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Parole di vita

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    Capitolo 13: Un segno di vera grandezza

    Il Salvatore applicò la parabola del Fariseo e del pubblicano a “certuni che confidavano in se stessi di esser giusti e disprezzavano gli altri”. Luca 18:9.11. Fariseo sale al tempio ad adorare, non perché si senta peccatore o creda di aver bisogno di perdono, bensì perché si ritiene giusto e spera di averne lode. Egli considera il suo culto un atto meritorio che lo raccomanda a Dio e nello stesso tempo suscita negli altri un’alta opinione della sua religiosità. Così spera di assicurarsi il favore di Dio e degli uomini. La sua adorazione è ispirata fondamentalmente dall’interesse personale.PV 98.1

    Profondamente pieno di sé, lo dimostra nello sguardo, nel contegno e nella preghiera. Appartandosi dagli altri, come per dire “Fatti in là, non t’accostare perch’io son più santo dite” (Isaia 65:5), se ne sta in piedi a pregare “dentro di sé”. Totalmente soddisfatto della propria persona, pensa che anche Dio e gli uomini lo guardino con il medesimo compiacimento.PV 98.2

    “O Dio”, dice, “ti ringrazio ch’io non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri; né pure come quel pubblicano”. Confronta il suo carattere non con quello santo di Dio, ma con quello degli uomini, e rivolge il pensiero da Dio agli uomini, trovando in questo motivo di profonda soddisfazione personale.PV 98.3

    Poi fa l’elenco delle sue opere buone: “Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quel che posseggo”. La sua religione non tocca l’anima e lui personalmente non cerca neanche di conformare il proprio carattere a quello divino né il suo cuore trabocca di carità o misericordia. Gli basta una religiosità che non vada oltre l’apparenza; si attribuisce la sua giustizia da solo — giustizia che per lui consiste nel frutto delle sue buone azioni — e la giudica secondo norme umane.PV 98.4

    Chiunque s’illude di essere giusto finisce per disprezzare il prossimo. Come il Fariseo giudica se stesso paragonandosi agli uomini, giudica gli altri col proprio metro. Raffronta la sua giustizia alla loro e quanto più li vede malvagi tanto migliore appare per contrasto. La sua presunta giustizia l’induce ad accusare “gli altri uomini” di trasgredire la legge divina e a manifestare lo stesso spirito di Satana, l’accusatore dei fratelli. Questo atteggiamento gli impedisce assolutamente di entrare in comunione con Dio e così egli ritorna a casa privo della benedizione divina.PV 98.5

    Il pubblicano era andato al tempio insieme ad altri adoratori, ma si era ben presto ritirato da loro sentendosi indegno di associarsi alle loro devozioni. “Stando da lungi, non ardiva neppure alzar gli occhi al cielo; ma si batteva il petto” pieno di angoscia e di disprezzo di sé, consapevole di aver peccato contro Dio e di essere indegno e corrotto. Non poteva aspettarsi pietà nemmeno da quanti gli stavano intorno, perché lo guardavano con disprezzo. Sapendo di non aver alcun merito da presentare a Dio, esclamò disperato: “O Dio, sii placato verso me peccatore!” Non si paragonava agli altri. Sopraffatto dal senso di colpa, e come trovandosi solo alla presenza di Dio, desiderava soltanto pace e perdono, non implorava che la misericordia celeste. E fu benedetto, perché Cristo infatti concluse: “Io vi dico che questi scese a casa sua giustificato, piuttosto che quell’altro”. Luca 18:14.PV 99.1

    Il Fariseo ed il pubblicano rappresentano due classi di adoratori i cui antenati sono i primi due figli nati sulla terra. Caino, ritenendosi giusto, si presentò dinanzi a Dio con una semplice offerta di ringraziamento, non confessò i suoi peccati né riconobbe di aver bisogno della misericordia divina. Abele offri invece il sangue che rappresentava quello dell’Agnello di Dio, si presentò da peccatore, riconoscendo di essere perduto e riponendo la sua unica speranza nell’immeritato amore divino. Il Signore accettò il suo sacrificio, mentre respinse Caino e la sua offerta. Sentire la propria nullità e riconoscere la propria miseria ed il proprio peccato costituiscono la prima condizione per essere accettati da Dio: “Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno de’ cieli”. Matteo 5:3.PV 99.2

