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Patriarchi e profeti

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    Capitolo 13: Il sacrificio di Isacco

    Nonostante Abramo avesse accettato, senza fare domande, la promessa di un figlio, non aspettò che Dio la realizzasse nel modo e nel tempo da lui stabiliti. Dio, infatti, ritardò l’adempimento della sua promessa per mettere alla prova la fede di Abramo: purtroppo egli non la superò. Ritenendo che fosse impossibile avere un figlio in età così avanzata, Sara propose un piano che avrebbe dovuto favorire la realizzazione della promessa divina: una delle sue serve sarebbe stata presa da Abramo come seconda moglie. All’epoca la poligamia era così diffusa che non era considerata un’abitudine sbagliata; essa costituiva comunque una violazione della legge di Dio, pericolosa per la sacralità del legame matrimoniale e la pace della famiglia. Il matrimonio di Abramo con Agar si rivelò un male non solo per quella famiglia, ma anche per le generazioni future.PP 119.1

    Lusingata per l’onore conferitole dalla sua nuova posizione di moglie di Abramo e sperando di divenire la madre di una grande nazione, Agar si inorgoglì e trattò con disprezzo la sua padrona. La gelosia cominciò a turbare la pace di quella che era stata una famiglia felice. Costretto ad ascoltare le lamentele delle due mogli, Abramo cercò inutilmente di ristabilire l’armonia. Nonostante egli avesse sposato Agar su insistenza di Sara, proprio la moglie lo accusò di aver commesso un errore e volle cacciare la sua rivale. Abramo non era dello stesso parere, perché Agar sarebbe diventata la madre di suo figlio, di quel figlio della promessa così a lungo desiderato; comunque, poiché Agar era la serva di Sara, egli la lasciò sotto il controllo della sua padrona. Ma Agar, sprezzante, non poteva piegarsi alla severità che la sua insolenza aveva provocato. “...Sarai la trattò duramente, ed ella se ne fuggì da lei”. Genesi 16:6. Sara la lasciò andare nel deserto. La serva egiziana giunse presso una fonte; era sola, abbandonata da tutti; il Signore allora le apparve con sembianze umane. Rivolgendosi a lei come: “...Agar, serva di Sarai” (Genesi 16:8) per ricordarle la sua posizione di serva, le ingiunse: “...Torna alla tua padrona, e umiliati sotto la sua mano”. Genesi 16:9. Quindi mitigò il rimprovero con parole di conforto: “...Io moltiplicherò grandemente la tua progenie, e non la si potrà contare, tanto sarà numerosa”. Genesi 16:10. Come segno eterno della benevolenza divina, il Signore le chiese allora di porre al figlio il nome di Ismaele, che significa “Dio ascolta”.PP 119.2

    Abramo aveva quasi cento anni quando Dio gli rinnovò la promessa di un figlio che sarebbe nato da Sara. Egli tuttavia non comprese: il suo pensiero si rivolgeva infatti a Ismaele e si aggrappava alla convinzione che grazie a lui si sarebbero realizzati i piani di Dio. È per questo che, spinto dall’amore per il figlio, esclamò: “...Di grazia, viva Ismaele nel tuo cospetto!” Genesi 17:18. Allora il Signore ripeté la promessa in maniera inequivocabile: “...Sara tua moglie ti partorirà un figliuolo, e tu gli porrai nome Isacco; e io fermerò il mio patto con lui...”. Genesi 17:19. Tuttavia Dio ascoltò la preghiera di quel padre e disse: “Quanto a Ismaele, io t’ho esaudito. Ecco, io l’ho benedetto, e farò che moltiplichi e s’accresca grandissimamente... io farò di lui una grande nazione”. Genesi 17:20.PP 120.1

