“Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Giovanni 8:12. GDN 349.1
Quando Gesù pronunciò queste parole, si trovava nel cortile del tempio, che era stato preparato per la festa delle Capanne. Al centro di questo cortile si innalzavano due alti piedistalli, che sostenevano grandi lampade. Dopo il sacrificio della sera, tutte le lampade venivano accese e diffondevano la loro luce su Gerusalemme. Questa illuminazione ricordava la colonna di fuoco che guidò Israele nel deserto ed era anche considerata come un annuncio della venuta del Messia. Di sera, quando le lampade venivano accese, si diffondeva nel cortile un'atmosfera festosa. I sacerdoti del tempio e i capi del popolo, uomini già con i capelli grigi, partecipavano alle danze al suono degli strumenti musicali che accompagnavano il canto dei leviti. GDN 349.2
Con questa illuminazione della città di Gerusalemme, il popolo esprimeva la speranza nella venuta del Messia che avrebbe accordato la sua luce su Israele. Ma per Gesù quella scena aveva un significato ancora più ampio. Come quelle splendide lampade del tempio diffondevano la loro luce intorno, così Cristo, fonte di luce spirituale, illumina le tenebre del mondo. Tuttavia quel simbolo non era perfetto. La grande luce che aveva posto in cielo rappresentava meglio la gloria della sua missione. GDN 349.3
Era mattino; il sole, appena sorto sul monte degli Ulivi, rifletteva i suoi raggi sottolineando lo splendore abbagliante del marmo dei palazzi e illuminava l'oro delle mura del tempio. Gesù, indicando quella luminosità intensa, disse: “Io son la luce del mondo”. GDN 349.4
Questa stessa dichiarazione di Gesù riecheggiò molto tempo dopo nella bellissima testimonianza di qualcuno che in quel momento era presente. “In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta. La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo”. Giovanni 1:4, 5, 9. Molto tempo dopo l'ascesa al cielo, anche Pietro, per ispirazione dello Spirito Santo, ricordò il simbolo usato da Cristo: “Abbiamo inoltre la pa rola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori”. 2 Pietro 1:19. GDN 349.5
Nella rivelazione di Dio, la luce è sempre stata considerata come un simbolo della sua presenza. Alla creazione la parola fece scaturire la luce dalle tenebre. La luce era nella nuvola di giorno e nella colonna di fuoco di notte. Così il Signore guidava il popolo d'Israele. La luce brillò con terribile intensità intorno al Signore sul monte Sinai. La luce circondava il trono della misericordia nel tabernacolo. La luce riempì il tempio di Salomone in occasione della cerimonia di consacrazione. La luce risplendeva sulle colline di Betlemme quando gli angeli annunciarono il messaggio della salvezza ai pastori che vegliavano. GDN 350.1
Dio è luce, e con le parole: “Io son la luce del mondo”, Cristo ha proclamato la sua unità con Dio e la sua relazione con tutta la famiglia umana. Fu lui che al principio disse: “Splenda la luce fra le tenebre”. 2 Corinzi 4:6. Egli è la luce del sole, della luna e delle stelle. Egli era la luce spirituale che brillò su Israele nei simboli e nei tipi della profezia. Ma la luce non fu data soltanto alla nazione ebraica. Come i raggi del sole giungono fin nei più remoti angoli della terra, così la luce del Sole di giustizia brilla su ogni uomo. GDN 350.2
“La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo”. Giovanni 1:9. Il mondo ha avuto i suoi grandi maestri, uomini di grande intelligenza e straordinaria cultura, uomini la cui dottrina ha dato un impulso al pensiero e ha aperto vasti orizzonti di conoscenza. Questi uomini sono stati onorati come guide e benefattori dell'umanità. Ma vi è qualcuno che è più in alto di loro. “Ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio. Nessuno ha mai veduto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere”. Giovanni 1:12, 18. Noi possiamo risalire a tutti i grandi maestri che hanno lasciato una traccia nella storia; ma la Luce era prima di loro. Come la luna e i pianeti del sistema solare splendono riflettendo la luce del sole, così, nella misura in cui il loro insegnamento è vero, i grandi pensatori del mondo riflettono la luce del Sole della giustizia. Ogni pensiero eccelso, ogni lampo dell'intelletto scaturiscono dalla Luce del mondo. Oggi si parla molto di educazione superiore. Ma la vera educazione superiore è quella che viene impartita da colui “nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti”. Colossesi 2:3. “In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini”. Giovanni 1:4. GDN 350.3
“Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Giovanni 8:12. Con le parole “Io sono la luce del mondo”, Gesù si è proclamato Messia. Il vecchio Simeone, nel tempio in cui Gesù stava insegnando, aveva parlato di lui come di colui che il Signore aveva inviato “per esser luce da illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele”. Luca 2:32. Con quelle parole egli riferiva a Gesù una profezia molto nota in Israele. Tramite il profeta Isaia lo Spirito Santo aveva detto: “È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d'Israele; voglio fare di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra”. Isaia 49:6. Questa profezia fu sempre riferita al Messia e quando Gesù disse: “Io son la luce del mondo”, il popolo non poteva non comprendere che egli si presentava come colui che era stato promesso. GDN 350.4
Ai farisei e ai capi quest'affermazione parve arrogante presunzione. Non potevano accettare che un uomo come loro avanzasse una simile pretesa. Facendo finta di ignorare le sue parole, essi chiesero: “Chi sei tu?” Volevano costringerlo a dichiarare che era Cristo. Il suo aspetto e le sue opere erano in pieno disaccordo con le aspettative del popolo, tanto che — come essi astutamente pensavano — se egli si fosse annunciato come Messia, sarebbe stato rigettato come un impostore. GDN 351.1
Ma alla loro domanda: “Chi sei tu?” Gesù rispose loro: “Sono per l'appunto quel che vi dico”. Giovanni 8:25. Ciò che era stato rivelato dalle sue parole era stato rivelato anche dal suo carattere. Egli era l'incarnazione delle verità che insegnava. Continuò: “Non faccio nulla da me, ma dico queste cose come il Padre mi ha insegnato. E Colui che mi ha mandato è con me; egli non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli piacciono”. Versetti 28, 29. Gesù non cercò di dimostrare la sua affermazione messianica, ma dichiarò la sua unione con Dio. Se le loro menti fossero state aperte all'amore di Dio, avrebbero accettato Gesù. GDN 351.2
Fra i suoi uditori, molti ebbero fede in lui, ed egli, rivolgendosi a loro, disse: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Versetti 31, 32. GDN 351.3
Queste parole offesero i farisei che si erano dimenticati del lungo periodo di schiavitù della loro nazione a un governo straniero ed esclamarono indignati: “Noi siamo discendenti d'Abraamo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: Voi diverrete liberi?” Versetto 33. Gesù guardò quegli uomini vittime della malizia, i cui pensieri erano rivolti alla vendetta, e rispose con tristezza: “In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato”. Versetto 34. Essi erano soggetti alla peggiore schiavitù: erano dominati dal male. GDN 351.4
Ogni uomo che si rifiuta di accettare Cristo vive sotto il dominio di un altro potere e non è pienamente libero. Può parlare di libertà, ma è soggetto alla peggiore forma di schiavitù. Non può percepire la bellezza della verità perché la sua mente è sotto il controllo di Satana. Si illude di esercitare il proprio giudizio, mentre in realtà ubbidisce alla volontà del principe delle tenebre. Cristo è venuto per liberare l'anima dalle catene della schiavitù del peccato. “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi”. Versetto 36. “Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte”. Romani 8:2. GDN 352.1
Nell'opera della salvezza non vi sono imposizioni. Non si usa nessuna coercizione. Sotto l'influsso dello Spirito di Dio l'uomo è libero di scegliere chi vuole servire. Quando l'anima si consacra a Cristo, lo fa con la più ampia libertà. Il rifiuto del peccato è un atto spontaneo. Naturalmente, da soli non abbiamo la capacità di emanciparci dal dominio di Satana; ma quando desideriamo liberarci dal peccato e nei momenti difficili imploriamo l'aiuto di una forza superiore, allora le facoltà dello spirito sono investite dalla potenza divina dello Spirito Santo e attuano le decisioni della nostra volontà che è in sintonia con il volere di Dio. GDN 352.2
