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Patriarchi e profeti

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    Capitolo 64: Davide il fuggiasco

    Dopo l’uccisione di Golia, Saul volle che Davide restasse a corte e gli impedì di tornare a casa da suo padre. E “...l’anima di Gionathan rimase così legata all’anima di lui, che Gionathan l’amò come l’anima sua”. 1 Samuele 18:1. Gionathan e Davide fecero un patto, decidendo di essere uniti come fratelli, e il figlio del re “...si tolse di dosso il mantello, e lo diede a Davide; e così fece delle sue vesti fino alla sua spada, al suo arco e alla sua cintura”. 1 Samuele 18:4. Davide, nonostante gli fossero state affidate importanti responsabilità, rimase modesto e si guadagnò l’affetto del popolo e della corte.PP 546.1

    “E Davide andava e riusciva bene dovunque Saul lo mandava: Saul lo mise a capo della gente di guerra...”. 1 Samuele 18:5. Il figlio di Isai, accompagnato dalla benedizione di Dio, si dimostrava prudente e fedele. Saul a volte si rendeva conto di non essere adatto per governare Israele e sentiva che il suo regno sarebbe stato più stabile se si fosse alleato con una persona guidata da Dio. Secondo Saul questa unione lo avrebbe salvaguardato in guerra, dal momento che Davide era favorito e protetto dal Signore.PP 546.2

    La collaborazione di Saul con Davide era nei piani di Dio. Fu così che il giovane pastore iniziò a occuparsi degli affari di corte e guadagnò la fiducia del popolo in vista del suo importante compito futuro. Le vicissitudini e le avversità che Davide sarebbe stato costretto a sopportare, a causa dell’odio di Saul, lo avrebbero ulteriormente aiutato a sentire la sua dipendenza da Dio e a confidare completamente in lui. Anche l’amicizia di Gionathan nei confronti di Davide fu voluta da Dio per salvare la vita del futuro re d’Israele. Dio attuava così i suoi propositi sia in favore di Davide sia d’Israele.PP 546.3

    L’amicizia di Saul per Davide non durò a lungo e mentre tornavano da una battaglia contro i filistei “le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suon de’ timpani e de’ triangoli e alzando grida di gioia” e mentre un gruppo di loro diceva: “Saul ha ucciso i suoi mille” un altro rispondeva: “E Davide i suoi diecimila”. 1 Samuele 18:6, 7. Allora la gelosia si impadronì del cuore del re, ed egli si adirò perché nelle canzoni delle israelite Davide veniva lodato più di lui. Invece di soffocare questa gelosia, Saul dimostrò la debolezza del suo carattere, esclamando: “...Ne danno diecimila a Davide, e a me non ne danno che mille! Non gli manca più che il regno!” 1 Samuele 18:8.PP 546.4

    Un grave difetto di Saul consisteva nell’importanza che attribuiva all’approvazione degli altri, tanto da condizionare le proprie azioni e i propri pensieri; la sua vita era caratterizzata dalla ricerca della lode e dell’esaltazione. Era l’approvazione del popolo che gli faceva decidere cosa fosse bene e cosa fosse male. Nessuno è al sicuro se cerca di piacere ad altri uomini trascurando di ricercare per prima cosa l’approvazione divina. Fu così che quando il re ascoltò quei canti di lode, cominciò a pensare che Davide volesse conquistarsi il favore del popolo per regnare al suo posto. Saul si lasciò dominare completamente da quella gelosia che già caratterizzava il suo animo. Nonostante gli insegnamenti ricevuti dal profeta Samuele, che gli avevano insegnato che Dio compie la sua volontà senza che nessuno possa opporvisi, il re dimostrò di non conoscere bene i piani e il potere di Dio; infatti si opponeva alla volontà dell’Infinito. Durante il suo regno in Israele, Saul non aveva imparato a dominare il suo animo, anzi aveva permesso che i suoi impulsi controllassero la sua capacità di giudizio fino a essere travolto dalla passione. Era così preso dall’ira, da essere pronto a uccidere chiunque osasse opporsi alla sua volontà; ma dopo quel delirio cadeva in uno stato di abbattimento, rimorso e autocommiserazione.PP 547.1

    Gli piaceva ascoltare il suono dell’arpa di Davide che, temporaneamente, placava in lui le peggiori reazioni. Ma un giorno, mentre Davide gli suonava una dolce musica e cantava le lodi del Signore, Saul improvvisamente scagliò la lancia contro il giovane per ucciderlo. Fu Dio a proteggere Davide che così poté fuggire incolume davanti al re impazzito.PP 547.2

