Capitolo 44: Il vero segno
“Partitosi di nuovo dai confini di Tiro, Gesù, passando per Sidone, tornò verso il mare di Galilea traversando il territorio della Decapoli”. Marco 7:31.SU 303.1
Nella regione della Decapoli gli indemoniati erano stati guariti e gli abitanti, allarmati per la perdita dei porci, avevano chiesto a Gesù di allontanarsi. Ma avevano poi ascoltato i messaggeri che Egli aveva lasciato, ed era sorto in loro il desiderio di conoscere meglio quel Maestro. Al suo ritorno, una grande folla si raccolse intorno a lui, e gli portarono un uomo che era sordo e muto. Gesù, diversamente dalle sue abitudini, non guarì quest’uomo servendosi soltanto della parola. Lo portò in disparte, gli mise le dita nelle orecchie e gli toccò la lingua. Levando poi gli occhi al cielo, trasse un sospiro al pensiero delle tante orecchie che si rifiutavano di ascoltare la verità e delle tante lingue che non volevano proclamarlo Redentore. Alla parola: “Apriti!” (Marco 7:34) quell’uomo recuperò la capacità di parlare e di udire, e senza tener conto del divieto di raccontare, parlò ovunque della sua guarigione.SU 303.2
Gesù salì su un monte e una gran folla si avvicinò a lui portando ai suoi piedi malati e zoppi. Egli li guarì tutti e la folla, benché pagana, glorificava il Dio d’Israele. Per tre giorni si accalcò intorno al Salvatore, dormiva all’aperto e di giorno accorreva per ascoltare le parole di Gesù e vedere i suoi miracoli. Poi il cibo mancò. Gesù non voleva congedare quelle persone affamate e disse ai discepoli di dare loro da mangiare. Ma la loro fede era ancora scarsa. Essi avevano visto come a Betsaida la loro piccola provvista, grazie alla benedizione di Gesù, fosse stata sufficiente per sfamare tanta gente; tuttavia non portarono tutto ciò che avevano a Gesù perché con la sua potenza lo moltiplicasse per la folla. Non bisogna dimenticare che coloro che Gesù aveva nutrito a Betsaida erano ebrei, mentre questi erano pagani.SU 303.3
Il pregiudizio ebraico aveva ancora ampia presa sul cuore dei discepoli che risposero a Gesù: “Donde potremmo avere, in un luogo deserto, tanti pani da saziare così gran folla?” Matteo 15:33. Nondimeno, ubbidendo all’ordine ricevuto, gli portarono ciò che avevano: sette pani e due pesci. La folla fu saziata e ne avanzarono sette grandi panieri pieni. Furono nutriti quattromila uomini, oltre alle donne e ai bambini. Poi Gesù li congedò e se ne andarono lieti e riconoscenti.SU 303.4
Gesù, con i discepoli, attraversò il lago in barca, diretto a Magdala, nell’estremità meridionale della pianura di Gennezaret. Sul confine di Tiro e Sidone la fiducia della donna siro-fenicia lo aveva riempito di consolazione. Anche la popolazione pagana della Decapoli lo aveva accolto con gioia. Ora in Galilea, dove la sua potenza si era manifestata in maniera più evidente, dove era stata compiuta la maggior parte delle sue opere di misericordia e aveva insegnato, incontrava una sprezzante incredulità.SU 304.1
Una rappresentanza dei ricchi e potenti sadducei si era aggiunta agli emissari dei farisei. I sadducei costituivano l’aristocrazia della nazione e a questa categoria appartenevano i sacerdoti. Sadducei e farisei si odiavano mortalmente. I sadducei, per mantenere la loro posizione e autorità, collaboravano con Roma. I farisei invece, impazienti di scuotere il giogo dell’invasore, fomentavano nel popolo uno spirito di ribellione contro i romani. Si unirono però contro il Cristo: i simili si attraggono e il male fa sempre lega con il male quando si tratta di lottare contro il bene.SU 304.2
I farisei e i sadducei si avvicinarono a Gesù e gli chiesero un segno dal cielo. Al tempo di Giosuè, quando Israele combatteva contro i cananei a Beth-horon, il sole si era fermato all’ordine del condottiero sino al conseguimento della vittoria, e molti altri prodigi simili erano accaduti durante la loro storia. Ora si chiedeva a Gesù un segno di questo genere. Ma gli ebrei non avevano bisogno di segni. Le manifestazioni esteriori non potevano essere di nessuna utilità. Non avevano bisogno di una maggiore comprensione, ma di un rinnovamento spirituale.SU 304.3
A loro, che esaminando il cielo sapevano riconoscere il tempo futuro, Gesù disse: “L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere, e i segni de’ tempi non arrivate a discernerli?” Matteo 16:3. Le parole di Gesù, accompagnate dalla potenza dello Spirito Santo che convince di peccato, erano il segno dato da Dio per la loro salvezza. Segni del cielo erano già stati dati per provare la missione divina del Cristo. Il canto degli angeli uditi dai pastori; la stella che guidava i magi; la colomba e la voce dal cielo al momento del suo battesimo: erano tutte testimonianze in suo favore.SU 304.4
