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Patriarchi e profeti

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    Capitolo 72: La ribellione di Absalom

    “Pagherà quattro volte” (2 Samuele 12:6), questa era stata la sentenza di Davide pronunciata involontariamente su se stesso, dopo aver ascoltato la parabola del profeta Nathan. Egli sarebbe stato giudicato secondo la sua stessa sentenza, perdendo quattro suoi figli come conseguenza del proprio peccato.PP 608.1

    Davide lasciò che il vergognoso crimine del primogenito Amnon non venisse né punito né biasimato. Nonostante la legge chiedesse la vita all’adultero, e il crimine contro natura di Ammon fosse doppiamente grave, il re, dopo aver condannato se stesso per il proprio errore, non fece giustizia. Per ben due anni Absalom, il protettore della sorella così vergognosamente offesa, nascose i suoi propositi di vendetta, ma solo per colpire con maggiore sicurezza in un secondo tempo. A una festa dei figli del re, l’incestuoso Amnon venne ucciso dagli uomini di suo fratello mentre era ubriaco.PP 608.2

    Un doppio giudizio era caduto su Davide, il quale ricevette la terribile notizia che “Absalom aveva ucciso tutti i figliuoli del re, e che non uno di loro era scampato. Allora il re si levò, si strappò le vesti, e si gettò a terra; e tutti i suoi servi gli stavan dappresso, con le vesti stracciate”. 2 Samuele 13:30, 31. I figli del re tornarono a Gerusalemme e spaventati, rivelarono al padre la verità: solo Amnon era stato ucciso, ed essi “alzarono la voce e piansero; ed anche il re e tutti i suoi servi versarono abbondanti lacrime”. 2 Samuele 13:36. Absalom era andato a rifugiarsi da Talmai, re di Gheshur e padre di sua madre.PP 608.3

    Come gli altri figli di Davide, Amnon era stato abbandonato alle gratificazioni egoistiche. Aveva cercato di soddisfare ogni suo desiderio senza preoccuparsi di ciò che Dio richiedeva. Aveva avuto per due anni l’opportunità di pentirsi, ma continuò a peccare, e quando fu colpito a morte pesava ancora su di lui quella colpa che sarebbe stata considerata nel terribile giudizio del tribunale divino.PP 608.4

    Davide aveva trascurato di punire, come sarebbe stato suo dovere, il crimine di Amnon e come conseguenza dell’infedeltà di quel re e padre, il Signore, non fermando la mano di Absalom, permise che gli eventi seguissero il loro corso. Quando i genitori o i governanti trascurano il loro dovere di punire gli errori, Dio stesso prende la situazione in mano. Ma il suo controllo viene in parte annullato dagli agenti del male e così si verifica una serie di circostanze che puniranno il peccato con un altro peccato.PP 608.5

    Le conseguenze negative dell’indulgenza di Davide nei confronti di Amnon non erano finite, perché questa fase dell’allontanamento di Absalom dal padre era appena iniziata. Dopo la fuga a Gheshur Davide, pensando che il delitto del figlio esigesse una punizione, gli negò il permesso di tornare. Questo esilio, invece di risolverli, aumentò i problemi in cui il re era coinvolto. Absalom, uomo energico, ambizioso e senza scrupoli, non potendo più partecipare agli affari del regno a causa dell’esilio, si abbandonò a trame pericolose.PP 609.1

    Due anni dopo Joab, deciso a riconciliare padre e figlio, si assicurò i servizi di una donna di Tekoa nota per la sua saggezza. Dietro suggerimento di Joab, la donna si presentò a Davide come una vedova i cui due figli erano stati la sua unica consolazione e il suo unico sostegno. In una lite uno di questi aveva ucciso l’altro, e ora tutti i parenti della famiglia chiedevano che il sopravvissuto fosse consegnato loro per la vendetta. “In questo modo” disse la madre “spegneranno il tizzone che m’è rimasto, e non lasceranno a mio marito né nome né discendenza sulla faccia della terra”. 2 Samuele 14:7. Il re si dimostrò sensibile a questo appello tanto da assicurare alla donna la protezione regale per il figlio.PP 609.2

    Dopo avergli strappato ripetute promesse in favore della vita del giovane la donna supplicò il re di essere tollerante verso di lei, affermando che il sovrano si era implicitamente dichiarato colpevole per non aver fatto tornare colui che aveva esiliato. “Noi” disse “dobbiamo morire, e siamo come acqua versata in terra, che non si può più raccogliere; ma Dio non toglie la vita, anzi medita il modo di far sì che il proscritto non rimanga bandito lungi da lui”. 2 Samuele 14:14. Questo ritratto tenero e toccante dell’amore di Dio nei confronti del peccatore, che tra l’altro veniva da un rude soldato come Joab, è una prova straordinaria della conoscenza che gli israeliti avevano delle grandi verità della redenzione. Il re, che sentiva personalmente la necessità della misericordia divina, non poté resistere a questo appello e ordinò a Joab: “Va, dunque, e fa, tornare il giovane Absalom”. 2 Samuele 14:21.PP 609.3

