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Cura pastorale SC 200

Quando il pastore si accorge che una pecora manca, non sta a guardare con noncuranza il gregge che è rimasto al sicuro, dicendo: “Ne ho altre novantanove e mi costerebbe troppo andarne a cercare una che si è smarrita. Aspetterò che torni indietro, e quando sarà arrivata, le aprirò la porta dell'ovile e la farò entrare”. Niente affatto! Il buon pastore, non appena nota l'assenza dell'animale, comincia a preoccuparsi e a rattristarsi, conta e riconta il gregge, e quando è sicuro che una pecora non c'è, invece di mettersi a dormire, lascia le novantanove nell'ovile e va in cerca di quella perduta. A mano a mano che la notte si fa più buia e tempestosa e la via più pericolosa, cresce la sua ansia e il suo fervore nel ricercarla, non bada a sforzi e a fatiche finché non la ritrova. SC 200.5

Con quale sospiro di sollievo ascolta in lontananza il suo primo tenue lamento! Lo segue, si arrampica per i pendii più ripidi, avanza fino all'orlo del precipizio a rischio della propria vita. Continua le sue ricerche, mentre il belato sempre più flebile gli fa capire che la sua povera bestia sta morendo. Ma alla fine i suoi sforzi sono premiati e ritrova la pecorella! Non la sgrida per avergli procurato tanti guai, non la caccia davanti a sé con la frusta, non tenta nemmeno di ricondurla all'ovile: dalla gioia si carica sulle spalle quella creatura tremante, la prende fra le braccia se è ferita o contusa, se la stringe al petto per rianimarla col calore del suo corpo. Grato per non averla cercata invano, la riporta al gregge. — Christ's Object Lessons, 187, 188 (1900). SC 201.1