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La speranza dell’uomo

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    Capitolo 5: La consacrazione

    Una quarantina di giorni dopo la nascita di Gesù, Giuseppe e Maria salirono a Gerusalemme per consacrare al Signore il loro figlio e offrire un sacrificio, secondo una prescrizione della legge. Infatti il Cristo, come sostituto dell’uomo, doveva osservare tutta la legge. Alcuni giorni dopo la nascita era stato circonciso.SU 28.1

    La legge stabiliva che la madre offrisse un agnello di un anno in olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio per il peccato. I genitori troppo poveri per offrire un agnello potevano sostituirlo con due colombi: uno in olocausto e l’altro in sacrificio per il peccato.SU 28.2

    Gli animali da offrire al Signore dovevano essere senza difetti. Essi rappresentavano il Cristo che, infatti, fu esente da ogni deformità fisica. Era l’”agnello senza difetto né macchia”. 1 Pietro 1:19. Non aveva alcun difetto fisico. Il suo corpo era sano e robusto, risultato di una vita conforme ai princìpi della natura. Nel corpo e nello spirito, il Cristo attuò l’ideale che Dio aveva stabilito per l’uomo.SU 28.3

    La consacrazione del primogenito risaliva ai tempi antichi. Dio aveva promesso di dare il Primogenito del cielo per la salvezza dei peccatori e questo dono era riconosciuto da ogni famiglia mediante la consacrazione del primo nato che veniva consacrato al sacerdozio, come rappresentante del Cristo.SU 28.4

    L’ordine di consacrare i primogeniti fu ripetuto quando Israele uscì dall’Egitto. Mentre i figli d’Israele soffrivano per la schiavitù, Dio inviò Mosè da Faraone per dirgli: “Così dice l’Eterno: Israele è il mio figliuolo, il mio primogenito; e io ti dico: Lascia andare il mio figliuolo, affinché mi serva; e se tu ricusi di lasciarlo andare, ecco, io ucciderò il tuo figliuolo, il tuo primogenito”. Esodo 4:22, 23.SU 28.5

    L’orgoglioso sovrano rispose a Mosè con queste parole: “Chi è l’Eterno ch’io debba ubbidire alla sua voce e lasciar andare Israele? Io non conosco l’Eterno, e non lascerò affatto andare Israele”. Esodo 5:2. Dio allora fece segni e prodigi in favore del suo popolo, e colpì Faraone con castighi tremendi. Infine, l’angelo della morte sterminò i primogeniti d’Egitto, sia degli uomini sia degli animali. Per aver salva la vita, gli israeliti dovevano aspergere gli stipiti delle porte di ogni casa con il sangue di un agnello immolato. Vedendo il sangue, l’angelo della morte sarebbe passato oltre.SU 28.6

    Dopo aver colpito l’Egitto, il Signore disse a Mosè: “Consacrami ogni primogenito... tanto degli uomini quanto degli animali: esso mi appartiene”. Esodo 13:1, 2. “Poiché ogni primogenito è mio; il giorno ch’io colpii tutti i primogeniti nel paese d’Egitto, io mi consacrai tutti i primi parti in Israele, tanto degli uomini quanto degli animali; saranno miei: io sono l’Eterno”. Numeri 3:13. Stabilito il servizio del tabernacolo, il Signore scelse la tribù di Levi perché officiasse al posto dei primogeniti di tutto Israele. Ma si continuò a considerare tutti i primogeniti proprietà del Signore e per loro si doveva pagare un riscatto.SU 29.1

    La presentazione dei primogeniti ricordava così il modo meraviglioso in cui Dio aveva liberato Israele e nello stesso tempo preannunciava la liberazione più grande che doveva essere compiuta dall’Unigenito Figlio di Dio. Come il sangue dell’agnello pasquale aveva salvato i primogeniti d’Israele, così il sangue del Cristo può salvare il mondo.SU 29.2

    La presentazione di Gesù al tempio aveva dunque un significato profondo, ma il sacerdote non riuscì a scorgerlo. Ogni giorno venivano presentati nel tempio dei fanciulli. Ogni giorno il celebrante riceveva il prezzo del riscatto. Ogni giorno compiva gli atti richiesti dalla legge, senza fare troppa attenzione ai genitori o al bambino, a meno che non fossero ricchi o di alto rango. Ma Giuseppe e Maria erano poveri. Quando si presentarono al tempio con il bambino, i sacerdoti non videro altro che un uomo e una donna di modeste condizioni, vestiti alla foggia galilea. Nell’aspetto non avevano nulla che attirasse l’attenzione e la loro offerta era quella dei poveri.SU 29.3

    Il sacerdote, terminati i riti, prese il bambino e lo sollevò davanti all’altare. Poi, dopo averlo restituito alla madre, scrisse il suo nome nel rotolo dei primogeniti: Gesù. Era ben lontano dal pensare di aver tenuto fra le braccia la Maestà del cielo, il Re di gloria, colui di cui Mosè aveva detto: “Il Signore Iddio vi susciterà di fra i vostri fratelli un profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà”. Atti 3:22.SU 29.4