    Pur tornando a Gerusalemme, Absalom non ebbe il permesso né di presentarsi a corte né di incontrare suo padre. Davide aveva iniziato a notare le conseguenze negative della sua educazione permissiva; e dato che amava teneramente questo figlio bello e dotato, sentiva la necessità di manifestare la riprovazione per il delitto commesso in modo da dare una lezione sia ad Absalom sia al popolo. Absalom visse due anni nella propria casa, lontano dalla corte, con la sorella la cui presenza gli ricordava il danno irreparabile da lei subìto. Secondo la concezione popolare, il prìncipe più che un criminale era un eroe, e Absalom pensò di sfruttare questa situazione per conquistare le simpatie del popolo, tanto più che aveva un aspetto fisico che conquistava tutti. “In tutto Israele non v’era uomo che fosse celebrato per la sua bellezza al pari di Absalom; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non v’era in lui difetto alcuno”. 2 Samuele 14:25. Non fu una decisione saggia del re lasciare un uomo con il carattere di Absalom, ambizioso, impulsivo e passionale, rimuginare per due anni su possibili torti subiti. Questo ritorno a Gerusalemme, senza poter essere ammesso alla presenza del re, facilitò al principe la conquista delle simpatie del popolo.PP 609.4

    Davide aveva sempre presente davanti a sé la sua trasgressione della legge di Dio e ciò lo paralizzava da un punto di vista morale. Al coraggio e alla determinazione che lo avevano caratterizzato prima del peccato si erano sostituite la debolezza e l’indecisione; e ciò, diminuendone il prestigio, favoriva i piani del figlio snaturato.PP 610.1

    Per intervento di Joab, Absalom fu nuovamente ammesso alla presenza del padre, ma nonostante l’apparente riconciliazione non cessò di portare avanti le sue trame ambigue. Inoltre ora appariva quasi come un re, aveva carri e cavalli e cinquanta uomini lo precedevano correndo. Così, mentre il re conduceva una vita sempre più ritirata e solitaria, Absalom ricercava con impegno il favore del popolo.PP 610.2

    La trascuratezza e l’indecisione di Davide si estesero ai suoi subordinati tanto che l’amministrazione della giustizia fu caratterizzata da negligenza e ritardi. Absalom seppe sfruttare ogni occasione di malcontento a suo vantaggio. Giorno dopo giorno quest’uomo, dal nobile portamento, si trovava alla porta della città dove lo attendeva una folla che implorava che i torti venissero riparati. Absalom ascoltava le lagnanze, mostrando comprensione per i torti subìti e disapprovando l’inefficienza del governo. Dopo aver ascoltato un israelita, il principe rispondeva: “...Vedi, la tua causa è buona e giusta, ma non v’è chi sia delegato dal re per sentirti” aggiungendo poi: “Oh se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse un processo o un affare verrebbe da me e io gli farei giustizia. E quando uno gli si accostava per prostrarglisi dinanzi, ei gli porgeva la mano, l’abbracciava e lo baciava”. 2 Samuele 15:3-5.PP 610.3

    Lo scontento verso il governo, fomentato dalle insinuazioni del principe studiate con cura, si estese rapidamente. Tutti lodavano Absalom che generalmente veniva considerato erede del regno; la gente pensava a lui con orgoglio non solo ritenendolo degno della sua posizione di alto rango, ma nutrendo il desiderio di vederlo sul trono. “...In questo modo Absalom rubò il cuore alla gente d’Israele”. 2 Samuele 15:6. Il re, accecato dall’affetto per suo figlio, non solo non sospettava nulla, ma riteneva che il comportamento principesco che Absalom aveva assunto conferisse onore alla corte, e fosse espressione di gioia e riconciliazione.PP 610.4

    Ora il popolo era pronto ad accogliere ciò che Absalom stava tramando: l’invio nelle tribù di uomini scelti per accordarsi sui provvedimenti da prendere per una rivolta. Le trame eversive furono celate da un manto di religiosità. Absalom, dovendo sciogliere un voto fatto molto tempo prima, disse al re: “Ti prego, lasciami andare ad Hebron a sciogliere un voto che feci all’Eterno. Poiché, durante la sua dimora a Gheshur, in Siria, il tuo servo fece un voto, dicendo: Se l’Eterno mi riconduce in Gerusalemme, io servirò l’Eterno”. 2 Samuele 15:7, 8. Il padre premuroso, rassicurato da questa manifestazione di religiosità del figlio gli accordò la sua benedizione. Il momento della cospirazione era giunto. Si stava per consumare un atto che, oltre a ingannare il re e coronare l’ipocrisia di Absalom aveva lo scopo di confermare la fiducia del popolo in modo da guidarlo nella ribellione contro il sovrano che Dio aveva scelto.PP 611.1

    Absalom partì per Hebron con “duecento uomini, i quali, essendo stati invitati, partirono in tutta la loro semplicità, senza saper nulla”. 2 Samuele 15:11. Questi uomini lo accompagnarono senza pensare che il loro amore per il figlio del re li avrebbe coinvolti nella ribellione contro il padre. Arrivato ad Hebron, Absalom convocò immediatamente Ahitofel uno dei principali consiglieri di Davide, uomo molto stimato per la sua saggezza, la cui opinione era ritenuta sicura come quella di un oracolo. Ahitofel si unì ai cospiratori dando, con il suo appoggio, la garanzia del successo a Absalom e attirando molti uomini influenti di tutto il paese. Quando la tromba dei rivoltosi suonò, le spie del principe diffusero ovunque la notizia che Absalom era re, coinvolgendo una parte considerevole del popolo.PP 611.2

    Nel frattempo, a Gerusalemme, fu dato l’allarme e il re Davide si svegliò improvvisamente da un lungo torpore e si rese conto che la ribellione stava divampando proprio vicino al suo trono. In questa situazione di grave pericolo Davide si sollevò da quella depressione in cui da tanto tempo si trovava, e con lo spirito dei suoi anni migliori si preparò ad affrontare questa terribile situazione di emergenza. Absalom stava raccogliendo le sue forze a Hebron che distava solo trenta chilometri: i ribelli sarebbero ben presto arrivati alle porte di Gerusalemme.PP 611.3

