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La speranza dell’uomo

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    Capitolo 22: Prigionia e morte di Giovanni battista

    Giovanni Battista era stato il primo ad annunciare il regno del Cristo e fu anche il primo martire. Egli, che aveva goduto l’aria libera del deserto e aveva predicato a una vasta folla entusiasta, si trovava rinchiuso nelle mura di una cella sotterranea, nella fortezza di Erode Antipa. La sua missione si era svolta in gran parte a est del Giordano, in un territorio che apparteneva ad Antipa. Lo stesso Erode, sovrano corrotto, aveva ascoltato la sua predicazione e aveva tremato udendo l’appello al pentimento. “Perché Erode avea soggezione di Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e lo proteggeva; dopo averlo udito era molto perplesso, e l’ascoltava volentieri”. Marco 6:20. Giovanni era stato leale e gli aveva rimproverato la relazione peccaminosa con Erodiade, moglie di suo fratello. Dapprima Erode aveva cercato debolmente di spezzare i legami della sua passione, ma Erodiade lo aveva avviluppato ancora più fermamente nella sua rete e si era voluta vendicare del Battista, spingendo Erode a imprigionarlo.SU 153.1

    La vita di Giovanni era stata molto attiva, ed egli sentiva il peso dell’oscurità e dell’inattività della prigione. Con il passare delle settimane, lo scoraggiamento e il dubbio si insinuarono nel suo animo. Ma i suoi discepoli non lo abbandonarono. Avendo libero accesso alla prigione, lo informavano dell’opera di Gesù e del suo successo presso il popolo. Ma essi si chiedevano come mai, se quel nuovo maestro era veramente il Messia, non facesse nulla per liberare Giovanni. Come poteva permettere che il suo fedele precursore fosse privato della libertà e, forse, della vita?SU 153.2

    Queste domande non rimasero senza effetti. Insinuarono in Giovanni dei dubbi che diversamente non sarebbero sorti. Satana gioiva nell’udire le parole di questi discepoli e nel vedere come esse turbavano l’animo del messaggero del Signore. Spesso coloro che si reputano amici e desiderano manifestare la loro devozione sono i nemici più pericolosi. Invece di rafforzare la fede, le loro parole fanno aumentare lo scoraggiamento.SU 153.3

    Come i discepoli del Salvatore, Giovanni Battista non aveva compreso la natura del regno di Dio. Pensava che Gesù si sarebbe impadronito del trono di Davide; ma poiché il tempo passava senza che Gesù manifestasse alcuna intenzione di assumere un’autorità simile, Giovanni aveva provato perplessità e turbamento. Egli aveva detto al popolo che, per preparare la via del Signore, si doveva adempiere la profezia di Isaia: si doveva colmare ogni valle, abbassare ogni monte e ogni colle e raddrizzare le vie tortuose. Si aspettava che le posizioni elevate del potere e dell’orgoglio venissero abbassate. Aveva annunciato che il Messia sarebbe venuto con una pala in mano per pulire l’aia, per raccogliere il grano nel granaio e per bruciare la pula nel fuoco. Simile a Elia, di cui aveva presentato a Israele lo spirito e la potenza, egli si aspettava che il Signore si manifestasse in mezzo al fuoco.SU 153.4

    Il Battista era stato un coraggioso accusatore del male sia presso gli uomini importanti sia presso gli umili. Aveva osato sfidare il re Erode con un chiaro rimprovero. Non aveva tenuto conto della sua vita pur di adempiere la propria missione. Ora, nella cella, attendeva che il Leone della tribù di Giuda umiliasse l’orgoglio dell’oppressore e liberasse il misero che implorava aiuto. Ma sembrava che Gesù si accontentasse di riunire i discepoli, di guarire e istruire il popolo. Egli mangiava al tavolo dei pubblicani, mentre il giogo dei romani diventava ogni giorno più pesante, il re Erode e la sua amante facevano ciò che volevano e le grida dei poveri e dei sofferenti salivano fino al cielo.SU 154.1

