Gesù era a tavola con i discepoli, nella stanza al piano superiore di una casa di Gerusalemme dove voleva celebrare la Pasqua soltanto con loro. Sapeva che ormai era giunta l'ora della sua morte e che proprio lui, il vero agnello pasquale, sarebbe stato offerto nel giorno della festa. Stava per bere il calice dell'indignazione e ricevere il battesimo della sofferenza. Per questo volle trascorrere le sue ultime ore tranquillamente, in compagnia dei discepoli. GDN 492.1
L'intera vita di Gesù era stata un servizio disinteressato. “Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire”. Matteo 20:28. Egli aveva servito sempre, ma i discepoli non avevano ancora imparato quella lezione. Nell'ultima Pasqua ripeté il suo insegnamento con un esempio che avrebbe prodotto un'impressione indelebile nella mente e nei cuori dei discepoli. GDN 492.2
I discepoli apprezzavano molto i colloqui con Gesù e vi partecipavano con gioia. La cena pasquale aveva sempre suscitato in loro un interesse particolare. Ma in quella circostanza il cuore di Gesù era turbato e un'ombra offuscava il suo volto. I discepoli si resero conto che era preoccupato e, sebbene non ne conoscessero il motivo, parteciparono al suo dolore. GDN 492.3
Mentre erano intorno alla tavola, Gesù disse con tristezza: “Ho vivamente desiderato di mangiar questa Pasqua con voi, prima di soffrire; poiché io vi dico che non la mangerò più, finché sia compiuta nel regno di Dio. E, preso un calice, rese grazie e disse: Prendete questo e distribuitelo fra di voi; perché io vi dico che ormai non berrò più del frutto della vigna, finché sia venuto il regno di Dio”. Luca 22:15-18. GDN 492.4
Gesù sapeva che era giunto per lui il momento di lasciare questo mondo e tornare dal Padre. Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. La croce proiettava su di lui la sua ombra, ed egli era turbato. Sapeva che nell'ora del tradimento sarebbe stato abbandonato. Sapeva che lo avrebbero condannato a morte dopo il processo più infamante. Conosceva l'ingratitudine e la crudeltà di coloro che era venuto a salvare. Sapeva quanto fosse grande il sacrificio che doveva affrontare, e sapeva anche che per molti sarebbe stato inutile. GDN 492.5
La chiara visione della sua umiliazione e della sua sofferenza avrebbe potuto scoraggiarlo, ma egli guardò i dodici, che erano stati vicini a lui e che sarebbero rimasti a lottare nel mondo, dopo la sua passione. Gesù non pensava solo a se stesso. La prospettiva della sua sofferenza era sempre collegata ai discepoli, dei quali si sentiva responsabile. GDN 493.1
In quell'ultima sera Gesù aveva molte cose da dire ai dodici. Se fossero stati pronti a ricevere interamente il suo messaggio, si sarebbero risparmiati angosce, delusioni e sfiducia. Ma Gesù si rese conto che non erano ancora in grado di sopportare tutto quello che voleva dire loro. Così, dopo averli guardati, molte parole di rimprovero e di conforto si fermarono sulle sue labbra. Vi furono momenti di silenzio in cui pareva che Gesù stesse aspettando qualcosa, e i discepoli si trovavano a disagio. La simpatia e la tenerezza che avevano provato all'annuncio delle difficoltà di Gesù, si erano attenuate. Le tristi parole con cui aveva fatto allusione alla sua sofferenza, avevano appena prodotto una leggera impressione. I loro sguardi rivelavano sentimenti di gelosia e contesa. GDN 493.2
“Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande”. Luca 22:24. Questa contesa, proprio sotto gli occhi di Gesù, ferì il suo animo e lo riempì di dolore. I discepoli non avevano rinunciato all'idea secondo cui Gesù avrebbe manifestato la sua potenza e si sarebbe impadronito del trono di Davide. Ognuno di loro desiderava occupare in quel regno il posto più importante. Si erano confrontati e ognuno si sentiva superiore all'altro. Tutti si erano indignati per la richiesta di Giacomo e Giovanni di sedere l'uno alla destra e l'altro alla sinistra del trono di Cristo, e si erano addirittura infuriati contro i due fratelli. Gli altri discepoli pensavano di essere stati sottovalutati, e che la loro fedeltà e i loro talenti non fossero sufficientemente apprezzati. Giuda fu il più severo nel giudicare Giacomo e Giovanni. GDN 493.3