    Davide dal palazzo osservò la capitale, “la città del gran re”, “gioia di tutta la terra” (Salmi 48:2) e rabbrividì al pensiero di devastazioni e stragi. Avrebbe chiamato in suo aiuto gli uomini ancora fedeli al suo trono per proteggere la capitale? Avrebbe permesso che Gerusalemme venisse inondata di sangue? La decisione fu presa: la città santa non sarebbe stata teatro degli orrori della guerra. Il re avrebbe lasciato Gerusalemme mettendo alla prova la fedeltà del popolo, dandogli la possibilità di schierarsi in sua difesa. In questo momento di grave crisi era suo dovere nei confronti di Dio e del suo popolo conservare l’autorità che il Signore gli aveva conferito; ma affidò a Dio le sorti della lotta.PP 612.1

    Umiliato e triste Davide passò sotto la porta di Gerusalemme separandosi, per l’insurrezione del proprio figlio tanto amato dal trono, dal palazzo e dall’arca di Dio. Il popolo lo seguiva in una lunga e triste processione, come un corteo funebre. La guardia del corpo di Davide costituita dai kerethei, i pelethei e seicento ghittei di Gath al comando di Ittai, accompagnava il re. Ma Davide, con la sua tipica generosità non permise che questi stranieri che avevano cercato la sua protezione fossero coinvolti in questa disgrazia ed espresse la sua sorpresa nel vederli pronti a sacrificarsi per lui, dicendo poi a Ittai di Gath: “...Perché vuoi anche tu venir con noi? Torna indietro, e statti col re; poiché sei un forestiero, e per di più un esule dalla sua patria. Pur ieri tu arrivasti; e oggi ti farei io andare errando qua e là, con noi mentre io stesso non so dove vado? Torna indietro, e riconduci teco i tuoi fratelli; e siano con te la misericordia e la fedeltà dell’Eterno!” 2 Samuele 15:19, 20.PP 612.2

    Ma Ittai rispose: “Com’è vero che l’Eterno vive e che vive, in qualunque luogo sarà il re mio signore, per morire o per vivere, quivi sarà pure il tuo servo”. 2 Samuele 15:21. Questi uomini pagani si erano convertiti al culto dell’Eterno e ora dimostravano la loro nobiltà d’animo manifestando la loro fedeltà a Dio e al re. Davide accettò con sincera gratitudine la loro dedizione alla sua causa che sembrava ormai perduta, e insieme attraversarono il torrente Kidron dirigendosi verso il deserto.PP 612.3

    La processione si fermò di nuovo perché si stava avvicinando un gruppo di uomini con paramenti sacri “ed ecco venire anche Tsadok con tutti i leviti, i quali portavano l’arca del patto di Dio”. 2 Samuele 15:24. I seguaci di Davide considerarono la cosa un presagio felice: la presenza di quel simbolo sacro era per loro una garanzia di liberazione e di vittoria definitiva. L’allontanamento dell’arca da Gerusalemme avrebbe indotto il popolo a raccogliersi intorno al re, terrorizzando allo stesso tempo i seguaci di Absalom.PP 612.4

    Vedendo l’arca Davide ebbe un fremito di gioia e di speranza, ma ben presto si affacciarono alla sua mente altri pensieri. Come re, nominato da Dio per custodire la sua eredità, egli aveva una solenne responsabilità: doveva preoccuparsi prima di tutto della gloria del Signore e del bene del popolo. Il Dio che abitava tra i cherubini aveva detto di Gerusalemme: “Questo è il mio luogo di riposo” (Salmi 132:14) e senza l’autorizzazione divina né il re né il sacerdote avevano diritto di spostare il simbolo della sua presenza. Davide sapeva che i suoi affetti e la sua vita dovevano essere in armonia con i precetti divini, altrimenti l’arca avrebbe potuto portare alla rovina piuttosto che al successo. Il suo peccato era sempre presente nella sua mente, e quindi pensò che questa cospirazione fosse il giusto giudizio di Dio. La spada, che avrebbe sempre accompagnato le vicende della sua casa, era stata sguainata, e Davide non sapeva quali sarebbero state le conseguenze. Non stava a lui rimuovere dalla capitale della nazione i sacri statuti che rappresentavano la trascrizione della volontà di Dio, la costituzione del regno e il fondamento della sua prosperità.PP 612.5

    Il re ordinò a Tsadok: “Riporta in città l’arca di Dio! Se io trovo grazia agli occhi dell’Eterno egli mi farà tornare, e mi farà vedere l’arca e la dimora di lui; ma se dice: Io non ti gradisco, eccomi, faccia Egli di me quello che gli parrà”. Poi Davide aggiunse: “Non sei tu il veggente?”, cioè l’uomo nominato da Dio per istruire il popolo. “Torna in pace in città con i due vostri figliuoli: Ahimaats, tuo figliuolo, e Gionathan, figliuolo di Abiathar. Guardate, io aspetterò nelle pianure del deserto, finché mi sia recata qualche notizia da parte vostra”. 2 Samuele 15:25-28. In città i sacerdoti avrebbero potuto rendere un buon servizio al re comunicandogli attraverso i loro figli Ahimaats e Gionathan i movimenti e i propositi dei ribelli di cui sarebbero venuti a conoscenza.PP 613.1