La libertà dell'uomo è possibile a una sola condizione: quella di unirsi a Cristo. “E la verità vi farà liberi”. Cristo è la verità. Il peccato può trionfare soltanto indebolendo la mente e distruggendo la libertà dell'uomo. Sottomettersi a Cristo significa ristabilire in sé la vera gloria della dignità dell'uomo. La legge divina a cui dobbiamo ubbidire è la “legge di libertà”. Giacomo 2:12. GDN 352.3
I farisei avevano detto di essere figli di Abramo. Gesù rispose che ciò sarebbe stato vero soltanto se essi avessero compiuto le opere di Abramo. Il vero Aglio di Abramo vivrà, come lui, una vita di ubbidienza a Dio. Essi non avrebbero dovuto cercare di uccidere colui che annunciava loro la verità che aveva ricevuto da Dio. Complottando contro Cristo, i rabbini non compivano le opere di Abramo. Una semplice discendenza genealogica da Abramo non aveva alcun valore; essi non potevano considerarsi suoi Agli senza una comunione spirituale con lui, comunione che si manifestava avendo il suo stesso spirito e compiendo le sue stesse opere. GDN 352.4
Questo principio si può applicare con uguale validità a un problema che per molto tempo ha interessato il mondo cristiano: quello della successione apostolica. La discendenza da Abramo non consisteva nell'appartenenza alla sua stirpe, ma nella somiglianza al suo carattere. Così la successione apostolica non consiste nella trasmissione dell'autorità ecclesiastica, ma in una precisa relazione spirituale. La prova della successione apostolica si evidenzia in una vita vissuta secondo lo spirito degli apostoli, nell'accettazione e nella predicazione della verità che essi hanno insegnato. Tutto questo rende gli uomini successori dei primi predicatori del Vangelo. GDN 352.5
Gesù negò che gli ebrei fossero figli di Abramo. Disse: “Voi fate le opere del padre vostro”. Con tono di scherno essi risposero: “Noi non siam nati da fornicazione; abbiamo un solo Padre: Dio”. Giovanni 8:41. Queste parole contenevano un'allusione alle circostanze della sua nascita, ed erano state dette per denigrare Cristo davanti a coloro che credevano in lui. Gesù non prese in considerazione quella vile insinuazione, ma disse: “Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste, perché io son proceduto e vengo da Dio”. Versetto 42. GDN 353.1
Le loro opere testimoniavano loro parentela con colui che è stato bugiardo e assassino fin dal principio. “Voi siete figli del diavolo” disse Gesù “che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c'è verità in lui. A me, perché dico la verità, voi non credete”. Versetti 44, 45. Ma la vera ragione per cui i capi non lo accolsero era dovuta al fatto che diceva la verità e la diceva con autorità. La verità offendeva quegli uomini orgogliosi, smascherava l'inganno dell'errore, condannava i loro insegnamenti e il loro comportamento, e per queste ragioni non era bene accetta. Essi preferivano chiudere i loro occhi alla verità piuttosto che umiliarsi e confessare di avere sbagliato. Non amavano la verità, non la desideravano, sebbene fosse la verità. GDN 353.2
“Chi di voi mi convince di peccato? Se vi dico la verità, perché non mi credete?” Versetto 46. Giorno dopo giorno, per tre anni, i suoi nemici avevano seguito Cristo, lo avevano spiato per trovare qualche difetto nel suo carattere. Satana e i suoi seguaci avevano cercato di vincerlo, ma non trovarono in lui niente di cui accusarlo. Perfino i demoni erano stati costretti a confessare che egli era il Santo di Dio. Cfr. Marco 1:24. Cristo visse secondo la legge davanti al cielo, ai mondi non caduti nel peccato e agli uomini peccatori. Davanti agli angeli, agli uomini e ai demoni pronunciò con naturalezza parole che su qualsiasi altra bocca avrebbero avuto un sapore di bestemmia: “Faccio sempre le cose che gli piacciono”. Giovanni 8:29. Il fatto che gli ebrei, nonostante non trovassero nessuna colpa in Cristo, non lo accettassero, dimostrava che non erano in comunione con Dio. Non riconoscevano la sua voce nel messaggio del Figlio. Pensarono addirittura di sottoporre a giudizio Cristo ma, rigettandolo, pronunciarono una condanna su loro stessi. “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate; perché non siete da Dio”. Versetto 47. GDN 353.3