I discepoli erano entrati in quella stanza con il cuore pieno di risentimento. Giuda si era posto a sedere alla sinistra di Gesù e Giovanni alla destra. Giuda voleva occupare il posto più importante, quello più vicino a Gesù. E Giuda era un traditore. GDN 493.4
Nacque poi un altro motivo di contesa. In occasione delle feste c'era la consuetudine che un servo lavasse i piedi agli ospiti, e per questo veniva preparato tutto il necessario: la brocca, la bacinella e l'asciugatoio. Ma non c'erano servi, quindi toccava ai discepoli occuparsi di quel servizio. Però nessuno di loro era abbastanza umile da assumere quel compito. Tutti fecero finta di ignorare ciò che si doveva fare. Con il loro silenzio, si rifiutarono di umiliarsi. GDN 493.5
Come poteva Gesù impedire che Satana riportasse su di loro una grande vittoria? Come poteva far loro capire che una professione di fede soltanto verbale non era sufficiente per essere suoi discepoli e avere un posto nel suo regno? Come poteva convincerli che la vera grandezza consiste in un umile servizio d'amore? Come poteva suscitare l'amore nei loro cuori e aiutarli a comprendere ciò che stava per dire? GDN 494.1
I discepoli non manifestavano nessun desiderio di rendere un servizio reciproco. Gesù attese un po' per vedere che cosa avrebbero fatto, ma nessuno si mosse. Allora il Maestro si alzò da tavola, si tolse la tunica che avrebbe impedito i suoi movimenti, prese un asciugamano e se lo mise intorno ai fianchi. I discepoli lo guardavano sorpresi, e in silenzio aspettavano di vedere cosa avrebbe fatto. “Poi mise dell'acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli, e ad asciugarli con l'asciugatoio del quale era cinto”. Giovanni 13:5. Quell'atto aprì gli occhi ai discepoli che si sentirono pieni di vergogna e di profonda umiliazione. Compresero quel tacito rimprovero, e considerarono se stessi sotto una nuova luce. GDN 494.2
Gesù, in quel modo, aveva espresso il suo amore per loro. Il loro egoismo lo addolorava, ma invece di rimproverarli offrì un esempio che non avrebbero mai dimenticato. Il suo amore non si turbava e non si esauriva facilmente. Sapeva che il Padre gli aveva affidato tutto, che veniva da Dio e che a lui ritornava. Era pienamente consapevole della propria divinità; aveva deposto la corona e gli abiti regali per prendere la forma di un servo. Uno degli ultimi atti nella sua vita terrena fu quello di vestirsi come un servo e assolverne il compito. GDN 494.3
Prima della Pasqua Giuda aveva incontrato una seconda volta i sacerdoti e gli scribi, e aveva concordato di consegnare loro Gesù. Tuttavia, come se nulla fosse, continuò a unirsi ai discepoli e a interessarsi della preparazione della festa. I discepoli ignoravano completamente il piano di Giuda. Solo Gesù lo conosceva, ma non lo smascherò perché desiderava intensamente salvarlo. Provava per lui gli stessi sentimenti che aveva sentito quando pianse su Gerusalemme. Il suo cuore gridava: “Come posso abbandonarti alla tua sorte?” Giuda avvertì la forza di quell'amore. Mentre le mani del Salvatore lavavano quei piedi sporchi e li asciugavano, Giuda ebbe un fremito interiore e sentì l'impulso di confessare il suo peccato. Ma non volle umiliarsi; indurì il suo cuore, e allora le vecchie inclinazioni, per un momento soggiogate, prevalsero nuovamente in lui. Giuda si scandalizzò perché Gesù lavava i piedi ai discepoli. Pensava che umiliandosi in quel modo dimostrava di non essere il re d'Israele. Tutte le sue speranze di onori terreni svanirono e si convinse che non c'era nulla da guadagnare a seguire Gesù. Vedendolo in quell'atteggiamento, che lui considerava umiliante, rimase deluso e confermò il suo proposito di tradirlo. Preso improvvisamente da un impulso diabolico decise di completare contro il suo Signore l'opera che aveva iniziato. GDN 494.4