    La storia dell’apostolo Pietro riflette la differenza fra i due gruppi qui rappresentati dal pubblicano e dal Fariseo. Nei suoi primi anni di discepolato egli si riteneva forte, come il Fariseo credeva di non essere “come gli altri uomini”. Quando Cristo, la sera prima di essere tradito, ammonì i discepoli dicendo: “Voi tutti sarete scandalizzati”, Pietro replicò fiduciosamente: “Quand’anche tutti fossero scandalizzati, io però non lo sarò”. Marco 14:27, 29. Non si rendeva conto del pericolo che correva e la fiducia in se stesso lo portò fuori strada. Era convinto di saper resistere alla tentazione, ma quando qualche ora dopo arrivò la prova, rinnegò il suo Signore con giuramenti e imprecazioni.PV 99.3

    Allorché il canto del gallo gli fece ricordare le parole di Cristo, sorpreso e sconvolto da quello che aveva appena fatto, si voltò, scorgendo il suo Maestro. Anche Gesù lo stava guardando e, in quello sguardo in cui si leggeva la compassione e l’amore per lui, Pietro riconobbe finalmente se stesso. Usci piangendo sconsolatamente: quello sguardo di Cristo gli aveva trafitto il cuore. In quel momento si trovava ad una svolta della sua vita e si pentì amaramente del suo peccato. Contrito e penitente come il pubblicano, anche lui ottenne misericordia. Lo sguardo di Cristo gli aveva assicurato il perdono.PV 100.1

    Ora la fiducia nelle proprie capacità era finita e mai più Pietro si sarebbe vantato come prima.PV 100.2

    Dopo la resurrezione Cristo lo mise alla prova per tre volte: “Simon di Giovanni, m’ami tu più di questi?”, gli chiese. Lungi dal ritenersi migliore degli altri, Pietro si appellò a colui che sa leggere nei cuori: “Signore”, rispose, “tu sai ogni cosa; tu conosci che io t’amo”. Giovanni 21:15, 17.PV 100.3

    Gli fu affidata allora la sua missione, più ampia e difficile di tutte quelle disimpegnate finora: pascere le pecore e gli agnelli per cui il Signore aveva subito la morte. Con questo incarico Cristo diede a Pietro la dimostrazione più evidente della fiducia che nutriva nella sua riabilitazione. Il discepolo focoso, millantatore e pieno di sé ora era contrito e sottomesso. Da quel momento in poi seguì il Maestro nella via della rinuncia e del sacrificio, partecipando alle sue sofferenze, ma quando Cristo ascenderà al trono, sarà partecipe anche della sua gloria.PV 100.4

    L’errore che fece cadere Pietro e che impediva la comunione tra Dio ed il Fariseo è la rovina di migliaia di persone ancora oggi. Non c’è nulla che offenda talmente Dio e sia così pericoloso per l’anima umana come l’orgoglio e l’autosufficienza. Di tutti i peccati questo è il più grave e incurabile...PV 100.5

    La caduta di Pietro non fu istantanea ma graduale. La sua fiducia in sé l’indusse a credere di essere salvato una volta per sempre e a seguire una via che, un gradino dopo l’altro, lo condusse sempre più in basso, fino a rinnegare il Maestro. Finché viviamo in questa terra non potremo mai confidare totalmente in noi stessi e ritenerci al sicuro da ogni tentazione. Non bisogna insegnare mai a quanti accettano il Salvatore, per quanto sinceri nella loro conversione, a dire o pensare di essere già salvi, perché è un inganno. Bisogna insegnare a tutti a coltivare la speranza e la fede, ma, anche quando ci siamo consacrati a Cristo e sappiamo che Egli ci accetta, saremo sempre sottoposti alla tentazione. La Parola di Dio dichiara: “Molti saranno purificati, imbiancati, affinati”. Daniele 12:10. Solo chi supera la prova riceverà la corona della vita. Cfr. Giacomo 1:12.PV 101.1

