Collaboratori di Dio
Dio, per il sostegno della sua opera, non dipende dall’uomo. Egli avrebbe potuto inviare direttamente dal cielo i mezzi necessari per alimentare il suo tesoro, qualora la sua provvidenza avesse ritenuto che questa fosse la cosa migliore per l’uomo. Egli avrebbe anche potuto incaricare gli angeli di proclamare la verità al mondo, senza la collaborazione dell’uomo; avrebbe potuto scrivere la verità nei cieli e lasciare ad essi il compito di dichiarare al mondo, a vividi caratteri, la sua volontà. Dio non ha bisogno né del nostro oro né del nostro argento. Ecco cosa dice: “...mie son tutte le bestie della foresta, mio è il bestiame ch’è per i monti a migliaia... Se avessi fame, non te lo direi, perché il mondo, con tutto quel che contiene, è mio”. Salmi 50:10, 12. Qualunque sia il nostro ruolo per lo sviluppo dell’opera di Dio è una grazia che il Signore ci ha fatto. Egli ha voluto onorarci scegliendoci come suoi collaboratori e ha voluto che esistesse questa cooperazione umana perché fosse mantenuto sempre vivo e attivo in noi lo spirito della generosità.TT1 254.3
Dio, nella sua saggezza, ha sempre permesso che ci fossero dei poveri fra noi affinché, vedendo le diverse forme della miseria e della sofferenza che esistono nel mondo, potessimo essere messi alla prova e avere la possibilità di sviluppare un carattere cristiano, manifestando la simpatia e l’amore fraterno.TT1 254.4
I peccatori, che “periscono per mancanza di conoscenza”, rimarranno nell’ignoranza fino a quando gli uomini non trasmetteranno loro la verità. Dio non invierà degli angeli dal cielo a compiere l’opera che ci ha affidato perché vuol metterci alla prova e offrirci l’opportunità di manifestare il nostro vero carattere. Il Cristo considera i poveri che sono in mezzo a noi come suoi rappresentanti. “Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere”. Matteo 25:42. Il Cristo si immedesima nell’umanità sofferente tramite i più miserabili figli degli uomini. Egli si accolla le loro necessità e condivide le loro afflizioni.TT1 254.5
Il declino dei principi morali della nostra società sollecita l’attenzione dei cristiani e richiede uno sforzo individuale: è necessario contribuire al piano della salvezza impegnando i propri beni ed esercitando il proprio influsso per riflettere l’immagine di colui che si è fatto povero per salvarci, pur possedendo ricchezze infinite. Lo Spirito di Dio non è presente in coloro che annunciano il messaggio della verità contenuto nella sua Parola se non mostrano il loro senso del dovere come collaboratori del Cristo. L’apostolo sottolinea che è necessario qualcosa di più di una semplice simpatia umana frutto della compassione. Egli insiste sul principio di un impegno disinteressato che miri unicamente alla gloria di Dio.TT1 255.1
I cristiani sono invitati a manifestare la loro generosità per diventare sensibili nei confronti dei loro simili. La legge morale prevedeva l’osservanza del sabato che non rappresentava un peso fino a quando questo comandamento veniva trasgredito e ne derivavano conseguenze previste dalla legge stessa. Il sistema della decima non era un peso per coloro che erano fedeli. Questa regola, data agli ebrei, non era mai stata abrogata da colui che ne era l’autore. Invece di perdere la sua importanza, avrebbe dovuto essere mantenuta e confermata nell’era cristiana, nella misura in cui si comprendeva che la salvezza si poteva ottenere solo tramite il Cristo.TT1 255.2
Gesù rese noto al dottore della legge che la condizione per ottenere la vita eterna consisteva nell’adempiere, nella propria esistenza, i comandamenti della legge: essi possono essere riassunti nell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la forza e nell’amare il prossimo come se stessi. Quando, alla morte del Cristo, furono aboliti i sacrifici del cerimoniale ebraico, la legge originale scolpita su tavole di pietra rimase immutata e la sua validità si estese all’uomo in tutti i tempi. L’era cristiana non ha eliminato i doveri dell’uomo, ma li ha definiti meglio e li ha espressi con maggiore semplicità.TT1 255.3
Il Vangelo, nel suo costante sviluppo, richiedeva maggiori fondi per l’espansione dell’opera dopo la morte del Cristo. La generosità è diventata quindi un dovere ancora più urgente di quanto non lo fosse nella dispensazione ebraica. Oggi Dio non chiede meno, ma più di qualsiasi altro periodo della storia del mondo. Il principio stabilito dal Cristo è che i doni e le offerte devono essere proporzionati alla conoscenza e alle benedizioni ricevute. Egli ha detto: “...E a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato...” Luca 12:48.TT1 255.4
Le benedizioni ricevute dai primi discepoli furono trasformate in amor fraterno e in beneficenza. L’effusione dello Spirito di Dio, dopo il ritorno del Cristo in cielo, condusse i discepoli a rinunciare e a sacrificarsi in vista della salvezza degli uomini. Quando i cristiani di Gerusalemme si trovarono in difficoltà, Paolo scrisse ai cristiani della diaspora e disse loro: “Ma siccome voi abbondate in ogni cosa, in fede, in parola, in conoscenza, in ogni zelo e nell’amore che avete per noi, vedete d’abbondare anche in quest’opera di carità”. 2 Corinzi 8:7. Qui la generosità è messa sullo stesso piano della fede, dell’amore e dello zelo del cristiano. Coloro che pensano di poter essere dei buoni cristiani pur chiudendo le orecchie e il cuore agli appelli di Dio, che sollecita la loro generosità, sono vittime di terribili illusioni. Molti, infatti, pur affermando a parole di amare la verità, di avere a cuore la sua diffusione, non fanno nulla di concreto. La loro fede è morta perché non è accompagnata dalle opere. Il Signore non ha mai commesso l’errore di convertire un uomo e lasciarlo vittima della sua avidità.TT1 255.5