    Al profeta del deserto tutto questo appariva come un mistero incomprensibile. Talvolta le insinuazioni del demonio tormentavano il suo animo e l’ombra di un orribile timore lo assaliva. Forse il liberatore atteso da tanto tempo non era ancora apparso? Ma allora, che cosa significava il messaggio che egli stesso aveva proclamato? Giovanni era profondamente deluso per il risultato della sua missione. In seguito alla proclamazione del messaggio di Dio si aspettava lo stesso effetto della lettura della legge ai tempi di Giosia ed Esdra (cfr. 2 Cronache 34; Neemia 8-9), cioè un profondo pentimento e un ritorno al Signore. Egli aveva sacrificato la sua vita per il successo di quella missione. Quel sacrificio era stato inutile?SU 154.2

    Giovanni fu amareggiato quando vide che i suoi discepoli per l’affetto che provavano per lui cominciavano a dubitare di Gesù. Aveva lavorato invano per loro? Trovarsi escluso dal lavoro attivo dipendeva forse da una sua infedeltà nell’adempimento della missione? Se il liberatore promesso era venuto ed egli era stato fedele alla chiamata, perché Gesù non abbatteva la potenza dell’oppressore e non lo liberava?SU 154.3

    Ma il Battista non rinunciò alla sua fede in Cristo. Tutto testimoniava che Gesù di Nazaret era colui che era stato annunciato: la voce dal cielo, la colomba, la sua purezza, la potenza dello Spirito Santo che aveva visto nel Salvatore, la testimonianza delle Scritture.SU 154.4

    Giovanni non voleva discutere i suoi dubbi e le sue perplessità con i discepoli; così decise di inviare un messaggio a Gesù. Lo affidò a due suoi discepoli, sperando che un incontro con il Salvatore avrebbe rafforzato la loro fede e offerto sicurezza ai loro fratelli. Poi, attese la risposta di Gesù.SU 154.5

    I discepoli andarono dal Cristo con il loro messaggio: “Sei tu colui che ha da venire, o ne aspetteremo noi un altro?” Matteo 11:3.SU 155.1

    Era passato poco tempo da quando il Battista, indicando Gesù, aveva affermato: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. La domanda: “Sei tu colui che ha da venire?”, era un segno della delusione umana. Se Giovanni, il fedele precursore, non riusciva ad accettare la missione del Cristo, che cosa avrebbe potuto aspettarsi dalla folla egoista?SU 155.2

    Il Salvatore non rispose subito alla domanda dei discepoli. Stupiti per il suo silenzio, vedevano gli ammalati e gli afflitti andare a lui per essere guariti. Ciechi che brancolavano tra la folla, infermi di ogni specie, alcuni con i propri mezzi e altri portati dai loro amici, cercavano di avvicinarsi a Gesù. La voce del grande Medico penetrava nelle orecchie dei sordi. Una parola, il tocco della sua mano aprivano gli occhi ciechi alla luce del giorno, agli spettacoli naturali, al volto degli amici, a quello del Salvatore. Gesù guariva i malati. La sua voce raggiungeva le orecchie dei morenti i quali riacquistavano salute e vigore. Gli indemoniati ubbidivano alla sua parola, si placavano e adoravano. E mentre guariva, insegnava. I poveri contadini e gli operai, allontanati dai rabbini come impuri, gli si raccoglievano intorno e ascoltavano parole di vita eterna.SU 155.3

    Così trascorse la giornata. I discepoli di Giovanni videro e ascoltarono tutto. Infine Gesù li chiamò, disse loro di raccontare a Giovanni ciò che avevano visto e aggiunse: “E beato colui che non si sarà scandalizzato di me!” Luca 7:23. Egli dimostrava la sua divinità provvedendo alle necessità dell’umanità sofferente, manifestava la sua gloria interessandosi della loro umile condizione.SU 155.4

