Quando Eva osservò “...che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò”. Genesi 3:6. Il frutto era gustoso, e la donna, nel mangiarlo, credette di sentire in sé un potere vivificante che le fece immaginare di essere entrata in una superiore fase dell’esistenza. Avendo trasgredito l’ordine divino, Eva diventò a sua volta una tentatrice per suo marito, “...ed egli ne mangiò...”. Genesi 3:6. PEC 16.1
“I vostri occhi si apriranno”, aveva detto il nemico, “e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”. Genesi 3:5. I loro occhi, infatti, si aprirono, ma come fu triste la realtà! La conoscenza del male e la maledizione del peccato furono tutto ciò che essi guadagnarono. Nel frutto in se stesso non c’era nulla di velenoso, e il peccato non consisteva solo nell’aver ceduto all’appetito; furono piuttosto la mancanza di fiducia nella bontà di Dio, lo scetticismo verso la sua parola, e il rigetto della sua autorità, che resero trasgressori Adamo ed Eva, e fecero entrare nel mondo la conoscenza del male. Questo spalancò la porta a ogni sorta di falsità ed errore. PEC 16.2
I nostri progenitori persero tutto perché scelsero di prestare ascolto al seduttore anziché a colui che è Verità e che, solo, possiede intelligenza. Mescolando il bene e il male, la loro mente si confuse e le percezioni mentali e spirituali si paralizzarono. Non poterono più apprezzare il bene che Dio aveva elargito con tanta generosità. PEC 16.3
Avendo scelto la conoscenza del male, Adamo ed Eva non potevano più abitare in Eden, perché quel giardino, nella sua perfezione, non poteva insegnare le lezioni che erano ormai loro indispensabili. Con indicibile tristezza dissero addio a quell’ambiente meraviglioso e andarono ad abitare in quella parte della terra segnata ormai dalla maledizione del peccato. PEC 16.4
Dio aveva detto ad Adamo: “Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai”. Genesi 3:17-19. PEC 16.5
Per quanto la terra fosse stata guastata dal peccato, la natura continuava a essere il libro di testo dell’uomo, che ora però non poteva più parlare solo di bene, perché il male era presente ovunque. Là, dove una volta erano scritti solo il carattere di Dio e la conoscenza del bene, si leggeva ormai anche il carattere di Satana ed era evidente la conoscenza del male. Gli uomini avrebbero ricevuto d’ora in poi continui avvertimenti circa i risultati del peccato proprio da quella natura che ora rivelava la conoscenza del bene e del male. PEC 17.1
Adamo ed Eva notarono i primi segni di deterioramento nei fiori che appassivano e nelle foglie che cadevano. In modo vivido compresero la triste realtà che ogni essere vivente doveva morire. Perfino l’aria, dalla quale dipendeva la loro vita, recava in se i germi della morte. PEC 17.2
Ogni cosa ricordava loro continuamente il dominio perduto. Fra le creature inferiori, Adamo aveva occupato la posizione di re e, finché era rimasto fedele a Dio, la natura tutta aveva riconosciuto la sua sovranità; in seguito alla disubbidienza, però, egli perse tale predominio. Lo spirito di ribellione, al quale egli stesso aveva aperto la via, si estese a tutto il regno animale. Non solo la vita dell’uomo, ma la stessa natura delle bestie, gli alberi della foresta, l’erba dei campi, e addirittura l’aria, tutto rivelava la triste lezione della conoscenza del male. PEC 17.3
L’uomo, tuttavia, non fu abbandonato alle conseguenze del male da lui stesso scelto. Nella condanna pronunciata su Satana, fu dato l’annuncio della redenzione: “Io porrò inimicizia fra te e la donna”, disse Dio “e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno”. Genesi 3:15. Questa sentenza, che i nostri progenitori udirono distintamente pronunciata da Dio, fu per loro una promessa. Prima di udire parlare delle spine e dei cardi, del lavoro faticoso e del dolore che dovevano costituire il loro retaggio, o della polvere alla quale dovevano ritornare, essi udirono delle parole che dettero loro speranza. Tutto quello che era stato perduto cedendo a Satana poteva essere riconquistato per mezzo di Cristo. PEC 17.4
Questo annuncio viene ripetuto anche dalla natura. Sebbene danneggiata dal peccato, essa ci parla non solo della creazione ma anche della redenzione. La terra, sebbene testimoni della maledizione, è tuttora ricca e bella nel ricordo della forza creatrice. In ogni manifestazione della potenza creativa ci è offerta la certezza di poter essere, anche noi, creati di nuovo “...nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità”. Efesini 4:24. Così, proprio quelle cose e quei processi della natura che più ci ricordano la nostra grande perdita, diventano messaggeri di speranza. PEC 17.5
Fin dove si estende il male, si ode anche la voce del Padre che esorta i suoi figli, li avverte di allontanarsi dal male e li invita ad accettare il bene. PEC 17.6