    Appena i sacerdoti tornarono verso Gerusalemme l’animo degli esuli si rattristò. Il loro re era un fuggiasco, un esiliato, privo dell’arca di Dio, il futuro era oscurato dalla paura e da tristi presagi. “E Davide saliva il monte degli Ulivi; saliva piangendo, e camminava col capo coperto e a piedi scalzi; e tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto, e, salendo, piangeva. Qualcuno venne a dire a Davide: Ahitofel è con Absalom tra i congiurati”. 2 Samuele 15:30, 31. Ancora una volta Davide fu costretto a riconoscere che quelle disgrazie erano la conseguenza del suo peccato. La defezione di Ahitofel, il capo politico più abile e scaltro, fu provocata dal male subìto da Bath-Sheba che il nonno Ahitofel voleva vendicare.PP 613.2

    “E Davide disse: Deh, o Eterno, rendi vani i consigli di Ahitofel”. 2 Samuele 15:31. Raggiunta la cima del monte il re si prostrò in preghiera affidando a Dio il peso che l’opprimeva e supplicando umilmente la misericordia divina. La preghiera fu subito esaudita. Hushai l’arkita, saggio e abile consigliere, che aveva dimostrato di essere un fedele amico di Davide, si presentò al re con gli abiti stracciati, la cenere sulla testa per condividere la sorte del sovrano detronizzato e fuggiasco. Davide comprese, come per ispirazione divina, che quest’uomo fedele e sincero era necessario per curare gli interessi del re nella capitale durante i consigli. Ubbidendo alla richiesta di Davide, Hushai tornò a Gerusalemme per offrire il suo servizio ad Absalom in modo da neutralizzare gli abili consigli di Ahitofel.PP 613.3

    Con questo raggio di luce in mezzo all’oscurità, il re e i suoi seguaci scesero verso il Giordano per il versante orientale del monte degli Ulivi, attraverso un deserto roccioso e desolato in mezzo ad aspri burroni e lungo sentieri pietrosi e ripidi. “E quando il re Davide fu giunto a Bahurim, ecco uscir di là un uomo, imparentato con la famiglia di Saul, per nome Scimei, figliuolo di Ghera. Egli veniva innanzi proferendo maledizioni e gettando sassi contro Davide, e contro tutti i servi del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti gli uomini di valore stavano alla destra e alla sinistra del re. Scimei, maledicendo Davide, diceva così: Vattene, vattene, uomo sanguinario, scellerato! L’Eterno fa ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, in luogo del quale tu hai regnato; e l’Eterno ha dato il regno nelle mani di Absalom, tuo figliuolo; ed eccoti nelle sciagure che ti sei meritato, perché sei un uomo sanguinario”. 2 Samuele 16:5-8.PP 614.1

    Scimei durante il periodo glorioso di Davide non aveva né agito né detto una parola come suddito sleale, ma ora che il re era prostrato, il beniaminita dimostrava il suo vero carattere. Dopo aver onorato il re quando era sul trono, ora che era umiliato lo malediva. Vile ed egoista considerava gli altri come se avessero lo stesso suo carattere, e Satana lo ispirò a dare libero sfogo all’odio che nutriva per colui che Dio aveva punito. Lo spirito che induce gli uomini alla sopravvivenza, che spinge a ingiuriare o angustiare chi è afflitto, proviene da Satana.PP 614.2

    Le accuse di Scimei nei confronti di Davide erano chiaramente false, si trattava di maldicenza maligna e infondata. Il re non aveva fatto alcun torto né a Saul né alla sua famiglia. Quando gli era capitato di trovarsi in una situazione in cui avrebbe potuto uccidere Saul, Davide si era limitato a tagliare il lembo del suo mantello, rimproverandosi poi di aver manifestato questa irriverenza nei confronti dell’unto dell’Eterno.PP 614.3

    Davide aveva dimostrato un sacro rispetto per la vita umana, perfino quando era braccato come una bestia selvaggia. Un giorno, nascosto nella spelonca di Adullam, il suo pensiero era corso a quando da adolescente aveva goduto di una grande libertà, chiedendosi: “Oh, se qualcuno mi desse da bere dell’acqua del pozzo ch’è vicino alla porta di Betlemme!” 2 Samuele 23:3-17. Betlemme a quel tempo era nelle mani dei filistei, ma tre uomini forti del suo esercito elusero le sentinelle e portarono al loro signore l’acqua di Betlemme. Davide però non poté berla e gridò: “Lungi da me, o Eterno, ch’io faccia tal cosa! Berrei io il sangue di questi uomini, che sono andati là a rischio della loro vita?” 2 Samuele 23:17. E in segno di rispetto versò l’acqua offrendola a Dio. Davide era stato un uomo di guerra, aveva passato gran parte della sua vita in mezzo a scene di violenza; ma fra tutti coloro che erano passati attraverso dure prove davvero pochi ne uscirono con una sensibilità e un senso morale poco alterati come era successo per Davide.PP 614.4

    Abishai, nipote di Davide e uno dei suoi capitani più coraggiosi, non potendo più ascoltare pazientemente gli insulti di Scimei, esclamò: “Perché questo can morto osa egli maledire il re, mio signore? Ti prego, lasciami andare a troncargli la testa”. 2 Samuele 23:9. Ma il re glielo vietò, dicendo: “Ecco, il mio figliuolo... cerca di togliermi la vita! Quanto più lo può fare ora questo beniaminita! Lasciate ch’ei maledica, giacché glielo ha ordinato l’Eterno. Forse l’Eterno avrà riguardo alla mia afflizione, e mi farà del bene in cambio delle maledizioni di oggi”. 2 Samuele 23:11, 12.PP 615.1

