Dopo Caino e Abele, Adamo ebbe un altro figlio, l’erede della promessa divina secondo il diritto di successione spirituale. Gli fu dato il nome di Seth, che significa “designato” o “compenso”, perché la madre disse: “...Iddio m’ha dato un altro figliuolo al posto d’Abele, che Caino ha ucciso”. Genesi 4:25. PP 62.1
Seth era più alto di Caino e Abele e assomigliava al padre più dei suoi fratelli. Aveva un carattere nobile, come Abele, benché non avesse ereditato una natura superiore a quella di Caino. Alla creazione, fu detto di Adamo: “Lo fece a somiglianza di Dio”; l’uomo, invece, dopo la caduta “generò un figliuolo a sua somiglianza, conforme alla sua immagine”. Genesi 5:3. A differenza di Adamo, che fu creato perfetto perché “a somiglianza di Dio”, Seth, come Caino, ereditò la natura decaduta dei suoi genitori. Tuttavia, le basi della sua educazione furono la fedeltà ai valori della giustizia e la speranza nel Salvatore promesso. Sotto l’influsso della grazia divina, servì e onorò Dio; agì e visse, come avrebbe dovuto fare Abele, per essere un esempio e un incoraggiamento per chi avesse sbagliato, per rappresentare un invito al rispetto e all’ubbidienza nei confronti del Creatore. PP 62.2
“E anche a Seth nacque un figliuolo, a cui pose nome Enosh. Allora si cominciò a invocare il nome dell’Eterno”. Genesi 4:26. Vi furono delle persone che continuarono a credere in Dio, ponendolo al di sopra di qualsiasi altra cosa. Quando gli uomini si moltiplicarono, la distinzione tra questi fedeli e quanti invece avevano scelto di agire in opposizione all’autorità divina si fece più profonda. Se i primi si distinguevano per un’aperta lealtà nei confronti di Dio, nei secondi si manifestavano, come tratti dominanti, la presunzione e la disubbidienza. PP 62.3
I nostri progenitori rispettarono il comandamento del sabato — istituito già nell’Eden — anche dopo l’esilio nel giardino. Avevano provato le amare conseguenze della disubbidienza e imparato che chiunque rifiuta le raccomandazioni di Dio dovrà riconoscere prima o poi che esse sono sacre e immutabili. Fra i figli di Adamo, coloro che rimasero fedeli a Dio osservarono il sabato. Caino e i suoi discendenti, invece, trascurarono l’ordine esplicito dell’Eterno, per decidere personalmente il momento in cui lavorare e quello in cui riposarsi. PP 62.4
In seguito alla maledizione, Caino abbandonò la casa di suo padre e il lavoro di agricoltore. Fondò una città, alla quale diede il nome del figlio maggiore. Si era allontanato dalla presenza del Signore, respingendo la promessa di un futuro ritorno dell’uomo all’Eden: desiderava piuttosto possedere e godere quella terra ormai sottoposta alla condanna del male. Egli divenne così il rappresentante di tutti coloro che considerano il benessere materiale più importante di qualsiasi altra cosa. I suoi discendenti, celebri per i loro contributi al progresso delle arti e dei mestieri, non tenevano in nessuna considerazione Dio e le sue prescrizioni. Al crimine di cui Caino si era macchiato Lamec, il quinto nella discendenza, aggiunse la poligamia. Nella sua superbia e arroganza, si appellò all’autorità divina solo per assicurarsi la sopravvivenza garantita dal segno di Caino. PP 63.1
I discendenti di Seth vissero come Abele: furono pastori e condussero una vita nomade, abitando in tende e capanne. Essi si consideravano “forestieri e pellegrini sulla terra”, ricercando una patria “migliore, cioè una celeste”. Ebrei 11:13, 16. PP 63.2
