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Patriarchi e profeti

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    Capitolo 12: Abramo in Canaan

    Abramo tornò in Canaan “...molto ricco di bestiame, d’argento e d’oro”. Genesi 13:2. Insieme a Lot, che ancora lo accompagnava nel suo viaggio, egli si recò a Bethel dove fissarono le loro tende vicino all’altare eretto in precedenza. I due uomini si erano resi conto che l’aumentare delle loro ricchezze poneva ormai grosse difficoltà. In ogni difficoltà Abramo e Lot erano sempre andati d’accordo: proprio il benessere sembrava ora nascondere il rischio di una rottura. Il pascolo non era sufficiente per i greggi e le mandrie di entrambi: Abramo e Lot, sempre più spesso, dovevano risolvere le controversie che nascevano fra i loro pastori. Era evidente che i due dovevano separarsi. Abramo era più anziano e più ricco di Lot; inoltre aveva una posizione più influente all’interno della famiglia. Nonostante questo, fu proprio lui a proporre un piano che permettesse una convivenza pacifica. Dio gli aveva dato tutta la terra di Canaan, ma egli, con grande generosità, rinunciò a questo diritto. “...Non ci sia contesa tra me e te...” disse Abramo “né fra i miei pastori e i tuoi pastori, poiché siam fratelli! Tutto il paese non sta esso davanti a te? Deh, separati da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; e se tu vai a destra, io andrò a sinistra”. Genesi 13:8, 9. Abramo dimostrava così di avere uno spirito nobile e disinteressato. Quanti, in condizioni analoghe, avrebbero rivendicato a ogni costo i loro diritti e le loro preferenze! Quante famiglie si sono divise per motivi simili! In quante chiese si è creata una divisione che ha gettato il discredito sulla causa della verità, rendendola ridicola agli occhi dei malvagi! “Non ci sia più contesa tra me e te” disse Abramo “poiché siam fratelli”: non solo per un rapporto di parentela naturale, ma anche in quanto credenti.PP 107.1

    I figli di Dio costituiscono in tutto il mondo un’unica famiglia e devono essere animati da uno spirito di amore e di conciliazione. “Quanto all’amor fraterno, siate pieni d’affezione gli uni per gli altri; quanto all’onore, prevenitevi gli uni gli altri”. Romani 12:10. Questo è l’insegnamento del nostro Salvatore. La maggior parte dei problemi che ci affliggono potrebbero essere eliminati, se fossimo cortesi con tutti e desiderassimo per gli altri ciò che vorremmo essi facessero per noi. Chi cerca di affermare il proprio orgoglio segue lo spirito di Satana, mentre chi coltiva in sé l’amore del Cristo, sarà animato da sentimenti di bontà disinteressata. La sua attenzione sarà rivolta a questo consiglio di Dio: “avendo ciascuno di voi riguardo non alle cose proprie, ma anche a quelle degli altri”. Filippesi 2:4.PP 107.2

    Sebbene Lot dovesse le sue ricchezze ad Abramo, non manifestò nei suoi confronti alcuna gratitudine. Il buon senso gli avrebbe dovuto suggerire di lasciare la scelta ad Abramo, ma egli fu egoista e cercò di ottenere dalla situazione il massimo dei vantaggi. “E Lot alzò gli occhi e vide l’intera pianura del Giordano... era tutta quanta irrigata fino a Tsoar, come il giardino dell’Eterno, come il paese d’Egitto”. Genesi 13:10. La valle del Giordano era la terra più fertile di tutta la Palestina, tanto da ricordare il paradiso perduto. Era simile per bellezza e produttività alla pianura del Nilo, che avevano appena lasciato. In essa sorgevano inoltre città ricche e magnifiche: i loro mercati promettevano un commercio vantaggioso. Abbagliato da quella visione di ricchezza, Lot sottovalutò la corruzione morale e spirituale che vi avrebbe incontrato. La gente della pianura “...era scellerata e oltre modo peccatrice contro l’Eterno”. Genesi 13:13. Ma Lot non lo sapeva, o comunque dava poca importanza alla cosa. Egli “si scelse tutta la pianura del Giordano e partì... piantando le sue tende fino a Sodoma” (Genesi 13:12), non prevedendo i terribili risultati della sua scelta egoistica.PP 108.1