    Saul odiava sempre più Davide, tanto che cercava delle occasioni per togliergli la vita, ma nessuno dei suoi piani contro l’unto dell’Eterno ebbe successo. Mentre Saul si faceva completamente controllare da uno spirito diabolico, Davide confidava in colui che era abbastanza forte da liberarlo, ricercandone il consiglio. Pregava continuamente Dio per potersi comportare in modo giusto. “Il principio della sapienza è il timore dell’Eterno...”. Proverbi 9:10.PP 547.3

    Non volendo più vedere il suo rivale, il re “...lo allontanò da sé, e lo fece capitano di mille uomini... ma tutto Israele e Giuda amavano Davide”. 1 Samuele 18:13, 16. Il popolo ben presto comprese che Davide era un uomo capace, e che si occupava degli affari affidatigli con saggezza e intelligenza. Mentre i consigli del giovane erano saggi e discreti, e si dimostravano sicuri per chi li seguiva, il giudizio di Saul a volte non era attendibile e le sue decisioni non erano sagge.PP 547.4

    Nonostante Saul cercasse sempre un’occasione per uccidere Davide, lo temeva perché vedeva che il Signore era con lui. Il carattere irreprensibile di Davide provocava l’ira del re, che considerando il contrasto tra il suo carattere e quello di Davide, sentiva che la presenza del giovane costituiva un costante rimprovero. Era l’invidia che rendeva Saul un miserabile e metteva in pericolo il suo umile suddito. Quali gravi conseguenze provoca nel nostro mondo questo sentimento! L’odio che provava Saul era lo stesso che aveva acceso l’animo di Caino nei confronti di suo fratello Abele; infatti le sue opere erano giuste, e Dio lo aveva onorato mentre non aveva benedetto Caino perché le sue erano malvage. L’invidia è figlia dell’orgoglio, e se accarezzata porta all’odio, ed eventualmente alla vendetta e all’assassinio. Accendendo l’animosità di Saul contro colui che non gli aveva mai fatto del male, Satana manifestava il suo carattere.PP 548.1

    Il re sorvegliava da vicino Davide sperando di trovare, in un’azione imprudente o temeraria, una scusa per farlo cadere in disgrazia; sentiva, infatti, che non avrebbe potuto giustificare davanti al popolo l’uccisione del giovane. Allora tese a Davide una trappola chiedendogli con insistenza di combattere contro i filistei con maggiore decisione, promettendogli in sposa, come ricompensa del suo valore, la figlia maggiore. Davide con modestia rispose: “...Chi son io, che è la vita mia o che è la famiglia di mio padre in Israele, ch’io debba ad essere genero del re?” 1 Samuele 18:18. Allora il re dette la principessa a un altro, manifestando la sua falsità.PP 548.2

    L’affetto che Mical, la figlia minore di Saul, provava per Davide rappresentò per il re un’altra possibilità per tramare contro il rivale. Al giovane venne offerta la mano di Mical a patto che dimostrasse di aver sconfitto e ucciso un preciso numero di nemici della nazione. “...Saul aveva in animo di far cadere Davide nelle mani dei Filistei” (1 Samuele 18:25), ma Dio lo protesse e Davide tornò vincitore dalla battaglia e divenne il genero del re, e “...Mical, figliuola di Saul, l’amava”. 1 Samuele 18:28. Così, Saul constatò con rabbia che tutto si era risolto nel passaggio a un rango più elevato di colui che voleva distruggere. Questa fu un’ulteriore prova del fatto che l’uomo che Dio aveva scelto era migliore di lui, e che avrebbe regnato al suo posto. Saul allora dichiarò le sue intenzioni, ordinando a Gionathan e agli ufficiali della corte di uccidere l’uomo che odiava.PP 548.3

    Gionathan rivelò a Davide il proposito del re, ordinandogli di nascondersi mentre lui avrebbe cercato di convincere suo padre a risparmiare la vita del liberatore d’Israele. Ricordò al re tutto ciò che Davide aveva fatto per salvare l’onore e perfino la vita della nazione, e parlò della terribile colpa di cui si sarebbe macchiato l’assassino di colui di cui Dio si era servito per mettere in fuga i nemici. Il re fu sensibile a questa perorazione, il suo cuore si intenerì, “e fece questo giuramento: Com’è vero che l’Eterno vive, egli non sarà fatto morire!” 1 Samuele 19:6. Davide fu nuovamente introdotto alla presenza di Saul, e svolse il suo servizio come aveva fatto in passato.PP 548.4