Giuda aveva scelto il primo posto a tavola e Gesù cominciò da lui. Giovanni, nei confronti del quale Giuda era risentito, fu lasciato per ultimo, ma egli non si offese. Mentre Gesù lavava loro i piedi, i discepoli provarono una profonda commozione; quando venne il turno di Pietro, egli esclamò stupito: “Tu, Signore, lavare i piedi a me?” Giovanni 13:6. L'abnegazione di Gesù gli aveva toccato il cuore, e si vergognava perché nessuno di loro aveva voluto fare quel servizio. Gesù gli rispose: “Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo”. Versetto 7. Pietro non poteva permettere che il suo Signore, in cui riconosceva il Figlio di Dio, svolgesse il compito di un servo e reagì contro quell'umiliazione. Non aveva capito che Gesù era venuto nel mondo proprio con questo compito e disse con forza: “Tu non mi laverai mai i piedi!” Gesù gli rispose solennemente: “Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me”. Versetto 8. Quel servizio che Pietro respingeva era il simbolo di una purificazione più profonda. Gesù era venuto per lavare le macchie del peccato e, se Pietro non avesse permesso a Gesù di lavargli i piedi, avrebbe respinto quella purificazione più profonda che quell'umiliazione simboleggiava. Avrebbe respinto il suo Signore stesso. Non si umilia il Maestro quando gli si permette di lavorare per la nostra salvezza. La vera umiltà consiste nel ricevere con gratitudine tutto ciò che viene fatto per noi e svolgere con prontezza un servizio per Cristo. GDN 495.1
Quando Pietro udì le parole di Gesù: “Se non ti lavo, non hai meco parte alcuna”, rinunciò al suo orgoglio e al suo egoismo. Non poteva sopportare il pensiero di una separazione da Cristo, cosa terribile come la morte, perciò rispose: “Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo! Gesù gli disse: Chi è lavato, tutto non ha bisogno che di aver lavati i piedi: è purificato tutto quanto”. Versetto 9. GDN 495.2
Queste parole non si riferiscono soltanto alla purificazione esteriore compiuta da Gesù, ma riguardano anche una purificazione più profonda. Colui che usciva dal bagno era pulito, ma i piedi con sandali diventavano ben presto polverosi, e quindi era necessario lavarsi nuovamente. Pietro e i suoi fratelli si erano lavati alla grande Fonte per purificarsi dal peccato. Gesù li aveva riconosciuti come suoi, ma la tentazione li aveva spinti ancora verso il male, e avevano bisogno della sua grazia purificatrice. Quando Gesù si mise un asciugamano intorno ai fianchi per lavare la polvere dei loro piedi, in realtà desiderava eliminare dai loro cuori ogni sentimento di divisione, gelosia e orgoglio. Tutto ciò era molto più importante di una semplice pulizia dei piedi impolverati. Con quello spirito, nessuno di loro era pronto per essere unito a Gesù. Senza una maggiore umiltà e un maggiore amore non potevano partecipare né alla cena pasquale né al rito di commemorazione che Gesù avrebbe stabilito. I loro cuori dovevano essere purificati. Orgoglio ed egoismo producono divisioni e odio, ma Gesù eliminò tutto lavando loro i piedi. I loro sentimenti mutarono e Gesù, guardandoli, poté esclamare: “E voi siete netti”. Si era così stabilita sia l'unione dei cuori sia un amore reciproco, ed essi erano diventati umili e docili. Tutti, tranne Giuda, erano disposti a cedere all'altro il posto più importante e ora, sottomessi e riconoscenti, potevano ascoltare le parole di Gesù. GDN 495.3
Anche noi, come Pietro e i suoi amici, siamo stati lavati nel sangue di Cristo; tuttavia spesso la purezza del nostro cuore è contaminata dal contatto con il male. Allora dobbiamo accostarci a Cristo per ricevere la sua grazia purificatrice. Pietro non voleva che le mani del suo Signore e Maestro toccassero i suoi piedi sporchi, mentre noi spesso permettiamo che il nostro cuore contaminato dal peccato entri in comunione con il cuore di Cristo. Il nostro carattere fragile, la nostra vanità e il nostro orgoglio addolorano Gesù. Tuttavia, dobbiamo presentare a lui le nostre debolezze e le nostre mancanze, perché solo lui può purificarci. Non possiamo avere una piena comunione con lui finché egli non ci ha pienamente purificati. GDN 496.1