    La coscienza stava suggerendo a Davide verità amare e umilianti. Mentre i sudditi fedeli si interrogavano sul perché di questa improvvisa avversa fortuna, essa non era affatto incomprensibile per il re. Spesso egli aveva temuto che si verificasse una situazione come quella che stava vivendo e si era meravigliato di come Dio avesse sopportato così a lungo i suoi peccati ritardando la meritata punizione. E ora in quella fuga triste e frettolosa, con i piedi nudi e la tunica di tela di sacco che aveva sostituito i paramenti regali, e tra i lamenti dei seguaci che echeggiavano fra le colline, pensò alla sua capitale amata — il luogo in cui era stato consumato il suo peccato — e ricordando la bontà e la generosità di Dio si accese in lui una speranza. Sentì che Dio avrebbe manifestato la sua misericordia.PP 615.2

    Mentre molti malvagi ricordano l’errore di Davide per scusare il proprio peccato sono pochi coloro che manifestano il pentimento e l’umiltà di Davide! Sono anche pochi coloro che sopportano i rimproveri e la condanna con la pazienza e la forza che egli manifestò. Egli aveva confessato i propri peccati e per anni aveva cercato di fare il proprio dovere come fedele servo di Dio. Aveva operato per la realizzazione del suo regno che con lui aveva raggiunto una potenza e una prosperità mai uguagliate prima. Aveva anche accumulato molto materiale per l’edificazione della casa di Dio, e ora pensava che tutta la fatica della sua vita venisse spazzata via. Il risultato di anni di lavoro, di un’opera geniale compiuta nel campo religioso e politico sarebbe passata nelle mani di un figlio temerario e traditore che non teneva in considerazione né l’onore di Dio né la prosperità d’Israele? Come sarà sembrato naturale per Davide lamentarsi di Dio in questi momenti di grande afflizione!PP 615.3

    Le parole del profeta Michea sono permeate dello spirito che ispirò il cuore di Davide: “Se seggo nelle tenebre, l’Eterno è la mia luce. Io sopporterò l’indignazione dell’Eterno, perché ho peccato contro di lui, finch’Egli prenda in mano la mia causa, e mi faccia ragione”. Michea 7:8, 9. E il Signore non abbandonò Davide. Questo capitolo della sua vita, in cui di fronte agli insulti e ai torti più crudeli si dimostrò umile, altruista, generoso e sottomesso, è uno dei più nobili di tutta la sua esperienza. Mai il re d’Israele fu realmente grande agli occhi di Dio come nel momento della sua più profonda e visibile umiliazione.PP 616.1

    Se Dio non avesse rimproverato Davide per il suo peccato, lasciandolo sul trono in pace e prosperità nonostante la trasgressione dei precetti divini, gli scettici e gli infedeli avrebbero avuto qualche scusa per censurare la religione della Bibbia sulla base della storia di Davide.PP 616.2

    Ma l’esperienza che affrontò il re dimostra che il Signore non può né tollerare né scusare il peccato. Essa inoltre ci permette di scorgere i grandi obiettivi che Dio si prefigge con la sua maniera di affrontare il peccato. Attraverso i giudizi più severi ci fa scorgere i suoi propositi suggeriti dalla misericordia e dalla bontà. Dio punì severamente Davide ma non lo eliminò: la fornace della prova ha lo scopo di purificare, non di consumare. Il Signore dice: “Se i suoi figliuoli abbandonano la mia legge e non camminano secondo i miei ordini, se violano i miei statuti e non osservano i miei comandamenti, io punirò la loro trasgressione con la verga, la loro iniquità con percosse; ma non gli ritirerò la mia benignità, e non smentirò la mia fedeltà”. Salmi 89:30-33.PP 616.3

    Subito dopo la fuga di Davide da Gerusalemme Absalom, a capo del suo esercito, prese possesso senza spargimento di sangue della roccaforte d’Israele. Hushai fu uno dei primi a salutarlo, tanto che il principe fu sorpreso e compiaciuto per l’appoggio di quel vecchio amico e consigliere del padre. Absalom era abbastanza sicuro di poter ottenere il successo. Fino ad allora i suoi complotti erano andati a buon fine e accolse Hushai alla sua corte perché era impaziente di consolidare il trono e assicurarsi la fiducia della nazione.PP 616.4

    Ora Absalom era circondato da ingenti forze composte in gran parte da uomini non preparati alla guerra, che non erano ancora stati impegnati in un conflitto; e Ahitofel sapeva bene che la situazione di Davide non era affatto disperata. Una buona parte della nazione gli era ancora fedele, ed era circondato da guerrieri esperti, fedeli al loro re guidati da generali d’esperienza. Ahitofel sapeva bene che dopo il primo improvviso entusiasmo per il nuovo re, vi sarebbe stata una reazione. Se l’azione di rivolta fosse fallita, Absalom avrebbe potuto riconciliarsi con il padre e Ahitofel, in quanto capo consigliere, sarebbe stato considerato il maggiore colpevole della ribellione e quindi punito nella maniera più severa. Ahitofel, per evitare che Absalom rinunciasse a portare avanti la sua azione gli consigliò di compiere un atto che avrebbe reso impossibile la riconciliazione agli occhi dell’intera nazione. Con perfidia, questo consigliere astuto e immorale esercitò delle pressioni affinché Absalom aggiungesse al delitto di ribellione quello di incesto. Davanti a tutto Israele egli doveva prendere per sé, secondo il costume delle nazioni orientali, le concubine di suo padre dichiarando così di essere il nuovo re. Absalom eseguì quel vile suggerimento adempiendo la parola di Dio rivolta a Davide dal profeta: “Ecco, io sto per suscitare contro di te la sciagura della tua stessa casa, e prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un tuo prossimo... poiché tu l’hai fatto in segreto; ma io farò questo davanti a tutto Israele e in faccia al sole”. 2 Samuele 12:11, 12. Non che Dio suggerisse questi atti di debolezza, ma a causa del peccato di Davide non aveva abbastanza autorità per evitarli.PP 616.5