    Non pensava certamente di aver tenuto in braccio uno più grande di Mosè, la cui gloria Mosè stesso aveva desiderato contemplare. E quando registrò il nome del bambino, non fece altro che registrare il nome di colui che era il fondamento dell’economia ebraica. Questo nome significava il compimento di tale economia, perché il sistema dei sacrifici e delle offerte stava per tramontare: il tipo si era quasi incontrato con l’antitipo, l’ombra con la realtà.SU 29.5

    La “Shekinah” cioè la gloria di Dio, aveva abbandonato il santuario, ma nel bambino di Betlemme vi era la gloria davanti alla quale si prostrano gli stessi angeli. Questo fanciullo era la posterità promessa, annunciata sul primo altare all’uscita dall’Eden, colui che avrebbe portato la pace, colui che parlando con Mosè si era definito l’”Io sono”, che aveva guidato Israele nel deserto con la colonna di nuvole e fuoco, colui che i profeti avevano annunciato da tanto tempo: il Desiderato delle genti, la radice e il rampollo di Davide, la stella lucente del mattino.SU 30.1

    Il nome di quel bambino indifeso, scritto nel registro d’Israele come uno dei nostri fratelli, era la speranza dell’umanità caduta. Il bambino per il quale era stato pagato il prezzo del riscatto era colui che avrebbe pagato il riscatto per i peccatori di tutto il mondo. Egli era il vero “gran Sacerdote sopra la casa di Dio”, il capo di “un sacerdozio che non si trasmette”, l’intercessore che siede “alla destra della Maestà nei luoghi altissimi”. Ebrei 10:21; 7:24; 1:3.SU 30.2

    Le cose spirituali si comprendono solo attraverso lo Spirito. Mentre nel tempio il Figlio di Dio veniva consacrato per la missione che doveva compiere, il sacerdote non vide in lui che un fanciullo come tutti gli altri. Ma, benché non vedesse né sentisse niente di eccezionale, pure l’atto con il quale Dio aveva dato suo Figlio al mondo non mancò di un riconoscimento. Quest’occasione non passò inosservata. “Ed ecco, v’era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; e quest’uomo era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d’Israele; e lo Spirito Santo era sopra lui; e gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non vedrebbe la morte prima d’aver veduto il Cristo del Signore”. Luca 2:25, 26.SU 30.3

    Entrando nel tempio, Simeone scorge una famiglia povera. Avverte però, grazie allo Spirito, che quel primogenito è la “consolazione d’Israele”, che egli ha desiderato tanto vedere. Al sacerdote stupito, il vegliardo appare come rapito in estasi. Simeone prende il bimbo fra le braccia, e tutto pervaso da una gioia mai provata lo presenta a Dio. Alzando verso il cielo il bambino, esclama: “Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; poiché gli occhi miei han veduto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli per esser luce da illuminar le genti, e gloria del tuo popolo Israele”. Luca 2:29-32.SU 30.4

    Quell’uomo era animato dallo Spirito di profezia, e mentre Maria e Giuseppe meditavano sulle sue parole, pronunciò su loro una benedizione e disse alla madre: “Ecco, questi è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele, e per segno a cui si contradirà (e a te stessa una spada trapasserà l’anima), affinché i pensieri di molti cuori siano rivelati”. Luca 2:34, 35.SU 30.5

    Anche Anna, una profetessa, confermò la testimonianza di Simeone. Mentre egli parlava, il viso della donna risplendeva della gloria divina e le labbra esprimevano la gratitudine del cuore per aver potuto contemplare il Cristo, il Signore.SU 31.1

    Questi umili adoratori non avevano studiato invano le profezie; i capi e i sacerdoti invece non camminavano nelle vie di Dio — sebbene le profezie divine fossero anche per loro — e i loro occhi non potevano contemplare la luce della vita.SU 31.2

    Lo stesso accade ai nostri giorni. Le autorità religiose e coloro che adorano nella casa di Dio non si accorgono di eventi sui quali si concentra l’attenzione di tutto il cielo. Gli uomini rendono omaggio al Cristo storico, ma si ritraggono da quello vivente. Il Cristo non è accettato nel suo insegnamento che invita alla rinuncia; non è accettato nei poveri e nei sofferenti che implorano soccorso; non è accettato in una causa giusta che può comportare povertà e rimproveri; non è accettato oggi più prontamente di quanto non lo fosse alla sua nascita a Betlemme.SU 31.3

    Maria meditava sulle parole profetiche di Simeone. Guardando il piccolo chino sul suo petto, si ricordava delle parole dei pastori di Betlemme e il suo cuore traboccava di gioia, riconoscenza e speranza. Le parole di Simeone le fecero tornare alla mente le profezie di Isaia: “Poi un ramo uscirà dal tronco di Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici. Lo spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno... La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi”. “Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende... Poiché un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato, e l’imperio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace”. Isaia 11:1-5; 9:1-5.SU 31.4