    Dopo la separazione, Abramo ricevette ancora una volta da parte del Signore la promessa che avrebbe posseduto l’intero paese; subito dopo si recò a Hebron, dove piantò le sue tende sotto le querce di Mamre ed eresse un altare all’Eterno. Abramo visse all’aria aperta su questi altipiani, tra gli uliveti, le vigne, i vasti campi di grano e gli ampi pascoli delle colline circostanti. Era contento di questa vita semplice e lasciava a Lot la pericolosa corruzione della valle di Sodoma.PP 108.2

    Abramo fu considerato dalle nazioni vicine un principe potente, un capo saggio e abile. Egli non perse mai l’occasione per svolgere un’azione positiva nei suoi rapporti con i popoli vicini: la sua vita e il suo carattere erano in stridente contrasto con i costumi dei seguaci dei culti idolatri ed esercitavano un’efficace ascendente in favore della vera fede. La sua fedeltà a Dio era ferma, la sua affabilità e cortesia ispiravano fiducia e amicizia e il suo sincero altruismo suscitava rispetto e lode.PP 108.3

    Egli non considerava la sua religione come un tesoro prezioso che dovesse essere custodito gelosamente, a esclusivo beneficio di chi lo possedeva. La vera fede, infatti, non può rimanere nascosta: ciò è contrario ai principi del Vangelo. Se il Cristo abita nel cuore dell’uomo, è impossibile nascondere o indebolire la luce che proviene dalla sua presenza. Quella luce, al contrario, diventerà sempre più luminosa, finché le tenebre dell’egoismo e dell’errore, che imprigionano la coscienza dell’uomo, saranno disperse dai raggi del Sole di giustizia, che è il Cristo.PP 108.4

    Il popolo di Dio è chiamato a essere la sua immagine sulla terra. Il Signore desidera che esso costituisca una luce, nell’oscurità morale di questo mondo. Sparsi in tutti i paesi, nelle città e nei villaggi, i credenti sono i testimoni di Dio, tramite i quali Egli mostra la sua volontà e le gioie che provengono dalla sua grazia a un mondo privo di fede. Egli vuole che tutti coloro che sono salvati svolgano un compito per lui. Coloro che non credono in Dio valutano il messaggio del Vangelo in base alla fede dei cristiani. Le prove sopportate con pazienza, le benedizioni ricevute con gratitudine, la dolcezza, la gentilezza, la misericordia e l’amore, quando sono un’abitudine di vita, sono agli occhi del mondo la prova più evidente di un carattere orientato dall’esempio del Cristo e rivelano, per contrasto, le tenebre morali che derivano dall’egoismo della natura umana.PP 109.1

    Abramo aveva molta fede e un animo nobile e generoso: era fermo nella sua ubbidienza, umile nella semplicità della sua vita. Era un uomo saggio e diplomatico, coraggioso e abile nella guerra. Nonostante fosse conosciuto come l’iniziatore di una nuova religione, i tre principi, fratelli, che regnavano nella pianura degli amorei dove egli abitava, dimostrarono la loro amicizia invitandolo ad allearsi con loro per garantire una maggiore sicurezza nel paese, tormentato dalla violenza e dall’oppressione. Ben presto si presentò ad Abramo l’occasione per dimostrarsi fedele a questo patto.PP 109.2

    Kedorlaomer, re di Elam, aveva invaso Canaan quattordici anni prima, conquistandola. Vari principi del luogo si erano ribellati e il re elamita si era schierato contro di loro per sottometterli. In risposta a questa minaccia, cinque re di Canaan si allearono: essi si scontrarono con gli invasori nella valle di Siddim, ma subirono una completa sconfitta. Gran parte dell’esercito fu distrutto e coloro che scamparono furono costretti a rifugiarsi sulle montagne. I vincitori saccheggiarono le città della pianura, portando con sé un ricco bottino e molti prigionieri, tra cui Lot e la sua famiglia.PP 109.3