    Quando la guerra tra gli israeliti e i filistei scoppiò nuovamente, Davide, a capo dell’esercito degli ebrei riportò una grande vittoria, riscuotendo l’ammirazione della gente per la sua saggezza e il suo eroismo, ma tutto ciò amareggiò profondamente Saul. Mentre il giovane suonava davanti al re, riempiendo il palazzo di dolci note, Saul sopraffatto dalla passione lanciò un giavellotto contro Davide pensando di inchiodarlo al muro, ma l’Angelo dell’Eterno fece deviare il dardo mortale, e Davide fuggì. Saul allora mandò delle spie perché arrestassero e uccidessero il fuggiasco quando, la mattina, si sarebbe alzato. Mical informò Davide dei propositi del padre, raccomandandogli di fuggire per salvarsi la vita e facendolo uscire dalla finestra. Davide corse a Rama, da Samuele, che sfidando l’ira del re, lo accolse. La casa di Samuele era un luogo tranquillo, ben diverso dal palazzo reale. Là, fra le colline, l’amato servo di Dio continuò la sua preparazione, studiando con interesse insieme ad alcuni profeti la volontà del Signore, e ascoltando con rispetto le sagge parole di Samuele. Davide pensava che le truppe di Saul non avrebbero ricevuto l’ordine di invadere quel luogo sacro, ma in realtà niente era sacro per la mente ottenebrata di quel re disperato. I contatti tra Davide e Samuele suscitarono la gelosia del re. Temeva che colui che era considerato da tutto Israele un profeta di Dio si servisse del suo ascendente per sostenere il rivale di Saul. Quando il re venne a sapere dove si trovava Davide, inviò degli ufficiali per portarlo a Ghibea dove intendeva realizzare il suo piano.PP 549.1

    Mentre i messaggeri si avviavano per uccidere Davide, furono controllati da colui che è più grande di Saul. Come successe a Balaam, quando pensava di maledire Israele, degli angeli invisibili indussero i messaggeri del re a profetizzare e ad annunciare il futuro proclamando la gloria e la maestà dell’Eterno. Così Dio annientò l’ira dell’uomo, manifestò la sua potenza per frenare il male e circondò Davide con i suoi angeli.PP 549.2

    Saul, mentre attendeva di avere Davide nelle proprie mani, ricevette proprio quella notizia che, invece di renderlo sensibile alla disapprovazione di Dio, lo esasperò ancora di più. Saul allora inviò altri messaggeri, ma anche questi furono sopraffatti dallo Spirito di Dio, e come i primi profetizzarono. Allora il re mandò una terza delegazione, ma anche questa, in compagnia dei profeti, subì l’influsso divino che li indusse a profetizzare. Saul, allora, decise di andare a cercarlo personalmente, perché il suo odio era diventato incontrollabile. Non voleva attendere altre occasioni per uccidere Davide. Pensava di freddarlo appena lo avrebbe raggiunto, a prescindere dalle conseguenze.PP 549.3

    Un angelo dell’Eterno intervenne per frenarlo; lo Spirito di Dio si impossessò delle sue facoltà, ed egli pronunciò preghiere a Dio insieme a predizioni e sacre melodie. Nelle sue profezie annunciò il Messia, il Redentore del mondo, e quando raggiunse la casa del profeta, a Rama, si tolse il mantello che indicava il rango a cui apparteneva, e passò tutto il giorno e tutta la notte sotto l’influsso dello Spirito di Dio insieme a Samuele e ai suoi discepoli. La gente, incuriosita da questo strano spettacolo, divulgò la notizia dell’esperienza del re. Così, alla fine del suo regno, si diffuse in Israele un proverbio secondo cui Saul era uno dei profeti.PP 550.1

