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Patriarchi e profeti

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    Capitolo 61: Saul respinto da Dio

    Saul non aveva superato la prova della fede nelle difficili circostanze di Ghilgal, e aveva disonorato il servizio divino. Non si trattava comunque di errori irrimediabili, perché il Signore gli avrebbe offerto un’altra opportunità per dimostrare fede assoluta nella sua parola e ubbidienza ai suoi ordini.PP 528.1

    Quando a Ghilgal fu rimproverato dal profeta, Saul non ritenne di aver commesso un grave errore; anzi, credendo di essere stato trattato ingiustamente, si sforzò di giustificare le proprie azioni trovando delle scuse e da allora i suoi contatti con il profeta si erano diradati. Samuele amava Saul come se fosse suo figlio, mentre Saul con il suo temperamento impulsivo e sfrontato, pur avendo un’alta considerazione del profeta, offeso per i suoi rimproveri, lo evitò il più possibile.PP 528.2

    Il Signore attraverso il suo profeta inviò un altro messaggio a Saul, offrendogli la possibilità di dimostrare di essere fedele a Dio e degno di guidare Israele. Affinché il re potesse rendersi conto di quanto fosse importante prestare attenzione a quell’ordine, Samuele gli disse espressamente che parlava da parte di Dio, investito della stessa autorità che gli aveva permesso di chiamarlo al trono. “Così parla l’Eterno degli eserciti” disse il profeta. “Io ricordo ciò che Amalek fece ad Israele quando gli s’oppose nel viaggio mentre saliva dall’Egitto. Ora va’, sconfiggi Amalek, vota allo sterminio tutto ciò che gli appartiene; non lo risparmiare, ma uccidi uomini e donne, fanciulli e lattanti, buoi e pecore, cammelli ed asini”. 1 Samuele 15:2, 3.PP 528.3

    Gli amalechiti erano stati i primi ad attaccare Israele nel deserto e per il loro peccato — il fatto che avevano sfidato Dio con la loro degradante idolatria — il Signore, attraverso Mosè, li aveva condannati. Per volontà divina le loro crudeltà perpetrate contro Israele erano ricordate insieme a quest’ordine: “Cancellerai la memoria di Amalek: non te ne scordare!” Deuteronomio 25:19. L’esecuzione dell’ordine era stata rimandata di quattrocento anni, durante i quali gli amalechiti non avevano abbandonato i loro peccati. Il Signore sapeva che quella gente malvagia avrebbe cercato di annientare il suo popolo e il suo culto dalla terra. E il tempo di eseguire la sentenza a lungo rimandata era giunto.PP 528.4

    La pazienza che Dio aveva esercitato nei confronti degli empi, aveva incoraggiato i loro crimini; il lungo ritardo non rendeva meno certa e meno terribile la loro punizione. “Giacché l’Eterno si leverà come al monte Peratsim, s’adirerà come nella valle di Gabaon, per fare l’opera sua, l’opera sua singolare, per compiere il suo lavoro, lavoro inaudito”. Isaia 28:21. La punizione è qualcosa di anormale per il nostro Dio misericordioso. “Come è vero ch’io vivo, dice il Signore, l’Eterno, io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva”. Ezechiele 33:11. L’Eterno è “misericordioso e pietoso, lento all’ira ricco in benignità e fedeltà... che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato”. Esodo 34:6, 7. Dio, pur non provando piacere per la punizione, è costretto a condannare i trasgressori della sua legge per proteggere gli uomini dalla depravazione e dalla rovina. Per salvare, deve giudicare coloro che diventano insensibili. “L’Eterno è lento all’ira è grande in forza, ma non tiene il colpevole per innocente”. Nahum 1:3. Egli rivendicherà l’autorità della sua legge infranta con giudizi terribili. La gravità dei peccati e la severità della punizione che attende il trasgressore è testimoniata dalla riluttanza con cui Dio fa giustizia.PP 529.1

    Mentre condanna, Dio si rivela anche misericordioso. Quando gli amalechiti furono distrutti i kenei, che vivevano insieme a loro, furono risparmiati. Questo popolo, pur essendo in parte compromesso con l’idolatria, adorava Dio ed era amico d’Israele. Il cognato di Mosè, Hobab, che aveva accompagnato gli israeliti nel loro viaggio nel deserto, aiutandoli validamente grazie alla sua conoscenza dei luoghi, apparteneva a questa tribù.PP 529.2