    Ma Maria non comprendeva completamente quale sarebbe stata la futura missione di Gesù. Simeone lo aveva chiamato “Luce dei Gentili” e “Gloria d’Israele”; gli angeli avevano annunciato che la nascita del Messia sarebbe stata un motivo di gioia per tutte le nazioni. Dio cercava di correggere le grette concezioni ebraiche sull’opera del Cristo; voleva che gli uomini vedessero in lui non semplicemente il Liberatore d’Israele, ma il Redentore del mondo. Ma dovevano passare ancora molti anni prima che la madre di Gesù potesse veramente comprendere la missione del Figlio.SU 31.5

    Maria pensava al regno del Messia sul trono di Davide, senza scorgere il battesimo di sofferenza che lo avrebbe preceduto. Le parole di Simeone indicavano invece che il Messia non avrebbe percorso una strada facile. “E a te stessa una spada trapasserà l’anima”. Dio, nella sua sollecita misericordia, voleva annunciare a Maria l’angoscia che aveva già iniziato a sopportare per amore del Figlio.SU 31.6

    “Ecco” aveva detto Simeone “questi è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele e per segno a cui si contraddirà”. Ovviamente ci si rialza se prima si è caduti. Noi dobbiamo prima cadere sulla Roccia e infrangerci per potere poi essere innalzati in Cristo. Bisogna spodestare l’io e abbassare l’orgoglio se si vuole partecipare alla gloria del regno spirituale. Gli ebrei, invece, non intendevano accettare gli onori che si acquistano a prezzo di umiliazioni. Non vollero accettare il Redentore: Gesù fu per loro un segno di contraddizione.SU 32.1

    “Affinché i pensieri di molti cuori siano rivelati”. Luca 2:35. Alla luce della vita del Salvatore si rivelano tutti i cuori: da quello del Creatore a quello del principe delle tenebre. Lo scopo di Satana è far credere agli uomini che Dio è un tiranno, che esige tutto senza concedere nulla, che richiede l’ubbidienza dalle sue creature unicamente per la sua gloria, senza curarsi affatto del loro bene. Ma il dono del Cristo fa conoscere i veri sentimenti del Padre. Dio ha nei nostri riguardi “pensieri di pace e non di male”. Geremia 29:11. Se il suo odio per il peccato è forte come la morte, l’amore per il peccatore è più forte della morte stessa. Dopo aver iniziato l’opera della redenzione, egli sarà pronto a donare tutto quanto ha di più caro per portarla a compimento. Dio ci fa conoscere ogni verità essenziale alla salvezza; elargisce ogni grazia e usa ogni mezzo. Le grazie e i doni si moltiplicano e tutti i tesori del cielo vengono riversati sui redenti. Dopo aver radunato tutte le ricchezze del cielo e impiegato tutti i mezzi della sua potenza infinita, Dio rimette ogni dono nelle mani del Cristo perché li trasmetta all’uomo per convincerlo che non esiste un amore più grande del suo e che soltanto contraccambiando questo amore si può trovare la vera felicità.SU 32.2

    Alla croce del Calvario l’amore e l’egoismo si incontrano nella loro manifestazione culminante. Il Cristo venne su questa terra solo per confortare e benedire; Satana, facendolo uccidere, manifestò tutto l’odio che lo animava e il vero movente del suo agire: spodestare Dio e distruggere colui in cui si manifesta l’amore di Dio stesso.SU 32.3

    La vita e la morte del Cristo mettono in luce anche l’intimo degli uomini. Dalla mangiatoia fino alla croce, la vita di Gesù è stata per questi un invito a rinunciare a se stessi e a seguirlo nella sofferenza. Il Cristo annunciò la verità del cielo, e tutti coloro che ascoltarono la voce dello Spirito Santo si sentirono attratti verso di lui, mentre gli adoratori dell’io entrarono a far parte del regno di Satana. Così ognuno, nell’atteggiamento che assume nei confronti del Cristo, mostra da che parte si schiera e assume la propria responsabilità.SU 32.4

    Nel giorno del giudizio ogni uomo perduto comprenderà che cosa significhi non aver accettato la verità. La croce verrà presentata e ogni mente, prima accecata dalla trasgressione, ne comprenderà il valore. Davanti alla visione del Calvario e al mistero della redenzione, i peccatori saranno condannati, ogni scusa apparirà priva di valore e sarà manifestata la vera natura dell’apostasia. Gli uomini comprenderanno il significato della loro scelta e ogni dubbio sorto durante il conflitto fra il bene e il male sarà chiarito. Nel giudizio dell’universo sarà evidente per tutti che Dio non ha avuto nessuna responsabilità per l’esistenza e la diffusione del male e che i decreti divini non hanno in nessun modo favorito il peccato. Il governo di Dio era esente da difetti e non poteva esservi alcun motivo valido di malcontento. Quando saranno svelati i pensieri di tutti i cuori, i fedeli e i ribelli uniranno le loro voci per dichiarare: “Giuste e veraci sono le tue vie, o Re delle nazioni. Chi non temerà, o Signore, e chi non glorificherà il tuo nome? Poiché... i tuoi giudici sono stati manifestati”. Apocalisse 15:3, 4.SU 33.1

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