    Abramo, che viveva sereno presso il bosco di querce a Mamre, venne a conoscenza dell’esito della battaglia e della sorte dei suoi nipoti da uno dei fuggiaschi. Non serbava alcun rancore nei confronti di Lot per la sua ingratitudine. A quella notizia, tutto l’affetto che nutriva per lui si risvegliò e decise di liberarlo. Dopo aver chiesto in preghiera il consiglio di Dio, si preparò per la guerra. Convocò nel suo accampamento trecentodiciotto uomini fidati, educati al rispetto di Dio, fedeli al loro capo e abili nella pratica delle armi. I suoi confederati, Mamre, Eshcol e Aner, riunirono le loro truppe e insieme ad Abramo inseguirono gli invasori. Gli elamiti si erano accampati insieme ai loro alleati a Dan, nella regione più settentrionale di Canaan. Esaltati dalla vittoria, non temendo più nessun assalto da parte dei nemici ormai dispersi, si erano abbandonati alle orge. Il patriarca divise le sue forze in modo da attaccare da direzioni diverse. L’azione ebbe luogo di notte e fu così rapida e improvvisa che risultò una vittoria. Il re di Elam fu ucciso e il suo esercito, in preda al panico fuggirono. I vincitori, oltre a liberare Lot, la sua famiglia e tutti i prigionieri con i loro beni, raccolsero un ricco bottino. Abramo si era meritato il trionfo, grazie all’aiuto che Dio gli aveva concesso. In seguito a questa vittoria i fedeli di Jahweh resero un grande servizio al paese e dimostrarono il loro valore. Fu evidente che la fedeltà di questi uomini nei confronti di Dio non significava necessariamente che essi fossero dei vigliacchi, al contrario, la religione di Abramo gli dava la forza di difendere la giustizia e di proteggere gli oppressi. In seguito a questa azione eroica l’influenza del patriarca crebbe, fra le tribù circostanti. Al suo ritorno, il re di Sodoma e il suo seguito gli vennero incontro per onorare il conquistatore, offrendogli il bottino e chiedendo solo la restituzione dei prigionieri.PP 109.4

    Secondo le consuetudini della guerra, il bottino apparteneva ai conquistatori; Abramo tuttavia aveva intrapreso questa spedizione senza nessuna intenzione di ottenere dei vantaggi. Per questo motivo, rifiutò ogni compenso, ordinando soltanto che i suoi alleati ricevessero la parte a cui avevano diritto.PP 110.1

    Pochi, di fronte a una prova simile, avrebbero dimostrato un atteggiamento nobile come quello di Abramo, e resistito alla tentazione di appropriarsi di un bottino così ricco. Il suo esempio è un avvertimento per coloro che, animati da uno spirito venale, cercano solo il proprio interesse. Abramo rispettò i doveri imposti dal diritto e dalla clemenza, mettendo in pratica una massima ispirata: “...amerai il prossimo tuo come te stesso...”. Levitico 19:18. Egli infatti disse: “...Ho alzato la mia mano all’Eterno, l’Iddio Altissimo, padrone dei cieli e della terra, giurando che non prenderei neppure un filo, né un laccio di sandalo, di tutto ciò che t’appartiene; perché tu non abbia a dire: Ho arricchito Abramo”. Genesi 14:22, 23. Non volle offrire nessun pretesto all’idea che avesse intrapreso la guerra per ricavarne un guadagno. Nessuno doveva attribuire la sua ricchezza ai doni o ai favori umani. Dio aveva promesso di benedirlo: a lui doveva andare la gloria per il successo dell’impresa.PP 110.2

    Un altro personaggio che venne a dare il benvenuto al patriarca vittorioso fu Melchisedec, re di Salem, che portò del pane e del vino per nutrire il suo esercito. Come “sacerdote dell’Altissimo”, egli lo benedisse e ringraziò il Signore per aver realizzato tramite quel suo servitore, una liberazione così grande. “E Abramo gli diede la decima di ogni cosa”. Genesi 14:18-20.PP 110.3

    Abramo tornò volentieri alle sue tende e al suo gregge, ma la sua mente era assalita da pensieri inquietanti. Era stato uomo di pace e aveva cercato di evitare l’odio e i conflitti: ora, invece, ricordava con orrore la strage a cui aveva assistito. I popoli sconfitti avrebbero sicuramente invaso una seconda volta Canaan e lui sarebbe stato l’obiettivo principale della loro vendetta. Il pensiero di essere coinvolto in queste lotte lo privò della pace che prima provava. Inoltre, poiché non era ancora entrato in possesso di Canaan, non poteva sperare in un erede che potesse adempiere la promessa divina.PP 111.1