    La nascita di Isacco avvenne dopo una lunga attesa, durata un’intera vita, come coronamento delle più profonde speranze di Abramo e Sara e nelle loro tende regnava ormai la gioia. Al contrario, per Agar questo evento fece naufragare ambizioni a lungo accarezzate. Ismaele, ormai un ragazzo, era stato considerato da tutto l’accampamento erede delle ricchezze di Abramo e delle benedizioni promesse alla sua discendenza; ora invece veniva messo da parte e per questo la madre e il figlio odiarono il piccolo di Sara. La gioia generale di quei momenti aumentò la loro gelosia, finché Ismaele osò deridere apertamente l’erede della promessa di Dio. Sara ritenne che l’atteggiamento di Ismaele avrebbe provocato conflitti continui e chiese con insistenza ad Abramo che Agar fosse allontanata dall’accampamento insieme al figlio. Il patriarca si trovava di fronte a una scelta difficile. Come poteva mandare via suo figlio Ismaele che amava? Prima di decidere, invocò la guida divina e il Signore gli disse, tramite un angelo, di accontentare Sara. Il suo amore per Ismaele e Agar non doveva condizionarlo, perché solo in questo modo si sarebbero ristabilite nella sua famiglia l’armonia e la felicità. L’angelo poi lo consolò promettendogli che, benché separato dalla casa paterna, Ismaele non sarebbe stato dimenticato da Dio, che lo avrebbe protetto e sarebbe diventato il padre di una grande nazione. Abramo ubbidì alla parola dell’angelo, anche se ciò apriva in lui una ferita, e con profondo dolore fece partire Agar e suo figlio.PP 120.2

    La lezione data ad Abramo, circa la sacralità del matrimonio, doveva costituire un insegnamento per tutti. L’esperienza del patriarca insegna che le prerogative e il successo del matrimonio devono essere oggetto di un’attenta cura, anche a costo di sacrifici. Era Sara l’unica vera moglie di Abramo; nessun’altra persona aveva il diritto di condividere con lei il ruolo di moglie e madre. Per il rispetto che nutriva per suo marito, Sara è stata presentata nel Nuovo Testamento come un valido esempio. Ella non voleva che Abramo concedesse il suo affetto a un’altra donna e il Signore non la rimproverò per aver richiesto che la sua rivale venisse allontanata. Sia Abramo sia Sara mancarono di fiducia nel Signore e questo condusse all’unione con Agar.PP 120.3

    Dio voleva che Abramo diventasse il padre di coloro che sono fedeli e in questo senso la sua vita è stata un modello per le generazioni successive. La sua fede tuttavia non era perfetta. In Egitto, non dichiarando apertamente che Sara era sua moglie, Abramo aveva dimostrato sfiducia nei confronti di Dio. Per offrirgli la possibilità di crescere spiritualmente, Dio lo sottopose a un’altra prova, la più severa che un uomo sia stato chiamato ad affrontare. In una visione notturna gli fu chiesto di recarsi nella terra solitaria di Moriah dove, su una montagna che gli sarebbe stata indicata, avrebbe offerto suo figlio come olocausto.PP 121.1

    Quando Abramo ricevette quell’ordine aveva già centoventi anni: anche per i suoi tempi, poteva essere considerato un uomo anziano. Da giovane era stato forte, aveva affrontato con coraggio pericoli e difficoltà, ma ora il vigore della giovinezza era svanito. Quando si è pieni di energie si affrontano con coraggio le stesse prove e difficoltà che più in là negli anni opprimono l’animo. Ma Dio aveva riservato ad Abramo l’ultima e più terribile prova proprio quando, appesantito dagli anni, egli avrebbe desiderato ardentemente riposarsi dopo una vita di preoccupazioni e di lavoro.PP 121.2

    Il patriarca viveva allora a Beer-Sceba, godendo ricchezze e onori e veniva considerato un principe potente dai governanti di quella zona. Migliaia di pecore e buoi pascolavano nelle pianure che si estendevano intorno all’accampamento; da ogni parte vi erano le tende di centinaia di servi fedeli. Il figlio della promessa, Isacco, aveva ormai raggiunto l’età matura e sembrava che il cielo avesse coronato di benedizioni una vita di sacrificio, trascorsa nell’attesa paziente di una speranza a lungo irrealizzata.PP 121.3

