero presso il papa perché adottasse misure energiche nei suoi confronti. Fu decretato, allora, che le dottrine luterane venissero immediatamente condannate. Al riformatore e ai suoi seguaci furono concessi sessanta giorni di tempo per ritrattare. Trascorso tale termine essi, qualora avessero rifiutato di abiurare sarebbero stati scomunicati.GC 116.2

    Per la Riforma si trattava di un periodo particolarmente critico. Per secoli, la scomunica da parte di Roma aveva suscitato il terrore dei monarchi e riempito di sgomento e di desolazione potenti imperi. Coloro sui quali si abbatteva la condanna venivano universalmente guardati con paura e orrore, abbandonati da tutti, considerati dei fuorilegge, votati allo sterminio. Lutero era consapevole della tempesta che stava per esplodere, però rimase saldo nelle sue posizioni, confidando in Cristo, suo sostegno e suo aiuto. “Io non so quello che accadrà, né mi preoccupo di saperlo... Il fulmine si abbatta dove vuole: io non ho paura. Siccome si dice che non cade foglia che Dio non voglia, è certo che egli avrà cura di noi. Morire per la Parola è una bella esperienza, perché la Parola che si è fatta carne ha subito anch’essa la morte. Se noi moriamo con lui, potremo anche vivere con lui. Facendo il suo stesso percorso, ci ritroveremo insieme e vivremo per sempre con lui”.30J.A. Wylie, op. cit., vol. 6, capp. 9, 3.GC 116.3

    Quando Lutero ricevette la bolla papale esclamò: “Io la disprezzo e la combatto perché empia e falsa... Cristo stesso vi è condannato. Sono contento di dover sopportare queste difficoltà per una grande causa. Sento già nel mio cuore una maggiore libertà perché finalmente so che il papa è l’anticristo e che il suo trono è il trono di Satana”.31Ibidem.GC 116.4

    Il documento papale produsse i suoi effetti. Il carcere, la tortura e la spada erano armi potenti, capaci di ridurre all’ubbidienza. I deboli e i superstiziosi tremavano per questo decreto e molti, pur simpatizzando per Lutero, non erano disposti a rischiare la propria vita per la causa della Riforma. Apparentemente l’opera del riformatore sembrava conclusa.GC 116.5

    Lutero, coraggiosamente, non cambiò posizione. Roma aveva scagliato contro di lui i suoi anatemi e il mondo stava a guardare, nella certezza che si sarebbe adeguato o sarebbe morto. Invece, contrariamente a ogni previsione, Lutero riuscì a fare in modo che la sentenza di condanna si ritorcesse contro chi l’aveva emessa e affermò pubblicamente la propria decisione di abbandonare Roma per sempre. In presenza di una folla di studenti, professori e cittadini di ogni ceto, bruciò la bolla papale, copie delle leggi del diritto canonico, dei decreti e di altri scritti che attestavano l’autorità del papa. “I miei nemici, bruciando i miei libri” disse “sono riusciti a offendere la verità e, turbando la mente, a distruggere lo spirito. Per questo motivo, io a mia volta, distruggo i loro libri. Ora comincia una grande lotta; finora ho solo scherzato con il papa. Ho iniziato quest’opera nel nome di Dio ed essa proseguirà, anche senza di me, con la sua potenza”.32J.A. Wylie, op. cit., vol. 6, cap. 10.GC 116.6

    Alle accuse dei nemici che sottolineavano la debolezza della sua causa, Lutero rispose: “Chissà se Dio non ha scelto e chiamato proprio me, e se essi, disprezzandomi, non disprezzano Dio stesso? Mosè era solo quando lasciò l’Egitto; Elia era solo al tempo del re Acab; Isaia era solo a Gerusalemme ed Ezechiele in Babilonia... Dio non ha mai scelto come profeta un sommo sacerdote o qualche altro grande personaggio. Generalmente ha scelto uomini umili e disprezzati, ha perfino scelto Amos, un mandriano. In ogni tempo i santi hanno dovuto rimproverare i grandi: re, prìncipi, sacerdoti, a rischio della propria vita... Io non dico di essere un profeta, però affermo che essi devono temere proprio perché mentre io sono solo, essi sono tanti. Di una cosa sono certo: la Parola di Dio è con me e non con loro”.33Ibidem.GC 117.1

    Comunque, solo dopo una tremenda lotta con se stesso, Lutero si decise a separarsi dalla chiesa. A quell’epoca egli scrisse: “Sento ogni giorno di più quanto sia difficile liberarsi da quegli scrupoli che ci sono stati inculcati fin dall’infanzia. Quanto dolore ho provato, nonostante avessi il sostegno delle Scritture, nel dover prendere posizione contro il papa e denunciarlo come l’anticristo! Quale angoscia ho provato! Quante volte mi sono chiesto, con amarezza, quello che così spesso ritorna sulle labbra dei sostenitori del papa: “Solo tu sei saggio? È possibile che tutti gli altri si siano sbagliati? Che ne sarebbe di te se risultasse che ti stai sbagliando e che con questo tuo errore trascini tanti uomini che saranno eternamente dannati?” È così che io ho combattuto con me stesso e con Satana fino a quando il Cristo, con la sua infallibile Parola, non ha fortificato il mio cuore per risolvere questi dubbi”.34C.W. Martyn, op. cit., 372, 373.GC 117.2

    Il papa aveva minacciato Lutero di scomunica se non avesse ritrattato. La minaccia si concretizzò: fu emanata una bolla che dichiarava Lutero separato dalla chiesa di Roma e maledetto da Dio. Nella stessa condanna erano inclusi tutti coloro che avessero accettato le sue dottrine. Era iniziata la grande battaglia. L’opposizione è la sorte di tutti coloro di cui Dio si serve per presentare la verità alla loro generazione. Ai tempi di Lutero vi era una verità presente che rivestiva un’importanza particolare. Anche oggi viene rivolto alla chiesa un messaggio speciale. Colui che guida il mondo secondo la sua volontà, ha pensato di chiamare gli uomini in varie occasioni per affidare loro un messaggio speciale per il tempo nel quale vivono e adatto alle condizioni in cui si trovano. Se apprezzeranno il messaggio ricevuto, essi vedranno aprirsi davanti a loro ampi orizzonti. Purtroppo, però, la verità oggi non è apprezzata più di quanto lo fosse dai sostenitori del papa che si opponevano a Lutero. Attualmente, come nel passato, esiste la stessa tendenza ad accettare le teorie e le tradizioni umane al posto della Parola di Dio. Oggi, coloro che proclamano la verità, non dovrebbero aspettarsi di essere accolti più favorevolmente dei primi riformatori. Il grande conflitto fra la verità e l’errore, fra il Messia e Satana, andrà aumentando di intensità fino alla fine della storia di questo mondo.GC 117.3

    Gesù disse ai suoi discepoli: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel ch’è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo. Ricordatevi della parola che v’ho detta: Il servitore non è da più del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”. Giovanni 15:19, 20. In un’altra occasione il Maestro disse: “Guai a voi quando tutti gli uomini diran bene di voi, perché i padri loro facean lo stesso coi falsi profeti”. Luca 6:26. Lo spirito del mondo oggi non è in armonia con lo Spirito del Cristo più di quanto lo fosse allora. Coloro che annunciano la Parola di Dio in tutta la sua purezza, non saranno accolti più favorevolmente di un tempo. Le forme dell’opposizione alla verità possono cambiare e forse sembrare meno evidenti, perché più sottili, ma lo stesso antagonismo esiste sempre e si manifesterà fino alla fine dei tempi.GC 118.1

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