I genitori devono esercitare il diritto accordatogli da Dio. Egli vuole che essi utilizzino alla sua gloria i talenti che ha affidato loro. I figli non sono responsabili dei talenti del padre. Mentre godono ancora di una buona lucidità mentale e di una capacità di giudizio, con spirito di preghiera e utilizzando i consigli di persone sagge che hanno una lunga esperienza della verità e che conoscono la volontà di Dio, i genitori devono programmare come destinare i loro beni. CEC 236.1
Se hanno figli handicappati o in difficoltà economiche, nonostante facciano un uso saggio dei loro guadagni, essi ne sono responsabili. Ma se i figli non sono credenti, hanno capitali a disposizione utilizzati in imprese commerciali, i genitori commettono un errore nei confronti del Maestro che li ha scelti come suoi amministratori, lasciando loro quei capitali in virtù del fatto che sono i loro figli. Le esigenze di Dio non devono essere considerate con superficialità. CEC 236.2
Deve essere chiaro il fatto che l’aver redatto il testamento non impedisce ai genitori di fare delle offerte per l’opera di Dio mentre sono ancora in vita. Hanno il dovere di farlo. Nell’arco della vita terrena, in attesa di quella futura, devono avere la soddisfazione di poter disporre di una parte dei loro beni. Essi devono partecipare allo sviluppo dell’opera di Dio. Devono utilizzare i beni che il Maestro ha prestato loro per continuare l’opera di proclamazione del suo messaggio. CEC 236.3
L’amore per il denaro è all’origine della maggior parte dei crimini perpetrati nella nostra società. I genitori che egoisticamente utilizzano i loro beni per arricchire i loro figli, senza prendere in considerazioni le necessità dell’opera di Dio, commettono un terribile errore. Ai figli, a cui credono di fare del bene dando loro del denaro, offrono in realtà una fonte di maledizione. CEC 236.4
Molte volte il denaro lasciato ai figli diventa fonte di amarezza. Spesso litigano per i beni ricevuti e se si tratta di un testamento raramente sono soddisfatti delle disposizioni adottate dal padre. I beni che hanno ricevuto invece di ispirare gratitudine e rispetto per la sua memoria, creano piuttosto malcontento, mormorii, invidia e disprezzo. Fratelli e sorelle che andavano perfettamente d’accordo trovano motivi di contestazione e così le eredità creano spesso dissensi in famiglia. Le ricchezze sono utili se permettono di rispondere ai bisogni presenti e vengono utilizzate per fare del bene agli altri. Ma, molto spesso, quando vengono ricevute in eredità, rappresentano una trappola più che una benedizione. I genitori non devono creare tentazioni ai figli, lasciando loro capitali grazie ai quali non avranno più bisogno di lavorare. CEC 236.5
Mi è stato mostrato che alcuni figli dichiarano di aderire al messaggio evangelico pensando di influenzare i padri affinché concedano loro i capitali che avrebbero potuto consacrare, durante la loro vita, in favore dell’opera di Dio. Coloro che agiscono in questo modo, distogliendo il padre dalla sua funzione di amministratore, non si rendono conto della gravità del loro comportamento. Si assumono una doppia responsabilità: innanzi tutto orientano le scelte del padre, che si allontana dal piano di Dio destinando a loro i beni che dovevano essere impiegati alla gloria di Dio, poi si attribuiscono la responsabilità di gestire quei beni che il padre avrebbe dovuto investire personalmente affinché il Maestro ricevesse la sua parte di profitto. CEC 237.1
Molti genitori commettono un grosso errore disfacendosi dei loro capitali per affidarli ai figli quando essi sono ancora responsabili del buono o del cattivo uso dei talenti che Dio ha loro affidato. Un tale trasferimento di beni non provoca né la felicità dei figli né quella dei genitori. I genitori, se vivranno ancora qualche anno, si pentiranno di aver preso una decisione del genere. Questa decisione non accrescerà l’amore filiale; infatti essi non saranno disposti a manifestare una gratitudine e un senso del dovere maggiori nei confronti dei genitori in seguito alla loro generosità. All’origine di tutto questo c’è una maledizione, che produce unicamente egoismo nei figli e scontentezza e sentimenti di umiliante dipendenza nei genitori. CEC 237.2
È preferibile che i genitori, mentre sono ancora in vita, insegnino ai loro figli a impegnarsi piuttosto che lasciare loro una fortuna quando moriranno. I figli che sono obbligati a contare sui propri sforzi diventano uomini e donne più maturi, meglio preparati nei confronti della vita quotidiana, rispetto a coloro che dipendono unicamente dalle ricchezze paterne. I figli che sono costretti a contare sulle proprie risorse hanno generalmente coscienza dei propri talenti, che fanno fruttare coltivando e orientando le loro capacità in vista del raggiungimento di uno scopo nella vita. Spesso sviluppano qualità di perseveranza, moderazione e moralità che sono alla base del loro successo nella vita cristiana. Mentre i figli, a cui i genitori hanno purtroppo dato tutto, sono coloro che si sentono meno obbligati nei loro confronti. — Testimonies for the Church 3:121-123. CEC 237.3