    Ancora una volta il piano del persecutore era fallito; il re assicurò Davide di non aver nulla contro di lui, ma il giovane non fu molto convinto del pentimento del re e fuggì prevedendo che il suo umore, com’era già avvenuto, cambiasse. Davide era profondamente sconvolto: desiderava vedere ancora una volta il suo amico Gionathan e, consapevole della propria innocenza, cercò il figlio del re rivolgendogli queste toccanti domande: “...Che ho mai fatto? Qual è il mio delitto, qual è il mio peccato verso tuo padre, ch’egli vuole la mia vita?” 1 Samuele 20:1. Gionathan, credendo che suo padre non volesse più uccidere Davide, gli disse: “...Tolga ciò l’Iddio! Tu non morrai; ecco, mio padre non fa cosa alcuna e grande o piccola, senza farmene parte; e perché mi celerebbe egli questa? Non è possibile”. 1 Samuele 20:2. Dopo l’evidente manifestazione della potenza di Dio Gionathan non poteva credere che suo padre avrebbe ancora fatto del male a Davide ma quest’ultimo non ne era convinto, e dichiarò a Gionathan molto seriamente: “...Com’è vero che l’Eterno vive e che vive l’anima tua, fra me e la morte non v’ha che un passo”. 1 Samuele 20:3.PP 550.2

    Nel periodo della luna nuova in Israele ricorreva una festa sacra, che sarebbe stata celebrata proprio il giorno successivo al colloquio fra Davide e Gionathan. Durante questa festa i due giovani dovevano presentarsi alla tavola del re. Ma Davide, per paura, decise di allontanarsi per fare una visita ai fratelli a Betlemme. Al suo ritorno si sarebbe nascosto in un campo non lontano dal luogo del banchetto, evitando la presenza del re per tre giorni, mentre Gionathan si sarebbe preoccupato di notare le reazioni di Saul. Se fosse stato chiesto del figlio di Isai, Gionathan avrebbe detto che era andato a partecipare al sacrificio offerto dalla famiglia di suo padre, e se il re avesse risposto: “Va bene” Davide avrebbe potuto tornare senza problemi alla corte; ma se Saul si fosse adirato per l’assenza di Davide, quest’ultimo sarebbe dovuto fuggire.PP 550.3

    Il primo giorno di festa il re non fece nessuna domanda, ma quando il posto di Davide rimase vuoto anche il secondo giorno, chiese: “...Perché il figliuolo d’Isai non è venuto a mangiare né ieri né oggi? Gionathan rispose a Saul: Davide mi ha chiesto istantemente di lasciarlo andare a Bethlehem; e ha detto: Ti prego, lasciami andare, perché abbiamo in città un sacrifizio di famiglia, e il mio fratello mi ha raccomandato d’andarvi; ora dunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, ti prego, lasciami dare una corsa per vedere i miei fratelli. Per questa ragione egli non è venuto alla mensa del re”. 1 Samuele 20:28, 29. Appena Saul sentì queste parole perse il controllo, e dichiarò con veemenza che finché Davide viveva Gionathan non sarebbe salito sul trono d’Israele, e chiese che lo stesso Davide gli fosse portato immediatamente per condannarlo a morte. Gionathan cercò ancora una volta di intercedere in favore dell’amico implorando: “...Perché dovrebb’egli morire? Che ha fatto?” (1 Samuele 20:32); ma questo appello rese il re furibondo ed estese la minaccia pronunciata per Davide, anche a suo figlio.PP 551.1

    Il principe lasciò il banchetto addolorato e indignato; non era più un ospite della festa; e mentre si dirigeva verso il luogo dove Davide attendeva di sapere la reazione del re, era affranto dal dolore. I due ragazzi si abbracciarono e piansero amaramente. L’oscura passione del re gettava un’ombra sui giovani il cui dolore era troppo intenso per essere espresso. Le ultime parole di Gionathan udite da Davide prima che si incamminassero per strade diverse, furono: “...Va’ in pace, ora che abbiam fatto ambedue questo giuramento nel nome dell’Eterno: l’Eterno sia testimonio tra me e te e fra la mia progenie e la progenie tua, in perpetuo”. 1 Samuele 20:42.PP 551.2

    Il figlio del re tornò a Ghibea, mentre Davide si affrettò a raggiungere Nob, una città a pochi chilometri, e che apparteneva ancora alla tribù di Beniamino. Là era stato portato il tabernacolo da Sciloh e vi officiava il sommo sacerdote Ahimelec. Davide infatti riteneva che quello fosse l’unico luogo sicuro. Quando Davide arrivò di corsa, apparentemente solo e con un’espressione triste e preoccupata, il sacerdote lo accolse con meraviglia; si chiedeva cosa l’avesse condotto lì e il giovane, che temeva costantemente di essere scoperto, messo alle strette ricorse all’inganno. Disse che era stato mandato dal re per una missione segreta che richiedeva una grande celerità. Davide dimostrò di avere poca fede in Dio e questo suo peccato avrebbe provocato la morte del sommo sacerdote. Se i fatti fossero stati esposti con chiarezza, Ahimelec si sarebbe comportato in modo da salvare la propria vita.PP 551.3