    Quel messaggio, trasmesso dai discepoli, fu sufficiente. Giovanni si ricordò delle profezie messianiche: “L’Eterno m’ha unto per recare una buona novella agli umili; m’ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la libertà a quelli che sono in cattività, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia dell’Eterno”. Isaia 61:1, 2. L’opera del Cristo non solo proclamava che era il Messia, ma indicava anche il modo in cui il suo regno si sarebbe affermato. Giovanni comprese la stessa verità che era stata rivelata a Elia nel deserto: “Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce dinanzi all’Eterno, ma l’Eterno non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma l’Eterno non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma l’Eterno non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso”. 1 Re 19:11, 12. Nello stesso modo Gesù avrebbe adempiuto la sua missione non tramite la forza delle armi e il rovesciamento dei troni e dei regni, ma parlando al cuore degli uomini con un esempio di misericordia e abnegazione.SU 155.5

    Lo spirito di rinuncia, presente nella vita del Battista, era anche il principio su cui si fondava il regno del Messia. Giovanni sapeva quanto questo principio fosse estraneo alle speranze dei capi d’Israele. Ciò che per lui rappresentava una prova della divinità del Cristo, non lo era per loro. Essi aspettavano un Messia diverso da quello che era stato promesso. Giovanni si rese conto che la missione del Salvatore avrebbe suscitato soltanto odio e condanna. Il precursore doveva bere quella coppa che Cristo avrebbe bevuto fino in fondo.SU 156.1

    Le parole del Salvatore: “E beato colui che non si sarà scandalizzato di me”, erano un garbato rimprovero rivolto a Giovanni. Esse non furono inutili. Comprendendo più chiaramente la natura della missione del Cristo, si sottomise a Dio, per la vita e per la morte, per servire meglio la causa che amava.SU 156.2

    Quando i messaggeri furono partiti, Gesù parlò al popolo di Giovanni. Il cuore del Salvatore traboccava di simpatia per il fedele testimone gettato nel carcere di Erode. Non voleva che il popolo pensasse che Dio aveva dimenticato Giovanni e che la sua fede si era affievolita a causa delle difficoltà. “Che andaste a vedere nel deserto? Una canna dimenata dal vento?” Luca 7:24.SU 156.3

    Le alte canne che crescevano lungo il Giordano e che si piegavano a ogni brezza, rappresentavano bene i rabbini che si erano arrogati il diritto di giudicare il Battista. Essi oscillavano tra questa loro opinione e quella del popolo. Non si vollero umiliare per ricevere il potente messaggio del Battista ma, per paura del popolo, non osarono neppure opporvisi apertamente. Il messaggero di Dio non aveva, però, un animo altrettanto vile. La folla intorno al Cristo era stata testimone dell’opera di Giovanni e aveva udito la sua coraggiosa condanna del peccato. Il precursore aveva parlato con la stessa fermezza ai farisei orgogliosi della loro giustizia, ai sadducei, al re Erode e alla sua corte, ai prìncipi e ai soldati, ai pubblicani e ai contadini. Egli non era una canna tremolante sballottata dai venti dell’orgoglio e del pregiudizio. In prigione dimostrava la stessa lealtà verso Dio e lo stesso zelo per la giustizia come quando predicava il messaggio del Signore nel deserto. Nella fedeltà ai princìpi era saldo come una roccia.SU 156.4

    Gesù continuò: “Ma che andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, quelli che portano de’ vestimenti magnifici e vivono in delizie, stanno nei palazzi dei re”. Luca 7:25. Giovanni era stato chiamato a condannare il peccato e gli eccessi del suo tempo; la semplicità del suo abbigliamento e la sua vita di sacrificio erano in armonia con il carattere della sua missione. I ricchi ornamenti e il lusso non sono adatti ai figli di Dio ma a coloro che vivono “nei palazzi dei re”, ai capi di questo mondo che godono delle ricchezze e della potenza terrena. Gesù volle richiamare l’attenzione sul contrasto fra le vesti di Giovanni e quelle indossate dai sacerdoti e dai capi. Quei dignitari si vestivano con abiti sontuosi e ornamenti costosi. Amavano l’ostentazione e speravano di abbagliare il popolo e conquistarsi così una stima maggiore. Preferivano l’ammirazione degli uomini alla purezza del cuore, l’unica qualità che può ricevere l’approvazione di Dio. Non erano fedeli a Dio, ma al potere terreno.SU 157.1