“Ma Egli, dopo aver sospirato nel suo spirito, disse: Perché questa generazione chiede ella un segno?” (Marco 8:12) “Segno non le sarà dato se non quello di Giona”. Matteo 16:4. Come Giona aveva passato tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Cristo sarebbe rimasto per la stessa durata di tempo “nel cuor della terra”. Matteo 12:40. Come la predicazione di Giona era stata un segno per i niniviti, così quella del Cristo era un segno per la sua generazione. Ma vi era una grande differenza nel modo in cui la predicazione veniva accolta. La popolazione di quella grande città pagana aveva tremato nell’udire gli avvertimenti divini. Il re e i nobili si erano umiliati, persone di tutti i ceti avevano implorato Dio e ne avevano ottenuto la grazia. “I Niniviti risorgeranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco qui vi è più che Giona!” Matteo 12:41.SU 304.5
Ogni miracolo compiuto da Gesù era un segno della sua divinità. Egli svolgeva l’opera del Messia proprio come era stata rivelata dai profeti. Ma per i farisei quelle opere di misericordia erano una colpa. I capi della nazione ebraica erano indifferenti verso le sofferenze degli uomini. In molti casi erano stati proprio il loro egoismo e la loro ingiustizia a causare quei dolori che il Cristo alleviava. Così i suoi miracoli erano un rimprovero indiretto per loro.SU 305.1
Gli ebrei respinsero l’opera del Salvatore in base alle prove più evidenti della sua natura divina. Il grande significato dei suoi miracoli lo si scorge proprio nel fatto che miravano al bene dell’umanità. La prova più grande della sua origine divina è la rivelazione del carattere di Dio nella sua vita. Egli compiva le opere di Dio e pronunciava le parole di Dio. Una tale vita è il più grande miracolo.SU 305.2
Anche oggi molti, come gli ebrei, quando viene presentato il messaggio della verità, dicono: Mostrateci un segno; fateci un miracolo. Ma Gesù non fece nessun miracolo per i farisei. Non ne aveva fatti neppure nel deserto, in risposta alle insinuazioni di Satana. Egli ci comunica la sua potenza non perché ce ne serviamo per affermare noi stessi o per soddisfare le richieste degli increduli. Il Vangelo ha in sé i segni della sua origine divina. Non è forse un miracolo la liberazione dalla schiavitù di Satana? L’ostilità verso Satana non nasce naturalmente nel cuore, ma è il prodotto della grazia di Dio. Si compie un miracolo ogni volta che qualcuno, prima dominato da una volontà ostinata e ribelle, ne è liberato e accetta la volontà di Dio e ogni volta che un uomo, vittima di un’amara delusione, giunge a comprendere la verità. Quando un essere umano si converte, impara ad amare Dio e a osservare i suoi comandamenti; si adempie così la promessa del Signore: “E vi darò un cuor nuovo, e metterò dentro di voi uno spirito nuovo”. Ezechiele 36:26. Il cambiamento del cuore e la trasformazione del carattere sono miracoli che attestano che c’è un Salvatore vivente, pronto a salvare gli uomini. Una vita fedele in Cristo è un grande miracolo. Il segno che dovrebbe accompagnare sempre la predicazione della parola di Dio è la presenza dello Spirito Santo che conferisce alla Parola una potenza rigeneratrice per tutti coloro che l’ascoltano. È questa la prova che Dio dà al mondo della divina missione di suo Figlio.SU 305.3
Coloro che chiedevano un segno a Gesù si erano talmente induriti nell’incredulità che non distinguevano nel suo carattere la somiglianza con Dio. Essi non vedevano che la sua missione era l’adempimento delle Scritture. Nella parabola del ricco e del povero Lazzaro, Gesù disse, alludendo ai farisei: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscitasse”. Luca 16:31. Nessun segno né in cielo né in terra li avrebbe potuti aiutare.SU 306.1
Gesù “dopo aver sospirato nel suo spirito” ed essersi allontanato da quei cavillatori, salì sulla barca con i suoi discepoli. Attraversarono il lago silenziosi e tristi. Non tornarono nel luogo che avevano lasciato, ma si diressero verso Betsaida, la località in cui cinquemila persone erano state sfamate. Vicino alla riva, Gesù disse loro: “Vedete di guardarvi dal lievito dei Farisei e de’ Sadducei”. Matteo 16:5. Sin dal tempo di Mosè, al sopraggiungere della Pasqua gli ebrei toglievano tutto il lievito dalle loro case perché lo consideravano simbolo del peccato. Ma i discepoli non compresero che cosa Gesù volesse dire. Nella loro repentina partenza da Magdala, si erano dimenticati di prendere del pane. Pensavano che Gesù alludesse a questo fatto e che li invitasse a non comprare pane né dai farisei né dai sadducei. Spesso, a causa della loro scarsa fede e della limitata visione spirituale, avevano frainteso le sue parole. Gesù li rimproverò per aver pensato che colui che aveva nutrito cinquemila persone con pochi pani e pochi pesci, con quel solenne avvertimento potesse riferirsi soltanto al cibo materiale. C’era il pericolo che gli astuti ragionamenti dei farisei e dei sadducei facessero nascere il dubbio nella mente dei discepoli, inducendoli a non fare attenzione alle opere del Cristo.SU 306.2