    Chi, accettando Cristo, nella sua prima fede afferma: “Sono salvo!”, corre il pericolo di confidare effettivamente in se stesso. Egli perde di vista la propria debolezza ed il continuo bisogno della forza divina, rimane impreparato di fronte agli attacchi di Satana e finisce per cadere, al momento della tentazione, negli abissi più profondi del peccato. Ecco perché vale anche per noi il monito: “Perciò, chi si pensa di stare ritto, guardi di non cadere”. 1 Corinzi 10:12. Diffidare di noi stessi e aggrapparci a Cristo, ecco la nostra unica sicurezza!PV 101.2

    Pietro doveva rendersi conto dei suoi difetti di carattere e che aveva bisogno della potenza e della grazia di Cristo. Il Salvatore non poteva risparmiargli la tentazione, ma avrebbe potuto risparmiargli la sconfitta. Se Pietro avesse dato ascolto al monito di Gesù sarebbe stato in guardia e avrebbe pregato, camminando con timore e tremore per non cadere, e avrebbe ricevuto l’aiuto divino capace di respingere l’insidia satanica.PV 101.3

    Pietro cadde per la sua autosufficienza e si riscattò per essersi pentito e umiliato. La sua esperienza è d’incoraggiamento per ogni peccatore penitente. Pur avendo peccato gravemente, non fu abbandonato alla sua sorte: “Ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno”. Luca 22:32. Queste parole di Cristo gli erano rimaste impresse nell’anima, e, mentre si trovava in preda al rimorso, questa preghiera e lo sguardo benigno e pietoso del Salvatore gli ritornarono alla mente ridandogli speranza. Dopo la sua risurrezione Cristo pensò a Pietro dicendo alle donne per bocca di un angelo: “Ma andate a dire ai suoi discepoli ed a Pietro, ch’egli vi precede in Galilea; quivi lo vedrete”. Marco 16:7. Il Salvatore aveva accettato il pentimento di Pietro e l’aveva perdonato.PV 101.4

    La stessa compassione prodigata per la salvezza dell’apostolo è offerta a chiunque ha ceduto alla tentazione. Rientra nelle particolari insidie di Satana spingere l’uomo al peccato per abbandonarlo poi, impotente e tremante, in preda al timore di chiedere perdono. Eppure, perché temere se Dio stesso invita: “A meno che non mi si prenda per rifugio, che non si faccia la pace meco, che non si faccia la pace meco”? Isaia 27:5. È stato preso ogni provvedimento per guarirci dalle nostre miserie e sta a noi accettare i numerosi appelli ad andare a Cristo.PV 102.1

    Il Salvatore ha sofferto una morte tormentosa per riacquistare l’eredità divina e offrire all’uomo un’altra possibilità: “Ond’è che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro”. Ebrei 7:25. Con la sua vita immacolata, l’obbedienza e la morte sul Calvario, Cristo è divenuto l’intercessore dell’umanità perduta, l’autore della nostra salvezza che interviene in nostro favore non semplicemente presentando delle suppliche, ma rivendicando da conquistatore il trofeo della vittoria. La sua offerta è perfetta e da intercessore Egli esegue l’opera che si è proposto presentando dinanzi a Dio il turibolo contenente i suoi meriti immacolati e le preghiere, le confessioni ed i ringraziamenti del suo popolo. Con il profumo della sua giustizia, tutto questo sale a Dio come un odore soave. Di fronte ad un’offerta così gradevole Dio copre ogni colpa e trasgressione col suo perdono.PV 102.2

    Cristo si è impegnato a fungere da nostro sostituto e garante e non trascura nessuno. Colui che non ha potuto vedere gli esseri umani abbandonati alla rovina eterna ma si è sacrificato per la loro redenzione, accetterà con pietà e misericordia chiunque si rende conto di non potersi salvare da solo.PV 102.3