Questa lezione è valida in tutti i tempi. Molti che amano cavillare e criticare, cercando nella Parola di Dio spunti di polemica, pensano di dimostrare indipendenza di pensiero e acutezza mentale. Presumono di valutare la Bibbia, mentre in realtà giudicano se stessi. Dimostrano di essere incapaci di apprezzare le verità divine relative all'eternità. Davanti alla grandezza della giustizia di Dio non provano alcun rispetto. Si affannano per ricercare ciò che non ha valore, manifestano una mentalità ristretta, una natura terrena e un cuore che non hanno la capacità di apprezzare Dio. Chi ha risposto all'appello divino, ricercherà ciò che permette di sviluppare la conoscenza di Dio, elevare e affinare il carattere. Come un fiore si volge verso il sole affinché i suoi raggi lo illuminino accordandogli bellissime sfumature, così lo spirito si volge al Sole di giustizia affinché la sua luce migliori il carattere con la grazia di Cristo. GDN 354.1
Gesù continuò, tracciando un netto contrasto tra la posizione degli ebrei e quella di Abramo: “Abraamo, vostro padre, ha gioito nell'attesa di vedere il mio giorno; e l'ha visto, e se ne è rallegrato”. Versetto 56. GDN 354.2
Abramo aveva tanto desiderato vedere il Salvatore promesso, aveva chiesto ardentemente di poter contemplare il Messia prima della sua morte e la sua preghiera venne esaudita. Gli fu concessa una visione in cui poté contemplare il carattere divino di Cristo. Vide il tempo della sua venuta e se ne rallegrò; poté scorgere il sacrificio divino per il peccato ed ebbe un esempio di questo sacrificio tramite la sua stessa esperienza. Gli era stato dato quest'ordine: “Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami... e offrilo là in olocausto”. Genesi 22:2. Pose sull'altare del sacrificio il figlio della promessa, il figlio nel quale si concentravano tutte le sue speranze. E mentre davanti all'altare alzava il coltello per ubbidire a Dio, udì una voce dal cielo che diceva: “Non stendere la mano contro il ragazzo, e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato il tuo figlio, l'unico tuo”. Versetto 12. Abramo affrontò questa prova terribile e comprese la venuta di Cristo e il grande amore di Dio per il mondo, un amore così grande che per salvarlo permise che suo Figlio affrontasse una morte terribile. GDN 354.3
Abramo imparò da Dio la più grande lezione mai appresa da un mortale. La sua preghiera di poter vedere Cristo prima della sua morte venne esaudita. Egli vide Cristo, vide tutto quello che un mortale può vedere e sopravvivere. Grazie all'ubbidienza incondizionata riuscì a comprendere la visione dell'esperienza di Cristo a cui aveva assistito. Gli fu mostrato che offrendo il suo unico Figlio per la salvezza dei peccatori, Dio compiva il più grande sacrificio che mai un uomo avrebbe potuto fare. GDN 354.4
L'esperienza di Abramo era una risposta alla domanda: “Con che verrò in presenza del Signore e mi inchinerò davanti al Dio eccelso? Verrò in sua presenza con olocausti, con vitelli di un anno? Gardirà il Signore le migliaia di montoni, le miriadi di fiumi d'olio? Dovrò offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il mio peccato”. Michea 6:6, 7. Nelle parole di Abramo: “Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto” (Genesi 22:8), e nel sacrificio sostitutivo, al posto di Isacco, si proclamava che nessun uomo può redimere se stesso. Dio non accettava il sistema pagano dei sacrifici. Nessun padre doveva offrire il proprio figlio o la propria figlia come sacrificio per il peccato. Il Figlio di Dio soltanto poteva espiare le colpe del mondo. GDN 355.1
Attraverso il suo sacrificio, Abramo poté contemplare la missione e il sacrificio del Salvatore. Ma gli israeliti non capivano ciò che il loro cuore orgoglioso non gradiva. Le parole di Cristo relative ad Abramo non avevano nessun profondo significato per i suoi ascoltatori. I farisei trovarono in esse soltanto una nuova occasione per cavillare. Risposero con un sogghigno, come per mostrare che Gesù era fuori di sé: “Tu non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?” Con solennità Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono”. Giovanni 8:57, 58. GDN 355.2
Ci fu un profondo silenzio. Il maestro di Galilea si era appropriato del nome di Dio, rivelato a Mosè per esprimere l'idea di una presenza eterna. Egli aveva dichiarato di essere colui che esiste per sé, colui che era stato promesso a Israele, “le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”. Michea 5:1. GDN 355.3