I due gruppi rimasero a lungo separati. I discendenti di Caino si dispersero sulle pianure e nelle valli, a partire dal luogo del primo insediamento del loro progenitore, fino a occupare la regione dove abitavano i figli di Seth; questi ultimi, per evitare di subire l’influsso dei discendenti di Caino, si rifugiarono sulle montagne, dove poi si stabilirono. Finché durò questa separazione, i discendenti di Seth rimasero fedeli al vero Dio. Con il passare del tempo, tuttavia, essi cominciarono a mescolarsi agli abitanti delle valli: ciò provocò tragiche conseguenze. “...I figliuoli di Dio videro che le figliuole degli uomini erano belle...”. Genesi 6:2. I figli di Seth, attratti dalla bellezza delle figlie dei discendenti di Caino, si imparentarono con loro e questa scelta rattristò profondamente il Signore. Molti, tra coloro che erano rimasti fedeli a Dio, si fecero sedurre dal peccato, che si presentava sotto forme così attraenti e costituiva una tentazione costante. Essi persero quelle caratteristiche di integrità che fino ad allora li avevano contraddistinti. Unendosi a persone prive di freni morali, furono indotti a imitarne l’esempio, sia nel modo di pensare sia nelle azioni; dimenticarono così il settimo comandamento “e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte”. Genesi 6:2. I figli di Seth seguirono “la via di Caino” (Giuda 1:11), furono attratti dal piacere e dal benessere materiali e trascurarono l’importanza degli insegnamenti divini. Gli uomini “pur avendo conosciuto Iddio, non l’hanno glorificato come Dio... ma si sono dati a vani ragionamenti” e quindi “Iddio li ha abbandonati ad una mente reproba”. Romani 1:21, 28. Il peccato si era diffuso sulla terra come una lebbra mortale. PP 63.3
Per circa mille anni, Adamo visse tra gli uomini e parlò delle drammatiche conseguenze del male, sforzandosi di limitarne la diffusione. Gli era stato affidato il compito di insegnare ai suoi discendenti la via che Dio aveva indicato. Fece tesoro di ciò che il Signore gli aveva rivelato, ripetendolo ai figli, e ai figli dei figli, fino alla nona generazione. Descriveva loro la sua vita felice nell’Eden e raccontava la storia della caduta, spiegando il significato della sofferenza, attraverso la quale Dio voleva insegnare all’uomo quanto fosse necessario osservare con cura la legge. Adamo presentava ai suoi discendenti il piano che Dio, nella sua generosità, aveva predisposto per la salvezza degli uomini. Solo alcuni, però, ascoltavano con serietà le sue parole e spesso fu aspramente rimproverato per il suo errore, che aveva provocato conseguenze così terribili per il genere umano. PP 64.1
La vita di Adamo fu dominata dalla tristezza, dall’umiltà e dal pentimento. Quando lasciò l’Eden e comprese che doveva morire, egli rabbrividì di orrore. Si era reso conto della realtà della morte quando Caino, il suo primogenito, divenne l’assassino di suo fratello. Sconvolto da un amaro rimorso per la sua colpa, privato contemporaneamente di Abele, ormai morto, e di Caino, esiliato, Adamo provava un’angoscia profonda. Fu testimone del rapido diffondersi della corruzione, che avrebbe determinato la distruzione del mondo con il diluvio. Sebbene la sentenza di morte pronunciata nei suoi confronti dal Creatore gli fosse apparsa terribile, dopo aver visto per quasi mille anni le conseguenze del peccato, comprese che porre fine a una vita di sofferenze e tristezza era, da parte di Dio, un atto di misericordia. PP 64.2
Nonostante l’immoralità che caratterizzò l’epoca antecedente al diluvio, quel mondo non era dominato dall’ignoranza e dalla barbarie, come spesso si è supposto. Il genere umano poteva raggiungere elevati livelli di sviluppo morale e intellettuale e disponeva di facoltà fisiche e mentali notevoli: il progresso scientifico e la conoscenza religiosa erano molto avanzati. È errato supporre che a causa della straordinaria longevità di quegli esseri, le loro menti si sviluppassero con lentezza. Le loro facoltà intellettuali si manifestavano precocemente, e coloro che nutrivano rispetto per Dio e vivevano in armonia con la sua volontà continuavano ad accrescere la loro saggezza e le loro conoscenze per tutta la durata della loro vita. PP 64.3
Se confrontassimo gli illustri studiosi del nostro tempo con uomini della stessa età, vissuti prima del diluvio, risulterebbe subito evidente una grossa differenza sia nelle potenzialità intellettuali sia nella forza fisica. Coll’abbreviarsi della vita, la forza fisica e le facoltà mentali dell’uomo si indebolirono. Oggi vi sono uomini che si impegnano nello studio per venti o trent’anni destando l’ammirazione del mondo per i risultati che ottengono; ma il loro livello culturale è molto più basso di quello che potevano raggiungere degli esseri a cui era concesso svilupparsi e progredire per secoli. PP 64.4