    Dopo la sconfitta dei filistei a Micmas, Saul aveva combattuto contro Moab, Ammon, Edom, gli amalechiti e i filistei, ottenendo ovunque evidenti vittorie e appena ricevette l’ordine di combattere contro gli amalechiti, proclamò subito guerra. L’appello alle armi, rafforzato dall’autorità del profeta, richiamò moltissimi israeliti che giunsero con le loro insegne. Questa spedizione non aveva lo scopo di aumentare la potenza d’Israele: gli israeliti non avrebbero ricevuto nessun onore per la conquista né si sarebbero appropriati del bottino. Dovevano intraprendere la guerra solo per ubbidire a Dio, per essere strumenti della condanna degli amalechiti. Dio voleva che tutte le nazioni osservassero la fine di quel popolo che aveva sfidato la sua sovranità e comprendessero che esse sarebbero state distrutte proprio dal popolo che avevano disprezzato.PP 529.3

    “E Saul sconfisse gli Amalechiti da Havila fino a Shur, che sta dirimpetto all’Egitto. E prese vivo Agag, re degli Amalekiti, e votò allo sterminio tutto il popolo, passandolo a fil di spada. Ma Saul e il popolo risparmiarono Agag e il meglio delle pecore, de, buoi, gli animali della seconda figliatura, gli agnelli e tutto quel che v’era di buono; non vollero votarli allo sterminio, ma votarono allo sterminio tutto ciò che non aveva valore ed era meschino”. 1 Samuele 15:7-9.PP 529.4

    La battaglia contro gli amalechiti che si era risolta con la vittoria più brillante che Saul avesse mai ottenuto, risvegliò il più grave difetto di Saul: l’orgoglio. L’ordine divino, secondo cui i nemici di Dio dovevano essere votati alla distruzione, era stato eseguito solo parzialmente. L’ambizioso Saul, desiderando onorare il suo ritorno trionfale con la presenza di un re prigioniero, si avventurò a imitare i costumi delle nazioni circostanti. Risparmiò Agag, il feroce e guerriero re degli amalechiti; mentre il popolo tenne per sé i capi migliori delle greggi, delle mandrie, delle bestie da soma sostenendo, per scusare il suo peccato, che quel bestiame doveva essere offerto in sacrificio all’Eterno. Il loro obiettivo, in realtà, era quello di sacrificare il bottino per risparmiare il proprio bestiame.PP 530.1

    Il disprezzo presuntuoso di Saul per la volontà di Dio non gli aveva permesso di superare questa prova finale. Il re aveva dimostrato di governare come un monarca indipendente, di non essere degno dell’autorità regale che gli era stata conferita come rappresentante di Dio. Mentre Saul e il suo esercito tornavano fieri della vittoria, Samuele era profondamente preoccupato. Il profeta aveva ricevuto un messaggio divino che denunciava il comportamento del re: “Io mi pento d’aver stabilito re Saul, perché si è sviato da me, e non ha eseguito i miei ordini”. 1 Samuele 15:11. Addolorato per questo atteggiamento ribelle del re, pianse e pregò tutta la notte per far revocare la terribile sentenza.PP 530.2

    Il pentimento di Dio non è come quello umano. “Colui che è la gloria d’Israele non mentirà e non si pentirà”. 1 Samuele 15:29. Il pentimento dell’uomo comporta un cambiamento di idee, mentre quello di Dio implica un mutamento delle circostanze. L’uomo può mutare il suo rapporto con Dio, pur adempiendo alle condizioni necessarie per ricevere il favore divino, o comportandosi in modo da porsi al di fuori di questa condizione. Il Signore però “è lo stesso ieri, oggi e in eterno”. Ebrei 13:8. Saul, disubbidendo, mutò il suo rapporto con Dio, mentre le condizioni per considerarlo approvato erano rimaste inalterate. Le richieste di Dio sono sempre le stesse perché in lui “non c’è variazione né ombra prodotta da rivolgimento”. Giacomo 1:17.PP 530.3