Di nuovo i sacerdoti e i rabbini accusarono Gesù di essere un bestemmiatore. La sua pretesa di essere una stessa cosa con Dio li aveva già spinti nel passato ad attentare alla sua vita, mentre alcuni mesi dopo essi diranno chiaramente: “Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. Giovanni 10:33. Siccome era il Figlio di Dio, e dichiarava di esserlo, lo volevano uccidere. In quel momento molti, che parteggiavano per i sacerdoti e per i rabbini, raccolsero delle pietre per lapidarlo. “Ma Gesù si nascose ed uscì dal tempio”. Giovanni 8:59. “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno sopraffatta”. Giovanni 1:5. GDN 355.4
“Passando vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Gesù rispose: Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui. Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco, e gli disse: Va', lavati nella vasca di Siloe (che significa: mandato). Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva”. Giovanni 9:1-3, 6-7. GDN 355.5
Gli ebrei generalmente credevano che il peccato fosse punito in questa vita. Ogni sofferenza era considerata come la punizione di qualche errore compiuto o da colui che soffriva o dai suoi genitori. È vero che ogni sofferenza è la conseguenza della trasgressione della legge di Dio, ma questa verità era stata alterata. Satana, l'autore del peccato e delle sue conseguenze, ha indotto gli uomini a pensare che la malattia e la morte siano state volute da Dio come una punizione arbitraria del peccato. Così chi soffriva molto, colpito da qualche grave sventura, doveva portare anche il peso di essere considerato un grande peccatore. GDN 356.1
Questa concezione predisponeva gli ebrei a rifiutare Gesù. Colui che portava i nostri dolori e le nostre malattie, era spregiato, “pari a colui dinanzi al quale ciascuno si nasconde la faccia”. Isaia 53:3. GDN 356.2
Eppure Dio aveva offerto un esempio perché il popolo non cadesse in questo errore. L'esperienza di Giobbe aveva dimostrato che l'autore della sofferenza è Satana, e che Dio la trasforma nella sua misericordia. Ma Israele non comprese quella lezione. Gli ebrei, rigettando Cristo, commisero lo stesso errore che Dio aveva rimproverato agli amici di Giobbe. GDN 356.3
I discepoli condividevano l'opinione degli ebrei sulla relazione esistente tra peccato e sofferenza. Nel correggere questa concezione sbagliata, Gesù non spiegò le cause della sofferenza, ma ne indicò il risultato: affinché le opere di Dio fossero manifestate. Egli disse: “Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo”. Giovanni 9:5. Poi, dopo aver spalmato gli occhi del cieco, lo mandò alla vasca di Siloe affinché si lavasse, e quell'uomo recuperò la vista. Così Gesù aveva risposto alla domanda dei discepoli in modo concreto, come spesso faceva per le domande che erano dettate esclusivamente dalla curiosità. I discepoli non dovevano discutere per sapere chi avesse peccato o chi non avesse peccato, ma semplicemente comprendere la potenza della misericordia di Dio che concedeva la vista ai ciechi. Era chiaro che il fango non possedeva nessuna virtù terapeutica, e neppure l'acqua con cui il cieco si era lavato. Questa virtù si trovava soltanto in Cristo. GDN 356.4
Quella guarigione fece restare perplessi i farisei; ma essi manife starono ancora più il loro odio perché il miracolo era stato compiuto in giorno di sabato. GDN 356.5
I vicini del giovane e coloro che sapevano della sua cecità, dicevano: “Non è questo colui che stava seduto a chieder l'elemosina?” Giovanni 9:8. Lo guardavano increduli, perché adesso ci vedeva; il suo aspetto era cambiato così tanto che sembrava un altro uomo. Tutti si ponevano la stessa domanda. Alcuni dicevano: “È lui”. Altri invece: “No, ma gli somiglia”. Ma colui che aveva ricevuto la grande grazia risolse il dubbio affermando: “Sono io”. Egli parlò allora di Gesù, della maniera in cui lo aveva guarito. “Ed essi gli dissero: Dov'è costui? Egli rispose: Non so”. Versetti 9-12. GDN 357.1