È vero che quanti vivono nell’epoca moderna raccolgono l’eredità del sapere conquistato dai loro predecessori, uomini di elevata statura intellettuale che pensarono, studiarono e scrissero, lasciando il frutto delle loro fatiche ai posteri. Ma anche considerando questo, la stirpe di uomini che visse prima del diluvio raggiunse un livello di progresso più elevato. Essi ebbero tra loro, per centinaia di anni, colui che era stato formato a immagine di Dio ed era stato considerato “buono” dallo stesso Creatore: il Signore stesso lo aveva istruito in ogni campo del sapere. PP 65.1
Adamo aveva appreso da Dio la storia della creazione; egli potè seguire l’evolversi di nove secoli di storia, durante i quali trasmise queste conoscenze ai suoi discendenti. Gli uomini di quel tempo non avevano libri: non scrissero dei resoconti storici, ma possedevano facoltà fisiche e mentali eccezionali, e una memoria saldissima, grazie alle quali potevano comprendere e ricordare tutto ciò che veniva loro comunicato, per trasmetterlo inalterato ai posteri. Sette generazioni vissero contemporaneamente sulla terra, per centinaia di anni; esse avevano la possibilità di consultarsi e di trarre profitto dal sapere e dall’esperienza comune. PP 65.2
L’uomo non ebbe mai tante possibilità di conoscere Dio attraverso la natura come in quell’epoca. Non si trattò affatto di un’età oscura: ogni individuo aveva l’opportunità di apprendere gli insegnamenti di Adamo e quanti rispettavano Dio ebbero come guide il Cristo e gli angeli. Inoltre, il Signore lasciò per molti secoli il suo giardino tra gli uomini, come silenzioso testimone della verità. I primi credenti si recavano alla porta del paradiso, che era sorvegliata dai cherubini: in quel luogo si manifestava la gloria divina e gli uomini avevano costruito degli altari per presentare le loro offerte. Qui Caino e Abele portarono i loro sacrifici e Dio acconsentì a parlare con loro. Gli scettici non potevano negare l’esistenza dell’Eden, perché esso costituiva una realtà visibile e concreta. La creazione, il giardino, la storia dei due alberi: quel racconto appariva così evidentemente legato al destino dell’uomo da rappresentare un dato di fatto indiscutibile. L’esistenza della suprema autorità di Dio, la necessità di ubbidire alla sua legge erano verità che gli uomini non misero mai in dubbio, finché Adamo visse fra loro. PP 65.3
Nonostante la corruzione dilagante, vi furono uomini di grande talento e vastissima cultura che vissero in armonia con il cielo. Essi mantenevano un contatto costante e intimo con Dio, che li elevava e nobilitava. PP 65.4
Avevano una missione importante e sacra: formare delle persone oneste, educare alla religiosità non solo gli uomini del loro tempo, ma anche le generazioni future. Le Scritture ricordano solo alcuni tra i personaggi più notevoli, ma Dio ha avuto in tutti i tempi testimoni fedeli e sinceri. PP 66.1
È scritto che Enoc visse sessantacinque anni, prima di avere un figlio e in seguito camminò con Dio per trecento anni. Nei primi anni della sua vita, egli aveva amato e rispettato l’Eterno, osservando i suoi comandamenti. Era uno degli uomini integri che ancora conservavano una fede autentica: fu tra i progenitori della discendenza promessa da Dio. Aveva appreso dal racconto di Adamo la triste storia della caduta e la lieta promessa della grazia di Dio fece sorgere in lui la speranza della venuta del Redentore. Dopo la nascita del suo primogenito, Enoc sperimentò una profonda esperienza di fede: entrò in un rapporto più intimo con il Signore e comprese ancora meglio gli obblighi e le responsabilità di un figlio di Dio. PP 66.2