    Gesù non chiuderà gli occhi di fronte a chi lo supplica tremando, anzi lo risolleverà. Lui, che col suo sacrificio espiatorio ha messo a disposizione dell’uomo una sorgente inesauribile di forza morale, non mancherà di usare questa forza in nostro favore. Deponiamo ai suoi piedi i nostri peccati e affanni perché Egli ci ama. Il suo sguardo e le sue parole ci invitano ad aver fiducia. Egli plasmerà il nostro carattere secondo la sua volontà.PV 103.1

    Con tutta la sua potenza Satana non riesce a sopraffare una sola anima che con fede semplice si affida a Cristo: “Egli dà forza allo stanco, e accresce vigore a colui ch’è spossato”. Isaia 40:29.PV 103.2

    “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità”. 1 Giovanni 1:9. Il Signore ci invita: “Soltanto riconosci la tua iniquità: tu sei stata infedele all’Eterno, al tuo Dio”. Geremia 3:13. “V’aspergerò d’acqua pura, e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli”. Ezechiele 36:25.PV 103.3

    Ma prima di ottenere pace e perdono dobbiamo riconoscere noi stessi, e questa consapevolezza susciterà contrizione. Il Fariseo non era convinto di aver peccato e lo Spirito Santo non poteva operare in lui. La sua anima era circondata da una corazza di orgoglio che gli strali divini, per quanto aguzzi e ben diretti dagli angeli, non riuscivano a penetrare. Cristo può salvare solo chi ha coscienza di essere peccatore. Egli è venuto “per evangelizzare i poveri... bandire liberazione a’ prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi”. Luca 4:18. Invece “I sani non hanno bisogno del medico”. Luca 5:31. Solo comprendendo il nostro vero stato sentiremo il bisogno dell’aiuto di Cristo, solo se riconosciamo il pericolo che ci sovrasta cercheremo scampo in lui, solo avvertendo il dolore delle nostre ferite nutriremo anche il desiderio di guarigione.PV 103.4

    Il Signore dice: “Poiché tu dici: Io son ricco, e mi sono arricchito, e non ho bisogno di nulla, e non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo, io ti consiglio di comprare da me dell’oro affinato col fuoco, affinché tu arricchisca; e delle vesti bianche affinché tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungertene gli occhi, affinché tu vegga”. Apocalisse 3:17, 18. L’oro affinato col fuoco è la fede operante per mezzo dell’amore, e solo lei può ristabilire l’armonia tra noi e Dio: anche se siamo attivi e facciamo molte opere buone, senza quell’amore che animava Gesù non faremo mai parte della famiglia celeste!PV 103.5

    Nessuno sa riconoscere da solo i propri errori: “Il cuore è ingannevole più d’ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi lo conoscerà?” Geremia 17:9. Le labbra possono esprimere una miseria spirituale che il cuore non conosce, e, pur dicendo a Dio che siamo dei poveri peccatori, possiamo gonfiarci interiormente della nostra umiltà e giustizia che ci pongono ad un livello superiore agli altri. Esiste una sola possibilità per conoscere veramente noi stessi: contemplare Cristo. Solo chi non lo conosce veramente può inorgoglirsi della propria giustizia. Quando invece meditiamo sul suo carattere puro e sublime, riconosceremo la nostra debolezza e povertà e i nostri difetti, prenderemo coscienza di essere perduti e senza speranza, vestiti degli abiti della nostra misera giustizia umana, come tutti gli altri peccatori. Capiremo che, semmai saremo salvati, non sarà per la nostra bontà ma per l’infinita grazia di Dio.PV 104.1

    La preghiera del pubblicano fu esaudita perché dimostrava la fiduciosa consapevolezza di dipendere totalmente dall’Onnipotente. Pensando a se stesso egli provava solamente un senso di vergogna, e così dovrebbe essere per chiunque cerca Dio: con una fede che rinuncia a confidare in se stessa, il peccatore penitente si aggrappi alla sorgente della potenza infinita.PV 104.2