    Gesù disse: “Ma che andaste a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e uno più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto che preparerà la tua via dinanzi a te. Io ve lo dico: Fra i nati di donna non ve n’è alcuno maggiore di Giovanni”. Luca 7:27, 28. Nell’annuncio a Zaccaria, prima della nascita di Giovanni, l’angelo aveva dichiarato: “Poiché sarà grande nel cospetto del Signore”. Luca 1:15. Per il cielo, che cos’è la grandezza? Non ciò che il mondo definisce tale, non la ricchezza, non la posizione, non la nobiltà, non le capacità intellettuali fini a se stesse. Se la grandezza intellettuale, separata da ogni altra dote, fosse degna di onore, allora dovremmo rendere omaggio a Satana, le cui facoltà non sono paragonabili a quelle degli uomini. Ma anche la qualità migliore, se diventa strumento dell’egoismo, si trasforma nella più grande maledizione. Ha valore morale solo ciò che Dio approva. L’amore e la purezza sono le doti che apprezza di più. Giovanni fu grande per il Signore quando, davanti ai messaggeri del sinedrio, davanti al popolo e davanti ai suoi discepoli, non ricercò il proprio onore ma esaltò Gesù, colui che era il Messia promesso. La sua gioia disinteressata nel servizio del Cristo è il più alto grado di nobiltà che gli uomini possano raggiungere.SU 157.2

    Coloro che avevano udito la testimonianza di Giovanni su Gesù, dissero dopo la sua morte: “Giovanni, è vero, non fece alcun miracolo; ma tutto quello che Giovanni disse di quest’uomo, era vero”. Giovanni 10:41. Non fu concesso a Giovanni di far scendere fuoco dal cielo o risuscitare i morti, come fece Elia, e neppure di tenere, come Mosè, il bastone del comando in nome di Dio. Egli fu inviato per annunciare l’avvento del Signore e per preparare un popolo per la sua venuta. Aveva adempiuto la sua missione così fedelmente che quando il popolo si ricordò di ciò che aveva detto riguardo a Gesù, esclamò: “Tutto quello che Giovanni disse di quest’uomo, era vero”. Ogni discepolo del Maestro dovrebbe poter dare una simile testimonianza.SU 157.3

    Come ambasciatore del Messia Giovanni era “più che profeta”. Mentre i profeti avevano visto il Cristo molto prima della sua venuta, Giovanni lo contemplò, udì la testimonianza del cielo e lo presentò a Israele come l’inviato di Dio. Tuttavia Gesù aggiunse: “Però, il minimo nel regno di Dio è maggiore di lui”. Luca 7:28.SU 158.1

    Il profeta Giovanni è stato l’anello di congiunzione fra i due patti. Come rappresentante di Dio, egli ha indicato il legame che la dispensazione cristiana ha con la legge e i profeti. Egli era una piccola luce che precedeva una luce più grande. Lo Spirito Santo aveva illuminato la mente di Giovanni, ed egli poté diffondere luce sul suo popolo. Ma non vi è conoscenza migliore di quella che scaturisce dall’insegnamento e dall’esempio di Gesù. Il Cristo e la sua missione non erano stati compresi attraverso i sacrifici simbolici. Perfino Giovanni non aveva capito pienamente la vita futura e immortale offerta attraverso il Salvatore.SU 158.2

    La vita di Giovanni, se si eccettuano le gioie della sua missione, è stata difficile. La sua voce è echeggiata quasi soltanto nel deserto. Il suo è stato un destino solitario. Non gli fu concesso di vedere i risultati del suo lavoro. Non ebbe il privilegio di vivere con il Cristo e contemplare la manifestazione della volontà divina. Non gli fu concesso di vedere i ciechi recuperare la vista, gli ammalati guarire e i morti risuscitare. Non contemplò la luce che risplendeva in ogni parola del Cristo e che si irradiava sulle promesse della profezia. Il più piccolo dei discepoli che vide le opere potenti del Cristo e udì le sue parole poté godere di un privilegio maggiore di quello di Giovanni. E in questo senso era più grande di lui.SU 158.3