    In una visione notturna udì la voce di Dio che gli disse: “...Non temere, o Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima”. Genesi 15:1. La sua mente era così oppressa da cattivi presentimenti che egli non riuscì ad accettare queste parole con lo stesso sentimento di totale fiducia che lo aveva ispirato fino a quel momento. Pregò per avere una garanzia concreta dell’adempimento della profezia. Del resto, come poteva realizzarsi l’alleanza promessa se gli veniva negato il dono di un figlio? “...Signore, Eterno, che mi darai tu? poiché io me ne vo senza figliuoli...”. Genesi 15:2. Egli aveva pensato infatti di adottare come figlio Eliezer, un servo fedele, perché ereditasse i suoi beni. Dio gli promise allora che avrebbe avuto un erede naturale, un figlio: lo fece uscire dalla tenda e Abramo vide le innumerevoli stelle che brillavano nel cielo. Poi udì queste parole: “...Così sarà la tua progenie”. Genesi 15:5. “Or Abramo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia”. Romani 4:3.PP 111.2

    Nonostante queste parole, egli insistette per avere un segno visibile che rafforzasse la sua fede e dimostrasse ai suoi discendenti che i piani di Dio in loro favore si sarebbero realizzati. Il Signore acconsentì a stringere un patto con il suo servitore, secondo le consuetudini vigenti in quel tempo per la ratifica di un impegno solenne. Seguendo le istruzioni divine, Abramo sacrificò una giovenca, una capra e un montone, tutti di tre anni: ne divise a metà i corpi e li pose uno di fronte all’altro. Prese anche una tortora e un giovane piccione, che però conservò interi. Fatto questo, passò con atteggiamento riverente tra le parti del sacrificio, pronunciando un voto solenne di eterna ubbidienza; quindi rimase a vigilare fino al tramonto, per impedire che gli uccelli da preda contaminassero o divorassero le carcasse degli animali. All’imbrunire si addormentò profondamente “...ed ecco, uno spavento, una oscurità profonda, cadde su di lui”. Genesi 15:12. Udì la voce di Dio: essa gli diceva che non si sarebbe dovuto attendere un immediato possesso della terra promessa e gli indicava le sofferenze che la sua progenie avrebbe dovuto sopportare, prima di stabilirsi in Canaan. Gli fu mostrato il piano della redenzione, il grande sacrificio della morte del Cristo e il suo ritorno in gloria. Abramo vide anche la terra restituita alla bellezza dell’Eden: quella dimora sarebbe stata sua per sempre, perché avrebbe costituito l’adempimento finale e definitivo della promessa di Dio.PP 111.3

    A conferma di questo patto, una fornace fumante e una fiamma luminosa, segni della presenza divina, passarono tra i vari sacrifici, consumandoli completamente. E di nuovo Abramo udì una voce che confermava il dono della terra di Canaan alla sua discendenza “...dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate”. Genesi 15:18.PP 112.1

    Il patriarca viveva ormai da venticinque anni in quella terra, quando il Signore gli apparve, dicendogli: “...Io sono l’Iddio onnipotente; cammina alla mia presenza e sii integro”. Genesi 17:1. Intimorito, Abramo si prostrò a terra mentre la voce continuava: “Quanto a me, ecco il patto che fo con te; tu diverrai padre di una moltitudine di nazioni”. Genesi 17:4. Come segno dell’adempimento di questa promessa, il nome di Abramo fu mutato in Abrahamo, che significa “padre di una moltitudine di nazioni”. Genesi 17:5. Il nome di Sarai divenne invece Sara, che significa principessa, perché, disse quella voce: “...io la benedirò, ed anche ti darò di lei un figliuolo; ed essa diverrà nazione; re di popoli usciranno da lei”. Genesi 17:16.PP 112.2

    In quel tempo fu prescritto ad Abramo il rito della circoncisione, “...suggello della giustizia ottenuta per la fede che avea quand’era incirconciso...”. Romani 4:11. Il patriarca e i suoi discendenti avrebbero osservato questo rito in segno di consacrazione al servizio di Dio: essi avrebbero rifiutato il culto delle divinità pagane e Dio li avrebbe considerati il suo “tesoro particolare”. Da parte loro, i discendenti di Abramo si sarebbero impegnati a osservare il patto che Dio aveva stretto con Abramo, loro padre. Non avrebbero contratto matrimoni con persone dedite a pratiche religiose pagane, perché in questo modo non avrebbero potuto più rispettare la loro fede in Dio e nella sua legge: una volta caduti nell’errore dell’idolatria, sarebbero stati tentati di adottare le abitudini immorali delle altre nazioni.PP 112.3