    Ahitofel era tenuto in alta considerazione per la sua saggezza, ma lo spirito di Dio lo aveva abbandonato. “Il principio della sapienza è il timore dell’Eterno” (Proverbi 9:10), e Ahitofel non la possedeva; l’alto tradimento non poteva avere una grande speranza di successo se basato sul crimine d’incesto. Gli uomini dall’animo corrotto complottano cattiverie, come se nessuno possa intralciare i loro piani; ma “colui che siede ne’ cieli ne riderà; il Signore si befferà di loro”. Salmi 2:4. Il Signore dichiara: “Non hanno voluto sapere dei miei consigli e hanno disdegnato ogni mia riprensione, si pasceranno del frutto della loro condotta, e saranno saziati dai loro propri consigli. Poiché il pervertimento degli scempi li uccide, e lo sviarsi degli stolti li fa perire”. Proverbi 1:30-32.PP 617.1

    Ora che il complotto per assicurarsi la propria salvezza aveva avuto successo, Ahitofel incitò Absalom a compiere un’azione immediata contro Davide. “Lasciami scegliere dodicimila uomini” disse “e partirò e inseguirò Davide questa notte stessa; e gli piomberò addosso mentre egli è stanco ed ha le braccia fiacche; lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga; io colpirò il re solo, e ricondurrò a te tutto il popolo”. 2 Samuele 17:1-3. Se questo piano, approvato dai consiglieri del re, fosse stato seguito, Davide sarebbe stato sicuramente ucciso, a meno che il Signore non si fosse interposto direttamente per salvarlo. Ma una saggezza superiore a quella del famoso Ahitofel stava guidando gli eventi. “L’Eterno aveva stabilito di render vano il buon consiglio di Ahitofel, per far cadere la sciagura sopra Absalom”. 2 Samuele 17:14.PP 617.2

    Hushai non era stato convocato al concilio, e per non sollevare il sospetto che lui fosse lì come spia, non volle imporre la sua presenza. Ma dopo che l’assemblea fu sciolta Absalom, che aveva un’alta considerazione dell’opinione dei consiglieri del padre, gli sottomise il piano di Ahitofel. Hushai comprese che se questo piano fosse stato seguito, Davide sarebbe stato spacciato, e disse: “Questa volta il consiglio dato da Ahitofel non è buono. Tu conosci tuo padre e i suoi uomini, e sai come sono gente valorosa e come hanno l’animo esasperato al par d’un’orsa nella campagna quando le sono rapiti i figli; e poi tuo padre è un guerriero e non passerà la notte col popolo. Senza dubbio egli è ora nascosto in qualche buca o in qualche altro luogo”. 2 Samuele 17:7-9. E continuò sostenendo che se l’esercito di Absalom avessero ricercato Davide non lo avrebbero catturato, anzi avrebbero subìto una sconfitta che li avrebbe scoraggiati, procurando un grave danno alla causa di Absalom. “Perché” disse “tutto Israele sa che tuo padre è un prode, e che quelli che ha seco son dei valorosi”. 2 Samuele 17:10. Poi suggerì un piano interessante per un uomo vanaglorioso ed egoista, desideroso dello sfarzo che accompagna il potere. “Perciò ” disse “io consiglio che tutto Israele da Dan fino a Beer-Sheba, si raduni presso di te, numeroso come la rena ch’è sul lido del mare, e che tu vada di persona alla battaglia. Così lo raggiungerai in qualunque luogo ei si troverà, e gli cadranno addosso come la rugiada cade sul suolo; e di tutti quelli che sono con lui non ne scamperà uno solo. E s’egli si ritira in qualche città, tutto Israele cingerà di funi quella città e noi la trascineremo nel torrente in guisa che non se ne trovi più nemmeno una pietruzza”. 2 Samuele 17:11-13.PP 618.1

    E Absalom e tutti gli uomini d’Israele dissero: “Il consiglio di Hushai l’Arkita, è migliore di quello di Ahitofel”. 2 Samuele 17:14. Ma vi era qualcuno che non era stato ingannato e che comprese chiaramente quali sarebbero state le conseguenze del fatale errore di Absalom. Ahitofel sapeva che la causa dei ribelli era perduta, e sapeva che a prescindere dal destino del principe, per i consiglieri che avevano istigato quei gravi crimini non vi era nessuna speranza. Ahitofel aveva incoraggiato Absalom a ribellarsi, gli aveva consigliato il peccato abominevole, il disonore del padre, e aveva raccomandato l’uccisione di Davide proponendone il piano per l’attuazione. Ma ora che aveva annullato l’ultima possibilità di riconciliazione con il re, un altro veniva preferito a lui, perfino da Absalom. In preda alla gelosia, la rabbia e la disperazione, Ahitofel “partì per andarsene a casa sua nella sua città. Mise in ordine le cose della sua casa, e s’impiccò. Così morì”. 2 Samuele 17:23. Questa fu la fine di un uomo saggio, di grandi capacità, che non considerò Dio come suo consigliere. Satana alletta gli uomini con promesse seducenti, ma alla fine ognuno scoprirà che “il salario del peccato e la morte”. Romani 6:23.PP 618.2

    Hushai, non essendo certo che quel re volubile avrebbe seguito il suo consiglio, fece suggerire a Davide di fuggire immediatamente, inviandogli questo messaggio tramite i figli dei sacerdoti: “Ahitofel ha consigliato Absalom e gli anziani cosi e così, e io ho consigliato in questo e questo modo. Or dunque... non passar la notte nelle pianure del deserto, ma senz’altro va’ oltre, affinché il re con tutta la gente che ha seco non rimanga sopraffatto”. Romani 6:15, 16.PP 619.1

