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Gli uomini che vinsero un impero

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    Capitolo 48: Paolo di fronte a Nerone

    Quando Paolo fu convocato dinanzi all’imperatore Nerone per il processo, la sua condanna a morte era ormai certa. La gravità del crimine di cui era accusato e la prevalente opposizione verso i cristiani, lasciavano poco spazio alla speranza di un esito favorevole.UVI 308.1

    Era usanza, tra i greci e i romani, concedere alla persona accusata il privilegio di assumere un avvocato per difendere la sua causa di fronte alla corte di giustizia. Con forti argomentazioni, passionale eloquenza, e con preghiere e lacrime, l’avvocato spesso si assicurava una decisione favorevole per il prigioniero, o fallendo in questo, riusciva a mitigare la severità della sentenza. Ma quando Paolo fu convocato dinanzi a Nerone, nessun uomo osò agire come suo consigliere o avvocato; nessun amico fu presente, neppure per prendere visione e registrare le accuse mosse contro di lui e gli argomenti che egli presentò in sua difesa. Tra i cristiani di Roma, non ce ne fu uno che gli fosse accanto in questa ora di prova.UVI 308.2

    Il solo fidato resoconto dell’accaduto è dato da Paolo stesso, nella sua seconda lettera a Timoteo. “Nella mia prima difesa — l’apostolo scrisse — nessuno s’é trovato al mio fianco, ma tutti mi hanno abbandonato; non sia loro imputato! Ma il Signore è stato meco m’ha fortificato, affinché il Vangelo fosse per mezzo mio pienamente proclamato e tutti i Gentili l’udissero; e sono stato liberato dalla gola del leone”. 2 Timoteo 4:16, 17 (Luzzi).UVI 308.3

    Paolo e Nerone, quale grande contrasto! L’arrogante monarca, al quale l’uomo di Dio doveva rispondere della sua fede, aveva raggiunto il culmine della potenza terrena, dell’autorità e della ricchezza, come pure le più basse profondità del crimine e della malvagità. In potere e in grandezza egli non aveva rivali. Nessuno poteva opporsi al suo volere. I re ponevano le loro corone ai suoi piedi. Potenti eserciti marciavano al suo comando e le insegne delle sue navi presagivano la vittoria. La sua statua era stata eretta nell’aula del tribunale e i decreti dei senatori e le decisioni dei giudici non erano che l’eco del suo volere. Milioni di persone si inchinavano in ubbidienza ai suoi ordini. Il nome di Nerone faceva tremare il mondo. Incorrere nel suo sfavore significava perdere le proprietà, la libertà, la vita. Non per nulla il suo malumore era temuto più della peste.UVI 308.4

    L’anziano prigioniero si presentò all’imperatore senza amici né consiglieri. Il volto del regnante portava i segni delle vergognose passioni che lo dominavano. La faccia dell’accusato invece testimoniava che il suo cuore era in pace con Dio. Paolo aveva vissuto una vita di povertà, abnegazione e sofferenza. Nonostante le continue avversità, le minacce e gli abusi con i quali i suoi nemici cercarono di intimidirlo, egli aveva fieramente innalzato lo stendardo della croce. Come il suo Maestro, egli era stato un pellegrino senza tetto, e come lui, visse per benedire l’umanità. Come poteva Nerone, un capriccioso, passionale, depravato tiranno, capire e apprezzare il carattere e le motivazioni di questo figlio di Dio?UVI 309.1

    La vasta aula fu gremita da una folla irrequieta e focosa che si dimenava spingendosi davanti per vedere e sentire meglio quello che accadeva. I nobili e gli accattoni, i ricchi e i poveri, i superbi e gli umili erano là, tutti ugualmente privi della conoscenza della via che conduce alla vita e alla salvezza.UVI 309.2

    I giudei mossero contro Paolo le vecchie accuse di sedizione ed eresia; entrambi giudei e romani lo accusarono di avere istigato l’incendio della città. Paolo non si scompose per quelle accuse. Il popolo e i giudici lo guardarono con stupore. Essi erano stati presenti a molti processi e avevano osservato molti criminali, ma mai avevano visto un uomo mostrare una così santa calma come quel prigioniero. Gli occhi scrutatori dei giudici, cercarono invano nel volto di Paolo una traccia di colpevolezza. Quando gli fu permesso di parlare in sua propria difesa, tutti lo ascoltarono con attento interesse.UVI 309.3