Quando vide l’amore che suo figlio nutriva per lui, la sua fiducia nella protezione paterna, quando egli stesso avvertì un’intensa e ardente tenerezza per il suo primogenito, allora comprese la grandezza dell’amore di quel Dio che aveva deciso di offrire in dono agli uomini il proprio Figlio. Comprese quale fiducia i figli di Dio potevano nutrire nei confronti del Padre. L’infinito e misterioso amore di Dio, manifestato attraverso il Cristo, divenne per Enoc il soggetto di una costante riflessione, giorno e notte. Egli desiderava intensamente che tutti conoscessero quella verità meravigliosa. PP 66.3
Enoc non “camminò con Dio” in visione, in una sorta di rapimento estatico: si limitò a compiere i suoi doveri quotidiani. Non divenne un eremita, né si isolò completamente dal mondo. Doveva svolgere una missione per il Signore prioprio nella società in cui viveva. In famiglia, nelle sue relazioni con gli uomini, come marito, padre, amico e cittadino, si dimostrava deciso e instancabile, un vero “servitore di Dio”. PP 66.4
Nel suo intimo, egli era in armonia con la volontà del Padre: d’altra parte “Due uomini camminano eglino assieme, se prima non si sono concertati?” Amos 3:3. Questo suo percorso di integrità continuò per trecento anni. Pochi cristiani sentirebbero il bisogno di una maggiore serietà e devozione, nella loro fede, se sapessero di avere poco tempo da vivere, o che il ritorno del Cristo è imminente. Con il passare del tempo, la fede di Enoc divenne sempre più forte e il suo amore per Dio più ardente. Egli aveva grandi capacità intellettuali e una vastissima cultura: il Signore lo aveva onorato con particolari rivelazioni. Tuttavia, poiché aveva un contatto costante con Dio, ed era profondamente consapevole della grandezza e perfezione del suo Creatore, Enoc fu uno degli uomini più umili. Più si avvicinava a Dio, più sentiva di essere debole e pieno di difetti. PP 66.5
Rattristato dal dilagare della corruzione, temendo che l’ambiente in cui viveva potesse indebolire il suo rispetto per Dio, Enoc evitò di vivere a contatto con quella realtà degradata. Trascorse molto tempo in solitudine, nella meditazione e nella preghiera. Rifletté a lungo, sforzandosi di comprendere e seguire la volontà di Dio. La preghiera era il sostegno più importante della sua esistenza ed egli avvertiva la presenza di Dio. PP 67.1
Attraverso gli angeli, Dio rivelò a Enoc la decisione di distruggere il mondo con il diluvio: inoltre, gli spiegò con maggiore chiarezza il piano della salvezza. La potenza dello Spirito lo trasportò lungo i secoli e le generazioni: gli furono mostrati gli eventi successivi al diluvio, fino al tempo del ritorno del Cristo e della fine del mondo. PP 67.2
Enoc soffriva all’idea della morte, perché pensava che essa segnasse un unico destino per i giusti e i malvagi: diventare polvere. Non comprendeva che vi sarebbe stata la vita eterna, per chi avesse creduto in Dio. In visione profetica, il Signore gli spiegò allora il significato della morte del Cristo e gli mostrò il suo ritorno glorioso, con gli angeli, per salvare dalla morte il suo popolo. Enoc vide la corruzione del mondo al momento del secondo avvento: una società caratterizzata dall’orgoglio, dalla presunzione e dall’egoismo. Vide che gli uomini avrebbero rifiutato di credere in Gesù Cristo e rispettare la legge divina, respingendo così la salvezza. Infine, poté contemplare la gloria e l’onore conferiti ai giusti e la distruzione dei malvagi, ormai esclusi dalla presenza del Signore. PP 67.3
Enoc fu un uomo integro e incoraggiò i suoi contemporanei a comportarsi secondo giustizia. Si impegnò per far conoscere alla gente ciò che Dio gli aveva rivelato. Coloro che rispettavano il Signore lo cercavano per pregare con lui e ascoltare i suoi consigli. Tuttavia, egli non agì solo nel suo ambito privato, ma portò il messaggio di Dio a tutti coloro che erano disposti ad ascoltare i suoi avvertimenti. La sua missione non si limitò ai discendenti di Seth. Il racconto delle sue straordinarie visioni si diffuse perfino nella terra in cui Caino aveva cercato di sottrarsi alla presenza di Dio. “...Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi per far giudicio contro tutti, e per convincere tutti gli empi di tutte le opere d’empietà...”. Giuda 14, 15. PP 67.4
