Capitolo 11: Un appello
Che cosa posso dirvi, fratelli miei, perché vi destiate dalla vostra carnale sicurezza? Mi sono stati mostrati i vostri pericoli. Nella chiesa vi sono credenti e increduli. Cristo rappresenta queste due categorie nella sua parabola della vite e dei tralci. Egli così esorta i suoi seguaci: “Dimorate in me e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla”. Giovanni 15:4, 5.TT2 48.1
C’è grande differenza fra presunta unione con Cristo e intimo rapporto con lui, mediante la fede. La professione della verità introduce gli uomini nella chiesa, ma ciò non dimostra che essi abbiano una connessione vitale con la Vite vivente. E’ stata data una regola per distinguere il vero discepolo da chi dice di seguire Cristo, ma non ha fede in lui. La prima categoria produce frutto, mentre la seconda è sterile. La prima viene spesso rimondata dal falcetto divino affinché dia più frutto; la seconda, al pari dei rami secchi, viene staccata dalla vite vivente.TT2 48.2
Desidero sinceramente che i nostri fratelli e le nostre sorelle siano dei testimoni viventi, e che la chiesa si conservi pura dall’elemento miscredente. Possiamo concepire una più stretta relazione con Cristo di quella indicata dall’espressione: “Io sono la Vite, voi siete i tralci”? Le fibre del tralcio sono quasi identiche a quelle della vite. La vita, l’energia e la fertilità passano dalla vite ai tralci. La radice manda il suo nutrimento al tralcio. Tale è il rapporto del vero credente con Cristo.TT2 48.3
Questa relazione spirituale può stabilirsi solo attraverso l’esercizio di una fede personale. Questa fede, da parte nostra, deve esprimere una preferenza suprema, una fiducia perfetta, un’intera consacrazione. La nostra volontà deve arrendersi completamente al volere divino; i nostri sentimenti, le nostre aspirazioni, i nostri interessi, il nostro onore debbono identificarsi con la prosperità del regno di Cristo e con l’onore della sua causa. Dobbiamo ricevere ininterrottamente la sua grazia e manifestargli la nostra gratitudine.TT2 48.4
Quando questa intimità di rapporti e di comunione è stabilita, i nostri peccati vengono deposti su Cristo e la sua giustizia ci viene imputata. Egli si è fatto peccato per noi affinché noi fossimo fatti giustizia in lui. Noi abbiamo accesso a Dio per mezzo di lui e siamo accettati nel suo Diletto. Chiunque, con le parole o con i fatti offenda un credente, ferisce Gesù. Chiunque offre un bicchiere d’acqua fresca a un discepolo, per il fatto che questo è un figlio di Dio, sarà ricompensato da Cristo come se lo avesse offerto a lui.TT2 48.5
Quando Cristo stava per accomiatarsi dai suoi discepoli, diede loro l’appropriato emblema della sua relazione con i credenti. Egli aveva già parlato della loro intima unione con lui mediante la quale essi avrebbero potuto conservare la vita spirituale quando sarebbe stata loro tolta la sua presenza visibile. Per meglio imprimere tale idea nella loro mente, Egli ricorse alla vite come simbolo più adatto ed efficace.TT2 48.6
Gli ebrei avevano sempre considerato la vite come la pianta più nobile, tipo di tutto quello che era forte, eccellente e fertile. “La vite — sembrava dire il Signore — che voi apprezzate tanto è un simbolo: Io sono la realtà. Io sono la vera vite. Voi, come nazione, stimate la vite; come peccatori dovreste stimare me al disopra di tutte le cose terrene. Il tralcio non può vivere separato dalla vite; neanche voi potete vivere se non dimorate in me”.TT2 49.1