    Abramo aveva abbandonato la sua terra natia ubbidendo alla sua fede: aveva lasciato le tombe dei suoi padri e la casa dei suoi parenti. Vagando come uno straniero nella terra che gli era stata promessa in eredità, aveva atteso a lungo la nascita dell’erede. Quando Dio glielo aveva chiesto, aveva anche mandato via suo figlio Ismaele. Ma ora che il figlio promesso era diventato grande, ed egli finalmente credeva di intravedere il concretizzarsi della sua speranza, si trovava di fronte a una prova più difficile delle precedenti.PP 121.4

    L’ordine fu espresso con parole che sicuramente ferirono e angosciarono quel padre: “...Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo unico, colui che ami... e offrilo quivi in olocausto...”. Genesi 22:2. Isacco era la speranza della stirpe del vecchio patriarca, il suo conforto, ma soprattutto l’erede delle benedizioni promesse. Perdere quel figlio in seguito a un incidente o a una malattia sarebbe stato un colpo terribile per un padre così premuroso; il dolore avrebbe schiacciato quell’uomo ormai anziano. Tuttavia, Dio chiese ad Abramo di spargere con le sue stesse mani il sangue di suo figlio. Tutto questo sembrava un incubo terribile.PP 121.5

    Satana insinuò in lui l’illusione di un errore, perché il comandamento divino imponeva di non uccidere: Dio non avrebbe potuto chiedergli ciò che a suo tempo aveva proibito. Uscendo dalla tenda, Abramo alzò lo sguardo e vide il cielo terso e luminoso; ricordò la promessa di cinquant’anni prima, secondo la quale la sua discendenza sarebbe diventata numerosa come le stelle. Ma se ciò si doveva realizzare tramite Isacco, come avrebbe potuto ucciderlo? Abramo fu tentato di credere di essere stato vittima di un’allucinazione. Preso da questo dubbio e assalito dall’angoscia, si prostrò a terra e pregò, con un’intensità mai provata prima, per avere una conferma di quell’ordine terribile. Si ricordò degli angeli inviati per rivelargli il piano di Dio di distruggere Sodoma: essi gli avevano annunciato la promessa di un figlio, di Isacco; si recò nel posto in cui spesso aveva incontrato i messaggeri celesti, nella speranza di vederli ancora una volta per ricevere da loro delle indicazioni, ma nessuno venne in suo aiuto. Sembrava che l’oscurità stesse per avvolgerlo. L’ordine di Dio continuava a risuonare nelle sue orecchie: “...Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo unico, colui che ami, Isacco...”. Era necessario ubbidire ed egli non osò indugiare ulteriormente. Era quasi l’alba e doveva prepararsi per il viaggio.PP 122.1

    Tornando nella sua tenda Abramo si avvicinò a Isacco: stava dormendo profondamente e aveva un aspetto sereno e innocente. Il padre osservò per un attimo il dolce viso del figlio, quindi si allontanò tremante. Si avvicinò a Sara: anche lei stava dormendo. L’avrebbe svegliata, per permetterle di abbracciare per l’ultima volta suo figlio? Le avrebbe riferito la richiesta di Dio? Avrebbe desiderato ardentemente confidarsi, condividere con lei quella terribile responsabilità ma si trattenne per paura che ella lo ostacolasse. Isacco era la sua gioia, la sua speranza: la vita di Sara era legata alla sua e per questo amore si sarebbe opposta al sacrificio.PP 122.2

    Alla fine Abramo decise di chiamare suo figlio. Gli disse che era stato richiesto un sacrificio, e che avrebbero immolato la vittima su un monte, lontano. Isacco non si stupì di questo risveglio improvviso, perché spesso aveva partecipato al culto di Dio, che Abramo celebrava presso gli altari che di volta in volta avevano tracciato il percorso del suo pellegrinaggio. I preparativi per il viaggio furono completati rapidamente; la legna fu preparata e caricata sull’asino, e padre e figlio partirono accompagnati da due servitori. Abramo e Isacco viaggiarono l’uno accanto all’altro, in silenzio. Il patriarca rifletteva sul suo terribile segreto e la sua sofferenza gli impediva di parlare. Pensava alla madre, dolce e nello stesso tempo orgogliosa, al giorno in cui sarebbe tornato da lei, solo. Sapeva bene che il coltello che avrebbe ucciso suo figlio le avrebbe anche lacerato il cuore.PP 122.3