Enoc rimproverava il peccato con grande fermezza. Pur predicando l’amore di Dio e del Cristo per l’uomo, egli scongiurava la gente di cambiare vita. Denunciava la corruzione crescente e ricordava il giudizio di Dio, che avrebbe colpito i trasgressori della legge. Lo spirito del Cristo parlava tramite Enoc; esso non si manifesta solo attraverso espressioni d’amore e di compassione. Infatti, in passato, gli uomini fedeli a Dio, non hanno pronunciato solo parole dolci. Dio mette nei cuori e sulle labbra dei suoi messaggeri verità dolorose e penetranti come una spada a due tagli. PP 67.5
Coloro che ascoltavano Enoc avvertivano in lui la potenza divina. Alcuni accettavano i suoi rimproveri, abbandonando i loro errori, ma la massa derideva quel messaggio solenne, continuando a seguire, con crescente arroganza, le proprie abitudini perverse. Negli ultimi tempi, coloro che avranno scelto di seguire Dio si dovranno rivolgere alla loro società con un messaggio simile a quello di Enoc. Come allora, l’avvertimento sarà accolto con incredulità e ironia. Gli uomini che vissero prima del diluvio respinsero gli avvertimenti di colui che “camminava con Dio”: così, anche l’ultima generazione considererà con indifferenza il messaggio divino. PP 68.1
Pur conducendo una vita intensa, Enoc seppe mantenere saldo il suo contatto con Dio. Quando il suo impegno era maggiore, le sue preghiere diventavano più intime e costanti. In alcuni momenti egli si ritirava in solitudine: dopo aver vissuto fra la gente, aiutando le persone con i suoi consigli e il suo esempio, sentiva il bisogno di appartarsi per nutrirsi di quella saggezza che solo Dio può impartire. Vivendo uno stretto legame con il Padre, Enoc ne rifletteva sempre più l’immagine e il suo volto risplendeva della stessa luce che illuminava il volto di Gesù. Quando ritornava tra i suoi simili, dopo queste esperienze, perfino chi si rifiutava di credere in Dio percepiva con un senso di timore l’impronta del divino sul suo viso. PP 68.2
La perversità degli uomini raggiunse infine un tale livello che il Signore ne decretò la condanna. Con il tempo, la malvagità umana aumentò costantemente: le cupe nubi del giudizio divino si fecero sempre più fitte. Enoc, il testimone della fede, continuò a esortare, implorare, supplicare, nel tentativo di respingere la corruzione dilagante e ritardare così il momento della vendetta divina. Ma i suoi contemporanei, ormai degradati e storditi dalla ricerca del piacere, non prestarono alcuna attenzione ai suoi avvertimenti. Enoc annunciava un messaggio in sintonia con la volontà di Dio e continuò a lottare con fermezza contro la malvagità finché il Signore lo tolse da un mondo ormai corrotto per condurlo in cielo, dove avrebbe provato gioie sublimi. PP 68.3
Gli uomini del tempo deridevano il suo comportamento. Egli non aveva cercato di accumulare oro o argento, né di acquistare proprietà: la sua mente, infatti, era rivolta a beni che hanno una durata e un valore eterni. Enoc pensava alla città celeste, al centro della quale si trovava Dio, circondato di gloria. Tutto il suo essere, i suoi affetti, le sue parole, si concentravano sulle realtà del cielo. Tanto maggiore era la degradazione del mondo in cui viveva, tanto più intenso diventava il suo desiderio di vivere con Dio. Così, pur essendo sulla terra, egli era partecipe soprattutto di quella realtà. PP 68.4
“Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Iddio”. Matteo 5:8. Per trecento anni Enoc aveva perseguito un ideale di integrità: per questo egli poté vivere in armonia con il suo Creatore. Per trecento anni aveva “camminato con Dio” aspirando a un legame sempre più stretto con il Padre. Infine, questo contatto divenne così intimo che il Signore prese Enoc con sé. Era giunto alla soglia dell’eternità: solo un passo lo separava dalla terra in cui regnava il bene. Le porte si aprirono ed egli continuò a camminare con Dio. Attraversò i cancelli della città santa: fu il primo uomo a entrarvi. PP 69.1