    La mattina dopo il profeta, oppresso da una grande tristezza, si mise in cammino per incontrare il re. Samuele sperava che Saul, riflettendo, diventasse consapevole dei propri peccati e, attraverso il pentimento e l’umiliazione, potesse riconquistare il favore divino. Ma una volta compiuto il primo errore, è facile continuare a sbagliare. Saul, ormai caduto molto in basso a causa della sua disubbidienza, andò incontro a Samuele raccontandogli una bugia: “Benedetto sii tu dall’Eterno! Io ho eseguito l’ordine dell’Eterno”. 1 Samuele 15:13.PP 530.4

    Il frastuono che giungeva alle orecchie del profeta era in contraddizione con l’affermazione del re disubbidiente che alla precisa domanda: “Che è dunque questo belar di pecore ché mi giunge agli orecchi, e questo muggir di buoi che sento?” (1 Samuele 15:14) dette questa risposta: “Son bestie menate dal paese degli Amalekiti; perché il popolo ha risparmiato il meglio delle pecore e dei buoi per farne de’ sacrifizi all’Eterno, al tuo Dio; il resto, però, l’abbiam votato allo sterminio”. 1 Samuele 15:15. Il popolo aveva semplicemente ubbidito agli ordini di Saul e il re ora, per scusarsi voleva renderlo responsabile del peccato frutto della sua disubbidienza.PP 531.1

    Il messaggio che Dio gli aveva affidato aveva molto addolorato Samuele. Ora doveva essere annunciato a tutto il popolo d’Israele, che pieno di gioia e soddisfazione, attribuiva il trionfo al valore e alla guida di Saul, che però non aveva condiviso con Dio gli onori per l’esito della battaglia. Ora che il profeta aveva la prova della ribellione di Saul, si indignò profondamente al pensiero che colui che era stato tanto favorito da Dio avesse trasgredito l’ordine divino e indotto Israele a peccare. Samuele non fu ingannato dal sotterfugio del re, e con dolore e indignazione dichiarò: “Basta! Io t’annunzierò quel che l’Eterno m’ha detto stanotte... Non è egli vero che quando ti reputavi piccolo sei divenuto capo delle tribù d’Israele?” 1 Samuele 15:16, 17. E dopo avergli ripetuto gli ordini che il Signore aveva dato a proposito di Amalek, chiese la ragione della disubbidienza del re.PP 531.2

    Saul continuava a giustificarsi, dicendo: “Ma io ho ubbidito alla voce dell’Eterno, ho compiuto la missione che l’Eterno m’aveva affidata, ho menato Agag, re di Amalek, e ho votato allo sterminio gli amalekiti; ma il popolo ha preso, fra il bottino, delle pecore e de’ buoi come primizie di ciò che doveva esser sterminato per farne de’ sacrifici all’Eterno, al tuo Dio, a Ghilgal”. 1 Samuele 15:20, 21.PP 531.3

    Con parole severe e solenni il profeta smascherò quelle bugie e pronunciò questa sentenza irrevocabile: “L’Eterno ha Egli a grado gli olocausti e i sacrifizi come che si ubbidisca alla sua voce? Ecco, l’ubbidienza val meglio che il sacrifizio, e dare ascolto val meglio che il grasso dei montoni; poiché la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici. Giacché tu hai rigettato la parola dell’Eterno, anch’Egli ti rigetta come re”. 1 Samuele 15:22, 23.PP 531.4

    Udendo quelle parole terribili, il re gridò: “Io ho peccato, poiché ho trasgredito il comandamento dell’Eterno e le tue parole; io ho temuto il popolo e ho dato ascolto alla sua voce”. 1 Samuele 15:24. Terrificato dalla denuncia del profeta, Saul riconobbe la colpa che aveva ostinatamente negato, continuando però a incolpare il popolo e dicendo di aver peccato per paura.PP 532.1

    Era il timore delle conseguenze dei suoi errori e non la tristezza che deriva dal pentimento a spingerlo a supplicare Samuele, dicendo: “Ti prego, perdona il mio peccato, ritorna con me e io mi prostrerò davanti all’Eterno”. 1 Samuele 15:25. Se Saul si fosse veramente pentito, avrebbe confessato pubblicamente il suo peccato; ma la sua preoccupazione maggiore era quella di conservare la sua autorità e la fedeltà del popolo. Desiderava la presenza di Samuele solo per rafforzare il proprio prestigio sulla nazione.PP 532.2