    Quel giorno, il più lungo che Abramo avesse mai vissuto, stava lentamente concludendosi. Mentre il figlio e i giovani servitori dormivano Abramo passò la notte in preghiera, nella speranza che un messaggero divino gli annunciasse che la prova era sufficiente, che il ragazzo poteva tornare incolume da sua madre, ma nessuno sollevò il suo animo tormentato. Passò un altro lungo giorno e poi ancora una notte di umiliazione e di preghiera, ma l’ordine che lo avrebbe privato di suo figlio continuava a risuonare nelle sue orecchie. Satana stava cercando di insinuare in lui il dubbio e lo scetticismo, ma Abramo resistette. Stava per iniziare il terzo giorno di viaggio quando, guardando verso nordest, il patriarca vide il segno promesso, una nube di gloria che circondava il monte Moriah. Egli comprese così che la voce che aveva udito proveniva realmente da Dio.PP 123.1

    Nonostante questa conferma, egli non provò sentimenti di ribellione: si rafforzò nella sua decisione, fondata sulla certezza della bontà e della fedeltà di Dio. Isacco gli era stato donato in maniera imprevista: colui che gli aveva accordato questo dono prezioso, non aveva forse il diritto di richiederglielo? Del resto Egli aveva promesso: “...Da Isacco uscirà la progenie che porterà il tuo nome” (Genesi 21:12), una progenie numerosa come i granelli di sabbia sulla spiaggia. Isacco era frutto di un miracolo: la stessa potenza che glielo aveva dato, non poteva forse restituirglielo vivo? Guardando oltre il presente, Abramo si aggrappò alla parola divina: “Ritenendo che Dio è potente da far risuscitare dai morti; ond’è che lo riebbe per una specie di risurrezione”. Ebrei 11:19.PP 123.2

    Tuttavia nessuno, al di fuori di Dio, poteva comprendere quanto fosse grande il sacrificio di un padre nel consegnare alla morte il proprio figlio; Abramo volle che solo Dio fosse presente al momento della separazione. Ordinò ai suoi servi di fermarsi dicendo: “...Io ed il ragazzo andremo fin colà e adoreremo; poi torneremo a voi”. Genesi 22:5. La legna fu caricata sulle spalle di Isacco, la vittima sacrificale. Suo padre prese il coltello e il fuoco e insieme salirono verso la cima della montagna. Il giovane si domandava dove avrebbero trovato l’animale del sacrificio, dato che erano molto lontani dall’ovile e dal gregge. Infine disse: “...Padre mio!... Ecco il fuoco e le legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?” Genesi 22:7.PP 123.3

    La prova era terribile e quelle parole spezzarono il cuore di Abramo che riuscì solamente a rispondere: “...Figliuol mio, Iddio se lo provvederà l’agnello per l’olocausto...”. Genesi 22:8.PP 124.1

    Giunti nel punto indicato, eressero l’altare e vi posero la legna; poi, con voce tremante, Abramo annunciò a suo figlio il messaggio divino. Isacco conobbe il suo destino con terrore e meraviglia, ma non oppose resistenza. Avrebbe potuto evitare la condanna, ma non lo fece. Il vecchio, affranto per l’angoscia ed esausto per la lotta di quei giorni terribili, non si sarebbe infatti potuto opporre alla volontà di quel giovane robusto. Isacco aveva però imparato sin da bambino a ubbidire prontamente e con fiducia e ora, una volta conosciuto il piano di Dio, vi si sottomise volontariamente. Condivideva la fede di Abramo e considerava un onore la possibilità di offrire la sua vita. Cercava con tenerezza di alleviare l’angoscia del padre e aiutava le sue mani stanche a legarlo all’altare.PP 124.2

