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Patriarchi e profeti

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    Origine dei suoi scritti

    La Chiesa Avventista riconosce nel ministero di Ellen G. White i caratteri del profetismo biblico che svolse con umiltà e perseveranza, senza chiedere privilegi e senza assumere ruoli direttivi che potessero trasformarla in una sorta di santa o di capo della chiesa. L’autorità morale e spirituale che acquisì fu soltanto il frutto della qualità della sua testimonianza e della profondità della sua consacrazione.PP 9.2

    La capacità di introspezione nel cuore dell’uomo e della storia che lei manifesta, i dettagli e le considerazioni di cui arricchisce il racconto biblico, sono attribuibili a una sua personale capacità intuitiva, alla sua abilità psicologica naturale, o essere il frutto di questo suo particolare rapporto con Dio? Chi non conosce la sua esperienza e i motivi che hanno spinto la Chiesa Avventista a riconoscere in lei questo particolare dono dello Spirito (cfr. 1 Corinzi 12:10, 28; Efesini 4:11) può optare per la prima possibilità ed esserne ugualmente arricchito.PP 9.3

    Tuttavia anche il riconoscimento di un reale dono profetico non esaurisce la questione della natura dei suoi scritti. La sua stessa visione dell’ispirazione degli scrittori biblici ci impedisce di considerarla come una semplice “penna”3 Manuscript 24, 1866., irresponsabile e passiva, nelle mani di Dio. Il profeta di Dio è parte attiva nella formulazione del messaggio che riceve. Egli cerca di renderlo il più comprensibile possibile ai suoi destinatari, adattandone la formulazione, arricchendola in base alle circostanze e ai particolari fini che di volta in volta vuole raggiungere.PP 10.1

    Come per i profeti biblici, il messaggio di Dio non cadeva in Ellen G. White in un vuoto culturale o psicologico. La sua esperienza, la sua sensibilità umana, le sue letture, la stessa profonda conoscenza della Bibbia accompagnano la sua testimonianza, le danno forma, la rendono più gradevole e nello stesso tempo più incisiva.PP 10.2

    La stessa lunga gestazione letteraria dell’opera (dal 1858 al 1890), pur nella personale consapevolezza dell’origine divina della sostanza del suo messaggio, è una testimonianza del suo contributo a migliorare la presentazione del testo. Questo significa che, anche quando si cerca in lei una rivelazione proveniente da Dio, non è detto che la si debba cercare in una parola, o in un singolo argomento usato, quanto piuttosto nella sostanza di fondo del suo messaggio senza potere più distinguere nei particolari quanto viene da Dio o quanto da lei. Quello che importa è che il suo personale contributo non travisi la sostanza del messaggio ricevuto. Ma su questo, per coloro che accettano la realtà del suo dono, non possono esservi dubbi.PP 10.3

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