    Dio conferì grandi onori ad Abramo: gli angeli del cielo lo accompagnavano e gli parlavano come a un amico. Alla vigilia della distruzione di Sodoma, egli fu informato della decisione di Dio e perorò la causa di quegli uomini colpevoli. Nei suoi contatti con gli angeli ebbe modo di dimostrare tutta la sua ospitalità, lasciandoci un magnifico esempio.PP 112.4

    Durante una calda giornata estiva il patriarca, seduto davanti alla sua tenda, osservava sereno il paesaggio. All’improvviso, vide in lontananza tre viandanti che si avvicinavano. Prima di raggiungere la tenda gli stranieri si fermarono, come per consultarsi. Senza aspettare che essi gli rivolgessero una richiesta di aiuto, Abramo corse loro incontro: quando vide che stavano per dirigersi da un’altra parte, con grande gentilezza li invitò a onorarlo, fermandosi da lui per riposarsi. Abramo stesso portò dell’acqua, in modo che potessero lavarsi i piedi sporchi per la polvere, e scelse i cibi. Mentre i suoi ospiti riposavano al fresco, organizzò un pranzo; quindi rimase in piedi davanti a loro, in segno di rispetto: nel frattempo, essi godevano della sua ospitalità. Dio considerò questa gesto gentile così importante, che volle ricordarlo nella Bibbia; mille anni dopo, l’apostolo ispirato scrisse in proposito: “L’amor fraterno continui fra voi. Non dimenticate l’ospitalità; perché, praticandola, alcuni, senza saperlo, hanno albergato degli angeli”. Ebrei 13:1, 2.PP 113.1

    Abramo aveva visto nei suoi tre ospiti solo tre viandanti e non aveva pensato che fra loro vi fosse qualcuno degno della sua adorazione. Ma la vera natura dei messaggeri celesti fu presto rivelata. Benché avessero il compito di realizzare un castigo, essi rivolsero a quell’uomo di fede parole di benedizione. Anche se Dio condanna con rigore la malvagità e punisce la trasgressione, non prova piacere nella vendetta; l’azione distruttrice è una “strana opera” per colui che è amore infinito.PP 113.2

    “Il segreto dell’Eterno è per quelli che lo temono ed Egli fa loro conoscere il suo patto”. Salmi 25:14. Abramo aveva onorato Dio, e per questo Egli lo onorò a sua volta, rivelandogli i suoi progetti. “Celerò io ad Abramo quello che sto per fare?... Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò se hanno interamente agito secondo il grido che n’è pervenuto a me; e, se così non è, lo saprò”. Genesi 18:17, 20, 21. Dio conosceva bene la grave corruzione di Sodoma, ma adeguò il suo discorso alla logica umana, in modo che la sua azione potesse essere considerata giusta. Prima di condannare i trasgressori, egli disse ad Abramo, che voleva rendersi conto di persona della situazione; se essi avevano superato i limiti della misericordia divina, non ci sarebbe stata un’altra possibilità per pentirsi.PP 113.3

    Due dei messaggeri celesti si allontanarono, lasciando Abramo solo con il Figlio di Dio. L’uomo di fede, che sapeva con chi parlava, intercedette in favore degli abitanti della città. In precedenza il patriarca li aveva protetti con la sua spada e ora sperava di salvarli tramite la preghiera. Lot e la sua famiglia abitavano ancora laggiù e Abramo, con lo stesso grande altruismo che lo aveva spinto poco tempo prima a liberarli dagli elamiti, cercava ora di farli scampare alla distruzione, se ciò fosse stato in accordo con la volontà di Dio. Con grande timore egli giustificò la sua intercessione, dicendo: “...Ecco, prendo l’ardire di parlare al Signore, benché io non sia che polvere e cenere”. Genesi 18:27. Egli non era orgoglioso né avanzava alcuna pretesa che fosse basata sui suoi meriti. Non rivendicò alcun favore in cambio della sua ubbidienza o delle rinunce affrontate per adempiere la volontà di Dio. Egli riconosceva di essere debole e imperfetto e cercò di difendere degli esseri deboli e imperfetti. Tutti coloro che si avvicinano a Dio dovrebbero possedere questo spirito. Abramo nutriva per il Signore la stessa fiducia che ha un figlio quando implora un padre amato; si avvicinò al messaggero celeste e gli presentò la sua richiesta. Benché Lot abitasse a Sodoma, non era stato coinvolto dall’immoralità degli abitanti di quella città. Abramo intervenne perché pensava che vi dovessero essere anche altre persone fedeli al vero Dio.PP 113.4