La sua mancanza fu avvertita sulla terra come una grande perdita. La voce che, giorno dopo giorno, aveva pronunciato rimproveri ed esortazioni, ormai taceva. Alcune persone, credenti o scettici, avevano assistito alla sua partenza. Nella speranza di trovarlo in uno dei luoghi in cui era solito appartarsi, coloro che lo amavano fecero ricerche accurate, proprio come in seguito i figli dei profeti cercarono Elia: ogni sforzo fu inutile. Conclusero che fosse morto, perché Dio lo aveva voluto con sé. PP 69.2
Portando via Enoc dalla terra, il Signore voleva insegnare agli uomini una lezione importante. Esisteva il pericolo che l’umanità fosse schiacciata dallo scoraggiamento, a causa dei terribili risultati dell’errore di Adamo. Molti affermavano: “Che vantaggio abbiamo nel temere il Signore e osservare i suoi ordini, dal momento che una terribile maledizione si è abbattuta sull’uomo e la morte ci coinvolge tutti?” Ma gli insegnamenti che Dio impartì ad Adamo, che Seth trasmise ed Enoc illustrò con il suo esempio, dissiparono questa triste e oscura prospettiva e diedero all’uomo una speranza. Infatti, se attraverso Adamo la morte era ormai diventata parte dell’eredità dell’uomo, egli avrebbe tuttavia potuto riconquistare l’immortalità, grazie al Redentore che Dio aveva promesso. Satana intendeva convincere gli uomini dell’inesistenza di una qualsiasi ricompensa per coloro che sono fedeli agli ideali divini. Egli insinuava che chi agisce ingiustamente non è sottoposto a una condanna e che per l’uomo è impossibile ubbidire alle norme stabilite da Dio. Attraverso l’esempio di Enoc Dio dichiara “...ch’Egli è, e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6), e indica ciò che offrirà a coloro che osservano i suoi comandamenti. Enoc dimostrò agli uomini la possibilità di ubbidire alla legge di Dio: perfino in una società corrotta e dominata dal male essi avrebbero potuto, sotto l’influsso della grazia divina, resistere alla tentazione e diventare persone integre e fedeli. L’esempio di Enoc mostrò chiaramente quali fossero i benefici di una vita devota; la sua ascensione fu una prova della veracità delle sue profezie riguardanti la promessa di una gloriosa vita immortale per quanti avessero seguito la volontà divina, e la condanna a morte per i trasgressori. PP 69.3
“Per fede Enoc fu trasportato perché non vedesse la morte... poiché avanti che fosse trasportato fu di lui testimoniato ch’egli era piaciuto a Dio”. Ebrei 11:5. In un mondo pieno di malvagità e votato alla distruzione, Enoc visse con Dio un rapporto così intimo che il Signore non permise alla morte di colpirlo. La devozione di questo profeta indica il grado di santità che deve essere raggiunto da quanti saranno “...riscattati dalla terra” al ritorno del Cristo. Apocalisse 14:3. PP 70.1
Alla fine dei tempi, come nel mondo prima del diluvio, prevarranno l’ingiustizia e l’immoralità. Seguendo le loro peggiori passioni e gli insegnamenti di filosofie fuorvianti, gli uomini si ribelleranno all’autorità del cielo. Come Enoc, i credenti si sforzeranno tuttavia di mantenersi integri, fedeli ai princìpi divini, finché non arriveranno a rispecchiare il modello di Gesù. Essi avvertiranno il mondo del ritorno del Signore e del giudizio pronunciato sulla trasgressione. Con le loro parole e il loro esempio, rappresenteranno un costante rimprovero e una condanna nei confronti delle persone colpevoli. Proprio come accadde a Enoc, al tempo del diluvio, saranno rapiti in cielo prima che la terra sia distrutta dal fuoco. PP 70.2
L’apostolo dice: “...Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba... perché la tromba sonerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo mutati”. 1 Corinzi 15:51, 52. “Perché il Signore stesso con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo e i morti in Cristo risusciteranno i primi, poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole”. 1 Tessalonicesi 4:16, 18. PP 70.3