    I giovani, pur essendo sospettati e inseguiti, condussero con successo la loro pericolosa missione. Davide, dopo la fatica e il dolore di quel primo giorno di fuga ricevette il messaggio che lo invitava ad attraversare il Giordano, quella stessa notte, perché suo figlio tramava di togliergli la vita. Quali saranno stati i sentimenti di quel padre e re crudelmente offeso in un momento di così terribile pericolo? L’uomo valorosissimo, l’uomo di guerra, il re le cui parole erano legge, era stato tradito dal figlio che aveva amato, ma anche viziato e su cui aveva contato, era stato offeso e abbandonato dai sudditi legati a lui dai più forti legami di onore e fedeltà, con quali parole avrebbe manifestato i sentimenti più profondi? Nel momento della prova più dura, Davide confidava in Dio e cantò: “O Eterno, quanto numerosi sono i miei nemici! Molti sono quelli che si levano contro di me, molti quelli che dicono dell’anima mia: Non c’è salvezza per lui presso Dio! Ma tu, o Eterno, sei uno scudo attorno a me, sei la mia gloria, colui che mi rialza il capo. Con la mia voce io grido all’Eterno, ed Egli mi risponde dal monte della sua santità. Io mi sono coricato e ho dormito, poi mi sono risvegliato, perché l’Eterno mi sostiene. Io non temo le miriadi di popolo che si sono accampate contro a me d’ogni intorno... All’Eterno appartiene la salvezza; la tua benedizione riposi sul suo popolo”. Salmi 3:1-8.PP 619.2

    Davide e i suoi guerrieri, consiglieri, vecchi, giovani, donne e bambini attraversarono nell’oscurità della notte il fiume profondo e tumultuoso: “All’apparir del giorno, neppure uno era rimasto, che non avesse passato il Giordano”. 2 Samuele 17:22.PP 619.3

    Davide e il suo esercito si ritirarono a Mahanaim, che era stata la residenza reale di Ishbosheth. Quella era una città notevolmente fortificata, circondata da una zona montuosa che in caso di guerra favoriva la ritirata. Il paese era sufficientemente ricco e il popolo simpatizzava per la causa di Davide, tanto che molti si unirono a lui e i membri più ricchi delle tribù portarono in dono abbondanti generi di prima necessità e altri rifornimenti necessari.PP 620.1

    Il consiglio di Hushai era stato attuato: Davide aveva avuto l’opportunità di fuggire, ma il principe non riuscì a trattenersi a lungo e presto si lanciò all’inseguimento del padre. “E Absalom anch’egli passò il Giordano con tutta la gente d’Israele”. 2 Samuele 17:24. Absalom nominò Amasa, figlio di Abigail, sorella di Davide, comandante supremo delle sue forze. Era un esercito numeroso, ma poco preparato per affrontare i soldati d’esperienza di suo padre.PP 620.2

    Davide divise le forze in tre battaglioni affidandoli a Joab, Abishai e Ittai di Gath. Egli aveva pensato di guidare il suo esercito personalmente, ma gli ufficiali, i consiglieri e tutto il popolo si opposero decisamente a questa decisione. “Tu non devi venire” dissero “perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand’anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso; ma tu conti per diecimila di noi: or dunque è meglio che tu ti tenga pronto a darci aiuto dalla città”. 2 Samuele 18:3, 4.PP 620.3

    Le lunghe colonne dell’esercito dei ribelli si vedevano perfettamente dalle mura della città. L’usurpatore era accompagnato da una forza così ingente da far sembrare la schiera di Davide una manciata di uomini.PP 620.4

    Osservando gli eserciti contrapposti il re non pensava tanto alla corona o al regno, o alla sua vita che dipendeva dall’esito della battaglia. Provava soprattutto amore e compassione per quel figlio ribelle. E quando l’esercito sfilò attraverso le porte della città, Davide incoraggiò i suoi soldati fedeli, pregandoli di andare avanti, confidando nel Dio d’Israele che avrebbe dato loro la vittoria, ma non seppe nascondere il suo amore per Absalom.PP 620.5

    Quando Joab, il vincitore di centinaia di battaglie, che guidava l’ultimo drappello passò davanti al re, chinò il capo fiero per ascoltare il messaggio del re e si sentì dire con voce tremante: “Per amor mio, trattate con riguardo il giovane Absalom”. 2 Samuele 18:5. Anche Abishai e Ittai ricevettero la stessa raccomandazione. La sollecitudine dimostrata dal re sembrava indicare che Absalom gli fosse più caro del suo stesso regno e perfino dei sudditi fedeli al suo trono, ed ebbe come unico effetto quello di aumentare l’indignazione dei soldati contro quel figlio snaturato.PP 620.6

    Il luogo di battaglia era un bosco vicino al Giordano dove il gran numero di soldati costituiva solo uno svantaggio per Absalom. La vegetazione intricata e le paludi della foresta disorientarono e resero ingovernabili le truppe indisciplinate di Absalom. “E il popolo d’Israele fu quivi sconfitto dalla gente di Davide; e la strage ivi fu grande in quel giorno, caddero ventimila uomini”. 2 Samuele 18:7. Absalom, vedendo che la partita era persa fuggì, ma rimase impigliato nei rami di un folto albero, mentre il suo mulo procedeva nella corsa lasciandolo appeso per la testa, preda indifesa del nemico.PP 621.1