    Era giunto il momento: le ultime parole erano state pronunciate, le ultime lacrime erano state versate. Il padre sollevò il coltello per uccidere il figlio ma un angelo di Dio gli gridò dal cielo: “Abrahamo, Abrahamo! E quegli rispose: Eccomi. E l’angelo: Non metter la mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio, giacché non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo. E Abrahamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, preso per le corna in un cespuglio. E Abrahamo andò, prese il montone, e l’offerse in olocausto invece del suo figliuolo”. Genesi 22:11-13. Quindi, pieno di gioia e di gratitudine, “pose nome a quel luogo Jehovah-jireh”, cioè “l’Eterno vede e provvede”.PP 124.3

    Sul monte Moriah, Dio rinnovò ancora una volta il suo patto, confermando con un giuramento solenne le benedizioni promesse ad Abramo e alla sua discendenza, per tutte le generazioni successive: “Io giuro per me stesso, dice l’Eterno, che siccome tu hai fatto questo e non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo, io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo e come la rena ch’è sul lido del mare; e la tua progenie possederà la porta de’ suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perché tu hai ubbidito alla mia voce”. Genesi 22:16-18.PP 124.4

    Il grande atto di fede di Abramo è un esempio per chiunque si proponga di seguire la via dell’ubbidienza. Egli non cercò di trovare delle giustificazioni che lo esentassero dall’eseguire il comando divino. Durante i tre giorni di viaggio, ebbe il tempo sufficiente per riflettere, per dubitare, se in lui vi fosse stata una qualche possibilità di dubbio. Avrebbe potuto pensare che l’uccisione del figlio l’avrebbe fatto sembrare un assassino, un secondo Caino e che, in seguito, il suo insegnamento sarebbe stato rifiutato e disprezzato, vanificando ogni suo influsso positivo. Avrebbe anche potuto addurre a discolpa della sua disubbidienza la sua età avanzata. Tuttavia, egli non ricorse a nessuna di queste scuse. Abramo era un essere umano, provava passioni e affetti simili a quelli di ogni uomo e non aveva mai smesso di domandarsi come si sarebbe adempiuta la promessa, se Isacco fosse stato ucciso. Ciò nonostante, non si soffermò sulle ragioni del suo cuore sofferente. Sapeva che tutte le richieste di Dio sono giuste e oneste e perciò ubbidì all’ordine divino.PP 124.5

    “...E Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia; e fu chiamato amico di Dio”. Giacomo 2:23. Paolo dice: “...Coloro che hanno la fede, son figliuoli di Abrahamo”. Galati 3:7. Ma la fede di Abramo si manifestò tramite le sue opere: “Abrahamo, nostro padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliuolo Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme con le opere di lui, e che per le opere la sua fede fu resa compiuta”. Giacomo 2:21, 22. Molti non comprendono il rapporto che esiste tra fede e opere. Essi dicono: “Credi semplicemente nel Cristo e sarai salvato. Non devi sentire nessuna responsabilità in rapporto all’osservanza della legge”. Ma la fede autentica si manifesta attraverso l’ubbidienza. Il Cristo disse agli ebrei increduli: “...Se foste figliuoli d’Abrahamo, fareste le opere d’Abrahamo”. Giovanni 8:39. E riguardo al padre dei fedeli, il Signore afferma: “...Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservò quello che gli avevo ordinato, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi”. Genesi 26:5. L’apostolo Giacomo dice: “Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta”. Giacomo 2:17. E Giovanni, che insiste sull’amore, dice: “Perché questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti...”. 1 Giovanni 5:3.PP 125.1

    Attraverso riti prefigurativi e promesse, Dio “...preannunziò ad Abramo questa buona novella...”. Galati 3:8. Il patriarca contemplò attraverso la fede il Salvatore che doveva venire e, per questo, Gesù disse agli ebrei: “Abrahamo, vostro padre, ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno; e l’ha veduto, e se n’è rallegrato”. Giovanni 8:56. Il montone offerto al posto di Isacco rappresentava il Figlio di Dio, che si sarebbe sacrificato per noi. Quando l’uomo fu condannato a morte per la trasgressione della legge divina il Padre, dopo aver osservato suo Figlio, disse al peccatore: “Vivi: ho trovato il tuo riscatto”. Cfr. Giobbe 33:24.PP 125.2