    Proprio per questo egli supplicò: “...Il far morire il giusto con l’empio, in guisa che il giusto sia trattato come l’empio! lungi da te! Il giudice di tutta la terra non farà egli giustizia?” Genesi 18:25. Abramo non si accontentò di ripetere solo una volta la sua richiesta, ma insistette più volte e, poiché le sue preghiere venivano accolte, la sua audacia cresceva; questo lo indusse a continuare finché non ebbe ottenuto la garanzia che anche se ci fossero stati solo dieci giusti, la città sarebbe stata risparmiata.PP 114.1

    La preghiera di Abramo era stata suggerita dall’amore per degli esseri umani in pericolo di morte. Sebbene egli detestasse i vizi di quella città corrotta, desiderava la salvezza dei peccatori. Il suo grande interesse per Sodoma ci indica con quanta sollecitudine dovremmo preoccuparci di chi persiste nell’errore.PP 114.2

    Dovremmo infatti odiare il male, ma provare amore e compassione per chi lo commette. Intorno a noi vi sono molte persone che stanno perdendo ogni speranza di salvezza, proprio come gli abitanti di Sodoma. Ogni giorno, in ogni momento, vi sono uomini che smarriscono ogni possibilità di essere salvati, ponendosi fuori dal potere di intervento della grazia divina. Dove sono le voci di avvertimento e supplica che offrono loro di fuggire da questa spaventosa minaccia? Dove sono coloro che con fede, umiltà e pazienza dovrebbero intervenire per loro presso Dio?PP 114.3

    Abramo nutriva in sé lo stesso amore del Cristo, il Figlio di Dio, il grande difensore dei peccatori. Colui che ha pagato il prezzo della salvezza dell’uomo, conosce bene il valore di ogni singolo individuo. Egli odiava il male più di ogni altro essere, perché era del tutto estraneo al suo influsso; eppure, egli mostrò per chi era colpevole tutto l’amore che può essere suggerito da una bontà infinita. Mentre stava per morire sulla croce, oppresso dal terribile peso degli errori di tutto il mondo, pregò per i suoi aguzzini mormorando: “...Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Luca 23:34.PP 114.4

    Di Abramo è scritto che fu chiamato “...amico di Dio” (Giacomo 2:23), “...il padre di tutti quelli che credono...”. Romani 4:11. Dio confermò la sua fedeltà con queste parole: “Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservò... i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi”. Genesi 26:5. E ancora: “...Io l’ho prescelto affinché ordini ai suoi figliuoli, e dopo di sé alla sua casa, che s’attengano alla via dell’Eterno per praticare la giustizia e l’equità, onde l’Eterno ponga ad effetto a pro d’Abrahamo quello che gli ha promesso”. Genesi 18:19. Era un grande onore, quello a cui Abramo era stato chiamato: divenire il padre del popolo che per secoli avrebbe conservato e protetto la verità di Dio per il mondo. Attraverso questo popolo tutte le nazioni della terra sarebbero state benedette, grazie all’avvento del Messia promesso. Dio stesso chiamò Abramo, perché lo considerò degno di un onore così grande. Il Signore, che legge i nostri pensieri e valuta gli uomini nel loro giusto valore disse: “Io l’ho prescelto”. Abramo, da parte sua, non avrebbe mai tradito la verità per interessi egoistici, ma avrebbe osservato la legge, agendo con onestà e integrità; non si sarebbe accontentato di nutrire una sua fede personale in Dio, ma avrebbe reso partecipe della sua religione anche la sua famiglia e il gruppo di persone di cui era responsabile, insegnando loro ad agire con giustizia. I suoi discendenti avrebbero ubbidito alla legge di Dio.PP 115.1

    Il clan di Abramo comprendeva più di mille persone. Coloro che grazie ai suoi insegnamenti impararono ad adorare l’unico Dio, avevano trovato in quell’accampamento una casa e una scuola, dove veniva indicato come prepararsi per essere testimoni della vera fede. Tutto ciò implicava una grande responsabilità per Abramo: egli infatti educava i capi famiglia e indicava le norme che avrebbero adottato nelle loro case.PP 115.2