    Un soldato lo trovò in queste condizioni, e per paura di far dispiacere al re risparmiò il principe limitandosi a riferire a Joab ciò che aveva visto. Quest’ultimo, che aveva aiutato Absalom assicurandogli la riconciliazione ricevendo in cambio della fiducia concessa un vergognoso disprezzo, non si fece condizionare da scrupoli. La sua intercessione in favore di Absalom aveva permesso a quest’ultimo di avere dei vantaggi che avevano reso possibile la ribellione con tutti i suoi errori. Ma ora la situazione era nelle sue mani, poteva distruggere con un solo colpo l’istigatore di tanto male. “E presi in mano tre dardi, li immerse nel cuore di Absalom... Poi presero Absalom, lo gettarono in una gran fossa nella foresta, ed elevarono sopra di lui un mucchio grandissimo di pietre”. 2 Samuele 18:14, 17.PP 621.2

    Così dopo che Ahitofel si era già tolto la vita, perì l’istigatore della ribellione d’Israele. Il principe Absalom, la cui bellezza era stata l’orgoglio d’Israele, era stato ucciso nel fiore della sua giovinezza e il suo cadavere gettato in una fossa e coperto da un mucchio di pietre, in segno di eterna riprovazione. Quando era in vita Absalom aveva innalzato per sé un costoso monumento nel parco reale, ma ora l’unico memoriale che segnalava la sua tomba era un mucchio di pietre in una landa desolata.PP 621.3

    Poiché il capo della ribellione era stato ucciso, Joab fece squillare le trombe per richiamare l’esercito che stava inseguendo il nemico in fuga e inviò subito dei messaggeri per portare la notizia al re.PP 621.4

    La sentinella che guardava dalle mura della città in direzione del campo di battaglia, scorse un uomo che stava correndo solo, seguito a una certa distanza da un secondo. Quando il primo fu nelle vicinanze, la sentinella disse al re che stava attendendo accanto alla porta: “Il modo di correre del primo mi pare quello di Ahimaats figliuolo di Tsadok. E il re rispose: È un uomo dabbene, e viene a portare buone notizie. E Ahimaats gridò al re: Pace! E, prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: Benedetto sia l’Eterno, l’Iddio tuo, che ha dato in tuo potere gli uomini che avevano alzate le mani contro il re, mio signore”. Alla domanda di Davide carica di ansia: “Il giovane Absalom sta egli bene?” (2 Samuele 18:27-29), Ahimaats rispose in modo evasivo.PP 621.5

    Il secondo messaggero arrivò gridando: “Buone notizie per il re mio signore! L’Eterno t’ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di tutti quelli che erano insorti contro di te”. 2 Samuele 18:31. Ancora una volta il padre pronunciò con preoccupazione la domanda: “Il giovane Absalom sta egli bene?” 2 Samuele 18:32. Incapace di nascondere la grave notizia, il messaggero rispose: “Possano i nemici del re mio Signore, e tutti quelli che insorgono contro di te per farti del male, subir la sorte di quel giovane”. 2 Samuele 18:32. Non fu necessario dire altro; Davide senza far nessuna domanda chinò il capo e “salì nella camera che era sopra la porta, e pianse: e, nell’andare diceva: Absalom figliuolo mio! Figliuolo mio, Absalom figliuol mio! Oh, fossi io pur morto in vece tua, o Absalom figliuolo mio, figliuolo mio!” 2 Samuele 18:33.PP 622.1

    L’esercito vittorioso, reduce dal campo di battaglia, era ormai vicino alla città e le grida di trionfo echeggiavano fra le colline. Ma quando i soldati entrarono per le porte della città le grida si affievolirono e gli sguardi si abbassarono dando l’impressione di essere stati sconfitti. Il re, infatti, non li stava attendendo per dare loro il benvenuto e dalla camera situata sopra la porta si sentiva questo lamento: “Absalom figliuolo mio! Figliuolo mio, Absalom figliuol mio! Oh foss’io pur morto in vece tua, o Absalom figliuolo mio, figliuolo mio! E la vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo perché il popolo sentì dire in quel giorno: Il re è molto afflitto a cagione del suo figliuolo. E il popolo in quel giorno rientrò furtivamente in città, com’avrebbe fatto gente coperta di vergogna per esser fuggita in battaglia”. 2 Samuele 19:2, 3.PP 622.2

    Joab era al colmo dell’indignazione. Dio gli aveva offerto l’occasione per trionfare ed essere felice, la più grande ribellione che il popolo d’Israele avesse conosciuto era stata sedata; e questa grande vittoria aveva portato il re, per il cui crimine migliaia di uomini coraggiosi avevano pagato con il sangue, a lamentarsi. Il rude capitano si presentò di prepotenza davanti al re dicendogli coraggiosamente: “Tu copri oggi di rossore il volto di tutta la tua gente, che in questo giorno ha salvato la vita a te ai tuoi figliuoli e alle tue figliuole... giacché ami quelli che t’odiano, e odi quelli che t’amano; infatti oggi tu fai vedere che capitani e soldati per te son nulla; e ora io vedo bene che se Absalom fosse vivo e noi fossimo quest’oggi tutti morti, allora saresti contento. Or dunque levati, esci, e parla al cuore della gente; perché io giuro per l’Eterno che, se non esci, neppure un uomo resterà con te questa notte; e questa sarà per te sventura maggiore di tutte quelle che ti son cadute addosso dalla tua giovinezza fino a oggi”. 2 Samuele 19:5-7. Per quanto il rimprovero fosse duro e perfino crudele per l’animo affranto del re, Davide non se ne risentì. Comprendendo che il suo generale aveva ragione, scese alla porta e con parole di incoraggiamento ed elogio salutò i suoi coraggiosi soldati che marciavano davanti a lui.PP 622.3

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