Allora lo condussero dai farisei. Di nuovo gli fu chiesto come avesse recuperato la vista. “Ed egli disse loro: Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo. Perciò alcuni dei farisei dicevano: Quest'uomo non è da Dio perché non osserva il sabato”. Versetto 15. I farisei volevano dimostrare che Gesù era un peccatore e che quindi non poteva essere il Messia. Non sapevano che colui che aveva guarito quel cieco aveva anche stabilito l'osservanza del sabato. Essi, pur così zelanti, non avevano nessuno scrupolo di macchinare un assassinio in quel giorno. Ma molti, venendo a conoscenza di quel miracolo, si commossero e si convinsero che colui che aveva aperto gli occhi del cieco non poteva essere un uomo comune. In risposta all'accusa secondo cui Gesù era un peccatore, perché non osservava il sabato, essi dissero: “Come può un uomo peccatore far tali miracoli?” Di nuovo i rabbini si rivolsero al cieco miracolato e gli chiesero: “E tu, che dici di lui, dell'averti aperto gli occhi? Egli rispose: È un profeta”. I farisei allora dubitarono che fosse nato cieco e che avesse recuperato la vista. Fecero chiamare i suoi genitori e domandarono loro: “È questo vostro figlio che dite esser nato cieco?” Versetti 16-19. GDN 357.2
Quell'uomo era davanti a loro, diceva di essere stato cieco e di aver recuperato la vista, ma i farisei preferivano negare l'evidenza piuttosto che ammettere di essersi sbagliati. Il pregiudizio può deformare la verità. GDN 357.3
I farisei potevano ricorrere ancora a un altro stratagemma: quello di intimidire i genitori di quell'uomo. Con apparente ingenuità chiesero: “Com'è dunque che ora ci vede?” Versetto 19. I genitori temevano di compromettersi. Era stato detto che chiunque avesse riconosciuto Gesù come Cristo sarebbe stato espulso dalla sinagoga, cioè sarebbe stato escluso dalla sinagoga per trenta giorni. In quel periodo la famiglia dell'escluso non poteva né far circoncidere i bambini né onorare i morti. Quell'esclusione veniva considerata come una disgra zia e, se non sopraggiungeva il pentimento, si prevedeva una pena ancora maggiore. Il grande miracolo compiuto nel loro figlio aveva convinto quei genitori che, però, risposero: “Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda, non sappiamo, né sappiamo chi gli abbia aperti gli occhi; domandatelo a lui; egli è adulto, parlerà lui di sé”. Versetti 20, 21. Così essi scaricarono sul figlio tutta la responsabilità, perché non osavano riconoscere Cristo. GDN 357.4
Davanti al dilemma in cui si dibattevano i farisei, di fronte al loro investigare, ai loro pregiudizi e alla loro incredulità, di fronte a questo evento molti, specialmente tra il popolo comune, cominciarono ad aprire gli occhi. Gesù aveva spesso compiuto dei miracoli in pubblico, e la sua opera mirava sempre ad alleviare la sofferenza. Molti si chiedevano come poteva essere corretta l'opinione dei farisei secondo cui Dio compiva opere potenti attraverso un impostore. La discussione diventava molto animata. GDN 358.1
I farisei si resero conto che in questo modo pubblicizzavano l'opera compiuta da Gesù. Non potevano negare il miracolo. Il cieco manifestava gioia e gratitudine. Ora egli poteva contemplare le meraviglie della natura e riempirsi gli occhi delle bellezze della terra e del cielo. Siccome raccontava a tutti liberamente la sua esperienza, essi cercarono nuovamente di farlo tacere, e gli dissero: “Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quell'uomo è un peccatore”. Ciò significava: non dire più che quell'uomo ti ha dato la vista; è stato Dio che lo ha fatto. Ma il cieco rispose: “Se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo. Essi allora gli dissero: Che cosa ti ha fatto? Come ti aprì gli occhi?” Versetti 24-26. Con tutte queste parole cercavano di confonderlo perché si disorientasse. Satana e i suoi angeli erano dalla parte dei farisei e unirono le loro forze e la loro astuzia ai ragionamenti umani per annullare l'efficacia dell'opera di Cristo. Essi volevano indebolire le convinzioni che si stavano formando in molte menti. Ma anche gli angeli di Dio erano presenti per incoraggiare l'uomo che aveva recuperato la vista. GDN 358.2