    Tutta la Palestina conosceva Giovanni perché una grande folla aveva sempre ascoltato la sua predicazione. La notizia della sua incarcerazione suscitò molte reazioni. Ma si credeva che per la vita giusta e per il favore di cui godeva presso il popolo, non gli sarebbe stato fatto del male.SU 158.4

    Erode riteneva Giovanni un profeta di Dio. Era deciso a rimetterlo in libertà, ma rinunciò all’attuazione del suo proposito per timore di Erodiade.SU 158.5

    Erodiade sapeva che non avrebbe mai potuto avere per vie dirette il consenso di Erode alla morte di Giovanni, così decise di ricorrere a uno stratagemma. Nel giorno del compleanno del re venne organizzata una festa in onore dei dignitari di stato e dei nobili di corte. Si prevedevano stravizi e ubriachezza. Erode avrebbe perso le sue facoltà e sarebbe stato più facile influire sulla sua volontà.SU 158.6

    Quando giunse il gran giorno, mentre il re e gli invitati banchettavano e bevevano, Erodiade mandò la figlia nella sala del convito perché danzasse per gli ospiti. Salomè era nel fiore della gioventù e la sua bellezza procace conquistò il favore dei presenti. Non era consuetudine che le dame di corte partecipassero a quelle feste; e quando quella principessa, figlia di sacerdoti e principi israeliti, danzò per divertire gli ospiti, un’ondata di complimenti lusinghieri venne rivolta a Erode.SU 159.1

    Il re era stordito dal vino. La passione prevalse e spodestò la ragione. Vide soltanto la sala del festino con i suoi ospiti, la tavola del banchetto, il vino spumeggiante, le luci sfolgoranti e la fanciulla che danzava davanti a lui. Nell’eccitazione del momento desiderò fare qualcosa che lo esaltasse davanti ai grandi del suo regno. Promise con giuramento di concedere alla figlia di Erodiade qualunque cosa chiedesse, perfino la metà del suo regno.SU 159.2

    Salomè si consigliò con la madre su quello che avrebbe potuto chiedere. Ne ebbe una risposta immediata: la testa di Giovanni Battista. Salomè non conosceva la sete di vendetta del cuore di sua madre e tentò di ritrarsi da quella richiesta; ma infine la volontà di Erodiade prevalse. La fanciulla tornò con l’orrenda richiesta: “Voglio che sul momento tu mi dia in un piatto la testa di Giovanni Battista”. Marco 6:25.SU 159.3

    Erode rimase sbalordito e confuso. L’allegria sfrenata cessò e un silenzio terribile scese su quella scena di orgia. Il re fu preso dall’angoscia al pensiero di uccidere Giovanni. Tuttavia aveva dato la sua parola e gli dispiaceva apparire volubile e avventato. Il giuramento si fondava sul rispetto verso i suoi ospiti e, se uno di loro avesse proposto di non tenere conto della promessa fatta, egli volentieri avrebbe risparmiato la vita al profeta. Offrì loro l’opportunità di parlare in favore del prigioniero. Essi avevano percorso lunghe distanze per ascoltare la predicazione di Giovanni e sapevano che era un servo di Dio, un uomo senza colpa. Ma erano troppo sbalorditi per la richiesta della ragazza per poter fare delle obiezioni. Nessuna voce si levò per salvare la vita del messaggero divino. Quegli uomini occupavano posizioni di alto prestigio, ma in quella festa si erano abbandonati all’ubriachezza fino all’intorpidimento dei sensi. La loro mente era piena di frivole scene di musica e danza e la loro coscienza si era offuscata. Con il loro silenzio pronunciarono la sentenza di morte sul profeta di Dio e accordarono soddisfazione alla sete di vendetta di una donna depravata.SU 159.4

