La Bibbia insiste sull’ospitalità; non solo la raccomanda come un dovere, ma presenta numerose belle illustrazioni nei casi in cui fu esercitata e mostra le benedizioni che ne derivano. Fra esse spicca l’esperienza di Abrahamo. TT2 376.1
Nel libro della Genesi vediamo il patriarca riposare nelle ore calde di un meriggio estivo, all’ombra delle querce di Mamre. Poco distante passano tre viandanti. Non chiedono ospitalità, non sollecitano nessun favore; eppure Abrahamo non permette che essi proseguano il loro cammino senza ristorarsi. Egli è un uomo molto attempato, pieno di dignità, facoltoso, onorato, abituato a comandare; eppure, scorgendo quegli sconosciuti “corse loro incontro all’ingresso della tenda, e si prostrò fino a terra”. Rivolgendosi al capo, disse: “Signor mio, se ho trovato grazia davanti a te, non passare senza fermarti dal tuo servo”. Genesi 18:2, 3. Con le sue stesse mani portò dell’acqua perché potessero lavarsi, eliminando così dai loro piedi la polvere del cammino. Egli stesso scelse il loro cibo, e mentre essi si riposavano all’ombra confortevole, sua moglie Sara preparò l’occorrente per il loro ristoro. Abrahamo rimase rispettosamente accanto a loro mentre essi godevano della sua ospitalità. Manifestò questa cortesia verso di loro quali semplici viandanti, stranieri di passaggio che forse mai più sarebbero passati di là. Però, terminato il pranzo, i suoi ospiti rivelarono chi erano: Abrahamo aveva reso un servizio non solo a degli angeli celesti, ma anche al Capo dell’armata celeste, al suo Creatore, Redentore e Re. Ad Abrahamo furono rivelate le decisioni del cielo e fu chiamato “l’amico di Dio” TT2 376.2
Lot, nipote di Abrahamo, benché avesse stabilito la sua dimora a Sodoma, aveva lo stesso spirito di gentilezza e di ospitalità del patriarca. Notando al tramonto due forestieri alle porte della città e conoscendo i pericoli ai quali essi erano esposti in quella città perversa, Lot insistè per condurli a casa sua. Non si preoccupò affatto del pericolo che ne sarebbe derivato per sé e per la propria famiglia: rientrava nel programma della sua vita proteggere chi era in pericolo e avere cura dei senzatetto. L’azione gentile compiuta verso due sconosciuti viaggiatori portò gli angeli in casa sua. Coloro che egli cercò di proteggere, in realtà protessero lui. Sul calare della sera, egli li aveva condotti a casa sua per dar loro scampo; all’alba, furono essi a condurre in salvo lui e la sua famiglia, fuori della città condannata. TT2 376.3
Questi atti di cortesia sono stati da Dio considerati abbastanza importanti da essere perpetuati nella sua Parola. Oltre mille anni dopo, un apostolo ispirato si richiamò ad essi: “Non dimenticate l’ospitalità; perché, praticandola, alcuni, senza saperlo, hanno albergato degli angeli”. Ebrei 13:1, 2. TT2 376.4
Il privilegio concesso ad Abrahamo e a Lot non è negato a noi. Offrendo ospitalità ai figli di Dio, è possibile che anche noi accogliamo nelle nostre case gli angeli dell’Eterno. Anche oggi degli angeli in forma umana entrano nei focolari degli uomini dai quali sono ospitati. E i cristiani che vivono sotto lo sguardo di Dio sono sempre accompagnati da angeli invisibili. Questi esseri santi lasciano dietro a sé una benedizione nelle nostre case. TT2 376.5
“Amante dell’ospitalita” è fra le caratteristiche indicate dallo Spirito Santo per designare una persona che occupa un posto di responsabilità nella chiesa. A tutta la chiesa è rivolto l’invito: “Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare. Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo faccia valere al servizio degli altri”. 1 Pietro 4:9, 10. TT2 377.1