    Ancora una volta Paolo ha l’opportunità di innalzare la croce davanti a una smarrita moltitudine. Mentre guarda la folla che gli sta dinanzi: giudei, greci, romani e stranieri di ogni luogo, la sua anima è presa dall’intenso desiderio della loro salvezza. Egli dimentica la situazione, i pericoli che lo circondano e la terribile sorte che incombe su di lui. Egli vede solo Gesù, l’Intercessore, supplicare Dio in favore degli uomini peccatori. Con straordinaria eloquenza e potenza superiore all’umana, Paolo presenta le verità del Vangelo. Egli indica ai suoi ascoltatori il sacrificio compiuto per l’umanità caduta. Dichiara che un infinito prezzo è stato pagato per la redenzione dell’uomo. Si è provveduto a ogni cosa perché possa condividere il trono di Dio. Mediante angeli messaggeri, la terra è connessa con il cielo e tutte le azioni degli uomini, siano esse buone o malvagie, sono conosciute dal Giudice eterno.UVI 309.4

    Così supplica l’avvocato della verità. Fedele tra gli infedeli, leale tra i disonesti, egli si erge come rappresentante di Dio. La sua voce è come una voce celeste. Non c’è paura, né tristezza, né scoraggiamento nelle sue parole e nel suo sguardo. Forte nella consapevolezza della sua innocenza, rivestito dell’armatura della verità, egli gioisce di essere un figlio di Dio. Le sue parole sono come un suono di vittoria sopra il rombo della battaglia. Egli afferma che la causa alla quale ha dedicato la sua vita, è la sola che non fallirà mai. Se anche lui morirà, il Vangelo non potrà essere annientato. Dio vive e la sua verità trionferà.UVI 309.5

    Molti di quelli che in quel giorno erano là, “videro la sua faccia simile alla faccia d’un angelo”. Atti 6:15 (Luzzi).UVI 310.1

    Mai prima quell’assemblea aveva ascoltato parole simili a queste. Esse fecero vibrare la corda anche dei cuori più induriti. La verità, chiara e convincente, demolì l’errore. La luce brillò nelle menti di molti che, in seguito, allegramente seguirono i suoi raggi. Le verità pronunciate in quel giorno erano destinate a scuotere le nazioni e a sopravvivere in tutti i tempi, influenzando i cuori degli uomini quando le labbra del martire che le avevano pronunciate avrebbero taciuto nella tomba.UVI 310.2

    Mai Nerone aveva udito la verità come la udì in questa occasione. Mai prima le enormi colpe della sua vita gli erano state rivelate così. La luce del cielo squarciò il suo cuore inquinato dal peccato, ed egli tremò di paura al pensiero del tribunale davanti al quale, lui, il padrone del mondo, sarebbe dovuto apparire per ricevere la giusta ricompensa delle sue azioni. Egli temette l’apostolo di Dio e non osò pronunciare una sentenza contro Paolo, contro il quale nessuna accusa era stata provata. Un senso di timore frenò per qualche tempo il suo spirito assetato di sangue.UVI 310.3

    Per un momento, Nerone, nonostante il suo peccato, aveva potuto vedere le ricchezze del cielo. Per quel breve tratto di tempo, egli aveva potuto capire quanto fosse desiderabile partecipare alla sua pace e purezza. L’invito della misericordia era stato esteso anche a lui. Ma il pensiero del perdono fu ricevuto solo per quell’attimo. Poi fu ordinato che Paolo fosse riportato nella sua cella. E mentre le porte si chiudevano dietro il messaggero di Dio, svaniva l’ultima occasione di pentimento per l’imperatore di Roma. Nessun altro raggio di luce celeste avrebbe nuovamente penetrato le tenebre che lo avvolgevano. Presto egli avrebbe patito la retribuzione del giusto giudizio di Dio.UVI 310.4

    Qualche tempo dopo, Nerone si imbarcò nella famigerata spedizione per la Grecia, dove egli infamò se stesso e il suo impero con spregevole e depravata frivolezza. Ritornato a Roma con grande pompa, egli si circondò dai suoi cortigiani e praticò atti di rivoltante perversione. Nel mezzo di questa baldoria, si udì un rumore di tumulto nelle strade. Un messaggero incaricato di scoprirne la causa, ritornò con la spaventosa notizia che Galba, a capo dell’esercito, stava marciando rapidamente su Roma. L’insurrezione era già scoppiata nella città, le strade erano piene di una folla inferocita che minacciava di uccidere l’imperatore e tutti i suoi sostenitori e che stava avvicinandosi al palazzo.UVI 310.5

    In questo momento di pericolo, Nerone non ebbe, come il fedele Paolo, un potente e compassionevole Dio in cui fidare. Temendo le sofferenze e la probabile tortura che la plebaglia gli avrebbe inflitto, il miserabile tiranno pensò di togliersi la vita con le sue proprie mani, ma nell’attimo cruciale gli mancò il coraggio. Privo di uomini, egli fuggì ignominiosamente dalla città e si rifugiò in un casolare a pochi chilometri di distanza. Ma il suo tentativo fu vano. Il suo nascondiglio fu presto scoperto e, mentre i cavalieri si avvicinavano, egli chiamò uno schiavo in suo aiuto, e si inflisse una ferita mortale. Così il tiranno Nerone morì, all’età di trentadue anni.UVI 311.1

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