    L’osservanza formale non può mai sostituire una fede semplice e la totale rinuncia di sé, e nessuno può d’altronde spogliarsi da solo del proprio io: possiamo solamente accettare che sia Cristo a farlo per noi. Allora esclameremo: Signore, prendi il mio cuore perché io non riesco a dartelo! Ti appartiene. Mantienilo puro, perché io non so. Salvami da me stesso e dal mio carattere debole e così diverso da Cristo. Modellami, formami, elevami in un’atmosfera pura e santa in cui la corrente del tuo amore mi inondi l’anima!PV 104.3

    La rinuncia di sé non deve segnare solamente l’inizio della vita cristiana, ma deve rinnovarsi ad ogni passo che man mano ci avvicina al cielo. Tutte le nostre opere scaturiscono da una forza che è al di fuori di noi, perciò occorre che ci aggrappiamo continuamente a Dio con tutto il cuore, che confessiamo con dolore e sinceramente i nostri peccati e ci umiliamo dinanzi a lui. L’unica salvaguardia risiede nella totale rinuncia di sé e in una completa dipendenza da Cristo.PV 105.1

    Via via che ci avvicineremo a Gesù discerneremo meglio la purezza del suo carattere e la gravità del peccato e tenderemo sempre meno alla superbia. Coloro che sono santi agli occhi di Dio saranno gli ultimi a far mostra di religiosità. L’apostolo Pietro divenne un fedele ministro di Cristo, fu grandemente onorato dalla luce e potenza divina che ricevette e contribuì attivamente all’edificazione della chiesa di Cristo, ma non dimenticò mai la dolorosa esperienza della sua umiliazione. Il suo peccato era stato cancellato, ma egli sapeva benissimo che solo la grazia di Cristo aveva rimediato alla sua debolezza di carattere che lo aveva fatto cadere. Non trovava niente in sé di cui andare orgoglioso.PV 105.2

    Nessun apostolo o profeta ha mai preteso di essere senza peccato. Si tratta di uomini vissuti in intima comunione con Dio, che avrebbero preferito rimetterci la vita piuttosto che commettere consapevolmente un peccato, che Dio ha onorato concedendogli la sua luce e potenza, eppure anche loro hanno confessato di essere peccatori per natura. Non hanno riposto la loro fiducia nella carne né si ritenevano giusti, ma piuttosto hanno confidato completamente nella giustizia di Cristo, e altrettanto sarà con tutti coloro che lo contemplano.PV 105.3

    Man mano che avanziamo nell’esperienza cristiana, il nostro pentimento si farà più profondo. A coloro che ha perdonato e che riconosce membri del suo popolo il Signore dice: “Allora vi ricorderete delle vostre vie malvagie e delle vostre azioni, che non eran buone, e prenderete disgusto di voi stessi a motivo delle vostre iniquità e delle vostre abominazioni”. Ezechiele 36:31. Poi aggiunge: “E io fermerò il mio patto con te, e tu conoscerai che io sono l’Eterno, affinché tu ricordi, e tu arrossisca, e tu non possa più aprir la bocca dalla vergogna, quand’io t’avrò perdonato tutto quello che hai fatto, dice il Signore, l’Eterno”. Ezechiele 16:62, 63. Allora non apriremo più la bocca per esaltare noi stessi, anzi, consapevoli che la nostra sicurezza risiede solo in Cristo, confesseremo con l’apostolo: “Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene”. Romani 7:18. “Ma quanto a me, non sia mai ch’io mi glori d’altro che della croce del Signor nostro Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato crocifisso per il mondo”. Galati 6:14.PV 105.4

    Alla luce di questa esperienza vale per noi il monito: “Compiete la vostra salvezza con timore e tremore; poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l’operare, per la sua benevolenza”. Filippesi 2:12, 13. Non dobbiamo temere che Dio non mantenga le sue promesse, che perda la pazienza o che la sua misericordia venga meno. Temiamo piuttosto di contrapporre la nostra volontà a quella di Cristo e di lasciarci dominare nella vita dai nostri difetti di carattere congeniti e acquisiti, “poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l’operare, per la sua benevolenza”. Evitiamo che il nostro io si frapponga tra noi e il gran Maestro e che la nostra ostinazione mandi a vuoto il grande piano che Dio vorrebbe realizzare tramite noi; guardiamoci dal confidare nella nostra forza e dall’abbandonare la mano di Cristo per percorrere il cammino della vita lontani dalla sua presenza.PV 106.1