I farisei pensavano di avere a che fare soltanto con quell'uomo ignorante che era nato cieco; non vedevano colui contro il quale lottavano. Una luce divina brillò nell'animo del miracolato. Mentre quegli ipocriti cercavano di indurlo all'incredulità, il Signore lo aiutò a mostrare con la forza e la prontezza delle sue risposte che non era stato ingannato. Egli disse: “Ve l'ho già detto e voi non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventar suoi discepoli anche voi? Essi lo insultarono e dissero: Sei tu discepolo di costui! Noi siamo discepoli di Mosè. Noi sappiamo che a Mosè Dio ha parlato; ma quanto a costui, non sappiamo di dove sia”. Giovanni 9:27-29. Il Signor Gesù sapeva che quell'uomo stava affrontando una dura prova; perciò gli accordò la sua grazia e la capacità di esprimersi in modo da essere un suo testimone. Egli rispose ai farisei con parole che costituivano un duro rimprovero alle loro domande. Pretendevano di essere gli interpreti delle Scritture, le guide religiose della nazione, mentre davanti a loro c'era qualcuno che compiva miracoli ed essi non ne riconoscevano né la potenza per la quale li compiva né il suo carattere né le sue dichiarazioni. GDN 358.3
“Questo poi è strano” aggiunse quell'uomo “che voi non sappiate di dove sia; eppure mi ha aperto gli occhi! Si sa che Dio non esaudisce i peccatori; ma se uno è pio e fa la volontà di Dio, egli lo esaudisce. Da che mondo è mondo non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco. Se quest'uomo non fosse da Dio, non potrebbe far nulla”. Versetti 30-33. GDN 359.1
Quell'uomo aveva affrontato i suoi inquisitori sul loro stesso terreno. Il suo ragionamento era irrefutabile. I farisei rimasero attoniti e silenziosi di fronte alle sue parole tanto sensate. Per alcuni attimi regnò un profondo silenzio. Poi i sacerdoti e i rabbini infuriati, come se temessero una contaminazione dal suo contatto, si cinsero le vesti, si scossero la polvere dai calzari e gridarono contro di lui: “Tu sei tutto quanto nato nel peccato e insegni a noi? E lo cacciaron fuori”. Versetto 34. GDN 359.2
Gesù venne a sapere ciò che era accaduto. Trovò subito quell'uomo e gli disse: “Credi tu nel Figlio di Dio?” Versetto 35. GDN 359.3
Per la prima volta quell'uomo, che era stato cieco, vide il volto di chi l'aveva guarito. Prima aveva visto i suoi genitori turbati e perplessi, poi le facce aggrottate dei rabbini, ora i suoi occhi scorgevano il volto affettuoso e sereno di Gesù. Aveva già riconosciuto, a suo rischio, che egli deteneva una potenza divina; adesso gli veniva offerta una rivelazione più ampia. GDN 359.4
Alla domanda del Salvatore “Credi nel Figlio dell'uomo?”, quell'uomo rispose con un'altra domanda: “Chi è Signore, perché io creda in lui? Gesù gli disse: Tu l'hai già visto; è colui che parla con te, è lui”. Versetti 36, 37. E quell'uomo si gettò ai suoi piedi e l'adorò. Non solo aveva recuperato uno dei cinque sensi, ma anche la vista dello spirito. Aveva conosciuto Cristo e lo aveva accettato come l'inviato di Dio. GDN 359.5
Un gruppo di farisei si era fermato nelle vicinanze. Nel vederli, Gesù pensò al diverso effetto delle sue parole e delle sue opere. Disse: “Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi”. Versetto 39. Cristo era venuto per aprire gli occhi ai ciechi, per offrire la luce a coloro che sono nelle tenebre. Egli aveva dichiarato di essere la luce del mondo e il miracolo appena compiuto era una testimonianza della sua missione. La folla che contemplava il Salvatore godeva della più completa manifestazione della presenza divina mai concessa prima al mondo. La conoscenza di Dio fu rivelata in modo perfetto. Ma questa rivelazione rappresentava un giudizio sugli uomini. Il loro carattere era messo alla prova e il loro destino fissato. GDN 359.6
La manifestazione della potenza divina che aveva concesso al cieco la vista naturale e quella spirituale, aveva lasciato i farisei nelle tenebre più profonde. Alcuni fra gli ascoltatori, sentendo che le parole di Cristo si riferivano a loro, chiesero: “Siamo ciechi anche noi? Gesù rispose loro: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato”. Se Dio vi avesse resi incapaci di vedere la verità, la vostra ignoranza non implicherebbe colpa. “Ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane”. Versetti 40, 41. Pensate di essere in grado di vedere e respingete i soli mezzi attraverso i quali potete ricevere la vista; mentre a tutti quelli che si rendono conto del loro stato di peccatori, Cristo offre il suo aiuto infinito. Ma i farisei non confessavano alcuna mancanza; si rifiutavano di rivolgersi a Cristo e quindi rimanevano nella cecità, una cecità della quale essi stessi erano responsabili. Gesù disse loro: “Il vostro peccato rimane”. GDN 360.1