    Dio richiede che il suo popolo sia leale perfino nelle situazioni di grande pericolo. Davide domandò al sacerdote cinque focacce di pane e, nonostante vi fosse solo il pane consacrato, riuscì a fugare gli scrupoli del sacerdote e a soddisfare la fame.PP 551.4

    Ora si presentava un nuovo pericolo. Doeg il capo dei mandriani di Saul, che professava la fede degli ebrei, stava sciogliendo un voto proprio nel tabernacolo. Vedendo quest’uomo, Davide decise di raggiungere un altro rifugio e ottenere una spada per difendersi in caso di necessità. Ne chiese una ad Ahimelec il quale gli disse di avere solo quella di Golia che era conservata come reliquia nel tabernacolo. “...Nessuna è pari di quella; dammela!” (1 Samuele 21:10), rispose Davide. E appena impugnò la spada che aveva usato per annientare il campione dei filistei, ritrovò il coraggio.PP 552.1

    Davide fuggì verso Akis re di Gath, perché riteneva di essere più al sicuro tra i nemici del suo popolo che nella terra di Saul. Akis però venne a sapere che Davide era l’uomo che aveva ucciso anni prima il campione dei filistei e quindi la permanenza del giovane ebreo tra i nemici d’Israele era diventata molto pericolosa; Davide, fingendosi pazzo, ingannò i nemici e riuscì a scappare.PP 552.2

    A Nob aveva commesso un errore, dimostrando poca fiducia in Dio, ora ne commetteva un secondo ingannando Akis. Egli, che aveva dimostrato di avere un carattere nobile e che per la sua correttezza morale aveva ottenuto il favore del popolo, nel momento della prova dimostrò la propria debolezza e la sua fede fu scossa. In ognuno vedeva una spia o un delatore. Quel Davide che in momenti di grande pericolo aveva contato su Dio con fermezza e con fede, che aveva annientato il gigante filisteo, che credeva in Dio e aveva agito nel suo nome, una volta braccato e perseguitato, angosciato e confuso perse quasi di vista il Padre.PP 552.3

    Questa esperienza, tuttavia, gli servì per acquisire maggiore saggezza, per comprendere la propria debolezza e la necessità di dipendere costantemente da Dio. Com’è prezioso il dolce influsso dello Spirito di Dio che allevia i disperati e i sofferenti, che incoraggia i codardi, che rincuora i deboli, che aiuta e dà forza ai figli di Dio che devono affrontare delle prove! Dio è grande perché si mostra premuroso nei confronti di coloro che sbagliano, e manifesta tutto il suo amore quando siamo sopraffatti da qualche grave problema! Ogni insuccesso dei figli di Dio è dovuto a mancanza di fede. Quando ci sentiamo angosciati e desideriamo essere illuminati e guidati, dobbiamo guardare verso l’alto, dove la luce risplende al di là delle tenebre. Davide non doveva dubitare di Dio neanche per un momento, anzi poteva avere fiducia perché era l’unto dell’Eterno, perché era stato protetto in situazioni pericolose dagli angeli del Signore, perché aveva ricevuto il coraggio per compiere grandi imprese. Se invece di continuare a pensare alla situazione angosciante in cui si trovava, avesse riflettuto sulla maestà e la potenza di Dio, avrebbe trovato pace anche davanti alla morte e avrebbe potuto ripetere con fiducia la promessa dell’Eterno: “Quand’anche i monti s’allontanassero e i colli fossero rimossi, l’amor mio non s’allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso, dice l’Eterno, che ha pietà di te”. Isaia 54:10.PP 552.4

    Davide, inseguito da Saul, cercava un rifugio. Si fermò sulle montagne di Giuda, nella caverna di Adullam, una posizione da cui si poteva respingere l’attacco di un grande esercito con pochi uomini. “...E quando i suoi fratelli e tutta la famiglia di suo padre lo seppero, scesero quivi per unirsi a lui”. 1 Samuele 22:1. I parenti di Davide, al pensiero che in qualsiasi momento Saul potesse sospettare di loro, non si sentivano sicuri. Avevano saputo ciò che ormai era noto in Israele, cioè che Dio avrebbe scelto Davide come futuro re del suo popolo, e ritenevano che fosse più sicuro stare insieme a lui in una caverna isolata, piuttosto che essere esposti alla pazzia di un re geloso.PP 553.1