    Nei tempi antichi il padre era la guida e il sacerdote della sua famiglia: egli esercitava una notevole autorità sui figli, perfino quando essi formavano delle famiglie proprie. I discendenti imparavano a considerare il padre come una guida autorevole, sia nelle questioni religiose sia in quelle secolari. Abramo cercò di perpetuare questa struttura di tipo patriarcale, perché essa favoriva il perpetuarsi della fede in Dio. Per cercare di arginare il diffondersi dell’idolatria, ormai così radicata, era necessario tenere uniti i membri del gruppo. Il patriarca cercò dunque con ogni mezzo possibile di proteggerli dalle abitudini pagane, impedendo loro di assimilarsi agli stranieri. Sapeva infatti che se essi avessero acquistato familiarità con un ambiente immorale i loro sani principi si sarebbero sicuramente corrotti. Evitò con estrema cura ogni contatto con qualsiasi forma di falsa religione, in modo da insegnare che il vero obiettivo dell’adorazione è il riconoscimento dell’autorità e della gloria di un Dio reale e presente.PP 115.3

    Dio aveva un saggio proposito: desiderava separare il più possibile il suo popolo dai pagani, facendolo vivere in un paese isolato, lontano dalle altre nazioni. Egli, aveva separato Abramo dai suoi parenti, dediti al culto degli idoli, per offrirgli la possibilità di educare la sua famiglia lontano dalle influenze fuorvianti che li avrebbero circondati in Mesopotamia. Così la vera religione si sarebbe trasmessa ai suoi discendenti, di generazione in generazione, in tutta la sua purezza.PP 116.1

    L’amore di Abramo per i suoi figli e per la sua gente lo indusse a proteggerne la fede e a considerare l’insegnamento dei principi divini l’eredità più preziosa che potesse trasmettere loro. Essi, a loro volta, avrebbero diffuso questo messaggio al mondo intero, perché tutti comprendessero l’autorità che Dio esercita su ogni essere umano. I genitori non opprimevano i figli e questi non disubbidivano. Attraverso la legge di Dio ciascuno era consapevole dei propri doveri e sapeva che solo l’ubbidienza poteva assicurare felicità e prosperità.PP 116.2

    L’esempio di Abramo, l’influsso silenzioso della sua vita quotidiana, rappresentavano una continua lezione. Tutto il clan riconosceva in lui una persona profondamente integra, buona, gentile e altruista: per queste sue doti egli aveva conquistato l’ammirazione dei re. Il suo comportamento si distingueva per nobiltà e gentilezza, doti che rivelavano a tutti la sua costante familiarità con Dio. Egli aveva cura anche dei servi più umili: nel suo accampamento vi era un’unica legge, per i capi come per i servi, per i ricchi come per i poveri. Tutti venivano trattati con giustizia e amore, perché tutti avrebbero ereditato insieme la grazia e la vita eterna.PP 116.3

    Dio aveva detto: “Egli comanderà... la sua casa”. Non avrebbe mai commesso l’errore di trascurare le tendenze negative dei suoi figli né si sarebbe mai abbandonato a favoritismi poco saggi. Non avrebbe mai ceduto a sentimenti irrazionali, trascurando il suo dovere e non si sarebbe limitato a impartire una valida educazione, ma avrebbe difeso l’autorità di leggi giuste ed eque. In realtà, oggi poche persone seguono questo esempio. Troppi genitori sono animati da un cieco ed egoistico sentimentalismo, da una falsa concezione di amore che si manifesta nell’abbandonare i figli alle loro inclinazioni, nonostante essi siano ancora impreparati a esercitare il giudizio e siano immaturi nelle loro passioni. Gli adulti li abbandonano così a loro stessi: questo è uno dei maggiori torti che si possa fare ai giovani, e quindi alla società. Gli errori dei genitori creano disordini all’interno della famiglia e all’esterno, perché i figli, seguono le proprie inclinazioni e non gli ideali proposti da Dio. Essi crescono privi di una sensibilità religiosa e contribuiscono a trasmettere, a loro volta, un atteggiamento ribelle e irriverente.PP 116.4

    Come Abramo, i genitori di oggi dovrebbero sempre esercitare un’autorità sulla loro famiglia. È necessario insegnare l’ubbidienza all’autorità paterna, in quanto essa costituisce la premessa del rispetto dell’autorità di Dio. La scarsa stima che perfino le guide religiose hanno della legge divina ha provocato conseguenze profondamente negative. L’insegnamento, così diffuso, secondo il quale i precetti divini non sono più vincolanti per gli uomini, produce sui costumi morali gli stessi effetti dell’idolatria. Coloro che cercano di abbassare gli ideali proposti da questa legge colpiscono i fondamenti dell’istituto della famiglia e dello stato. Vi sono inoltre genitori credenti, che tuttavia non osservano la volontà del Signore: in realtà, essi non insegnano ai loro figli la via indicata da Dio. La legge non è percepita, veramente come una regola di vita e i bambini, quando saranno grandi, non si sentiranno in obbligo di insegnare ai loro figli ciò che in realtà essi stessi non hanno mai appreso. Questo è il motivo per cui esistono molte famiglie atee e la malvagità è così profonda e generalizzata.PP 117.1