    “Io non ritornerò con te”, rispose il profeta, “poiché hai rigettato la Parola dell’Eterno, e l’Eterno ha rigettato te perché tu non sia più re sopra Israele”. 1 Samuele 15:26. Mentre Samuele si voltava per allontanarsi il re spaventato afferrò il suo mantello per trattenerlo, ma gli rimase fra le mani. Il profeta allora dichiarò: “L’Eterno strappa oggi da dosso a te il regno d’Israele e lo dà a un altro che è migliore di te”. 1 Samuele 15:28.PP 532.3

    Saul era più preoccupato di essere abbandonato da Samuele che del dispiacere causato a Dio. Sapeva che il popolo aveva più fiducia nel profeta che in lui. Capiva che se un altro fosse stato nominato re per ordine divino, egli avrebbe definitivamente perso la sua autorità. Aveva paura che in seguito, a un atto di aperta ribellione, Samuele lo potesse lasciare definitivamente. Saul supplicò il profeta di onorarlo pubblicamente davanti agli anziani e al popolo, partecipando insieme a lui a un servizio religioso. Samuele, divinamente ispirato, cedette alla richiesta del re, per non suscitare nessuna rivolta, ma rimase in silenzio per tutto il servizio sacro.PP 532.4

    Occorreva compiere ancora un terribile e severo atto di giustizia: Samuele doveva rivendicare pubblicamente l’onore che spettava a Dio e rimproverare la condotta di Saul. Ordinò allora che fosse portato il re degli amalechiti. Fra tutti coloro che erano stati colpiti dalla spada d’Israele, egli era il più colpevole e spietato; era colui che aveva odiato e cercato di distruggere il popolo di Dio e aveva diffuso l’idolatria. Davanti al re amalechita, che si illudeva di essere ormai scampato alla morte, Samuele dichiarò: “Come la tua spada ha privato le donne di figliuoli, così la madre tua sarà privata di figliuoli tra le donne. E Samuele fe’ squartare Agag in presenza dell’Eterno”. 1 Samuele 15:33. Il profeta ritornò a Rama e Saul a Ghibea. Era la penultima volta che Samuele e il re si incontravano.PP 532.5

    Quando Saul era stato chiamato a regnare, aveva un basso concetto delle sue capacità ed era desideroso di consigli. Gli mancavano l’esperienza, la conoscenza e aveva gravi difetti di carattere. Ma il Signore gli donò il suo Spirito per guidarlo e aiutarlo, e gli offrì l’occasione per sviluppare le qualità necessarie per governare Israele. Se avesse conservato l’umiltà, se si fosse fatto guidare costantemente dalla saggezza divina, avrebbe potuto assolvere con successo e onore i compiti che implicava questa grande responsabilità. Guidato dalla grazia divina avrebbe potuto sviluppare le sue buone qualità ed eliminare le cattive tendenze. Questa è l’opera che il Signore si propone per tutti coloro che si consacrano a lui. Molti sono chiamati a occupare posti di responsabilità nella sua opera per la loro umiltà e il loro desiderio di imparare. È un atto di misericordia divina porre quegli uomini dove possano imparare da lui. Egli rivela i loro difetti di carattere e dà a coloro che la ricercano la forza di correggere i propri errori.PP 533.1

    Saul, invece, approfittò della sua posizione per esaltare se stesso e, con la sua incredulità e la sua disubbidienza, disonorò Dio. Il successo aveva trasformato l’umiltà e la titubanza dei primi momenti di regno in una grande sicurezza di sé. La sua prima vittoria da re accese quell’orgoglio che costituì la sua maggiore tentazione. Il valore e l’intelligenza dimostrate nell’organizzare la liberazione di Jabes di Galaad avevano suscitato l’entusiasmo di tutta la nazione. Il popolo onorava il re dimenticando che egli era semplicemente l’agente di cui Dio si era servito; e per quanto Saul avesse inizialmente attribuito la gloria a Dio, in seguito ricercò gli onori per sé. Perse di vista la necessità di dipendere da Dio e abbandonò l’Eterno. Tutto ciò lo indusse a peccare di presunzione fino al sacrilegio di Ghilgal. La stessa cieca fiducia in se stesso lo indusse a respingere il rimprovero di Samuele. Riconoscendo che Samuele era un profeta inviato da Dio, Saul avrebbe dovuto accettare i suoi rimproveri anche se non si rendeva conto del suo peccato. Se avesse voluto notare e confessare il proprio errore, quell’amara esperienza gli sarebbe servita di lezione per il futuro.PP 533.2

