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Profeti e re

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    Capitolo 33: Il libro della legge

    Il silenzioso ma profondo influsso dei messaggi profetici riguardanti la deportazione babilonese contribuì ad avviare il processo di riforma che venne realizzato nel diciottesimo anno del regno di Giosia. Questa riforma, grazie alla quale i giudizi annunciati furono rinviati, avvenne in modo del tutto inatteso in seguito alla scoperta e allo studio di una parte degli scritti sacri che stranamente erano stati smarriti.PR 203.1

    Quasi un secolo prima, in occasione della prima Pasqua celebrata da Ezechia, egli aveva deciso di organizzare per il popolo una lettura quotidiana e pubblica della legge. Questa lettura era stata affidata ai sacerdoti incaricati dell’insegnamento. Erano state proprio queste norme trasmesse tramite Mosè nel libro della legge, che rappresentavano una parte del Deuteronomio, che avevano permesso al regno di Ezechia di prosperare. Manasse aveva rifiutato di osservarle e durante il suo regno il libro della legge che apparteneva al tempio andò perso per incuria e negligenza. Per molti anni il popolo non poté più usufruire di questo insegnamento.PR 203.2

    Il manoscritto fu rinvenuto nel tempio dal sommo sacerdote Chelkia mentre era in corso una ristrutturazione, secondo il piano di Giosia, per l’ampliamento e la manutenzione degli edifici sacri. Il sommo sacerdote consegnò il prezioso volume a Safan, dotto scriba, che dopo averlo letto lo diede al re e gli raccontò anche le circostanze della scoperta. Giosia rimase profondamente scosso quando, per la prima volta, udì la lettura delle esortazioni e degli avvertimenti contenuti in questo antico manoscritto. In nessun’altra circostanza si era reso conto della chiarezza con la quale Dio aveva indicato al popolo “la vita e la morte, la benedizione e la maledizione” e quante volte gli israeliti erano stati invitati a scegliere la via della vita per essere un motivo di lode sulla terra e una benedizione per tutte le nazioni. Cfr. Deuteronomio 31:6. Il libro esprimeva le promesse del Signore relative al suo desiderio di salvare tutti coloro che si sarebbero affidati a lui. Così come aveva liberato gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, avrebbe agito con potenza per introdurli nella terra promessa e destinarli a essere guida delle nazioni. Le promesse, offerte come premio dell’ubbidienza, erano accompagnate dai giudizi nei confronti dei trasgressori. Ascoltando le parole ispirate il re si rese conto che si trattava dello stato reale del suo regno. Le dichiarazioni profetiche relative all’infedeltà nei confronti di Dio allarmarono il re perché il linguaggio era preciso: il giorno del giudizio era vicino e non c’era scampo. Non ci si poteva sbagliare, il significato delle parole era chiaro. Alla fine del libro, nel riepilogo relativo ai rapporti di Dio con Israele e nel racconto degli avvenimenti futuri, queste parole erano ancora più esplicite. Cfr. Deuteronomio 32:14; Deuteronomio 32:7-10, 15-21, 23, 24, 28-31, 34, 35.PR 203.3

    Esse rivelarono a Giosia l’amore di Dio nei confronti del suo popolo e la sua avversione per il peccato. Quando il re lesse le profezie relative al giudizio di coloro che avrebbero perseverato nell’apostasia, tremò per il futuro che li attendeva. Giuda aveva superato tutti i limiti della depravazione: quale sarebbe stato l’esito della loro persistente apostasia?PR 204.1

    Nel corso degli anni precedenti, il re non era rimasto indifferente all’idolatria ormai diffusa ovunque. “Nell’ottavo anno del suo regno, mentre era ancora giovanissimo, cominciò a seguire in tutto la volontà di Dio. Quattro anni dopo, all’età di vent’anni, aveva compiuto un serio sforzo per evitare la tentazione dei suoi sudditi, cominciò a ripulire Gerusalemme e il territorio di Giuda dai santuari sulle colline, dai pali sacri, dalle statue e dalle sculture degli idoli. Per suo ordine furono demoliti gli altari in onore degli dei chiamati Baal insieme con gli altarini per l’incenso che vi stavano sopra; furono abbattuti i pali sacri e fatte a pezzi le statue e le sculture. Tutto ciò fu ridotto in polvere e la polvere sparsa sulle tombe di quelli che avevano offerto sacrifici a quegli idoli. Fece infine bruciare le ossa dei sacerdoti sugli altari degli idoli sui quali essi avevano sacrificato. Così purificò Gerusalemme e il territorio di Giuda”. 2 Cronache 34:3-5.PR 204.2

    Non contento della purificazione totale del regno di Giuda, il giovane sovrano estese i suoi interventi ai pochi superstiti rimasti in quelle regioni della Palestina, un tempo occupate dalle dieci tribù: “In seguito Giosia si occupò delle località delle tribù di Manasse, Efraim, Simeone e perfino di Neftali al nord”. Egli ritornò a Gerusalemme solo dopo aver percorso in lungo e in largo queste regioni devastate; egli “...distrusse gli altari, ridusse in polvere pali sacri e statue e demolì gli altarini per l’incenso in tutto il territorio d’Israele”. 2 Cronache 15:6, 7.PR 204.3