    Solo quando i genitori osserveranno la legge di Dio con tutto il cuore, saranno preparati a esercitare un’autorità sui loro figli. A questo riguardo è necessaria una riforma vasta e capillare. I genitori e i pastori devono essere il primo obiettivo di questa riforma: Dio deve essere presente nelle loro case. Se desiderano davvero cambiare la situazione del mondo, devono parlare della Parola di Dio nelle loro famiglie e seguirne i consigli. Devono insegnare ai loro figli che nelle Scritture Dio stesso parla agli uomini e per questo è necessario ubbidire a quanto essa afferma. È necessario inoltre che gli adulti insegnino ai loro figli l’importanza di una vita vissuta in armonia con Dio, perché questa sarà la risposta più valida ai ragionamenti fuorvianti di chi non crede: in questo compito, i genitori dovranno usare molta pazienza, gentilezza e costanza. Coloro che accettano la Bibbia come base della propria fede, possiedono un fondamento che non può essere demolito dallo scetticismo.PP 117.2

    Sono troppe le famiglie in cui la preghiera viene trascurata. I genitori dicono di non avere tempo per il culto della mattina e della sera; non riescono a trovare neanche pochi momenti per ringraziare Dio delle sue benedizioni: il sole, la pioggia che fa crescere la vegetazione, la protezione degli angeli. Non hanno tempo di chiedere in preghiera l’aiuto e la guida divini, la presenza di Gesù nella loro casa. Vanno a lavorare come fa il bue e il cavallo, senza rivolgere un solo pensiero al Dio dei cieli. Eppure questi individui sono così preziosi per il Cristo, che Egli ha dato la propria vita per salvarli e per impedire la loro rovina. Nonostante tutto, essi non ringraziano Dio più di quanto lo facciano gli animali.PP 118.1

    Quanti dichiarano di amare il Signore dovrebbero, come gli antichi patriarchi, erigere un altare, in qualunque luogo stabiliscano la propria casa. Se mai è esistito un tempo in cui ogni famiglia dovrebbe essere un luogo di preghiera, quello è proprio il nostro. Padri e madri dovrebbero rivolgersi a Dio con sincerità e umiltà per chiedere il suo aiuto per sé e per i propri figli. Che il padre, sacerdote della famiglia, rivolga a Dio il culto della sera e della mattina, la moglie e i bambini lo ringrazino con le loro preghiere. Gesù rimarrà con piacere in una famiglia come questa.PP 118.2

    Ogni casa cristiana dovrebbe emanare una luce di sacro. L’amore deve manifestarsi soprattutto nelle azioni: deve risultare evidente a tutti, tramite un comportamento cortese, gentile e premuroso. Vi sono famiglie nelle quali questo principio viene applicato, case in cui Dio viene onorato, in cui regna l’amore più autentico. Da queste famiglie le preghiere del mattino e della sera salgono a Dio come il profumo dell’incenso, mentre le sue grazie e le sue benedizioni scendono come la rugiada del mattino su coloro che lo invocano.PP 118.3

    Una famiglia di credenti felici è un potente argomento in favore della validità della religione cristiana, un argomento che neanche gli atei possono confutare. Chiunque sarà in grado di capire che nei genitori che hanno veramente a cuore i propri figli agisce una potenza. Il Dio di Abramo è con loro. Se le famiglie di coloro che si ritengono cristiani vivessero un’esperienza religiosa autentica, eserciterebbero un potente influsso benefico e sarebbero davvero “la luce del mondo”. Il Dio dei cieli rivolge a ogni genitore fedele la stessa promessa che pronunciò ai tempi di Abramo: “Io l’ho prescelto affinché ordini ai suoi figliuoli, e dopo di sé alla sua casa, che s’attengano alla via dell’Eterno per praticare la giustizia e l’equità, onde l’Eterno ponga ad effetto a pro d’Abrahamo quello che gli ha promesso”.PP 118.4

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