    Nella caverna di Adullam la famiglia viveva unita dall’affetto e dalla simpatia. Il figlio di Isai, suonava l’arpa e cantava: “Ecco, quant’è buono e quant’è piacevole che i fratelli dimorino assieme!” Salmi 133:1. Egli aveva sperimentato quanto fosse amaro avere dei fratelli sospettosi; ma ora l’armonia aveva preso il posto della discordia portando gioia nel cuore dell’esiliato. Fu allora che Davide compose il Salmi 57.PP 553.2

    In seguito, altre persone che volevano evitare le decisioni arbitrarie del re si unirono a Davide. Erano molti coloro che, dopo aver capito che il re d’Israele non era più guidato dallo Spirito di Dio, avevano perso fiducia in lui. “E tutti quelli ch’erano in angustie, che avean dei debiti o che erano scontenti si radunaron presso di lui, ed egli divenne loro capo, ed ebbe con sé circa quattrocento uomini”. 1 Samuele 22:2. Davide aveva creato un piccolo regno personale, dove vigevano l’ordine e la disciplina. Ma neanche in questo nascondiglio tra le montagne si sentiva sicuro, perché riceveva sempre informazioni negative: il re non aveva abbandonato il proposito di ucciderlo. Trovò un rifugio per i suoi genitori presso il re di Moab, ma poi, ubbidendo a un avvertimento di un profeta dell’Eterno, fuggì dal nascondiglio per andare nella foresta di Hereth. Questa esperienza non fu infruttuosa o inutile per Davide: era una disciplina a cui Dio lo sottoponeva per renderlo un generale saggio e un re misericordioso. Con una banda di fuggiaschi, Davide stava preparandosi per svolgere quell’opera per la quale Saul, animato da cieca passione e folli idee, sarebbe diventato presto indegno. Gli uomini non possono privarsi del consiglio divino e ritenere di potere operare con giustizia e saggezza, contando solo su se stessi. Nessuna follia è così terribile e irrimediabile come quella di chi segue la saggezza umana privandosi della guida di quella divina.PP 553.3

    Saul aveva fatto dei preparativi per catturare Davide nella caverna di Adullam, e quando si seppe che Davide aveva lasciato quel rifugio andò su tutte le furie. La fuga di Davide era un mistero per Saul e lo indusse a pensare che nel suo accampamento ci fosse qualche traditore che avesse informato il figlio di Isai del piano che stava per scattare.PP 554.1

    Comunicò ai consiglieri che era stata organizzata una cospirazione contro di lui, e li corruppe promettendo ricchi doni e posizioni onorevoli a chi avrebbe rivelato la persona che aveva aiutato Davide. Doeg, l’idumeo ambizioso e avaro, motivato dall’odio per il sacerdote che aveva rimproverato i suoi peccati, fece il delatore dicendo di aver visto Davide con Ahimelec e raccontando i fatti in modo tale da accendere l’ira di Saul contro l’uomo di Dio. Le parole di quella lingua infiammata dal fuoco dell’inferno, risvegliarono le peggiori passioni di Saul, che furibondo dichiarò che tutti i sacerdoti sarebbero stati uccisi, e così accadde. Non solo Ahimelec, ma anche i membri della casa di suo padre: “Uccise in quel giorno ottantacinque persone che portavano l’efod di lino” (1 Samuele 22:18), un ordine del re e la mano assassina di Doeg.PP 554.2

    “E Saul mise pure a fil di spada Nob, la città de’ sacerdoti, uomini, donne, fanciulli, bambini di latte, buoi, asini e pecore”. 1 Samuele 22:19. Saul, istigato da Satana, giunse fino a quel punto! Quando Dio aveva detto che la malvagità degli amalechiti aveva raggiunto il colmo e aveva ordinato di distruggerli completamente, il re pensava di essere troppo umano per eseguire la sentenza, e risparmiò ciò che doveva essere votato alla distruzione. Ora, invece, che non c’era stato alcun ordine di Dio, ispirato da Satana, uccideva i sacerdoti dell’Eterno e sterminava gli abitanti di Nob. L’uomo che rifiuta di essere guidato dal Signore giunge a queste atrocità.PP 554.3

    La notizia dello sterminio riempì Israele di orrore. Ma era stato proprio il re che avevano scelto a commettere quell’oltraggio, si era comportato come i sovrani delle altre nazioni che non temevano Dio. Avevano ancora l’arca, ma i sacerdoti che dovevano consultare l’Eterno erano stati uccisi. Che cosa avrebbe riservato il futuro?PP 554.4

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