    In questo modo Giosia, ormai adulto, cercò di utilizzare il suo potere regale per esaltare i princìpi della santa legge di Dio. E mentre Safan, lo scriba, gli leggeva il libro della legge, scopriva in quel volume un vero tesoro di conoscenza, un potente alleato nell’opera di riforma che desiderava realizzare nel paese. Decise perciò di seguire i suoi consigli, di fare il possibile per fare conoscere al popolo gli insegnamenti di quel libro e indurlo a provare rispetto e amore per la legge di Dio.PR 204.4

    Come realizzare questa riforma? Israele aveva quasi superato i limiti della pazienza divina e presto Dio sarebbe intervenuto per punire coloro che avevano disonorato il suo nome. In preda alla tristezza e allo sgomento, Giosia si stracciò le vesti e si prostrò davanti a Dio per implorare il perdono dei peccati della nazione impenitente.PR 205.1

    In quell’epoca a Gerusalemme, vicino al tempio, viveva la profetessa Hulda; ossessionato da oscuri presentimenti, Giosia decise di andarla a trovare per chiedere al Signore, tramite la sua messaggera, se fosse possibile salvare Giuda che correva verso l’annientamento.PR 205.2

    La gravità della situazione e il rispetto che provava per la profetessa spinsero Giosia a inviarle i maggiori dignitari del regno. Egli disse loro: “Andate a interrogare il Signore, per me e per tutto il popolo di Giuda, riguardo al contenuto del libro che è stato ritrovato. Il Signore è certamente in collera con noi, perché i nostri padri non hanno ascoltato quel che è scritto in quel libro e non l’hanno messo in pratica”. 2 Re 22:13.PR 205.3

    Per mezzo di Hulda il Signore fece sapere a Giosia che la rovina di Gerusalemme non poteva essere scongiurata. Anche se il popolo si fosse umiliato davanti a Dio, non avrebbe potuto sottrarsi alla punizione. Ormai da troppo tempo era così abituato al male che se avesse evitato il castigo sarebbe presto ritornato a commetere gli errori abituali. La profetessa dichiarò: “...La parola del Signore era questa: “Io manderò una sciagura su Gerusalemme e sui suoi abitanti, come è scritto nel libro che il re di Giuda ha letto. Essi mi hanno abbandonato e hanno onorato altre divinità. Hanno provocato il mio sdegno con gli idoli da loro fabbricati. Per questo sono in collera contro Gerusalemme, e non è più possibile frenare la mia indignazione””. 2 Re 22:15-17.PR 205.4

    Tuttavia siccome il re si era umiliato davanti a Dio, il Signore apprezzò il suo desiderio di perdono e di misericordia e gli inviò questo messaggio: “...ti sei umiliato, hai riconosciuto la tua colpa, hai pianto davanti a me e ti sei strappato i vestiti. Io, il Signore, ho ascoltato la tua preghiera. Ti lascerò morire in pace: non vedrai la rovina che manderò su Gerusalemme”. 2 Re 22:19, 20.PR 205.5

    Il re doveva lasciare a Dio la responsabilità degli eventi futuri; non poteva modificare i suoi decreti eterni. Tuttavia, annunciando i giudizi futuri, il Signore non escludeva l’opportunità del pentimento e della riforma. Giosia capì che Dio desiderava mitigare i suoi giudizi con la misericordia e quindi decise di fare tutto il possibile per attuare le riforme. Convocò immediatamente una grande assemblea alla quale furono invitati gli anziani e i magistrati di Gerusalemme e di Giuda e tutto il popolo. Insieme, con i sacerdoti e i leviti, si incontrarono con il re nel cortile del tempio.PR 205.6

    A questa grande assemblea Giosia stesso lesse “...il libro dell’alleanza, che era stato trovato nel tempio”. 2 Re 23:2. Il re era profondamente commosso e trasmise il suo messaggio con il tono di un uomo dal cuore spezzato. I suoi uditori rimasero molto impressionati. L’intensità dell’emozione che si leggeva nell’espressione del re, la solennità del messaggio stesso, l’annuncio dei prossimi castighi produssero un grande effetto su coloro che lo ascoltavano e molti fra loro decisero di unirsi al re per implorare il perdono divino.PR 206.1

    Giosia propose ai maggiori esponenti di unirsi al popolo per impegnarsi solennemente davanti a Dio a realizzare i cambiamenti necessari. “In piedi, accanto alla colonna, prese davanti al Signore il solenne impegno di seguirlo, di ubbidire alle sue leggi, ai suoi comandamenti e alle sue prescrizioni, con tutto il cuore e con tutta l’anima, e di mettere in pratica tutto quel che era scritto nel libro dell’alleanza”. La risposta fu superiore a qualsiasi aspettativa del re, perché “il popolo si unì... all’impegno assunto da Giosia”. 2 Re 23:3.PR 206.2