Gesù aveva detto ai discepoli: “E voi siete purificati, ma non tutti”. Versetto 10. Egli aveva lavato i piedi anche a Giuda, ma il suo cuore non si era aperto e non era stato purificato. Giuda non si era affidato a Cristo. GDN 496.2
Dopo che Gesù ebbe lavato i piedi ai discepoli ed ebbe indossato nuovamente la sua tunica, si mise a tavola, e disse: “Capite quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io. In verità, in verità vi dico che il servitore non è maggiore del suo Signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato”. Versetti 12-17. GDN 496.3
Gesù voleva che i suoi discepoli comprendessero che, nonostante avesse lavato loro i piedi, la sua dignità non era affatto sminuita. GDN 496.4
“Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono”. Questa dignità conferì grazia e valore al servizio. Sebbene nessuno godesse di una posizione più elevata di Cristo, tuttavia egli esercitò i doveri più umili. Cristo dette un esempio di umiltà affinché nessuno fosse sviato dall'egoismo del cuore naturale, egoismo che si rafforza quando ci si compiace di se stessi. Si trattava di una lezione così importante e di così vasta portata che egli stesso, pur essendo uguale a Dio, agì come servo dei suoi discepoli. Mentre essi si contendevano il primo posto, colui davanti al quale ogni ginocchio si sarebbe piegato e che gli angeli erano onorati di servire, si abbassò a lavare i piedi di coloro che lo chiamavano Signore e lavò anche i piedi di colui che lo avrebbe tradito. GDN 497.1
Nella sua vita e nel suo insegnamento Gesù ci ha dato un perfetto esempio di quel ministero disinteressato che ha in Dio la sua origine. Dio non vive per se stesso. Creando il mondo e sostenendo tutte le cose si mette continuamente al servizio degli altri. “Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. Matteo 5:45. Il Figlio di Dio ha lo stesso ideale di servizio. Gesù è stato posto a capo dell'umanità affinché con il suo esempio insegnasse che cosa significa servire. Tutta la sua vita si è adeguata alla legge del servizio. Egli servì tutti, si mise a disposizione di tutti. Così visse secondo la legge di Dio, mostrando che anche noi dobbiamo fare la stessa cosa. GDN 497.2
Gesù ha cercato più volte di inculcare questo stesso principio ai suoi discepoli. Quando Giacomo e Giovanni gli chiesero di poter avere i primi posti nel suo regno, egli rispose: “Ma non è così tra voi; anzi, chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore”. Matteo 20:26. Gesù ha detto che nel suo regno non ci sono preferenze e predominio. L'unica grandezza è quella dell'umiltà. L'unica distinzione è quella di consacrarsi al servizio del prossimo. GDN 497.3
Dopo aver lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse: “Poiché io v'ho dato un esempio, affinché voi facciate come v'ho fatto io”. Gesù con quelle parole non voleva soltanto raccomandare l'ospitalità; voleva insegnare qualcosa di più del semplice togliere la polvere dai piedi dei propri ospiti: voleva istituire un servizio religioso. Così l'atto di umiltà di Gesù divenne un rito sacro che doveva essere seguito dai discepoli affinché ricordassero meglio le sue lezioni di umiltà. GDN 497.4
Questo rito di Gesù rappresenta la preparazione alla cerimonia della Cena del Signore. Finché vengono coltivati l'orgoglio, le dispute e la lotta per la supremazia, il cuore non può entrare in comunione con Cristo e non può beneficiare della comunione con il suo corpo e il suo sangue. Perciò Gesù ha stabilito che innanzi tutto venga ricordata la sua umiliazione. GDN 497.5