    Erode, dopo aver cercato invano di liberarsi dall’impegno, ordinò con riluttanza che il profeta venisse ucciso. La testa di Giovanni fu portata davanti al re e ai suoi ospiti. Quelle labbra che avevano ammonito Erode perché rinunciasse ai suoi peccati erano chiuse per sempre. Non si sarebbe più udita quella voce che invitava gli uomini al pentimento. I festeggiamenti di una notte erano costati la vita a uno dei più grandi profeti.SU 160.1

    Spesso la vita di innocenti è stata sacrificata per l’intemperanza di coloro che avrebbero dovuto essere i custodi della giustizia. Chi accosta alle labbra il calice dell’ebbrezza diventa responsabile di tutte le ingiustizie che può commettere sotto la sua azione nefasta. Per lo stordimento dei sensi non può più giudicare con calma e distinguere chiaramente fra torto e ragione. Diventa uno strumento di Satana per opprimere e sterminare gli innocenti. “Il vino è schernitore, la bevanda alcolica è turbolenta, e chiunque se ne lascia sopraffare non è savio”. Proverbi 20:1. In questo modo “la sentenza liberatrice s’è ritirata... e chi si ritrae dal male s’espone ad essere spogliato”. Isaia 59:14, 15. Coloro che dispongono della vita dei loro simili, diventano colpevoli di un crimine quando cedono all’intemperanza. Chi ha la responsabilità di far osservare le leggi dovrebbe, per primo, osservarle. Dovrebbe possedere il pieno controllo delle proprie facoltà fisiche, mentali e morali, avere forza intellettuale e alto senso della giustizia.SU 160.2

    La testa di Giovanni Battista fu portata a Erodiade, che la ricevette con diabolica soddisfazione. Esultò per la sua vendetta e si illuse che la coscienza di Erode non sarebbe più stata turbata. Ma il suo crimine non le assicurò nessuna soddisfazione. Il suo nome diventò famoso e temuto, mentre Erode fu più tormentato per il rimorso di quanto non lo fosse stato per i rimproveri del profeta. L’influsso degli insegnamenti di Giovanni non fu però soffocato ma si estese a ogni generazione, fino alla fine dei tempi.SU 160.3

    Ossessionato dal ricordo del peccato, Erode cercava inutilmente di far tacere le accuse della propria coscienza. La sua fiducia in Giovanni era irremovibile. Erode non poteva trovare pace al ricordo del Battista, della sua vita di sacrificio, dei suoi avvertimenti solenni e accorati, del modo in cui era morto. Occupato negli affari di stato, onorato dagli uomini, dietro un volto sorridente e un aspetto dignitoso nascondeva un animo pieno di ansia e paura per la maledizione che pesava su di lui.SU 160.4

    Giovanni aveva detto a Erode che niente può rimanere nascosto a Dio, e queste parole avevano esercitato una profonda impressione su di lui. Sapeva che Dio è presente in ogni luogo, che era stato testimone delle orge nella sala del banchetto, che aveva udito l’ordine di uccidere Giovanni e aveva visto l’esultanza di Erodiade e i suoi insulti contro il capo mozzato del suo accusatore. Molte parole pronunciate dal profeta risuonavano nella sua coscienza più chiaramente della sua predicazione nel deserto.SU 160.5

    Quando Erode sentì parlare dell’opera del Cristo fu profondamente turbato. Pensò che Dio avesse risuscitato Giovanni e lo avesse mandato con potenza maggiore per condannare il peccato. Temeva costantemente che Giovanni vendicasse la sua morte punendo lui e la sua casa. Erode subiva le conseguenze di una vita di peccato, secondo quello che Dio ha detto: “Un cuor tremante, degli occhi che si spegneranno e un’anima languente. La tua vita ti starà dinanzi come sospesa; tremerai notte e giorno, e non sarai sicuro della tua esistenza. La mattina dirai: Fosse pur sera! e la sera dirai: Fosse pur mattina! a motivo dello spavento ond’avrai pieno il cuore, e a motivo delle cose che vedrai cogli occhi tuoi”. Deuteronomio 28:65-67. Sono i pensieri del peccatore che lo accusano; non vi è tormento peggiore dei rimproveri di una coscienza colpevole che non dà requie né giorno né notte.SU 161.1