    Nella riforma che seguì il re si impegnò a distruggere ogni segno dell’idolatria che era rimasto. Gli abitanti del paese avevano seguito per così tanto tempo le abitudini delle nazioni circostanti, inginocchiandosi davanti alle immagini di legno e di pietra, che sembrava un compito sovrumano riuscire a eliminare ogni traccia del paganesimo. Ma Giosia perseverò nel suo tentativo di purificare il regno. Affrontò coraggiosamente l’idolatria: “...fece uccidere i sacerdoti... fece anche sparire dal territorio di Giuda e da Gerusalemme quelli che praticavano incantesimi, quelli che consultavano gli spiriti, le divinità familiari, gli idoli e le altre cose ugualmente detestabili. Giosia voleva così mettere in pratica le leggi scritte nel libro che il sacerdote Chelkia aveva trovato nel tempio”. 2 Re 23:20, 24.PR 206.3

    Al tempo della divisione del regno, alcuni secoli prima, Geroboamo, figliuolo di Nebat, aveva sfidato il Dio d’Israele. Aveva cercato di allontanare il popolo dai servizi del tempio per far loro adottare nuove forme di culto e aveva eretto un altare pagano a Betel. Durante la consacrazione di questo altare, che per molti anni anni avrebbe indotto chi vi si avvicinava a compiere riti idolatri, apparve improvvisamente un uomo di Dio, proveniente dalla Giudea, il quale pronunciò parole di condanna per i riti sacrileghi. Egli aveva gridato contro l’altare dicendo: “Altare, altare! Tra i discendenti di Davide nascerà un uomo di nome Giosia, dice il Signore. Egli sacrificherà sopra di te i sacerdoti dei santuari sulle colline, quelli che depongono su di te le loro offerte di incenso. Su di te bruceranno ossa umane!” 1 Re 13:2. Questo annuncio era stato convalidato da un segno che garantiva la provenienza divina del messaggio.PR 206.4

    Erano trascorsi tre secoli. Durante la riforma operata da Giosia, il re capitò a Betel davanti a questo antico altare. La profezia pronunciata tanti anni prima in presenza di Geroboamo si adempiva ora alla lettera: “Giosia demolì anche l’altare del santuario sulla collina a Betel, fatto costruire da Geroboamo figlio di Nebat, quello che fece peccare gli Israeliti. Distrusse altare e santuario, poi bruciò e ridusse tutto in cenere, anche il palo sacro della dea Asera”. 2 Re 23:15; cfr. 2 Re 23:16-18.PR 207.1

    Sul versante meridionale del monte degli Ulivi, di fronte allo splendido tempio di Gerusalemme, situato sul monte Moria, si innalzavano gli altari e le statue che erano stati costruiti da Salomone per accontentare le sue mogli pagane. Per oltre tre secoli queste immagini deformi erano state sul “monte dello Scandalo” testimonianza silenziosa dell’apostasia del più saggio re d’Israele. Anch’esse furono rimosse e distrutte da Giosia.PR 207.2

    Il re inoltre cercò di rafforzare la fede di Giuda nel Dio dei suoi padri mediante una grande festa di Pasqua, secondo quanto prescritto dal libro della legge. I responsabili dei servizi sacri fecero tutti i preparativi necessari e nel gran giorno della festa furono offerti numerosi sacrifici. “Per tutto il tempo dei re d’Israele e di Giuda la Pasqua non era più stata celebrata...”. 2 Re 23:22. Ma lo zelo di Giosia, per quanto gradito da Dio, non poteva espiare i peccati delle generazioni precedenti e la devozione manifestata da coloro che seguivano la riforma del re non poteva operare un cambiamento nel cuore di quelli che ostinatamente rifiutavano di passare dall’idolatria all’adorazione del vero Dio.PR 207.3

    Giosia continuò a regnare per più di un decennio dopo la celebrazione della Pasqua. All’età di trentanove anni morì in una battaglia contro l’Egitto: “Fu sepolto nella tomba dei suoi antenati e tutti gli abitanti di Gerusalemme e del regno di Giuda fecero il lutto per la sua morte. Il profeta Geremia compose un lamento per la morte di Giosia. Tutti i cantori e le cantanti eseguono ancor oggi questo canto in morte di Giosia, che è diventato tradizionale in Israele. È scritto nel libro delle Lamentazioni”. 2 Cronache 35:24, 25. “Prima di Giosia non c’era stato alcun altro re che fosse tornato al Signore con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze, seguendo l’intera legge di Mosè. Neppure dopo, ce ne fu un altro come lui. Eppure il Signore non poté placare la sua ardente ira contro il regno di Giuda: Manasse lo aveva troppo esasperato”. 2 Re 23:25, 26. Si stava avvicinando rapidamente il tempo in cui Gerusalemme sarebbe stata completamente distrutta e gli abitanti del paese sarebbero stati deportati a Babilonia dove avrebbero appreso tutto ciò che avevano rifiutato di imparare in circostanze più favorevoli.PR 207.4

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