I discepoli pensavano che il loro Maestro avrebbe dovuto rispondere alla richiesta di un segno del cielo. Credevano che potesse farlo e ritenevano che ciò avrebbe fatto tacere i suoi nemici. Non si rendevano conto dell’ipocrisia delle loro argomentazioni.SU 306.3
Alcuni mesi più tardi, “essendosi la moltitudine radunata a migliaia”, Gesù rivolse ai suoi discepoli la stessa esortazione: “Guardatevi dal lievito de’ Farisei, che è ipocrisia”. Luca 12:1.SU 306.4
Il lievito opera in maniera impercettibile, ma trasforma tutta la pasta. Così l’ipocrisia accolta nel cuore permea il carattere e la vita. Gesù aveva già indicato un esempio notevole dell’ipocrisia dei farisei, quando aveva condannato la loro tradizione detta “Corban”, con la quale si camuffava la trasgressione di un dovere nei confronti dei genitori con il pretesto della generosità verso il tempio. Gli scribi e i farisei proponevano princìpi che generavano inganno. Dissimulavano il vero scopo delle loro dottrine e approfittavano di ogni occasione per inculcarle nella mente dei loro ascoltatori. Quei falsi princìpi, una volta accettati, operavano come il lievito nella pasta, permeando e trasformando il carattere. Quell’insegnamento sbagliato rese ancora più difficile l’accettazione da parte del popolo della parola del Cristo.SU 306.5
Un influsso analogo lo esercitano oggi coloro che presentano la legge di Dio conciliandola con le loro abitudini. Essi non attaccano direttamente la legge, ma formulano teorie che ne minano i princìpi e ne indeboliscono il vigore.SU 307.1
L’ipocrisia dei farisei era il frutto dell’amore per se stessi. Lo scopo della loro vita era l’esaltazione della loro persona. Quel sentimento li aveva spinti a travisare le Scritture e aveva impedito loro di comprendere l’obiettivo della missione del Cristo. Anche i discepoli correvano il rischio di cadere nello stesso errore. Coloro che si dichiaravano discepoli di Gesù, ma che non avevano cambiato la loro mentalità, erano in gran parte orientati da quel modo di ragionare dei farisei. Vacillavano spesso tra la fede e l’incredulità e non sapevano distinguere i tesori della sapienza nascosti in Cristo. Persino i discepoli, sebbene avessero abbandonato tutto per amore di Gesù, in cuor loro non avevano cessato di aspirare a posizioni elevate. Era quello lo spirito che produceva le discussioni su chi fosse il più importante, che ostacolava la comprensione fra loro e il Cristo e li rendeva lenti a comprendere la sua missione e il mistero della redenzione. Come il lievito, completando la sua opera, produce corruzione, così lo spirito egoistico, se accarezzato, porta l’uomo alla rovina.SU 307.2
Anche oggi fra i discepoli del Signore è ampiamente diffuso quello stesso peccato subdolo e ingannatore. Spesso, il segreto desiderio della propria esaltazione deturpa il nostro servizio verso il Cristo e le nostre relazioni fraterne. Come si desiderano la lode e l’approvazione degli uomini! È proprio l’amore di sé, la ricerca di una via facile per giungere sino a Dio che induce a mettere teorie e tradizioni umane al posto dei comandamenti di Dio. Gesù rivolge ai suoi discepoli queste parole di avvertimento: “Vedete di guardarvi dal lievito dei Farisei e de’ Sadducei”.SU 307.3
La religione del Cristo è sincerità. Lo zelo per la gloria di Dio è il movente che lo Spirito Santo ci infonde e che solo lui può suscitare. Solo la potenza di Dio può allontanare l’amore per se stessi e l’ipocrisia. Questo cambiamento è il segno della sua opera. Quando la fede distrugge l’egoismo, quando induce a cercare la gloria di Dio e non la propria, si può essere certi di trovarsi sulla giusta strada. La nota dominante della vita del Cristo espressa nelle sue parole: “Padre, glorifica il tuo nome!” (Giovanni 12:28), deve esserlo anche della nostra. Egli ci ordina di camminare come lui stesso camminò. “E da questo sappiamo che l’abbiam conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti”. 1 Giovanni 2:3.SU 307.4