    Se il Signore avesse completamente abbandonato Saul, non gli avrebbe parlato ancora una volta attraverso il profeta, indicandogli esattamente come agire per correggere gli errori del passato. Quando colui che si professa figlio di Dio non si preoccupa di fare la volontà divina inducendo gli altri a essere irriverenti e incuranti nei confronti del Signore, è ancora possibile che questo fallimento sia trasformato in vittoria, a patto che egli accetti il rimprovero con profonda tristezza e torni a Dio con umiltà e fede. L’umiliazione della sconfitta spesso costituisce una benedizione, perché sottolinea la nostra incapacità di compiere la volontà di Dio senza il suo aiuto.PP 533.3

    Quando Saul non si curò del rimprovero inviatogli dallo Spirito di Dio, e continuò con ostinazione a giustificarsi, respinse gli unici mezzi di cui Dio si poteva servire per salvarlo. Saul voleva separarsi da Dio. Se si fosse rivolto a lui confessando i propri peccati, avrebbe ricevuto l’aiuto e la guida divini.PP 534.1

    A Ghilgal, Saul dimostrò apparentemente una grande fedeltà quando davanti all’esercito d’Israele offrì un sacrificio a Dio. Ma la sua devozione non era sincera. Il servizio religioso, attuato in aperta opposizione all’ordine di Dio, indeboliva la percezione morale di Saul, privandolo di quell’aiuto che Dio voleva veramente offrirgli.PP 534.2

    Durante la spedizione contro Amalek, Saul pensò di aver fatto l’essenziale per ubbidire all’ordine di Dio, ma al Signore non piace un’ubbidienza parziale né è disposto a passare sopra a ciò che è stato trascurato anche per un motivo che sembra plausibile. Dio non ha dato all’uomo la libertà di agire contro i suoi ordini; anzi, ha dichiarato a Israele: “Non farete come facciamo oggi qui, dove ognuno fa tutto quello che gli par bene”, ma “osserva e ascolta tutte queste cose che ti comando”. Deuteronomio 12:8, 28. Nel decidere quale condotta adottare, non dobbiamo chiederci se ne ricaveremo un danno ma se ci permetterà di osservare la volontà di Dio. “V’è tal via ché all’uomo par dritta, ma finisce col menare alla morte”. Proverbi 14:12.PP 534.3

    “L’ubbidienza val meglio che il sacrifizio”. 1 Samuele 15:22. Le offerte di sacrificio non avevano nessun valore per il Signore. Il loro scopo era quello di esprimere il pentimento per il peccato e la fede in Cristo e un impegno a osservare i princìpi della legge di Dio. Senza il pentimento, la fede e il desiderio di ubbidire, le offerte non avevano valore. Quando violando esplicitamente l’ordine di Dio, Saul propose di presentare in sacrificio una parte del bottino che Dio aveva votato alla distruzione, disprezzò apertamente l’autorità divina.PP 534.4

    Nonostante l’esempio del peccato di Saul e le sue conseguenze, molti si comportano nello stesso modo. Mentre si rifiutano di credere e ubbidire ad alcune richieste del Signore, continuano a offrire all’Eterno dei culti formali, ai quali lo Spirito di Dio non risponde. Non importa quanto zelo possano dimostrare gli uomini nell’osservanza dei riti religiosi; il Signore non può accettarli se persistono nel violare deliberatamente uno dei suoi ordini.PP 534.5

    “La ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli”. 1 Samuele 15:23. La ribellione ha avuto origine con Satana e quando è diretta contro Dio è sempre dovuta a un influsso diabolico. Coloro che si oppongono al governo di Dio fanno un patto con il grande apostata che utilizza tutta la sua potenza di seduzione per sviare le facoltà intellettuali e sensoriali, facendo apparire tutto sotto una falsa luce. Come i nostri progenitori, sono ammaliati dalle sue proposte e vedono solo i vantaggi apparenti della trasgressione.PP 535.1