    Dio aveva ordinato ad Abramo di sacrificare suo figlio non solo per metterne alla prova la fede, ma anche per imprimere nella sua mente il messaggio del Vangelo nella sua concretezza. L’angoscia che il patriarca provò in quei terribili giorni di grande prova gli permise di comprendere in parte la grandezza del sacrificio di Dio per la salvezza dell’uomo. Nessun’altra prova avrebbe lacerato l’anima di Abramo con la stessa sofferenza. Dio mandò suo Figlio a morire tra le sofferenze e la vergogna. Gli angeli che videro l’umiliazione e la terribile angoscia del Figlio di Dio non poterono intervenire, diversamente da quanto avvenne per Isacco. Nessuna voce gridò: “È sufficiente”. Per salvare gli uomini decaduti, il Cristo, il Re di gloria, offrì la sua vita. Quale prova più grande Dio poteva offrire del suo infinito amore, della sua immensa compassione per l’uomo? “Colui che non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo, ma l’ha dato per tutti noi, come non ci donerà Egli tutte le cose con lui?” Romani 8:32.PP 125.3

    Il sacrificio richiesto ad Abramo non aveva come fine esclusivo il suo bene personale, o quello delle generazioni successive; il suo ulteriore obiettivo era quello di offrire un insegnamento agli esseri che, negli altri mondi dell’universo, non avevano conosciuto il male. L’ambito della contesa fra il Cristo e Satana, nel quale si svolge il piano della salvezza è oggetto di riflessione per tutto l’universo. Abramo aveva dimostrato il limite della sua fede nelle promesse divine: per questo motivo Satana lo aveva accusato davanti a Dio e agli angeli di non aver adempiuto alle condizioni del patto e quindi di non essere degno delle sue benedizioni. Dio voleva che la lealtà del suo servitore risultasse evidente davanti al cielo intero, per dimostrare che solo una perfetta ubbidienza poteva essere accettata; in questo modo il piano della salvezza sarebbe stato più chiaro.PP 126.1

    Gli abitanti del cielo erano stati testimoni della scena in cui la fede di Abramo e la sottomissione di Isacco erano state messe alla prova. L’esame era stato decisamente più severo di quello a cui era stato sottoposto Adamo. Cedere alla tentazione di mangiare il frutto proibito non aveva comportato alcuna sofferenza per i nostri progenitori, mentre l’ordine ricevuto da Abramo aveva richiesto un sacrificio più doloroso. Tutto il cielo constatò con meraviglia e ammirazione la ferma ubbidienza di Abramo e gioì per la sua fedeltà. Le accuse di Satana si dimostrarono false e Dio disse al suo servitore: “...Ora so che tu temi Iddio, giacché non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo”. Genesi 22:12. Il patto di Dio, riconfermato ad Abramo con un giuramento pronunciato davanti agli abitanti degli altri mondi, dimostrò che l’ubbidienza viene ricompensata.PP 126.2

    Era stato difficile anche per gli angeli comprendere il mistero della redenzione, comprendere che il Signore del cielo, il Figlio di Dio, doveva morire per l’uomo peccatore. Quando fu chiesto ad Abramo di sacrificare suo figlio, tutti gli esseri del cielo furono coinvolti, e osservarono con grande interesse e attenzione l’esecuzione di quell’ordine. Quando alla domanda di Isacco: “...Dov’è l’agnello per l’olocausto? Abramo rispose: Iddio se lo provvederà...” (Genesi 22:7, 8); quando la mano del padre si alzò per colpire il figlio e infine il montone che Dio aveva procurato fu offerto al posto di Isacco, il mistero della redenzione si illuminò di una luce più intensa e anche gli angeli capirono più chiaramente il grande piano che Dio aveva previsto per la salvezza dell’uomo. Cfr. 1 Pietro 1:12.PP 126.3

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