    Per molti, un profondo mistero avvolge il destino di Giovanni Battista. Si chiedono come mai egli sia stato abbandonato alla prigione e alla morte. Se il mistero di quest’oscuro piano divino è incomprensibile per la mente umana, esso però non può affievolire la nostra ferma fiducia in Dio, se ricordiamo che Giovanni partecipò alle sofferenze del Cristo. Tutti coloro che seguono Gesù sono chiamati a portare la corona del sacrificio. Essi non saranno compresi dagli egoisti e diverranno il bersaglio dei violenti assalti di Satana. Il suo regno si propone di distruggere questo spirito di rinuncia contro il quale il tentatore combatte sempre.SU 161.2

    L’adolescenza, la gioventù e l’età matura di Giovanni furono caratterizzate dalla fermezza e dalla potenza morale. Quando si udì nel deserto la sua voce che diceva: “Preparate la via del Signore, addirizzate i suoi sentieri” (Matteo 3:3), Satana ebbe paura per la sicurezza del suo regno. La natura del peccato fu rivelata in modo tale che gli uomini ne tremarono. Fu infranto il potere che Satana esercitava su molti. I suoi tentativi per distrarre il Battista da una piena consacrazione a Dio erano falliti, esattamente come erano falliti anche quelli che miravano a far cadere Gesù. Satana era stato sconfitto in occasione delle tentazioni del deserto e si era adirato. Adesso era deciso ad affliggere Gesù colpendo Giovanni. Avrebbe fatto soffrire colui che non era riuscito a far cadere.SU 161.3

    Gesù non intervenne per liberare il suo collaboratore. Sapeva che Giovanni avrebbe sopportato la prova. Gesù si sarebbe recato volentieri da lui per illuminare la buia cella con la sua presenza, ma non voleva cadere nelle mani dei nemici e mettere a repentaglio la sua missione. Volentieri lo avrebbe liberato, ma Giovanni doveva affrontare il martirio per amore di coloro che negli anni successivi avrebbero sperimentato la prigione e la morte. Ai discepoli di Gesù che avrebbero languito in tristi celle o sarebbero morti con la spada, con le torture, con la forca o con il rogo, apparentemente dimenticati da Dio e dagli uomini, sarebbe stato di grande conforto il pensiero che Giovanni Battista, della cui fedeltà il Cristo stesso aveva testimoniato, era passato attraverso un’esperienza simile.SU 161.4

    Satana ebbe il permesso di spezzare la vita terrena del fedele messaggero di Dio; ma non poteva colpire quella vita che “è nascosta con Cristo in Dio”. Colossesi 3:3. Esultò per avere arrecato dispiacere al Cristo, ma fallì nel suo tentativo di conquistare Giovanni. La morte stessa lo sottrasse al potere della tentazione. In questa guerra Satana rivelò il proprio carattere e davanti a tutto l’universo manifestò la sua inimicizia verso Dio e verso gli uomini.SU 162.1

    Sebbene nessun intervento miracoloso avesse liberato Giovanni, egli non fu dimenticato. Poté sempre contare sulla compagnia degli angeli che gli rivelarono le profezie sul Cristo e le grandi promesse contenute nelle Scritture. Esse rappresentarono la sua consolazione, così come lo sarebbero state per il popolo di Dio in futuro. A Giovanni Battista e a tutti coloro che sarebbero venuti dopo di lui, fu fatta la promessa: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”. Matteo 28:20.SU 162.2

    Dio non conduce mai i suoi figli per una strada diversa da quella che essi stessi sceglierebbero se conoscessero la fine fin dal principio e scorgessero la gloria del piano che stanno realizzando come collaboratori di Dio. Enoc che fu trasportato in cielo ed Elia che ascese in un carro di fuoco non furono più onorati di Giovanni Battista che morì solo in una cella. “Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui”. Filippesi 1:29. Di tutti i doni che il cielo può accordare agli uomini, non ce n’è uno più grande della partecipazione alle sofferenze del Cristo.SU 162.3

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