    Non c’è dimostrazione migliore del potere seduttore di Satana dell’inganno di cui sono vittime coloro che credono di essere al servizio di Dio. Quando Kore, Datan e Abiram si ribellarono contro l’autorità di Mosè, pensavano di opporsi semplicemente a un uomo, uno come loro, ed essere fedeli a Dio. Ma rifiutando il messaggero che Dio si era scelto, respinsero il Cristo. Allo stesso modo al tempo di Gesù gli ebrei, scribi e anziani, che professavano un grande zelo per l’opera di Dio, crocifissero suo Figlio. Quello stesso spirito anima coloro che seguono la propria volontà in opposizione a quella divina.PP 535.2

    Saul ebbe prove evidenti dell’ispirazione divina dei messaggi di Samuele. Trasgredire l’ordine di Dio, annunciato dal profeta, significava andare contro il buon senso e la ragione. Saul, la cui presunzione deve essere attribuita a un incantesimo diabolico, aveva dimostrato un grande zelo per eliminare l’idolatria e la divinazione; tuttavia aveva disubbidito all’ordine del Signore perché animato da quello stesso spirito che si oppone a Dio e caratterizza coloro che praticano la magia. Dopo il rimprovero, Saul dimostrò di essere caparbio oltre che ribelle. Se si fosse unito apertamente agli idolatri non avrebbe offeso maggiormente lo Spirito di Dio.PP 535.3

    Disprezzare i rimproveri e gli avvertimenti della Parola di Dio e del suo Spirito è pericoloso. Molti, come Saul, cedono alla tentazione sino a non riconoscere più la vera natura del peccato. Si illudono al pensiero di avere sempre qualche buona intenzione, oppure pensano di non aver fatto del male trasgredendo i comandamenti del Signore. In questo modo contrastano lo Spirito della grazia fino a non udirne più la voce, ormai vittime delle conseguenze della loro scelta.PP 535.4

    Saul era il re che gli israeliti volevano, come disse Samuele a Ghilgal quando il regno fu confermato per ordine di Dio, a Saul. “Ecco il re che vi siete scelto, che avete chiesto”. 1 Samuele 12:13. Bello, di nobile statura e dal portamento principesco, il suo aspetto suggeriva l’idea della dignità regale. Le sue capacità personali, la sua abilità nel guidare i soldati, erano qualità che secondo gli israeliti assicuravano loro rispetto e onore da parte delle altre nazioni. A loro non interessava che il re possedesse quelle qualità che potevano permettergli di regnare con giustizia ed equità. Non chiesero un uomo che avesse un carattere nobile o possedesse l’amore e il rispetto per il Signore. Non chiesero il consiglio di Dio circa le qualità che doveva possedere un re che potesse preservare le caratteristiche del popolo scelto da Dio. Cercarono di soddisfare la loro volontà e non quella di Dio. Allora il Signore scelse il re che desideravano, un uomo con un carattere simile al loro. Come il loro cuore non era sottomesso a Dio, così il loro sovrano non era posseduto dalla grazia divina. Con questo re essi avrebbero avuto l’opportunità di constatare i loro errori e tornare a ubbidire a Dio.PP 535.5

    Il Signore, tuttavia, dopo aver conferito a Saul la responsabilità del suo regno non lo abbandonò a se stesso. Lo Spirito Santo rivelò a Saul la sua debolezza e il bisogno della grazia divina. Se Saul avesse contato su Dio, egli sarebbe rimasto con lui. Per tutto il tempo in cui rimase sotto il controllo della volontà di Dio, ubbidì al suo Spirito, e il Signore coronò i suoi sforzi con il successo. Ma quando Saul scelse di agire autonomamente, il Signore non fu più la sua guida e fu costretto ad abbandonarlo. Allora chiamò al trono “un uomo secondo il cuor suo” (1 Samuele 13:14), non una persona dal carattere perfetto, ma un uomo che invece di confidare in se stesso, facesse assegnamento su Dio e fosse guidato dal suo Spirito; un uomo che, dopo aver peccato, accettasse il rimprovero e ritrovasse la strada giusta.PP 536.1

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