Seguendo questo rito, i figli di Dio dovrebbero ricordarsi delle parole del Signore della vita e della gloria: “Capite quel che v'ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, v'ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io v'ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v'ho fatto io. In verità, in verità vi dico che il servitore non è maggiore del suo Signore, né il messo è maggiore di colui che l'ha mandato. Se sapete queste cose, siete beati se le fate”. La tendenza naturale dell'uomo è considerarsi superiore al proprio fratello, lavorare per sé e ricercare il posto più importante. Da ciò derivano sospetti e amarezze. Il rito che precede la Cena del Signore mira a eliminare quei falsi sentimenti, a liberare l'uomo dal suo egoismo e dal suo orgoglio, per servire il fratello con umiltà. GDN 498.1
Colui che veglia dal cielo è disposto ad aiutare chiunque desideri confessare i propri peccati e condividere la certezza del perdono. Gesù, con la pienezza della sua grazia, vuole aiutare ogni uomo a liberarsi dai pensieri egoistici. Lo Spirito Santo rende più sensibili coloro che vogliono seguire l'esempio del loro Signore. Quando ricordiamo l'umiliazione del nostro Salvatore, un pensiero ne evoca un altro e si forma una catena di ricordi della bontà di Dio e del tenero affetto dei nostri amici. Ritornano alla mente le benedizioni dimenticate, le benevolenze fraintese, le gentilezze trascurate. Appaiono evidenti quelle radici di amarezza che hanno fatto illanguidire la pianta preziosa dell'amore. Si ricordano i difetti del carattere, la trascuratezza dei doveri, l'ingratitudine verso Dio e la freddezza verso i nostri fratelli. Il peccato è visto nella stessa luce in cui lo vede Dio. Invece di essere soddisfatti di sé, ci si rende conto delle proprie colpe. L'animo si impegna a infrangere ogni barriera che ci divide da Dio. Vengono eliminati i cattivi pensieri e le cattive parole. I peccati sono confessati e perdonati. La grazia di Cristo penetra nell'anima e il suo amore unisce i cuori in una beata comunione. GDN 498.2
Questo servizio preparatorio, con l'insegnamento che trasmette, accende il desiderio di una più intensa vita spirituale che viene appagata dal Testimone divino. Lo spirito si eleva e può partecipare alla comunione, consapevole del perdono dei suoi peccati. Il Sole della giustizia di Cristo risplende nella mente e nell'animo, che possono allora contemplare “l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. GDN 498.3
Questo rito, per coloro che entrano nello spirito del servizio, non può avere un semplice valore formale. Esso trasmette costantemente questa lezione: “Per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri”. Galati 5:13. Lavando i piedi ai discepoli, Gesù ha dimostrato che era disposto anche a fare il servizio più umile, affinché essi diventassero eredi con lui della grande ricchezza dei tesori del cielo. I suoi discepoli, ripetendo quel rito, si impegnano nello stesso modo a servire i loro fratelli. Ogni volta che viene celebrato, i figli di Dio stabiliscono fra loro dei legami sacri, per aiutarsi a vicenda. Promettono solennemente di consacrare la propria vita a un servizio disinteressato, non limitato soltanto a un aiuto reciproco, ma al grande campo di lavoro che era quello del Maestro. Il mondo è pieno di uomini che hanno bisogno di questo servizio. Il povero, il bisognoso e l'ignorante si trovano ovunque. Coloro che hanno vissuto questa esperienza particolare con Cristo nella camera alta ne usciranno per servire come egli stesso ha fatto. GDN 498.4
Gesù, che era servito da tutti, venne per servire tutti. E poiché ha esercitato il suo ministero in favore di tutti, sarà nuovamente servito e onorato da tutti. Coloro che vogliono condividere con lui i suoi attributi divini e la gioia della salvezza degli uomini devono seguire il suo esempio di altruismo. GDN 499.1
Gesù si riferiva a questo quando affermò: “Io v'ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v'ho fatto io”. Questo è l'intento del servizio che ha stabilito. Ed egli aggiunge: “Se sapete queste cose”, cioè se vi rendete conto dell'obiettivo di questa lezione, “siete beati se le fate”. GDN 499.2