    Occorre chiudere la porta a tutto ciò che favorisce l’orgoglio e l’autosufficienza, perciò stiamo in guardia nel dare o ricevere lodi e adulazioni. Adulare è opera di Satana esattamente come l’accusare e condannare. É cosi che egli cerca di provocare la rovina dell’anima, e coloro che prodigano lodi agli altri sono uno strumento nelle sue mani. I collaboratori di Cristo mettano in secondo piano la propria persona, dimentichino se stessi per celebrare Cristo, colui che solo deve essere esaltato! Gli occhi di tutti contemplino e ogni cuore celebri colui “che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue”. Apocalisse 1:5.PV 106.2

    Chi vive nel timore del Signore non condurrà una vita di tristezza e di malinconia, anzi è proprio dove manca Cristo che si vedono volti tristi e la vita si riduce ad un pellegrinaggio di lacrime e sospiri. Chi ha un’alta opinione di sé ed è pervaso dall’amor proprio, non sente il bisogno di un rapporto vivente con Cristo. Il cuore che non si è ancora infranto sulla Roccia eterna — cioè Cristo —, è fiero di essere ancora intatto. Gli uomini preferiscono una religione che conferisca dignità e desiderano percorrere una via abbastanza ampia in cui poter conservare tutti i tratti del proprio carattere, ma il loro egoismo, la ricerca della popolarità e delle lodi allontanano il Salvatore dal loro cuore, e, senza di lui, la vita non può essere che cupa e triste. Quando invece Gesù dimora nell’anima, è per noi una fonte di vera gioia! E tutti coloro che l’accettano sentono che la gioia è altresì la nota dominante della Parola di Dio.PV 106.3

    “Poiché così parla Colui ch’è l’Alto, l’eccelso, che abita l’eternità, e che ha nome ‘il Santo’. Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui ch’è contrito ed umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore dei contriti”. Isaia 57:15.PV 107.1

    Al riparo di una cavità rocciosa Mosè ebbe il privilegio di contemplare la gloria di Dio; allo stesso modo Cristo proteggerà anche noi con la sua mano trafitta quando cerchiamo scampo nella Roccia della salvezza, e lì ascolteremo quello che il Signore dice a quanti si mettono al suo servizio. Dio si rivelerà anche a noi, come una volta a Mosè, “misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato”. Esodo 34:6, 7.PV 107.2

    L’opera della redenzione apre orizzonti che l’uomo difficilmente può immaginare: “Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano”. 1 Corinzi 2:9. Quando il peccatore, attratto dalla potenza di Cristo, si avvicina alla croce per prostrarsi dinanzi ad essa, ha luogo una rigenerazione: riceve un cuore nuovo e si trasforma in una creatura in Cristo. La santità non esige di più e Dio stesso è “giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù”. Romani 3:26. “E quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati”. Romani 8:30. Per quanto grandi siano la vergogna e la degradazione provocate dal peccato, grazie all’amore del Redentore riceveremo gloria e onori ancora più grandi. Quanti si sforzano di somigliare all’immagine divina riceveranno dai tesori celesti una forza superiore e sublime che li eleverà al di sopra degli angeli stessi che non hanno conosciuto il peccato.PV 107.3

    “Così parla l’Eterno, il redentore, il Santo d’Israele, a colui ch’è disprezzato dagli uomini, detestato dalla nazione... Dei re lo vedranno e si leveranno; dei principi pure, e si prostreranno, a motivo dell’Eterno ch’è fedele, del Santo d’Israele che t’ha scelto”. Isaia 49:7.PV 108.1

    “Chiunque s’innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato”. Matteo 23:12.PV 108.2

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